Racconti Erotici > Gay & Bisex > Questo sono io - 2. Non sono tuo amico
Gay & Bisex

Questo sono io - 2. Non sono tuo amico


di FinnTanner
15.11.2021    |    9.748    |    8 9.7
"Nella mia testa all’improvviso suonò un campanello d’allarme e un fremito attraversò il mio corpo..."
Anche se avevo un paio di idee in mente, quel pomeriggio non abbiamo fatto più nulla, o quasi. Ci siamo baciati e toccati e poi baciati ancora, tanto. Non mi sarei mai stancato delle sue labbra.

“Allora sei gay?” Mi sfuggì durante una pausa per respirare. Eravamo sdraiati uno accanto all’altro sul mio letto, spalla contro spalla. Ero curioso, ma forse non avrei dovuto chiederglielo.

Marco però non si scompose. “Sì.” Rispose tranquillamente.

Tirai segretamente un sospiro di sollievo. Fino a quel momento, una parte di me aveva continuato a credere di essere una specie di ripiego, un’occasione a portata di mano per svuotarsi le palle in mancanza di una donna. Anche se a pensarci bene, bastava dargli solo un’occhiata per capire che se avesse voluto una donna gli sarebbe bastato schioccare le dita. Adesso rimaneva solo una domanda, perché io? Visto che poteva avere chiunque. Forse era soltanto molto occupato, mi dissi. Il lavoro, la palestra, i tornei di calcetto con i colleghi e nel tempo libero doveva anche badare a me. I miei pensieri correvano in cerchio e tornavano sempre al punto di partenza. In casa aveva qualcuno a disposizione, senza nemmeno doverlo portare a cena fuori prima di scoparselo, e per puro caso quel qualcuno ero io. Non era certo la storia romantica che immaginavo fin da piccolo.

Il silenzio iniziava a pesare.

“Devo andare in palestra…”

“Devo tornare a lezione…”

Questo era davvero imbarazzante, l’avevamo detto insieme. Restammo in silenzio per qualche altro secondo, senza che nessuno dei due desse segno di volersi muovere per primo. D’altra parte, quello era il mio letto, pensai, e potevo restarci quanto volevo.

“Allora io vado a farmi una doccia.” Cedetti per primo alla fine, sollevandomi a sedere. Ero un codardo.

Appena feci per alzarmi però Marco mi precedette e scattò in piedi. “Bene, allora… a dopo.” Borbottò mentre raccoglieva i suoi pantaloni dal pavimento. Sembrava stranamente in imbarazzo e un attimo dopo era già sparito fuori dalla porta.

Rimasto da solo, sbuffai sconsolato e mi ributtai sul letto. Maledetta la mia boccaccia, mi rimproverai affondando la testa nel cuscino.


Da quel giorno, il rapporto con Marco prese una nuova piega. Superato l’imbarazzo iniziale, la nostra convivenza sotto lo stesso tetto divenne molto più facile. Almeno ora ci parlavamo. Il fatto è che lui si comportava come se non fosse successo nulla tra noi. Era fin troppo amichevole, scherzava e faceva battutacce, commentava ogni scena dei film in televisione e poi si addormentava sempre prima della fine. Era piuttosto ordinato e dopo mangiato metteva anche i piatti nella lavastoviglie. Non si poteva desiderare un coinquilino, o forse anche un amico migliore. Invece io ero sempre più frustrato, ero sicuro che alla fine si fosse reso conto che poteva avere di meglio. Credevo che la delusione mi avrebbe ucciso, ma allo stesso tempo non volevo pensasse che pensavo solo al sesso. Così provai a comportarmi da adulto, se voleva che fossimo solo amici me lo sarei fatto bastare, in qualche modo.


“Impegni per stasera?”

