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Ricattata dal gioco (3)


di solisoli59
01.06.2023    |    2.263    |    2 10.0
"” Irene si dette da fare per esaudirlo, appoggiandosi su un gomito, piegò la gamba esibendo i suoi orifizi all’usuraio che riprese la conversazione..."
“Venga a sedersi qui, mia cara. Mirella la servirà mentre contiamo il denaro che le devo. No, non si rivesta... mi ha sempre deliziato guardare le giovani signore bene e un po’ viziosette prendere il loro tè tutte nude,” con un gesto cerimonioso fece girare la poltrona perché lei potesse sedersi – “Perfetto.., apra solo un po’ di più le cosce che si veda meglio la sua bella figa. “
Irene sospirò spalancando le gambe e mostrando completamente il suo grande fiore di carne purpurea. Intanto, mentre sorbiva il tè, contava mentalmente le mazzette di banconote che Bonsal tirava fuori dalla sua valigetta una ad una. Lui, di contro, guardava la sua vulva. Un vero e proprio scambio di piaceri.
“Un’altra tazza, signora?”
La voce della segretaria l’aveva distratta un istante e lei aveva perduto il filo. A quanto era arrivato? Diecimila ? Quindicimila ? Fece un secco gesto di diniego con la testa ma la segretaria le riempì ugualmente la tazza.
“Beva.., è un ordine, signora.”
Con un risolino, l’usuraio chiuse la valigetta e posò l’indice sulle mazzette di biglietti ammucchiate sulla scrivania.
“Ecco qui, cinquantamila Euro in tagli da cinquanta . Un bello spettacolo, è d’accordo?”
“Anche la mia collana non è da buttar via...” disse Irene con aria di sufficienza che mal si addiceva alla sua tenuta indecente.
“Senti, senti, ecco che la borghese riprende a fare il galletto.., ma rimetteremo subito le cose a posto. Mirella dai un’altra tazza di tè a...”
“Ma insomma, che storia è questa..” cercò di protestare Irene. “Silenzio, mia cara. Ho detto un’altra tazza. In realtà lei dovrà bere tutta la teiera. E’ enorme, non trova?”
Irene capì che quel vecchio sadico le stava tendendo una trappola anche se non sapeva quale. Intanto, con il solito sorriso odioso, l’usuraio si rivolse alla sua segretaria.
“Mirella, già che è qui, dia un’occhiata alle risposte della nostra amica e mi dica cosa ne pensa.”
Bonsal agitò l’odioso questionario in direzione della segretaria. Scandalizzata, Irene fece un gesto per strapparglielo di mano ma Mirella fu più veloce di lei. Con un gemito doloroso, Irene si rovesciò con il volto sulla poltrona scoppiando in lacrime.
“Allora.., non è ancora fin... “
“Finita? No certo. Lei è una giocatrice, non è vero? Se è un’ amica di Gilberta deve esserlo per forza. Ebbene... paragoni la situazione ad una partita di poker. Per il momento lei ha pagato solo per... vedere!”
“Irene gli lanciò uno sguardo furioso: “Spero... spero comunque che lei non voglia...” si fermò come se non riuscisse a proseguire.
“...Scoparla? E questa la parola in questione?”
“Sì,” concesse lei tremante di umiliazione.
“Sta per caso diventando volgare, cara amica?” disse l’usuraio avvicinandosi e carezzandole un seno. “No, si tranquillizzi, non voglio scoparla, almeno fin quando lei non sarà completamente ammaestrata come dico io... qual è il tuo verdetto, Mirella?”
Facendosi vento maliziosamente con il questionario, la segretaria venne a sedersi sul bracciolo della poltrona.
“Questa porca ha mentito, signor Bonsal... su tutta la linea...” Irene aprì la bocca per protestare ma poi si rese conto che era inutile. La ragazza era complice dell’usuraio in questa ignobile commedia e le sue proteste non avrebbero cambiato niente, il copione era già scritto.
“Guardi qui, signor Bonsal. Guardi le labbra di questa porca,” incalzò la segretaria. “Sono labbra da pompinara è evidente e lei pretenderebbe di non aver mai fatto un pompino a nessuno! E poi questo suo modo di arrossire se appena le si sfiora un capezzolo... vede? Solo le lesbiche arrossiscono così. Per non parlare poi del la sua figa...”
