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Beata innocenza


di mylady06
23.02.2007    |    48.586    |    2 8.1
"Riuscii a malapena a vedere dove dovevo fermarmi..."
Per nostra figlia era la prima settimana bianca: era stata organizzata dalla scuola che aveva dato l’opportunità di partecipare anche ai genitori. Purtroppo mia moglie ed io già da qualche tempo sapevamo che in quel periodo non avremmo potuto assentarci dai nostri rispettivi luoghi di lavoro: la breve vacanza ci avrebbe fatto piacere anche per staccare un po’ dalla solita routine. D’altra parte ci sarebbe dispiaciuto chiedere a nostra figlia di rinunciare: sapevamo quanto ci tenesse! Ma non tutti i mali vengono per nuocere: in effetti per noi fu motivo per ragionarci sopra, concludendo che quella poteva essere l’occasione per vedere quanto nostra figlia, da sola, fosse già in grado di badare a se stessa. Non c’era da preoccuparsi più di tanto: dopotutto diversi insegnanti sarebbero andati come accompagnatori e se ci fosse stata la necessità sarebbe potuta ricorrere a loro. Ma forse, anzi sicuramente, siamo dei genitori ancora troppo apprensivi e così, rimangiandoci i buoni propositi fatti, alla fine abbiamo pensato che non sarebbe stata un’idea malvagia quella di chiedere a Simona se le avesse fatto piacere accompagnare la piccola, ovviamente a nostre spese.

Simona è una ragazza di ventidue anni, studentessa universitaria, nipote di un’amica di mia moglie; per mantenersi agli studi si rende disponibile a venire da noi ogni tanto soprattutto per aiutare nostra figlia a fare i compiti il pomeriggio. Una ragazza sempre disponibile quando ne abbiamo bisogno.
Simona non è eccezionalmente bella, ma carina, un fascino tutto suo: carnagione pallida, capelli castani legati a coda, occhi grandi e marroni e due stupende labbra. Quello che mi aveva sempre colpito, era il suo modo semplice di essere e di apparire: appena un accenno di trucco, vestiti semplici, sempre sorridente e solare…. una ragazza acqua e sapone. A me piaceva così.

Poche le occasioni per vederla: quando tornavo a casa tardi dal lavoro che la trovavo intenta ad aiutare mia moglie e quelle volte, poche, che invece rincasavo presto e che la trovavo impegnata a fare i compiti con mia figlia. Questa poi era l’unica occasione per scambiarci qualche parola. Spesso l’argomento erano i suoi studi universitari di archeologia e le prospettive di lavoro; in altre occasioni ero io a tenere banco raccontandole dei miei molteplici interessi ed hobbies fino a raccontarle delle ragazzate fatte alla sua età; ma questo capitava solo quando si era creata una reciproca confidenza perché non mi piace essere giudicato invadente.
Passavamo così una piacevole mezz’oretta ma, una volta andata via, mi sopravveniva il sacrosanto sospetto che probabilmente non le importava nulla di ciò che le raccontavo. Piuttosto, data la differenza di età esistente tra noi due, stava lì a parlare con me solo per una forma di educazione e rispetto. Non mi era sfuggito quel suo modo di guardarmi quasi come se fissasse il vuoto: magari stava pensando al suo ragazzo o a cosa avrebbe fatto l’indomani. Ma altrettanto sinceramente mi stupiva il fatto quando, la volta successiva che ci incontravamo, mi chiedeva di riprendere esattamente il discorso da dove l’avevamo interrotto dimostrando così di essere stata molto attenta alle mie parole, senza tralasciare neanche una virgola.
Fisicamente non saprei descriverla. Strano? Da una parte la colpa era di quella maledetta sensazione di essere “vecchio” di fronte alla sua giovane età con i miei quarantasei anni perciò quasi mi censuravo quando mi sorprendevo a scrutarla di nascosto con i tipici modi dell’innata maschile morbosità. Era anche vero, però, che il suo modo di vestire non faceva trasparire nulla: prediligeva maglioni e camicie tanto abbondanti che le scendevano quasi fino a metà coscia. Giusto la fantasia poteva immaginare qualsiasi forma si nascondesse la sotto.

