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13 Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura


di iside59
01.09.2023    |    4.633    |    2 9.2
"Arrivo a destinazione, in un piazzale dal quale parte un sentiero che finisce in un boschetto adiacente, la situazione è molto tranquilla, c’è qualche auto..."
Una sera d’estate, quelle sere calde, dove veramente l’afa ti riduce ad un essere senza voglie ed interessi, oppresso dalla canicola decido di andare a fare un giro in auto, tanto per rimanere un po’ di tempo in aria condizionata e riprendermi un attimino.
Dove vado, dove non vado, sono bastati due spifferi di aria fresca per riattizzarmi, decido di andare in un posticino raccomandato su internet di cui si dice un gran bene, ma che non ho mai frequentato perché troppo lontano dalla mia abitazione, oltretutto è dall’inizio dell’estate che non mi do da fare in questo campo e la paura che mi attanaglia da qualche giorno è che il desiderio stia piano piano scemando con l’età che avanza; quindi decido di fare qualcosa di forte, per rompere questa apatia che si è impadronita di me.
Guido per quasi un’ora pensando se il mio abbigliamento fosse adeguato a ciò che andavo a fare, sia per la praticità che per essere più desiderabile, in mezzo ad un boschetto non ci sono certo le comodità di una stanza da letto.
Ho nel baule dell’auto dei calzoncini corti tipo “runner” e un tanga di pizzo nero, molto sgambato comprato su internet della taglia più grande disponibile; mi fermo in una piazzola e dopo essermi ben guardato intorno tolgo jeans e slip che indosso e mi infilo il tanga, mi copre il minimo indispensabile, mi osservo e già mi eccito, la cappella non riesce a starci dentro, metto i calzoncini sopra e riparto.
Arrivo a destinazione, in un piazzale dal quale parte un sentiero che finisce in un boschetto adiacente, la situazione è molto tranquilla, c’è qualche auto posteggiata ma nessun movimento di esseri umani.
Rimango in attesa per una mezzoretta in attesa che qualcosa si muova e nel frattempo mi ungo preventivamente il buchetto con del lubrificante della “durex” per non farmi trovare eventualmente impreparato ad accogliere qualche grosso calibro.
Arriva un’auto, scende una persona molto alta e magra, indossa una minigonna molto corta, ha i capelli a caschetto neri, forme femminili zero; si guarda un po’ intorno poi si dirige sicura sul sentiero che scompare nel boschetto.
Penso che il posto sia quello giusto, anche se non ho ancora visto qualcosa che mi attizzi particolarmente.
Altra auto, passa vicino alla mia guardando dentro, si ferma un po’ più in là, l’autista scende, un grassone impressionante con la testa pelata sui sessanta/settanta, si accende una sigaretta, fa due tiri, la butta, la spegne schiacciandola col piede e si incammina sul sentiero.
Qualcuno anche esce dal bosco più o meno trafelato, probabilmente ha già trovato quello di cui era andato in cerca, risale in macchina e se ne va.
Arriva un Suv di lusso, scendono un uomo in giacca e cravatta sui quaranta/cinquanta e una donna molto piacente, almeno così sembra, poco più di quaranta anni anche lei, con un vestitino rosso fiammante, ridono e scherzano ad alta voce, sembrano molto a loro agio; restano vicino all’auto per una ventina di minuti e poi anche loro incredibilmente si inoltrano chiacchierando nel boschetto senza alcuna preoccupazione.
A questo punto non posso più tentennare, attendo ancora una decina di minuti, poi prendo lubrificante, preservativi e le chiavi della macchina, li metto in un marsupio a vita e mi fiondo nella selva oscura.
Cammino circospetto nel buio della notte tra i rami e i cespugli, cammino senza trovare traccia di alcun essere vivente; ad un certo punto sento un vociare provenire da poco lontano, risate sguaiate, schiamazzi di gente che sembra stia divertendosi molto.
Cammino in direzione della festicciola, ormai ci sono, tra la vegetazione abbastanza fitta c’è uno spiazzo dove l’erba è schiacciata dal continuo transitare di chi si avventura nella selva, la donna col vestito rosso ride sguaiata e urla il suo essere puttana, accucciata al centro dello spiazzo col vestito calato alla vita per evitare di sporcalo; le spalle, la schiena e le tette sono completamente scoperte, attorniata da un capannello di sei uomini in piedi che si fanno succhiare la mazza e non disdegnano di riempirle la bocca o di irrorarle il volto e il busto con il loro godimento , mentre l’uomo che la accompagnava fa il guardone libidinoso e si masturba ferocemente appoggiato ad un albero.