Con una smorfia viziosa, la segretaria introdusse l’indice nella vulva di Irene e poi lo tirò di nuovo fuori mettendoglielo sotto il naso tutto lucido di succhi.
“…Ecco, quanto alla sua figa abbiamo a che fare con una borghese che si bagna come una fontana ma si vergogna di ammetterlo!”
Bonsal assunse un’espressione ad un tempo severa e sorniona. Rivolto ad Irene disse con un sospiro:
“Mi dispiace, mia cara, ma il verdetto è senza appello...”
“Tutto questo è ridicolo.., io non sono per nulla...” cercò di ribellarsi lei.
“Basta così,” la interruppe bruscamente l’usuraio. “Mirella, vai subito a prendere l’acqua ed il sapone... dobbiamo lavare questa grossa fica umida prima di amministrare a questa porcella la punizione che merita.”
La segretaria uscì di nuovo dall’ufficio per tornare un istante dopo con una bacinella riempita d’ acqua ed un necessaire da toilette. Lasciò ad Irene il tempo di bere un’altra tazza di tè e poi le ordinò seccamente di mettersi in posizione.
“In posizione….?”
Irene rivolse uno sguardo supplichevole a Bonsal che, intanto, aveva ripreso possesso della sua vecchia poltrona. Questi feci un sorrisetto cattivo.
“Mirella vuoi dire che lei si deve accucciare sulla scrivania, mia cara signora.”
“No….vi prego…non….!”
“Silenzio.., non le sembra che sarebbe un peccato rompere il nostro contratto proprio adesso? Sarebbe sciocco andarsene a mani vuote dopo tutto quello a cui lei si è sottomessa. Senza contare che un giorno una telefonata anonima potrebbe informare suo marito che...”

“Nooohh…!” gemette Irene nascondendo il volto fra le mani. “Mio marito NOOooo!"
Come se tutti quei discorsi le avessero fatto perdere la pazienza, la segretaria la colpì sulle natiche con il piatto della mano. Irene sconvolta, si affrettò a salire sulla scrivania mentre l’usuraio dirigeva i suoi movimenti.
“A quattro zampe prima di tutto... così, come una cagna... Si accoccoli sopra ai biglietti di banca che ho contato... marchi meglio la schiena.., metta in mostra il sedere... deve fare in modo che il solco delle natiche sia altrettanto accessibile che la fenditura della sua vagina.”
Irene ubbidiva meccanicamente. Si vergognava in modo orribile ma ormai si era già troppo esposta per ripensarci. Come al casinò, non poteva più lasciare il tavolo di gioco mentre era in perdita.
Spostando la poltrona il vecchio vizioso Si piazzò dietro di lei per meglio godersi lo spettacolo. Irene poteva vederlo, alla rovescia, mentre guardava, a capo in giù, attraverso le proprie cosce divaricate.
“Molto bene.., culo e figa in primo piano.., perfettamente osceno.”
Irene sentì che i peli della figa le si scollavano e un soffio aria tiepida le carezzò la carne interna e sensibile della vulva.
“Guarda, Mirella, ecco la nostra altera signora borghese carponi su un letto di biglietti di banca.”
La giovane donna si sentiva morire. Dalla posizione in cui si trovava, Bonsal poteva certo vedere, fra i peli scuri del suo pube, la spaccatura rosa della sua vulva. Perfettamente osceno… non c’erano dubbi e Irene chiuse gli occhi di vergogna e si morse le labbra quando un ignobile brivido di piacere le percorse il sesso.
L’uomo approfitto di questo momento di abbandono della donna per scattare alcune foto con lo smartphone a sua insaputa, con lei in piena evidenza, poi lasciò il campo alla segretaria che obbligò Irene ad allargare ancora di più le cosce per poter posare, fra le sue ginocchia tremanti, la bacinella piena d’acqua. Con una smorfia di disgusto la ragazza si piegò su di lei per esaminare da vicino le carni gonfie della sua vulva.