Simona, come sempre, non disse di no alla nostra proposta, anzi ne era molto entusiasta. Lei stessa si rendeva conto della inaspettata occasione che le davamo per farsi nel contempo una vacanza, spesata, sulla neve. Era tutto pronto quando, due giorni prima della partenza, ci telefona: quasi mia moglie non ne riconosce la voce. Ha preso un raffreddore ed è a letto con la febbre alta. Questa non ci voleva! Simona prova a rassicurarci dicendo che si sta già curando con le medicine proprio per poter in ogni caso partire. Rimaniamo così d’accordo che se le fosse passata almeno la febbre ci avrebbe telefonato la sera prima della partenza. Quella telefonata non arrivò. A quel punto non avevamo altre scelte e così sabato mattina accompagnammo nostra figlia fino al pullman per la neve. Spiegando l’improvviso contrattempo ci raccomandammo agli insegnanti e a qualche genitore con cui avevamo più confidenza affinché ogni tanto le badassero.
Tornammo a casa quasi in silenzio. Inutile nasconderlo: eravamo in apprensione. Poi ebbi un’idea e dissi a mia moglie:- “Se nelle prossime ore Simona guarisse, potrei accompagnarla io lassù! Staremmo tranquilli e non avremmo speso soldi per nulla!” Lei inizialmente si dimostrò un po’ scettica sia perché la decisione a quel punto dipendeva soprattutto dalla salute e dalla decisione di Simona sia perché avrei comunque dovuto prendermi un giorno di ferie e farmi in auto, tra andata e ritorno, diverse centinaia di chilometri. La mattina dopo di buonora chiamammo Simona per sentire come stava e per farle la nuova proposta. Disse che la febbre era calata quindi aveva buone speranze di farcela. Rimanemmo d’accordo che, se tutto avesse proceduto nel verso giusto, sarei passato a prenderla l’indomani dopo pranzo. Ero tanto contento della soluzione trovata che non pensai al fatto che ci poteva essere il possibile veto della madre o addirittura del fidanzato di Simona. In fondo era una giovane ragazza che avrebbe fatto da sola un viaggio di diverse ore in auto con un uomo molto più grande di lei!! Evidentemente era un mio eccessivo scrupolo tanto che non accadde nulla di questo. Come d’accordo, passai a prenderla a casa: caricai in auto il suo borsone e partimmo. Il viaggio, seppur lungo, sarebbe stato poco faticoso affrontato con il mio Suv. Il tempo non era bello: nuvoloni carichi di pioggia già avevano fatto comparsa fin dalla mattina. Con lo stereo a basso volume parlammo come al solito del più e del meno. Passarono così, tra musica e discorsi, un paio d’ore. Si era fatto buio e stava cominciando anche a piovere. Così dissi a Simona che, se era stanca, poteva anche addormentarsi. L’avrei svegliata quando saremmo arrivati ad un autogrill per bere qualcosa di caldo. Abbassai ancora un po’ il volume dello stereo e il rumore della pioggia le conciliò subito il sonno. Accidenti. Adesso potevo guardarla da vicino come mai mi era capitato prima. Dormiva come un angioletto: beata innocenza! Pian piano, seppur trattenuta dalla cintura di sicurezza, scivolò con la testa sul sedile verso di me fino a poggiarsi sulla mia spalla destra…. Cacciai, come mio solito, qualsiasi pensiero dalla testa. Pensai, come si fa in questi casi, che per l’età potevo anche essere suo padre.

Dopo circa un’ora ecco il cartello che segnala l’autogrill. Esco dall’autostrada e per prima cosa faccio rifornimento. Il rumore dello sportello che si chiude la sveglia.
“Siamo già arrivati?” - disse Simona tirandosi su dal sedile - ed alla mia risposta negativa seguì un “Meno male!”. Cosa aveva voluto dire? Forse voleva dormire ancora!
Scendemmo dall’auto per andare al bar dove ordinammo due brioches e due cappuccini bollenti. Mentre stavo alla cassa mi resi conto che la stavo osservando nuovamente, tra la gente. Era immersa nel suo giaccone rosa, teneva stretta la tazza con tutte e due le mani per scaldarsele, ogni tanto sorseggiava guardandosi intorno. Beata innocenza! Le sue belle labbra, di solito senza rossetto, per effetto del calore si erano colorate rendendole finalmente appariscenti e definite nella loro forma. Ritornammo correndo all’auto, sottobraccio: eravamo senza ombrello e nel frattempo si era scatenato un vero e proprio temporale. Il fatto di bagnarsi la divertiva tanto. Per evitare le pozzanghere mi tirava ora di qua ora di là rischiando di farmi scivolare davvero e questo la faceva ridere di cuore. Anch’io mi stavo divertendo. Beata innocenza!