Mi stavo preparando per andare a lezione. Ero chino davanti alla porta d’ingresso e tenevo sotto il braccio il libro di diritto privato, quello di costituzionale e il mio quaderno degli appunti e allo stesso tempo cercavo di legarmi le scarpe. Mi serviva una borsa. Sobbalzai ritrovandomi davanti le gambe lunghe e muscolose di Marco. Se ne andava in giro per casa a piedi nudi e non lo avevo sentito avvicinarsi. I suoi peli erano biondi e radi, appena visibili anche a quella distanza. Non potei evitare di posare lo sguardo sul suo pacco mentre alzavo gli occhi verso di lui. Anche a riposo era evidente sotto i pantaloncini e mi ritrovai a deglutire a vuoto. Concentrati Leonardo, imposi a me stesso.

“Eh?” Fu il massimo che riuscii a mettere insieme senza sbavare.

Anche Marco sembrava più impacciato rispetto al solito. “Stavo pensando che potremo fare un giro, mangiare qualcosa. Al cinema è uscito quel film che ti piace…”

Impiegai qualche secondo per assimilare le sue parole. Mi stava chiedendo di uscire? Era una cosa fra amici o un appuntamento? Poi a lui nemmeno piacevano i film di fantascienza. All’improvviso iniziai a sudare. “Va bene.” Dissi veloce.


Io presi una Leggenda e Marco una Caprese. L’idea iniziale era mangiare una pizza, ma c’era una nuova piadineria fuori dal cinema, e avevo trovato un tavolo libero accanto alla parete di vetro che affacciava sul parcheggio del centro commerciale.

“Tutto bene?” Gli chiesi mentre aspettavamo il nostro ordine. Da quando eravamo usciti di casa aveva un’espressione contrariata e ci eravamo scambiati sì e no due parole. “Se non ti va di vedere il film possiamo fare qualcos’altro…”

Marco aggrottò le sopracciglia. “No, il film va bene.”

La sua faccia però diceva il contrario. Quella innocua bugia fece scattare qualcosa nella mia testa. Iniziai a chiedermi perché mi avesse chiesto di uscire, anche se era ovvio che non gli andava. Forse mi ero fatto delle aspettative troppo alte. Ovviamente non gli piacevo nel modo in cui lui piaceva a me, e passare del tempo insieme faceva solo parte del suo lavoro. Quella realizzazione all’improvviso mi fece sentire vuoto.

Quando ci portarono da mangiare tutti e due ce ne restammo fermi a guardare il tavolo senza fare nulla, avevo lo stomaco chiuso e Marco sembrava ancora più pensieroso.

“Sembra buona.” Dissi dopo un po'. Mi sentii un idiota, però volevo davvero che quella serata andasse bene e dovevo pur dire qualcosa. La scelta era fra questo e “Mi passi un tovagliolo?”

Come se aspettasse un qualche tipo di segnale da parte mia, Marco raddrizzò la schiena, afferrò la sua piadina e ne staccò un pezzo enorme con un morso. “Mmh…” Mugugnò con il boccone pieno.

Mangiammo per lo più in silenzio, e quando a un certo punto fui costretto a sfoderare la carta “mi passi un tovagliolo?” la mia depressione raggiunse l’apice.

“Come vanno le lezioni?” Chiese Marco dopo un sorso di birra, la sua piadina era già sparita mentre io non avevo ancora mangiato neanche metà della mia.

Fui costretto a ingoiare a forza il boccone e quasi mi strozzai nella fretta. “Uhm… bene, credo. È tosta, ma inizia a piacermi.”

“Grande! Ci avevo pensato anche io, sai?”

Non me lo aspettavo proprio. “E perché hai cambiato idea?”

Sembrò pensarci per qualche secondo. “A dire il vero non lo so. Sognavo di entrare in polizia fin da piccolo, suppongo di aver avuto fretta. Ma amo il mio lavoro.”

“Hai mai arrestato qualcuno?” Mi uscì così.

Lui si bloccò con la bottiglietta di birra a qualche centimetro dalla bocca e mi guardò aggrottando le sopracciglia, poi mezzo sorriso gli piegò le labbra. “Qualche volta, ti eccitano queste cose?”

La coca che stavo bevendo mi andò di traverso e rischiai di soffocare. “Cosa!?” Dissi strozzato. “No… non intendevo questo.”