“Non ha nessun pudore. Guardi questo buco spalancato e tutto umido. Si direbbe la figa di una puttana alla fine di una giornata di Intenso lavoro. “
Era esattamente questa l’impressione umiliante che Irene provò quando la ragazza cominciò ad insaponarla energicamente fra le cosce con un guanto di spugna esattamente come una puttana che viene lavata prima di essere fottuta, Mirella non usava riguardi, strofinandola sadicamente con la spugna rugosa su tutta la tenera carne della vulva, mentre la copriva di insulti. Ma il peggio era questo insistente impulso di orinare che, da un po’, Irene sentiva crescere nel suo ventre e che il contatto della spugna bagnata accentuava. Aveva bevuto troppo tè e temeva il momento in cui non sarebbe più riuscita a trattenersi...
Mirella Continuò ad insaponarla infilandole e la mano guantata più possibile in fondo alla vagina e strofinandola così forte da farla oscillare in tutto il corpo. Irene aveva le lacrime agli occhi i suoi grossi seni ballonzolavano dal suo torace come due pere mature. il sapone a buon mercato le bruciava le pareti sensibili della vagina ma, nonostante l’atroce sensazione di dolore, lei comprese di colpo il senso della punizione che Bonsal voleva infliggerle. Così non ebbe neppure la forza di protestare quando la segretaria le ordinò di spingere fuori il buchetto del sedere. Per eseguire fu costretta ad appoggiarsi con la gota al ripiano della scrivania. In questa posizione degradante sentiva che il suo orifizio anale si spalancava come una piccola bocca mentre l’acqua tiepida scivolava dal solco del sedere nella bacinella. All’improvviso Irene sobbalzò. La segretaria le aveva introdotto un dito nel retto, spingendo la schiuma del sapone all’interno!
“No! La prego... è disgustoso quello che mi sta facendo,” protestò con le lacrime agli occhi.
Per tutta risposta, la ragazza la colpì con una serie di violenti sculaccioni. Vinta, la giovane borghese si rassegnò a sopportare quell’odioso supplizio fino in fondo. Mirella la stava inculando viziosamente con il dito medio, martirizzandola attraverso la sottile membrana di spugna con l’unghia ogni volta che lei si muoveva. Alla fine si ritrasse ed Irene si abbandonò singhiozzando sul ripiano della scrivania al colmo dell’umiliazione.
“Ecco, signore. I buchi di questa puttana sono stati lavati a puntino, pronti ad essere usati.”
“Grazie, Mirella, mi sei sempre di grande aiuto.”
Irene sentì che la segretaria emetteva un piccolo grido di ringraziamento. Subito dopo le mani dell’usuraio l’afferrarono per le anche tirandola indietro fino a farla sporgere un poco oltre il bordo della scrivania e lei chiuse gli occhi, certa che nulla avrebbe ormai potuto impedire a quel volgare individuo di scoparla a suo piacimento. Violentata.., sì... se lo sarebbe preso là, sulla scrivania, come una qualsiasi segretaria puttana! Lui le avrebbe infilato il membro nella vagina da dietro! Invece, all’ultimo istante, fu salvata dal trillo del telefono. Bonsal lasciò la presa e lei restò nella sua umiliante posizione, il sedere stupidamente proteso e le gambe che pendevano dal bordo del tavolo.
“Mi scusi, mia cara, ma il lavoro mi chiama. Nel frattempo sia così gentile da riprendere la posizione di prima voltando il culo verso di me.”
Troppo felice per quell’attimo di respiro, lei si affrettò ad ubbidire. Con un risatina soddisfatta, Bonsal alzò la cornetta.
“Pronto, qui è Bonsal... ah, è lei caro amico! Veramente non avrebbe potuto cascare meglio... sì, sì, va tutto bene.., special mente in questo momento.”
Coprendo il microfono con una mano, l’usuraio si girò verso Irene che sudava e faceva smorfie di dolore a causa della posizione scomoda in cui si trovava.
“Vedo che non è proprio a suo agio, mia cara. L’autorizzo mettersi a sedere ma solo su una natica.., sì così, un po’ dilato...”
Irene si dette da fare per esaudirlo, appoggiandosi su un gomito, piegò la gamba esibendo i suoi orifizi all’usuraio che riprese la conversazione telefonica.