Finalmente in auto, ci togliemmo i giacconi bagnati; accesi il riscaldamento al massimo, e feci per ripartire.
“Ma tu non riposi un poco? Non sei stanco di guidare? Abbiamo davanti ancora molta strada!” Non ebbi neanche il tempo di rispondere che Simona incalzò:-“Parcheggiati là, così non sentirai neanche rumore”- indicando verso la parte più buia e lontana del grande parcheggio. Ero effettivamente stanco e presi per ottimo il suo consiglio. Riuscii a malapena a vedere dove dovevo fermarmi. L’aria calda aveva fatto appannare in poco tempo completamente tutti i vetri mentre le gocce di pioggia rendevano ancor più distorto e irriconoscibile il paesaggio di fuori.
Una volta fermo reclinai un po’ all’indietro lo schienale del mio sedile per riposare qualche minuto più comodo, e finalmente chiusi gli occhi. Avvertii Simona muoversi e me la trovai seduta di traverso sulle mie gambe. Spalancai gli occhi e vidi il suo viso poco distante dal mio. “Mi hai parlato sempre di tante cose, ma mai di me. Ti piaccio?” Era proprio Simona che mi parlava così. Ed io, sorpreso dall’impensabile atteggiamento:- Certo, sei una ragazza molto carina. Hai un aspetto molto gradevole….” E mentre le dicevo questo, non so come abbia fatto, ma da sotto il suo maglione vidi scivolar via il reggiseno bianco. “Solo per l’aspetto ti piaccio? – continuò Simona prendendo le mie mani e portandosele sulla pelle dei fianchi. Poi con un sinuoso movimento del corpo fece sì che arrivassero immediatamente sotto il suo seno. A quel chiaro invito le mie mani continuarono a salire lentamente scivolando sulla sua pelle di seta fino ad incontrare i suoi seni tondi… sodi… caldi…. lisci. Li afferrai dapprima con tenerezza poi stringendoli sempre più con forza, cominciando a palparli e a strizzarli, giocando a rincorrere con le dita i suoi capezzoli ormai irti e duri. Continuavo così mentre lei mi osservava con uno sguardo che mai mi era sembrato così magnetico; mi abbracciava e si distaccava mordicchiandosi le labbra per il piacere intenso nel sentirsi toccata in quel modo. Poi le sue mani scivolarono lungo le mie braccia per ricongiungersi all’altezza della cinta dei miei pantaloni. La sentii inizialmente tirare, poi aprirsi. Le dita affusolate liberarono l’unico bottone dall’asola, allontanandoli con lentezza l’uno dall’altra: la zip, anch’essa come arresa, scivolò via liberando finalmente da quella stretta il mio gonfiore. Una mano si intrufolò sotto la mia camicia giocando tra i peli del petto mentre l’altra, scostando il tessuto dell’intimo, impugnò decisa ciò che non aspettava altro che sentirsi finalmente liberato da ogni ulteriore e residuo impedimento. Un attimo di pausa quasi per prenderne possesso e per capire che a quel punto sarebbe stato impossibile fermarsi. Lo portò verso di se nascondendolo sotto al maglione e cominciando un lento e prolungato su e giù. Ero al massimo, sensibile al punto da riconoscere che strofinava la punta del mio sesso nel suo ombelico bagnandolo dei miei umori e rendendo la cosa sempre più eccitante.

