Prime Esperienze

Il giocattolo


di cpromagnolamatura
05.04.2020    |    9.402    |    6 9.0
"Per lei fu naturale guardarmi, mettersi in bocca il vibratore per insalivarlo e poi portarselo tra le gambe scostando con una mano lo slip e strusciando il..."
Per quanti come me ed Anna nati a cavallo tra gli anni 50 e i 60 i così detti sex toys sono sempre stati un qualcosa di poco noto ed avvolto da un’aurea di peccato. Non che non si sapesse cosa fossero, ma la loro commercializzazione non era certo diffusa e insomma i sex toys di allora probabilmente o erano un retaggio delle classi più ricche, specialmente quelle che stando in città avevano anche più scambi con il mondo esterno, oppure erano oggetti non certo nati per quello scopo, ma facilmente adattabili. L’evoluzione tecnologica è stata poi così rapida che senza accorgercene ci siamo trovati pieni di gadgets tecnologici, a partire dai telefonici (vi ricordate i primi Motorola o quelli della Martin Dawes?) compresi quelli per dare piacere. Vi ho già detto delle cineprese VHS e, ancor prima degli 8mm e super 8, preferiti dai nostri genitori, con la scusa del filmino di famiglia, della gita in montagna o al mare, anche per riprese più intime sia nelle proprie camere da letto che di quelle altrui. Un altro ricordo erano i calendarietti profumati del barbiere, che sottraevamo di nascosto dal comodino dei nostri padri, per guardarci in santa pace le donnine nude e poi successivamente i cataloghi Postal Market, nel reparto della biancheria intima, che all’epoca ancora non chiamavamo alla francese (Lingerie). Credo che in diversi sessantenni si riconosceranno in questo spaccato di ricordi ma sarebbe interessante quale sia stato il loro approccio con i mitici vibratori in bachelite bianca che si cominciarono a trovare dopo la metà degli anni ’80. Già ci sarebbe da dire che per chi come me abitava in un paese di provincia il solo fatto di andare a comprare i preservativi in farmacia era un problema e se trovavi il farmacista un po’ stronzo, quello era capace di chiamare la commessa ad alta voce chiedendo di portargli una scatola di profilattici per il ragazzo. In quell’istante non avresti voluto essere lì, perché tutti gli sguardi dei presenti si concentravano su di te: alcuni sogghignanti (di solito i mariti o i maschi presenti), altri di disapprovazione (perché era evidente che eri giovane e non ancora sposato!). Da sposato non è che le cose cambiassero molto, anche se mostrare la mano sinistra con finta nonchalance era un modo per dire indirettamente al farmacista e ai presenti di farsi i cazzi loro, perché li compravo per fare legittimamente sesso con mia moglie. Per fortuna adesso si trovano nei supermercati e quindi, senza per forza doverli mettere in bella mostra nel carrello, uno può di suo essere decisamente più discreto. Provate ad immaginare adesso l’imbarazzo di entrare in uno dei primi templi del peccato, cioè in un sexy shop…tremendo: già prima di entrare e di darsi coraggio uno faceva diversi passaggi davanti alla porta di ingresso per entrare senza essere visto da alcuno, ma inevitabilmente c’era sempre qualcuno che passava e quindi, facendo finta di nulla, neppure guardando verso la vetrina (non volesse mai che si interpretasse questo tuo sguardo come persona interessata). Nel mio caso il locale si trovava a Ravenna e già dal nome, “Malizia” si capiva che era un esercizio particolare, ma poi, se proprio eri tonto e ti soffermavi di fronte alla vetrina, molto piccola ma stile boudoir, con in mostra delle biancheria peccaminosa, rigorosamente nera, capivi immediatamente il tipo di negozio. Partiamo da quel momento fatidico in cui, preso il coraggio a due mani, nell’indifferenza di una strada momentaneamente deserta, spinsi il battente e me lo chiusi alle spalle. Ci avevo riflettuto da molto tempo, ero sposato con Anna da un paio di anni e il primo figlio già da 14 mesi si aggirava per il nostro appartamento ed ero determinato dare un segnale a mia moglie, sempre molto presa dal figlio e dal lavoro, per cercare di ristabilire una intesa sessuale decisamente in difficoltà.
