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11 Paulina do Brazil


di iside59
19.02.2023    |    2.659    |    1 9.1
"Non fu facile liberarsi della sua compagnia, era molto insistente, sembrava un cane a cui si stava tentando di sottrarre l’osso che aveva già in bocca..."
Vagavo come al solito per le strade della città di Milano senza meta precisa in una serata invernale nebbiosa quando in un angolo molto buio vidi in piedi in attesa di qualche improbabile cliente una figura che non poteva essere che un trans, sicuramente sudamericano vista la zona.
Quando mi fermai per le domande di rito e fui più vicino per vederlo meglio rimasi quasi terrorizzato ma nello stesso tempo paralizzato, senza quasi una volontà di reazione, la cosa mi capitava spesso in certe particolari occasioni, quasi volessi affidarmi unicamente alla sorte, benigna o maligna che fosse.
Era spaventoso, brutto, anzi bruttissimo, femminilità zero, sembrava uno Schwarzenegger di colore in gonnella, anzi in gonnellino, visto che appariva visibile in maniera inequivocabile il pronunciato rigonfiamento che sporgeva da sotto, promettendo un pacco certamente di ragguardevoli dimensioni.
Quando accostai, lui immediatamente aprii lo sportello della vettura e prima che potessi sincerarmi con chi avessi a che fare mi aveva praticamente immobilizzato; sgommare via con la portiera aperta non mi sembrava il caso, avrei rischiato di trascinarlo via con me; lui fu lesto a sedersi in macchina in modo tale da non permettermi di poterlo scaricare in maniera risoluta portando a termine la sua manovra di abbordaggio.
Ritirò le gambe all’interno dell’auto e chiuse lo sportello concludendo la sua opera di circonvenzione di incapace (che sarei io) mettendo in mostra due cosce molto robuste e tornite, da vero centravanti del Botafogo (squadra di calcio di Rio de Janeiro), per non parlare poi dei polpacci che le calze femminili indossate mettevano ancor più in risalto.
Ero stato chiaramente agganciato da un bruttissimo travestito sudamericano che incuteva non poca soggezione per non dire timore, era quello che si poteva definire un vero travone, l’unica buona prospettiva era la promettente protuberanza nascosta tra le gambe, un brutto travesta ma con tanta verga.
Ripartii senza una meta precisa ascoltando la sua voce tranquilla e suadente che, in portoghese, mi suonava come una cantilena molto eccitante e coinvolgente.
Era dolce ed educato, quasi in contrasto con la sua immagine devastante, tanto che dopo una ventina di minuti mi sentii molto più tranquillo e senza rendermi conto, cominciai a seguire le sue istruzioni come fossi stato ipnotizzato fino a giungere a posteggiare con l’auto nella zona “Isola”.
Mi disse che era meglio se fossimo saliti in casa sua perché in auto girava troppa polizia, senza tenere conto poi il freddo che faceva; senza reagire e come un automa lo seguii, scendemmo dall’auto ed entrammo in una corte tipica della città, prendemmo una porta a destra e salimmo al piano superiore fino ad arrivare alla sua alcova.
Un monolocale carino e molto caldo, mi fece accomodare e mi offrii da bere, scelsi un bel Jack Daniels e ne feci versare una buona quantità, ne avrei sicuramente avuto bisogno vista la situazione.
Mi disse di chiamarsi Paulina dos Santos e di essere arrivata a Milano da poco e di non avere ancora ingranato col lavoro notturno, non aveva bisogno di soldi in quanto lavorava come cameriere in un noto ristorante brasiliano molto “trend” in quei tempi ed oggi essendo giorno di chiusura necessitava di divertirsi un po’ perché, a detta di lei, non faceva sesso da quando era arrivata nel capoluogo lombardo direttamente da Fortaleza.
Ciò mi fece sobbalzare sul divano, gli chiesi di versarmi dell’altro Whisky, dopo l’ultima sua affermazione ci voleva sicuramente.
Si alzò dal divanetto e scomparve verso il bagno, quando ritornò non indossava più le mutandine in quanto dal corto gonnellino faceva capolino un’appendice liscia e scura, che pareva una biscia tutta nera, gli penzolava giù quasi fino alle ginocchia, si sedette e cominciò a menarsela per farla ovviamente irrigidire oltre che sollevare.
Io ormai non connettevo più, forse a causa del Whisky o forse nel bicchiere era stato messo qualcosa che mi aveva privato della lucidità necessaria per uscire brillantemente da questa situazione.