Marco scoppiò a ridere. “Dai, ti sto prendendo in giro, non prendere sempre tutto così sul serio.”

Aveva ragione, lo facevo sempre. Alla fine, gli restituii un sorriso un po’ imbarazzato.

“Comunque, oggi la mia squadra ha fermato una dozzina di manifestanti che stavano causando dei problemi durante un corteo. Uno lo abbiamo arrestato davvero, ha una lista di precedenti lunga un chilometro. Danneggiamenti, aggressione, furto...”

Ascoltandolo mentre ne parlava, capii che a Marco piaceva davvero il suo lavoro. E mi resi conto anche che finalmente stavamo facendo conversazione. Qualunque argomento fosse, mi andava bene.

“…poi durante una carica ho preso un pestone tremendo mentre tiravo indietro quel novellino di Claudio.” Continuò a raccontare tutto preso. “Quella pazza pesava almeno duecento chili, te lo giuro, pensavo mi avesse fratturato il piede.”

“Ti sei fatto male?” Mi preoccupai subito, anche se non volevo sembrare – troppo – preoccupato. Stavo impazzendo, sarebbe stato tutto più facile se fossi stato sicuro del significato di questa serata. Ma in ogni caso, dovevo fare i conti con un dato di fatto, io stavo davvero iniziando a pensare a lui, e ne ero terrorizzato.

“Niente di che,” scrollò le spalle. “Solo un livido.”


Il film era fantascienza pura, dunque mi piaceva a prescindere. Visivamente era spettacolare ma per fortuna gli effetti speciali non svilivano la storia. Nel complesso, per me era un otto pieno. Marco continuò a farmi domande sulla trama per tutto il primo tempo, si fece coinvolgere un po’ da alcune scene di azione e poi si addormentò, risvegliandosi giusto in tempo per il colpo di scena finale.

“Belle quelle armi regolabili, dovrebbero darle in dotazione anche a noi.”

Avevamo perso la navetta dopo lo spettacolo, ma non eravamo così lontani e decidemmo di fare una passeggiata fino a casa.

“Pew... Pew...” Marco imitò alla perfezione il protagonista nell’atto di estrarre l’arma e fece fuoco contro di me.

“Auch!” Mi portai una mano al cuore. Centrato in pieno. Era talmente bello che avrebbe potuto tranquillamente sostituire l’attore anche nel film, ma questo non potevo dirglielo e invece rimasi a guardarlo di nascosto mentre passeggiavamo. Forse mi aveva davvero colpito perché sentivo qualcosa premere sul petto.

“Ti fa ancora male?” Gli chiesi dopo un po’ che camminavamo. Avevo notato che ogni tanto zoppicava leggermente.

“Non è nulla…” Rispose subito, ma quando poggiò il piede fece una smorfia.

“Chiamo un taxi.”

“Sto bene, davvero.”

Feci roteare gli occhi, alcune persone proprio non erano in grado di chiedere aiuto. E Marco era proprio uno di quelli. “D’accordo,” acconsentii con riluttanza. “Ma se poi dovranno tagliarti il piede non dare la colpa a me.”

Mi guardò malissimo. Forse avevo esagerato con l’umorismo macabro, ma un po’ se lo meritava per la sua testa dura.

In pratica fui costretto a sorreggerlo fino alla porta del nostro appartamento. Avevo il suo braccio intorno alle spalle e una parte considerevole del suo peso gravava su di me. Sospettavo che non fosse strettamente necessario, visto che fino a poco prima era riuscito a camminare da solo senza nessun problema, a parte il passo un po’ irregolare. Ma non me ne sarebbe potuto importare di meno. Stare così vicini, sentire il suo profumo e il calore del suo corpo sul mio, valevano qualsiasi fatica.

Una volta entrati, mi sfilai le scarpe e lo accompagnai fino al divano, aiutandolo a sedersi.

L’espressione sofferente sul suo viso era fin troppo accentuata e all’improvviso aveva iniziato anche a lamentarsi a bassa voce. Che esagerazione.