“Sì... l’ascolto.., molto bene. Credo che ci divertiremo un mondo con questa faccenda, amico mio... ma mi scusi solo un istante! “ Con le sopracciglia aggrottate, Bonsal osservò con attenzione la giovane borghese immobile come se mancasse un dettaglio. “Mi perdoni Irene… non potrebbe aprirsi la figa con le due mani... perché si possa vederla meglio?”
Irene, con un movimento improvviso, si rialzò sulla scrivania come se fosse stata colpita da uno schiaffo facendo ondeggiare le sue tette opulente, L’usuraio aveva osato! Aveva osato umiliarla davanti ad un’altra persona! Chi era al telefono sapeva che una certa Irene si stava esibendo davanti a lui. Il cinismo di quell’uomo la fece rabbrividire. Tuttavia, si sforzò di ingoiare la sua rabbia e si afferrò le grandi labbra con le dita allargandole per mostrare tutta la sua carne. Bonsal le incollò gli occhi alla vulva. “ veramente desolato, amico mio.., ma ho davanti a me una persona molto disubbidiente lei sa cosa voglio dire,.. Nuda? Certo che è nuda! A parte le calze e le giarrettiere, lei conosce le mie debolezze … Cosa sta facendo? Ma mi sta mostrando la fica naturalmente, oh, questo è ovvio, si bagna come una fontana...Il suo altro buco? Certamente ed è anche di un aspetto molto appetitoso. In questo momento potrei infilarci facilmente almeno tre dita,”
Irene si sentiva al colmo della mortificazione, ferita nel più profondo del suo orgoglio, Era come essere violentata.., violentata al telefono
“... Sì, ha delle grosse tette a forma di pera con i capezzoli dritti è eccitata,” Bonsal fece un sospiro. “Che posso dire di più? Ondeggiano quando si muove... Il resto? Buon Dio, lei sta diventando indiscreto... Insomma, una fighetta veramente pelosa, con le labbra che sporgono molto all’infuori. Dalla mia posizione posso vedere tutto... Se sta...? Un istante, devo fare una verifica prima di risponderle!”
Trattenendo la cornetta fra la spalla ed il mento, l’usuraio infilò l’indice nella vagina colante di Irene che protestò debolmente. Tremava di vergogna anche perché sentiva che le sue stesse dita, con le quali si teneva aperta la passera, erano umide degli umori che le colavano dal sesso.
“In effetti, la nostra borghese è tutta bagnata... abbiamo con noi una grande scopona,” disse Bonsal tirando fuori il dito. “Comunque sarà lei stessa a confermarglielo.”
Irene sentì che il sangue le si gelava nelle vene. Con le labbra tremanti, scuotendo disperata la testa, supplicò con lo sguardo l’usuraio che, per tutta risposta, le tese la cornetta del telefono dicendole brusco: “E’ un ordine.”
“No!. Non posso farlo. Qualunque cosa ma... ma non questo.”
“Andiamo. Non vorrà che riveli il suo cognome, mia cara! La persona con cui sto parlando appartiene al suo stesso ambiente sociale... un vero gentleman, certo, ma riuscirà a resistere al piacere di spettegolare che la signora de...?”
“Noooooohhhh…..!” gridò Irene strappandogli la cornetta di mano.
“Va bene, me lo passi...”
Sconvolta per l’oscenità di ciò che stava per confessare, si posò la cornetta nel solco dei seni ansimanti. Poi chiuse gli occhi cercando di riguadagnare un po’ di fiato prima di decidersi a parlare.
“Io... io mi sto bagnando tutta sotto,” mormorò alla fine.
Dall’altra parte le giunse una voce nasale.
“Meraviglioso. Hai una voce.., una voce calda e roca... una voce da vera troia. Su dimmelo ancora una volta.”
“Mi sto bagnando tutta sotto,” ripeté lei docilmente.