Si smanazzava il gran cazzo in tutta la sua lunghezza, era molto lungo e pendulo, tutto nero e di notevoli dimensioni, liscio ma soprattutto, man mano che si irrigidiva dava l’idea di essere molto ricurvo da un lato.
Assistetti senza batter ciglio al lievitare di quel mamba nero, quasi ipnotizzato da quel serpente che stava prendendo vita in mezzo alle gambe di Paulina.
Dopo qualche minuto di puro esibizionismo in cui mi mostrava il suo membro inquietante, con la rossa cappella che veniva messa in evidenza dal movimento della sua mano, la scopriva tutta mettendola completamente in mostra con orgoglio e nel frattempo mi esortava a prendermi cura in maniera amorevole del suo arnese, con parole che alle mie orecchie, quella cadenza portoghese faceva sembrare una piacevole musichetta:“Vieni tessoro sukiare mio kàsso? Ehe? Kàsso bbelo duro per te! eh? Vieni sukiare mio bbelo kàssone! Dai! Vieni! Ehe? Vieni tessoro!
Rimasi immobilizzato senza reagire per qualche minuto, così insistette: "Por favor mi fai un bokino? Ehe? Voglio sborare in boka tua! Sono tuta piena per te!
A quel punto alzai bandiera bianca e mi tuffai su quel ben di dio, cominciando a succhiarlo, cercando di farlo entrare in bocca il più possibile fino a causarmi degli urti di vomito, per poi farlo uscire tutto e soffermarmi a titillare con la punta della lingua il glande ormai rigonfio e pulsante pronto per l’utilizzo.
Lei apprezzava il mio trattamento e continuava con la sua maliziosa cantilena che mi arrapava sempre di più: Oho! Aha! Ohoho! Komo sukia bbene! Bbelo! Sukiami il kàsso putàna! Ke Bbelo! Sukia tuto! Dai che mi piasce! Ohi! Ohi! Ahahaa! Sukia! Sukiami! Ohi! Ohi! Sukiami il kàsso putàna! Ohi! Dai! Sukia tuto ke voglio sborare in tua bboka! Dai!
Io ero seduto sul divano e lui era in piedi davanti a me, mi scopava in bocca con una certa veemenza continuando con la sua vocina maliziosa e suadente a cantarmi la sua canzoncina oscena: “Vuoi che ti sboro in bboka ehe? Ohi! Ohi! Dai! Mangi tuto mio kàsso! Dai! Si! Sssiii! Mangi tuto! Oho! Aha! Ohoho! Ke bbelo! Ke bbelo! Mi piasce tropo! Siiiii! Sukiami il kàsso putàna!
Ad un certo punto i suoi incitamenti divennero dei veri e propri ordini: “Sukia il mio kàsso troia! Sukia bbene! Bravo! Siii! Si! Sukia mio Kàsso troia! Oho! Ohoo!”
Ed io a questi ordini non potevo fare altro che obbedire.
Ad un certo punto e senza che me ne resi neppure conto, mi ritrovai senza nulla addosso, carponi sul divano, a quattro zampe con il culo rivolto in direzione del suo possente arnese.
Mi si avvicinò da dietro, lo sentii sputarmi tre o quattro volte sull’orifizio anale, mi introdusse almeno tre dita roteando il polso prima in un senso e poi nell’altro per allargare il più possibile il buco del culo, mi aveva praticamente aperto entrandomi con quasi con tutta la mano, fino al polso, si alzò in piedi, piegò leggermente le gambe, mi appoggiò la cappella al buco del culo aperto e inumidito a dovere e cominciò a spingere scivolando dentro abbastanza facilmente, senza traumi particolari, continuò a spingere fino a far scomparire completamente dentro di me tutto il suo “anguillone”.
Mentre cominciava a muoversi avanti ed indietro continuava a pormi domande imbarazzanti e ad apostrofarmi con volgari insulti che per me comunque suonavano ancora come una dolce sinfonia di eccitanti paroline amorose: ”Ti piasce mio kàsso nel kulo? Senti mio kàsso! Senti! Si! Ti piasce Ehe? Vuoi ke sbori in kulo? Ehe? Ehe? Si! Ahaa! Ahaa! Bbelo kuletto! Ke bbelo kuletto! Si! Sssiii! Ti piasce mio kàsso in kulo? Vuoi ke ti sboro dentro tuo kulo?
Batteva nel frattempo l’inculata aumentandone la frequenza preso dalla foga dell’eccitazione, mi stava facendo letteralmente impazzire, mi sentivo riempito a dovere, avrei voluto che quel cazzo non dovesse mai più uscire dalla mia fica anale.