Mentre mi sentivo incapace di reagire e muovermi, Simona si spostò rapidamente sul suo sedile e si chinò decisa con il suo viso verso il mio sesso. La sua lingua era così veloce e guizzante nel suo gioco che non riuscivo a localizzare dove mi stesse stuzzicando. Poi sentii qualcosa di caldo avvolgerlo fino quasi alla sua base. Erano le sue calde labbra e la sua profonda bocca, Una sensazione resa così ancor più piacevole dal suo mugolare. Senza staccarsi un attimo si tolse le scarpe facendo scivolare via i pantaloni. Vidi delle bellissime gambe: non resistetti e le accarezzai fino a raggiungere la loro umida congiunzione. Giocai lì un po’ con le mie dita, ricevendo come risposta non solo dei sospiri sempre più forti e prolungati ma anche un maggior vigore nel movimento della sua bocca. Si tirò su, sfilandosi il triangolino che a malapena copriva la sua femminilità, sedendosi a cavallo su di me. Il maglione le scivolò lungo i fianchi. Neanche io potevo vedere ciò che di stupendo stava accadendo la sotto. Cominciò a muoversi dapprima lentamente, poi aumentando il ritmo. Si sciolse i capelli che le avvolsero tutto il suo viso. Continuava a darmi dei forti colpi con il suo ventre: si sfilava lentamente e di nuovo giù affondava il colpo veloce. La sua testa ciondolava da una parte dall’altra ora lentamente ora vorticosamente con i capelli sempre più sconvolti e selvaggi. Con il movimento e il maglione addosso il suo corpo diventava sempre più caldo, quasi bollente. Aprì la bocca e mi dette un bacio avido come ormai non ricordavo più da tempo. Sentivo la sua lingua vorticosa giocare con la mia in un continuo salire, scendere, intrufolarsi. Simona aveva incrociato le sue mani dietro le mia testa per meglio tenersi al sedile. Il suo ansimare era sempre più forte e profondo.. era in prossimità dell’apice del godimento. Quando ne ebbi la certezza scaricai contemporaneamente in lei tutto ciò che avevo accumulato e che non potevo più ancora contenere. Mi svuotai rimanendo avvinghiato mentre sentivo forte il suo pulsare intorno al mio sesso.

Cosa avevamo fatto! Cosa sarebbe accaduto ora? Un turbinio di pensieri e di ipotesi si stava impadronendo di me; per di più il mio seme era dentro di lei. Recuperata la ragione, Simona intuendo forse il mio pensiero, mi disse subito di non preoccuparmi perché usava la pillola.
Ci ricomponemmo continuandoci a baciare appassionatamente. Mi sentivo addosso venti anni di meno! Intanto, spudoratamente smentito dai fatti, ripensavo alle parole che mi erano venute più volte in mente fino a poco prima: “beata innocenza”!

Il viaggio continuò stupendo; furono necessarie altre due soste per calmare il suo ardore giovanile e il mio non sazio vigore. Arrivammo all’albergo: mia figlia fu contenta di vedere me e soprattutto Simona. Dopo qualche ora di riposo presi la strada del ritorno. La vacanza per loro proseguì nel migliore dei modi. Ma a me accadde qualcosa di strano e impensabile. Qualcuno penserà che mi sono innamorato di quella ragazza. No, non è così!
Dopo qualche giorno, prima ancora che tornasse nostra figlia, mia moglie ed io litigammo violentemente. Aveva saputo tutto!! Simona non poteva essere certo stata! Come era stato possibile che ne fosse venuta a conoscenza non l’ho ancora capito e me lo domando continuamente.

L’epilogo

Questo, appena narrato, è quanto accaduto durante quel viaggio per la neve così come me lo ha raccontato, pentito e disperato, mio marito. Non avrei mai voluto pensare che un giorno fosse mai accaduto! Non gli ho neanche detto come sono venuta a conoscenza del fatto. Ora sono tre mesi che ci siamo separati. Mi sono infuriata molto anche con Simona per il suo comportamento, ma non l’ho cacciata via anche se mi aveva tradito con un uomo: mio marito. Il motivo è semplice. Adesso Simona, splendida ragazza fuori e… dentro, la sera si trattiene da me fino a tardi: aspettiamo che mia figlia si addormenti per abbandonarci, come facevamo prima di nascosto, a mille piacevoli giochini.. questa volta finalmente nel mio letto matrimoniale libero. Ma questa, è un’altra storia.
Beata innocenza!
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