Si sentiva, suo malgrado, così vergognosamente eccitata che, a quel punto, avrebbe, ricatti a parte, confessato qualsiasi cosa le fosse stata chiesta. Bonsal, però, le riprese la cornetta. Dopo aver ascoltato un istante quello che l’altro gli diceva rispose,
“Ma no, mio caro, non è solo fortuna. Basta un po’ di fiuto, ecco tutto. Proprio come negli affari. Non si preoccupi, penserò anche a lei uno di questi giorni.., prima di quanto immagini. Promesso e a presto.”
Riappese e carezzò la bocca di Irene che reagì con una smorfia di disgusto.
“Si direbbe che lei abbia fatto una conquista.., si rende conto? poche parole al telefono ed un uomo cade subito ai suoi piedi.”
“Mi vergogno di me stessa.”
“È proprio questo ciò che la eccita... di provare vergogna, non lo capisce?”
“N... no…no.no.”
“Ah, no? Ma guardi la sua figa, signora de Sentier. Cola talmente che sta bagnando tutta la mia scrivania,”
Irene non aveva bisogno di aprire le cosce per verificare che l’usuraio stava dicendo la verità. Una macchia umida si allargava sotto di lei, incollando le sue natiche al ripiano di quercia della scrivania.
“Da quanti anni è sposata, signora de Sentier?”
“Non vedo il motivo di rispondere a questa domanda.”
“Cinque anni? Dieci anni? Sì, direi una decina di anni. Ebbene, scommetto che non si è mai bagnata tanto in dieci anni di matrimonio come in un solo pomeriggio in compagnia di Bonsal,”
Irene cercò di ignorare lo sguardo vanitoso dell’usuraio ma, intanto, con terrore, si accorse di cominciare a sentire gli effetti diuretici del tè. Un terribile impulso di orinare l’attanagliava, Divertito per le sue contorsioni l’usuraio piegò verso di lei il suo volto di faina, gli occhi che brillavano sadicamente,
“Avrebbe per caso un problema, signora de Sentier? Come, magari, una grande voglia... di fare la pipì?” Irene si morse le labbra.
Sollevando la grossa teiera di porcella lasciata lì dalla segretaria, Bonsal si divertì a versare ciò che stava del tè nella bacinella ed il rumore del liquido accentuò ancora di più il disagio di Irene che sentì che fra poco la sua viscere sarebbero scoppiata se non l’avesse fatta.
“Sì, sì, è così,” rispose disperata.
Facendo finta di non aver udito, Bonsal finì di vuotare le ultime gocce della teiera nella bacinella. Irene contrasse il volto in una smorfia di dolore.
“Per favore, signore, la prego... Mi dica... mi dica dov’è il bagno...”
Bonsal accennò ad un gesto vago in direzione del corridoio. Irene stava già facendosi scivolare giù dalla scrivania quando la voce dell’usuraio la sferzò di nuovo.
“Ma io le impedisco di andarci. E’ qui,” disse indicando la teiera, “che lei dovrà orinare. E uno dei miei divertimenti preferiti guardare le altere signore borghesi fare la pipì. Mirella!”
La segretaria doveva, certamente, già trovarsi dietro la porta, magari a spiare la scena, perché entrò immediatamente.
“No... “ cercò di protestare debolmente Irene.
Ma, nello stesso tempo, si affrettò a scendere dal ripiano della scrivania. Ormai poco le importava. Sussulti incontrollabili la scuotevano in tutto il corpo... bisognava ad ogni costo che la facesse. Il suo cervello era come paralizzato e non registrava neppure più gli ordini dell’usuraio. Febbrilmente si accucciò sopra alla teiera. In quella posizione la sua vulva carnosa sembrava sporgere in fuori ancora di più. Sotto lo sguardo dei suoi carnefici le sembra va di essere ridotta alla condizione di un animale. Piegati davanti a lei, i due spiavano avidamente le carni umide della sua figa, in attesa dell’istante cruciale. La segretaria ridacchiò:
“Su grossa viziosa, riempici la teiera di piscia.”
Con un rantolo, Irene rilasciò i muscoli della vescica e l’orina eruppe violenta. Mirella spostò sveltamente la teiera di qualche centimetro.
“Dentro... stupida porcona. Non a lato...!”
Prima ancora che la segretaria facesse in tempo a ritrarre la mano.
dalla fessura spalancata di Irene eruppe un breve ma violento schizzo di orina.