All’interno, poco illuminato non c’era nessuno ad accogliermi per cui avvicinandomi al banco vidi che c’era uno di quei campanelli di portone da suonare per attirare l’attenzione. Un paio di “dindon” ed ecco che dalla scala a chiocciola scende un uomo di una certa età (per me all’epoca quelli di 50 anni erano già anziani..) che mi chiede cosa voglio. Gli risposi che ero interessato all’acquisto di un vibratore…”per mia moglie” (lo precisai subito che era per Anna, che non si credesse chissà cosa!). Non so se lo facesse davvero, ma ebbi quasi l’impressione che mi vedesse per la prima volta, perché mi squadrò come per sincerarsi che non lo prendessi in guro. Superato l’esame mi indicò la scala a chiocciola in fondo allocale dicendo di salire al piano di sopra, perché lì c’erano i giocattoli. Breve ringraziamento e mi avviai al piano di sopra, guardando di sottecchi le vetrine interne illuminate con dentro ogni sorta di biancheria sexy. Salite le scale mi trovai in un ambiente molto luminoso, anche perché le finestre si aprivano proprio sulla strada da cui ero entrato, e ad accogliermi c’era una signora, vestita elegante, ma a parte lo scollo a V da cui si potevano ammirare due bei seni stretti nel reggiseno, vestiva molto casta. La signora mi accolse quindi con un bel sorriso e sentendo il mio ordine tirò fuori da un cassetto duo o tre vibratori. All’epoca erano rigidi, di solito bianchi o metallici, a forma di cilindro con una estremità arrotondata e dei solchi o venature per tutta la lunghezza, mentre dalla parte opposta c’era l’alloggio per le pile (si usavano quelle intermedie) che si infilavano come in una torcia. La signora quindi prese un vibratore in mano e ruotando l’estremità me lo fece vedere acceso. Ovviamente la vibrazione variava solo per l’intensità con cui si ruotava il pomello ed emetteva un rumore di sottofondo tipicamente da motorino elettrico. Nel mostrarmi il giocattolo lo teneva sul palmo della mano sinistra e lo muoveva su è giù con la destra e nel far questo mi ricordo che mi guardava spesso direttamente negli occhi, illustrandomi, per l’appunto la profondità dei solchi, la smussatura della punta e spiegandomi come igienizzarlo. Dopo la seconda presentazione, mi ricordo che il mio imbarazzo era arrivato al limite per cui feci la mia scelta e chiedendole di fare un pacco regalo, perché, precisai, volevo fare una sorpresa amia moglie. Pagato ed uscito rapidamente dal locale ecco che finalmente ero in strada con il pacchetto nella tasca del loden. Per fortuna all’uscita non c’era nessuno e così mi reinserii nella società dei bravi cittadini ravennati, all’oscuro del pacchetto che accarezzavo nella tasca.
Adesso però veniva il bello, ovvero presentarlo ad Anna e quindi dovevo aspettare l’occasione propizia. Certamente non nutrivo in questo caso gli imbarazzi che vi ho descritto sopra, ma comunque tenete conto che eravamo sposati da poco e con un solo anno di fidanzamento, per cui molto amore ed anche sesso tradizionale, ma solo pochi accenni di trasgressione, avvenuti più per caso che per scelta.
L’occasione venne neanche a dirlo in un pomeriggio del 14 febbraio, la festa di San Valentino e quindi degli innamorati. Mi ricordo che nel pomeriggio dovevamo andare al supermercato in un paese vicino al nostro, ma comunque le avevo anche strappato l’assenso per andare a fare due passi in un paesino sopra Imola, famoso per i muri dipinti, complice una spettacolare giornata di limpido sole ancora invernale. Avevo nascosto il pacchetto nel porta oggetti dell’auto, anche perché lo stesso avevo fatto quando poco più di tre anni prima vi avevo riposto l’anello della mia proposta di fidanzamento. Il figlio era a casa con la nonna e quindi almeno tre orette erano tutte per noi.
Ad un certo punto del nostro tragitto , tenendole la mano ad accarezzarle il ginocchio e leggermente sotto la gonna, le dissi di guardare nel vano porta oggetti della auto dove avevo riposto il pacchetto con il vibratore ma anche un altro pacchetto con dentro un ciondolo d’oro. Anna mi guardò con aria sorpresa ed interrogativa, quasi a scusarsi perché in fondo non mi aveva preso nulla per l’occasione e cominciò a soppesare i due regali come per cercare di capirne il contenuto. Io guidavo, continuando ad accarezzarle le cosce. Per prima aprì il pacchetto della gioielleria ammirando il ciondolo, ma dopo poco cominciò a dedicarsi al secondo pacchetto, scuotendolo e guardandomi in maniera interrogativa. In quel momento arrivammo alla meta del nostro viaggio e parcheggiati proprio di fronte al castello che domina la valle, in un piazzale vuoto da macchine e persone. Mi ricordo che il sole era ancora abbastanza alto, per essere a febbraio e la giornata limpida anche se fredda era stupenda. Nel parcheggio c’eravamo solo noi e quindi Anna iniziò a scartare il pacco, mettendo in evidenza la scatola, nera rivestita all’interno di stoffa rossa, mi ricordo, una autentica sciccheria per l’epoca. Quando Anna ha preso in mano il vibratore sentii che qualcosa in basso si stava muovendo in maniera autonoma, come un riflesso condizionato. Il fatto che Anna lo tenesse in mano, tra le sue dita affusolate, per me era di una grande eccitazione e il suo sorriso stupito in cui accendendolo iniziò a vibrare, strappandole un urletto di sorpresa, è rimasto un ricordo indelebile del nostro rapporto. Intanto con una mano le avevo alzato la gonna fino ai fianchi e lei seduta mostrava il cavallo nero degli slip. Per lei fu naturale guardarmi, mettersi in bocca il vibratore per insalivarlo e poi portarselo tra le gambe scostando con una mano lo slip e strusciando il giocattolo per saggiarne ogni vibrazione, pur stando con gli occhi aperti e guardandosi interno che non venisse nessuno. Non soffrivo di eiaculazione precoce, mai sofferto, ma in quell’occasione mi ricordo che alla mossa di Anna seguì rapidamente la fuoriuscita del mio seme. Da allora ne abbiamo avuti diversi di sex toys, ma quello, anche se rotto e non più funzionante. È ancora custodito nella sua sciccosa scatolina, nella nostra camera da letto, dentro una scatola da scarpe.
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