Travolto dagli eventi ero finito con la faccia schiacciata sul divano, stavo col culo per aria, carponi, mentre con le mani mi ero afferrato le chiappe cercando di divaricarle al massimo per allargare il più possibile il pertugio e facilitarne la penetrazione.
Lui continuava e mi provocava: “Vuoi ke ti skopo forte? Aspeta ke ti sckpo tuto! Skopo forte? Vuoi ke ti skopo forte? Sssiiiiiii! Ssii! Ke bbelo kulo! Vuoi ke sboro dentro tuo kulo? Tuto dentro?
Mugolavo come una gatta in calore, inarcavo il fondoschiena e spingevo il culo tutto indietro per cercare di far entrare il più possibile la sua nerchia, mi sentivo pieno e lo sentivo dentro tutto, in profondità, mi stavo godendo a pieno la vigoria di quel rapporto quasi animale; lo guardavo con l’occhio di chi bramava essere sottomesso brutalmente, anche violentato se necessario, lui con il suo fisico scolpito, nero, lucido e ben definito, i suoi bicipiti, i quadricipiti femorali delle cosce rigonfi in una posizione non comodissima, il suo grosso culone nero, un po' molliccioso con un leggero accenno di cellulite che però mi eccitava ancora di più, un vero toro da monta, mi stantuffava con il solo movimento del bacino stando con le gambe leggermente flesse, si ritraeva fino quasi a far fuoriuscire la cappella per poi immergersi nuovamente affondandola in profondità, mi sentivo esplorato nel profondo della mia intimità, ero completamente andato!
Ad un certo punto non ce la feci più a trattenere la mia soddisfazione e mi lasciai letteralmente andare: “Sssiiiii! Fammelo sentire tutto! Scopami dai! Sfondami tutto! Spaccami il culo! Fammi male! Ahahahaaa! Godooo! Godo!
Ed infatti il mio pisello eiaculò senza stimolazione alcuna, era un orgasmo derivato essenzialmente dal piacere anale che stavo provando, il mio buco era percorso da una locomotiva sbuffante che non si sarebbe mai fermata facendomi sentire pienamente posseduto!
Lui commentò così il mio orgasmo: Ti sbori? Ehe? Dai amori sbori? Ehe? Tessoro! Te sbori tuto? Dai! Sbori tuto!
Mentre continuava a svangarmi il didietro mi apostrofava ancora: “Ti piasce ehe? Si! Si! Ti sboro in kulo? Ohoo! Ohooo! Ohohoooo! Dai! Prendi tuto mio kàsso in kulo! Dai su! troia! Putàna!
Fino a che sempre più affannato: Gustosso! Gustosso! Ohoi! Ohohoooi! Ohoo! Ohohoooi! Sboro! Gustosso! Ohoi! Ohohoooi! Ohooo! Sborooo! Sboroooooooo!
Sentii una cascata di liquido inondarmi le viscere, ebbi il sospetto che mi stesse addirittura pisciando dentro, probabilmente era vero che non si svuotava le palle da quando era arrivato a Milano e aveva scaricato proprio tutto dentro al mio culo!
Si lasciò andare sulla mia schiena facendomi sentire tutto il peso del suo corpo, schiacciandomi sul divano come per sottolineare la mia completa sottomissione, il predominio del suo fisico e soprattutto del suo maestoso organo sessuale su di me.
Mi sussurrava in continuazione allo scopo di gratificarmi, farmi sentire orgoglioso della monta subita e appagato dal piacere che gli avevo procurato: “Ke belo! Ke belo! Ke bbela sboraata!”
Dopo esserci ripuliti velocemente la salutai perché ormai si era fatto molto tardi, non fu facile salutarla, continuava insistentemente a propormi di restare tutta la notte che mi avrebbe fatto il culo ancora una volta, o forse anche più di una, ma francamente non me la sentivo, ero già a pezzi e non potevo resistere ad un’altra carica.
Non fu facile liberarsi della sua compagnia, era molto insistente, sembrava un cane a cui si stava tentando di sottrarre l’osso che aveva già in bocca.
Ci salutammo con il proposito di rivederci ma io sapevo già che non sarei mai più tornato da lei, dico la verità che in alcuni momenti mi sono sentito quasi prigioniero, ho avuto anche paura di quella sua natura ancora un poco selvaggia che si nascondeva dietro alla sua vocina.
Concludendo, la si poteva definire addirittura una padrona, una dominatrice, a cui era difficile rifiutare la realizzazione di qualsiasi desiderio, era in fondo una tremenda distruttrice di culi e per questo credo che nella vita, una tale monta si potesse sostenere una sola volta!

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