“Ah, ma non ha proprio ritegno questa porcona!” esclamò la segretaria con tono di disprezzo.
“La prego, faccia qualcosa, Mirella, prima che la situazione scappi di mano,” intervenne l’usuraio.
Mentre la povera Irene, pur sforzandosi di trattenersi, continuava a orinare a singhiozzo, Mirella le aprì la vulva con una mano cercando di dirigere il getto nella teiera. Intanto, mentre le muoveva un dito dentro la figa, le diceva con un sorriso di scherno:
“Ah, come mi piace masturbare le piscione del tuo tipo. Anche tu lo senti? Lo senti come è bello farsi fare un ditalino mentre si piscia? Su, porcellona, avanti, orina con il mio dito in fondo alla fica... riempi la teiera!”
“Oooooohhhhhh!”
L’iniziale grido di rivolta di Irene si mutò in un mugolio di piacere. Con un unghia affilata la segretaria aveva forzato il suo orifizio anale e aveva spinto un dito dentro il suo retto affondandoglielo fino alla nocca. Mentre la sua passera espelleva un ultimo schizzo di pipì, Irene spalancò la bocca folgorata dalle sensazioni che quella doppia penetrazione le procurava. Ma non le ci volle più di qualche secondo per tornare alla realtà.
Si trovava lì, nuda come un verme, in quel sordido ufficio, a merci dell’usuraio e della sua sadica segretaria che intanto le passava Sotto gli occhi la teiera colma di orina dicendole con disprezzo.
“Sei fiera dite, adesso? Hai visto quanta ne hai fatta, brutta
pisciona su, adesso alzati e sporgi bene in avanti le tue grosse Zinne.
Dopo che Irene ebbe ubbidito la segretaria avvicinò la teiera al Volto della vittima che si voltò spaventata
“Ecco... ho proprio voglia di farti bere la tua propria orina... magari ti piacerà anche...”
“Basta così, Mirella!” intervenne a questo punto Bonsal allontanando, con un gesto, il disgustoso recipiente dal volto di Irene.
Quest’ultima, suo malgrado, provò per l’uomo, che l’aveva salvata da
quell’estrema umiliazione come un senso di riconoscenza.
Mentre un tic di rabbia le deformava l’angolo delle labbra, la segretaria abbassò gli occhi mormorando scontenta:
“Come vuole lei, signor Bonsal...”
Vedendo l’usuraio avvicinarsi, Irene non poté reprimere un brivido. Non aveva più nemmeno la forza di chiedersi come tutto questo sarebbe finito anche se, nel fondo di se stessa, lo aveva, in realtà, sempre saputo. Si trattava solo di scoprire quale altra idea contorta sarebbe germinata nella testa di quel vecchio pervertito prima della sua inevitabile, definitiva umiliazione.
Adesso, Bonsal non sorrideva più. Con un sospiro contrito si frugò nella tasca della giacca, ne estrasse la collana e la allacciò al collo di Irene.
“Le... le chiedo di voler scusare la mia giovane collaboratrice, ma è successo qualcosa che non avevo previsto. Le ho detto che mi piace guardare il sesso di una giovane signora borghese. questo è vero, ma Mirella è forse stata troppo dura con lei. Peccato,” proseguì con un sospiro di rammarico, “ma credo che, a questo punto, sia meglio che lei, signora de Sentier, torni a casa... e con tutte le mie scuse.”
“Che cosa?!”
Il grido era uscito improvviso dal suo petto senza che lei potesse trattenerlo.
“Sì, le rendo la sua collana, signora de Sentier. “
“Vuoi dire che...”
“Che lei avrebbe fatto tutto questo per nulla? No certo... sono io che rompo il contratto e dunque è mio dovere indennizzarla. Ecco...”
Prese dai tavolo due biglietti da cinquecento euro e li porse ad Irene dicendo:
“Con tutte le mie scuse.”
Irene scuoteva la testa ostinatamente come rifiutandosi di capire.
“No... no, sarebbe troppo facile. Troppo meschino. Questa recita fra voi...”
“Quale recita, signora?”