Sembra esserci la coda per partecipare al girotondo, almeno venti uomini attendono il loro turno, ed altri dopo aver finito si rimettono subito in coda per partecipare ad un secondo giro; qui si rischia di fare notte, mi sarebbe piaciuto sborrare in bocca a quell’assatanata, tra l’altro anche una bellissima donna, ma preferisco proseguire nel mio esplorare questo posto.
Mi inoltro ancora di più nella boscaglia e qualche metro più in là, ecco il lungagnone con parrucca e minigonna in piedi, leggermente piegato in avanti e appoggiato con le mani ad un albero, dietro il grassone con la testa infilata tra le sue chiappe che sembra volerlo sodomizzare con la lingua, il lungagnone gode come un porco e di certo non nasconde il suo immenso godimento aprendo la bocca e lasciando uscire rochi rantoli di piacere; poi il grassone si alza, si slaccia i pantaloni e lo incula ferocemente.
Dalla mia posizione non riesco a vedere bene, ma il grassone avanti di età, con la panza che si ritrova deve avere un cazzo lungo mezzo metro per riuscire a far godere in quel modo il travesta; i colpi sono delle mazzate, il travesta nel suo delirio perde addirittura la parrucca, ma continua a godere e a soddisfare il suo culo incitando il grassone a sfondarlo sempre di più.
Il grassone grugnisce, il travesta guaisce, il grassone gli sbava sul collo mentre lo monta selvaggiamente alla pecorina, fino a che il suo culo riceve tutto il frutto che scaturisce della nerchia del suo sodomizzatore e tutti e due si lasciano andare, le gambe che non reggono più, il travesta crolla sulle ginocchia e il grassone sopra di lui madido di sudore.
Vado oltre dopo aver assistito a questo amplesso selvaggio sempre più eccitato, mi inoltro ulteriormente nella boscaglia che sembra farsi più fitta curioso di vedere cosa mi riserba ancora questo bel posticino.
Cammino per qualche minuto ma non trovo nulla di nuovo, sto quasi per tornare indietro quando vengo preso dalla strana sensazione che qualcuno mi stia seguendo, ma soprattutto osservando.
Mi fermo e volutamente volto le spalle alla direzione in cui presumibilmente potrebbe giungere il mio visitatore, anzi faccio di più, mi faccio scendere i calzoncini in modo da mettere in evidenza le mie chiappe bianche ricoperte in maniera minimale dal tanga che indosso.
Non devo aspettare troppo tempo che due mani possenti mi stringono decisamente le natiche, mi giro e vedo un uomo alto, con pochi capelli, sulla sessantina, forse più, che veste la classica canottiera bianca e un paio di pantaloni blu, i tipici pantaloni da lavoro; lui mi sorride con un ghigno non certo dei più rassicuranti.
Mi sono inoltrato parecchio nel bosco, siamo molto lontani dal parcheggio, un brivido mi corre sulla schiena, ma ciò non fa altro che aumentare la mia eccitazione.
Mi mette una mano sulla spalla e mi spinge giù in modo autoritario e deciso apostrofandomi con queste parole: “Ora ti faccio la festa, frocetto di merda”
Si cala i pantaloni e le mutande spiattellandomi davanti agli occhi un arnese niente male con una cappella grossa e turgida come un pomodoro; è già molto eccitato e a tratti anche violento nei miei confronti.
Non faccio in tempo a realizzare cosa sta succedendo che mi trovo tutta la sua nerchia in gola, quasi a soffocarmi; mi scopa muovendosi velocemente e in profondità, provocandomi conati di vomito e una super produzione di saliva che sgocciola a terra dalla mia bocca piena della sua consistente mazza.
Sono in balia della sua furia, mi sento abusato; d’un tratto si ferma, mi fa cenno di alzarmi e girarmi, sempre in quel modo autoritario a cui però non so dire di no e mi apostrofa ancora una volta per quello che in realtà mi voglio sentir dire: “Adesso ti rompo il culo, brutta checca che non sei altro”.
Più mi insulta e più mi eccito, gli chiedo con un filo di voce se può indossare il preservativo, finge di non sentire, allora gli chiedo se posso lubrificarmi ulteriormente il culetto mostrandogli il tubetto della “Durex”, mi guarda con un ghigno che poi si allarga in un sorriso compiaciuto ma sempre sinistro e mi strappa il tubetto dalle mani apostrofandomi ancora: “Faccio io, finocchio!”
Mi poggia la sua rude mano dietro la testa spingendomi giù a novanta gradi, io divarico bene le gambe per cercare di limitare resistenze che a questo punto potrebbero risultare solo deleterie, mentre lui, dopo essersi unto abbondantemente due dita con il lubrificante, me le schiaffa letteralmente in culo roteandole e una volta abbondantemente entrato in me, aggiunge il terzo dito spingendo indelicatamente, continuando a ruotare come volesse entrare con tutta la mano.
Già mi sentivo squassato, cercavo di rilassarmi e dilatarmi al massimo ma la sua furia ingiustificata continuava a farmi paura, anche se non osavo oppormi alle sue rudezze gratuite.
Dopo qualche interminabile minuto di questa tortura che stava pian piano trasformandosi in una piacevole sensazione, toglie la mano, si approccia al buco del mio culo ormai molto dilatato con la sua esagerata nerchia, sento la cappella premere e con un colpo secco sprofonda dentro fino alle palle che ora vanno a sbattere direttamente contro le mie.
Mi stantuffa velocemente affondando nei miei intestini, con la dilatazione provocata dall’eccessivo uso di lubrificante, quando entra non lo sento per nulla e quando esce ho una spiacevole sensazione di vuoto tale da non desiderare altro il suo successivo affondo.
Continua per cinque minuti che sembrano interminabili, poi rallenta ma vibra colpi sempre più forti, mi insulta: “Brutto frocio, ti riempio il culo di sborra!”
Io rispondo in preda ad un piacere indescrivibile; “Spaccami, rompimi, entra in me, sono il tuo schiavo, la tua vacca, dai! Dai! Sei un vero toro da monta! Monta la tua vacca!”
Poi si lascia andare e sento un fiume di sborra inondarmi gli intestini, rilascia un urlo roco e animalesco che mi fa quasi paura.
Si ritrae, si pulisce con dei fazzoletti, si tira su le mutande, i pantaloni e scompare nel fogliame senza neppure degnarmi di uno sguardo, non saprò mai il suo nome e chi potesse essere, probabilmente un contadino del posto particolarmente arrapato.
Anche io mii rivesto, mi asciugo la sborra che mi cola tra le gambe, sento un rumore sospetto e corro via come un delinquente che ha appena commesso un reato.
Dopo un paio di minuti rallento e riprendo normalmente a camminare verso l’uscita dal bosco, nessuno mi sta seguendo e stranamente non incontro nessuno; sonno quasi al parcheggio che nel frattempo si è quasi svuotato, quando a pochi passi dall’auto mi accorgo di non avere con me il marsupio con le chiavi della macchina.
E adesso cosa faccio? Porca puttana!
Devo averlo lasciato dove ho subito la monta, quando sono partito di corsa non ci ho fatto caso ma deve essere rimasto li. Torno sui miei passi guardando per terra per quello che si poteva vedere con il buio pesto che era sceso dopo che la luna era stata coperta da una nuvola passeggera.
Con qualche difficoltà arrivo al luogo del misfatto e chi ti trovo?
Di spalle vi era il travestito alto due metri che si era risistemato la parrucca e sembrava essersi ripreso dall’amplesso col grassone.
“Ciao! Cosa fai qui tutto solo?”
Gli spiego il perché sono tornato indietro ma lui cambia discorso e mi si rivolge in modo molto seccato e sfrontato: “Ho visto che ti piace un sacco prenderlo nel culo, supplicavi addirittura il buon Luigi di continuare a rompertelo, di non smettere mai, mi vuoi fare concorrenza sleale?”
Gli risposi; “No! Figurati! Sono arrivato qui per caso e probabilmente non ci tornerò più perché per me è un posto molto scomodo da raggiungere!”
Mi risponde stando sempre quasi di spalle e al buio per cui non riuscivo a capire bene cosa stesse facendo: “Si!!?? Allora se voglio conoscerti meglio devo farlo questa notte, perché se non torni più avrò perso una occasione irripetibile!”
Ribatto: “Ma no! Ma dai! Forse ritornerò, magari la prossima settimana!”
E lei o lui, che dio si voglia: “Attento furbetto! A me non la dai a bere! Se vuoi tornare a casa devi venire a prendere questo!” E così dicendo si gira e mi mostra il cazzo dritto che probabilmente prima nel buio si stava menando, ma appeso su quel bel cazzo di oltre venti centimetri lungo e affusolato, c’è incredibilmente appeso il mio marsupio!
Rincara la dose: “O li prendi tutti e due o nessuno! Cioè te ne torni a casa a piedi!”