Dimentica di ogni pudore la giovane donna andava avanti ed indietro nuda com’era per la stanza, la bocca contratta in una smorfia di collera.
“Sì... evidentemente è questo il vostro trucco... umiliare le vittime costringendole a piegarsi a degli atti osceni e poi mandarle via a mani vuote!”
Scoppiò in un pianto dirotto. Come per consolarla, Bonsal le posò una mano sulla spalla sotto lo sguardo divertito della sua segretaria.
“ Mi lasci stare...”
“La prego, signora de Sentier... un po’ di dignità, non faccia così “
Irene si sforzò di ritrovare un comportamento più conforme. Il volto dell’usuraio era tornato ad assumere un’espressione cattiva e lei capì che quel vecchio vizioso l’aveva giocata di nuovo. Con mani eccitate l’uomo cominciò a palparle i seni « Non ha più tanta voglia di andarsene, non è vero? Si eccita quando le tocco le tette?”
Irene si sarebbe dannata piuttosto che confessare una cosa del genere ma, in realtà, era eccitata come mai prima in tutti gli anni con suo matrimonio. E questa innegabile evidenza la faceva morire di vergogna più ancora dei sordidi palpeggiamenti di Bonsal, per costringerla a rispondere, quest’ultimo le pizzicò violentemente un capezzolo.
“Sì….si….”
“ Allora ho ragione. Lei non vuole tornarsene a casa senza i soldi ?”
Intanto, con le mani, l’uomo le contornava le anche scendendo sulle sue natiche che divaricò con le dita. Irene, respirando affannosamente con le narici palpitanti, fece un cenno affermativo.
“Bene lei sa cosa deve chiedermi perché io rinunci a rompere tratto?”
Intanto, con la bocca piegata in un sorriso malevolo, la segretaria è andata a porsi dietro le spalle dell’usuraio scendendo, con le mani ad aprigli la patta dei pantaloni. Evidentemente anche lei sapeva...!
Ipocritamente, Irene sbatté le palpebre mentre le sue dita correvano a carezzare la collana di smeraldi che brillava intorno al suo collo …… l’ultimo alibi che le restava per giustificare a se stessa questo odioso desiderio di oscenità che ormai la dominava come follia sessuale di quella coppia perversa l’avesse ormai completamente contagiata.
“ Lei vuole.., lei vuole che io le chieda di... di chiavarmi, non è così ? “
Mireila afferrò il polso di Irene e ne costrinse la mano a spostarsi fino all’apertura dei pantaloni dì Bonsal che attendeva con uno sguardo di giubilo malsano. La giovane donna non poteva non comprendere cosa si esigeva da lei.
“No.. non voglio.., io...”
Mirella la fece tacere storcendole violentemente il braccio e poi, approfittando dello sconcerto di Irene, guidò subito la mano contro le mutande dell’usuraio.
La morte nel cuore, la giovane donna tocco il sesso dell’uomo attraverso la stoffa, prima il grosso sacco de testicoli, poi la verga dura che gonfiava il tessuto all’altezza della tasca dei pantaloni.
“Avanti... masturbalo,” le ordinò la ragazza.
Irene credete di svenire. Senza riuscire a celare il proprio di disgusto, insinuò la punta delle dita sotto le mutande dell’usuraio che si lasciò sfuggire un sospiro di impazienza. Il contatto con quel membro tiepido e rigido le fece l’effetto di una scarica elettrica. Ritratto la mano ma poi, spaventata dal suo stesso gesto, la infilò subito di nuovo dentro la patta per liberare, dalle mutande, la grossa verga di carne pallida dalla punta rosata. Sempre stringendole il polso Mirella la obbligò, allora, a muoversi in su ed in giù con le dita intorno a quel pene pulsante.
“Coraggio signora de Sentier , si dia un po’ da fare , sia brava! Lo masturbi
quest’ uccello.., lo masturbi come si deve!”
Irene avrebbe voluto protestare ma la vista di quel membro rigido le faceva tremare le gambe di un’odiosa debolezza. Si concentrò sul movimento cercando di ubbidire agli ordini di Mirella. Con il riflesso della vecchia giocatrice d’azzardo scommise che l’uomo avrebbe presto avuto un orgasmo. Forse sarebbe riuscita a cavarsela a buon mercato.
Lasciò, che la segretaria guidasse la sua mano anche sui testicoli che ondeggiavano sotto il pene dell’usuraio. Senza cessare il movimento di masturbazione, Irene cominciò a palparli stupendosi per il loro volume e la loro consistenza. Aveva solo di rado carezzato il sesso del marito.., e mai in questo modo, in piedi alla luce, sotto lo sguardo di un’altra donna. Con suo marito, quella cosa si limitava ad una penetrazione immediata e sempre al buio. Lei faceva appena in tempo a spegnere la lampada sul comodino che Edoardo la montava infilandole immediatamente la verga semirigida nella vagina e quasi subito lui eiaculava con un gemito, senza preoccuparsi di sapere se anche lei aveva goduto.
“Comincia a prenderci gusto, la nostra bella borghese,- fece la ragazza.
- Guardi come carezza con gli occhi il suo sesso mentre lo masturba...”
“Ma no, io...” cercò di giustificarsi Irene arrossendo.
“Finiscila ipocrita! - disse la segretaria pizzicandole crudelmente una tetta,
- e mettiti in ginocchio.., così ti riuscirà meglio...”
Irene ubbidì ma come di controvoglia. In realtà era follemente eccitata. L’usuraio puntò il fallo contro il suo viso sudato.
“Hai visto che articolo di primo ordine?”
Affascinata, Irene non poteva staccare gli occhi da quel grande glande purpureo che avanzava contro di lei ogni volta che la sua mano si muoveva in su ed in giù facendo scivolare la pelle del prepuzio lungo l’asta. La segretaria le spinse in basso la testa, ‘verso quel fallo minaccioso ed Irene, istintivamente, cercò di girare il volto di lato.
“Avanti, puttana... non fare la commedia. Apri la tua bella boccuccia e succhia!”
Mirella le inflisse un altro pizzicotto su un seno. Irene gridò di dolore e Bonsal ne approfittò per obbligarla, afferrandola per la nuca ad inghiottire la punta del suo pene. In preda ad una frenesia incontrollabile glielo spinse poi tutto dentro. Irene lo ricevette in fondo alla gola ed ebbe un conato di vomito... l’usuraio glielo aveva forzato in bocca fino ai testicoli ed ora lo stava facendo andare avanti ed indietro fra le sue labbra umide gorgogliando di piacere e spingendoglielo ogni volta sempre più in fondo. Irene fu scossa da un altro conato di nausea ma non fece nulla per dibattersi. L’uomo la teneva troppo saldamente.
Così, volente o nolente, fu costretta a sottomettersi a questa pratica ributtante che aveva sempre rifiutato al suo stesso marito spingendo la testa in basso per succhiare meglio mentre la mano della segretaria la frugava nella vagina. Sull’orlo dell’orgasmo, Irene non controllava più i movimenti del suo bacino e offriva oscenamente il suo sesso a quelle dita che la violavano rudemente triturando la sua clitoride gonfia. Tutto il suo corpo la tradiva come una macchina fuori fase e lei affondava, sempre di più, nella bestialità.
All’improvviso Bonsal ebbe un sussulto e le spinse con forza l’intero uccello in fondo alla bocca. Lo sperma schizzò a getti violenti invadendo il suo palato e colandole nella gola ed Irene lo inghiottì senza neppure pensarci, sconvolta dal fiotto di sensazioni che le bruciavano la vulva. Come in trance si dimenava sulla mano della segretaria ma questa la ritrasse all’improvviso senza preoccuparsi del suo piacere mentre l’usuraio le gridava:
“Ingoia... ingoia tutto, puttana! Fino all’ultima goccia!”
Irene succhiò ancora un poco la grossa verga che si andava ammosciando prima di espellerla con una smorfia di disgusto. Frustrata per non aver goduto respirava affannosamente mentre quel porco si divertiva a carezzarle le gote con la punta umida del glande. Cercò di consolarsi pensando che sì, l’uomo aveva eiaculato nella sua bocca....una cosa ignobile, ma almeno non era stata costretta a prenderlo nella........
La voce dell’usuraio la risvegliò dal suo torpore.
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