Continua ora con voce più suadente e meno imperiosa: “Dai da bravo vieni qui, prendimi in bocca questo bel cazzo duro, leccamelo bene tutto, soprattutto intorno alla cappella, così potrai riprenderti il tuo marsupio e non solo”
Non ho scelta, purtroppo se voglio tornare a casa devo scendere a patti col travesta, non che mi faccia schifo, ma dopo la cavalcata che ho appena subito ho il culo dolorante e drammaticamente slabbrato che ne farei volentieri a meno.
Mi accuccio davanti a lui, apro la bocca e accolgo il cappellone tra le mie labbra, lo succhio, lo avvolgo bene con la lingua, lo assaporo e devo dire che sa di buono, il travesta sembra un tipo pulito.
Lui sembra essere soddisfatto del mio lavoro e mi incita a frullare con la lingua tutto intorno al glande: “Dai da bravo! Oh! come sei bravo! Dai! Ciucciamelo tutto! Siii! Dai che ti piace, ciuccialo tutto porcellino goloso!
Faccio per togliere il marsupio appeso sul suo cazzo turgido, ma lui capisce, mi anticipa e lo appende su un ramo molto in alto, dove probabilmente avrei faticato ad arrivarci e rassicurandomi: “Fai il bravo, bel bambino, quando avremo finito di divertirci te lo prenderò io, così potrai tornare a casa di corsa dalla mamma!”
Mi sentivo veramente un bel bambino con il suo lecca-lecca da succhiare, succhiavo e succhiavo perdendo la cognizione del tempo, ma soprattutto quella che stavo leccando da un quarto d’ora ormai, era una cappella rossa e turgida con un sapore dolciastro e anche un po’ salato, avrei continuato delle ore se il travesta non mi avesse dato la sveglia: “Ehi! Basta succhiare! Così me lo consumi!”
Mi prende sotto le ascelle e mi solleva, abbassa la testa e mi ficca in bocca la lingua che sembra lunghissima, avvolge la mia come un camaleonte, mi guarda, mi fissa con occhi pieni di desiderio e mi sussurra all’orecchio: “Adesso la Gina ti fa il culetto, perché questa sera l’ho preso di dietro già quattro volte senza sborrare e avrò diritto anch’io a svuotarmi le palle dentro ad un bel culetto come il tuo!”
Mi guarda ancora con occhi languidi, mi spinge delicatamente con la schiena contro un albero, mi abbassa i calzoncini e il tanga sfilandomeli, mi alza di peso prendendomi per le chiappe, mi divarica le gambe poggiando i miei piedi sulle sue spalle e dal davanti mi punta il suo batocchio sullo sfintere ancora ben oliato facendomi suo, entra prima con la cappella e poi con tutti i venti centimetri di cazzo che ha in dotazione, rimane ferma un attimo ricacciandomi in bocca la lingua ed esplorandomela tutta fino in gola, poi comincia a muoversi dentro e fuori per tutta la lunghezza del suo cazzo e mi sussurra nella notte buia e quasi incantata: “Ti piace bambino mio, adesso la Gina ti fa godere col culo come non hai mai goduto in vita tua!”
Con quel fare quasi materno mi parla e si muove delicatamente ma profondamente dentro di me, lo lascia uscire quasi tutto per poi affondare lentamente fino alle palle facendomi provare il paradiso.
Mi sento al settimo cielo e la incito ad andare sempre più in profondità: “Siii! Gina, non fermarti mai! Vorrei che questo momento durasse in eterno! Possiedimi! Sono tuo! Fottimi! Gina fottimi!”
Mi culla sulla sua nerchia, mi solleva e mi fa scendere in modo tale che il peso del mio corpo finisca per far scomparire tutto il suo cazzo dentro di me, è dolce, mai violenta, gli metto le braccia attorno al collo e mi dondolo su e giù sul suo palo di carne, fino a che arriva il momento dell’esplosione, parte il tappo dello champagne, sento l’ondata di sborra riempirmi il ventre, lancio un urlo di gioia e di soddisfazione completa, insieme ci accasciamo a terra uno sull’altro.
Mi sento sfinito, quando il suo membro si sfila dal mio culo ammosciandosi sento l’aria fresca della notte entrarmi dentro, è dilatato come una galleria, lo sperma sgorga a rivoli finendo sul terreno, mi assopisco abbracciato a lei, l’essere che mi ha fatto provare quello che altre volte non ero mai riuscito a provare.
Mi risveglio dopo una mezzoretta, Gina non c’è più, se ne è andata lasciandomi accanto per fortuna il mio marsupio e i vestiti; mi vesto e mi incammino col culo veramente a pezzi verso il parcheggio, il cielo si sta già schiarendo, sembra quasi albeggiare, ma che ora si sarà fatta?

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