Mi guardava dal basso con due occhi da cucciolo smarrito. “Mi aiuteresti a togliere le scarpe?”

Mi prendi in giro? Pensai sospettoso. Però continuava a fissarmi con quello sguardo implorante.

Alzando gli occhi al cielo non potei fare altro che arrendermi e alla fine mi inginocchiai davanti a lui per allentare i lacci.

Indossava scarpe sportive blu legate con un doppio nodo e impiegai un po’ a disfarli. “Vuoi anche un massaggio adesso?” Gli chiesi ironico, dopo essere riuscito a sfilargliele.

Marco distese le gambe e poggiò i piedi sul tavolino del soggiorno con evidente soddisfazione. “Magari.” Sospirò stiracchiando le dita sotto le calze.

Ci rimasi di sasso, ovviamente stavo solo scherzando. E adesso? Un amico a questo punto avrebbe già dovuto mandarlo a quel paese e riderci su.

Invece io rimasi lì in ginocchio, immobile. Lui, intanto, si era messo comodo, e aspettava la mia prossima mossa, senza staccare nemmeno per un istante gli occhi dai miei.

Quando gli sfilai i calzini non disse nulla, ma il suo sorriso si allargò sensibilmente. Io arrossii e presi tra le mani uno dei suoi piedi. Decisamente, non volevo essere suo amico.

C’era davvero un livido sul dorso. Iniziai il massaggio da sotto le dita, a partire dall’alluce e poi sugli altri, uno per uno. Premetti delicatamente con i pollici sulla pianta del piede verso il tallone, poi ripetei lo stesso movimento nella direzione opposta. Aveva i piedi grandi, la sua pelle era morbida e liscia sul dorso e più ruvida sulla pianta. Soprattutto sotto l’attaccatura delle dita e sul tallone, così concentrai la pressione su quei punti. Non ero un esperto, ma sembrava comunque apprezzarlo. Non so cosa mi prese a quel punto, sollevai il piede, lo avvicinai al viso e lo baciai, proprio sopra il livido. Non avevo mai smesso di massaggiargli la pianta e lo baciai di nuovo vicino alle dita.

Per un po’ Marco mi lasciò fare senza dire nulla, ma quando stavo per baciarlo di nuovo allontanò il piede e mi afferrò il mento con la mano. Ero completamente assorto e impiegai qualche secondo per rendermi conto di quello che stava succedendo. Mi ritrovai il suo viso a pochi centimetri dal mio e la stretta delle sue dita sul mento mi impediva di allontanarmi.

“Sei sicuro di volerlo fare?” Chiese con voce roca, tirandomi ancora più vicino a sé.

Mi serviva tempo per trovare una risposta, ma lui non me ne lasciò affatto. O forse l’aveva già letta nei miei occhi.

Mi diede un bacio, prima sfiorando appena le mie labbra con le sue poi sempre più
profondo, fino quasi a soffocare. Lo vidi armeggiare con i pantaloni, e un attimo dopo il suo cazzo era già libero in piena erezione. Avvertivo la sua impazienza mentre mordeva e succhiava le mie labbra tra le sue.

Facendo pressione sulla nuca, mi costrinse a piegarmi portando il mio viso all’altezza del bastone tra le sue gambe. Se lo teneva dritto con una mano, mentre con l’altra accompagnava i miei movimenti.

Era lui a condurre il gioco. Iniziai a baciare l’asta partendo dalla base e quando arrivai quasi alla fine fece sbattere la sommità del cazzo sulla mia lingua un paio di volte.

“Succhia adesso.” Mi ordinò tirandomi a sé.

Quella sensazione di pienezza mi colpì come la prima volta, ma ero più preparato e premetti con la lingua sull’asta cercando di controllarne l’invasione. Era eccitato, sapeva di maschio. La pressione della mano sulla mia nuca aumentò e mi costrinse a prendere in bocca il suo cazzo fino alla metà. Allentò la presa quando mi sentì soffocare ma riuscii a riprendere fiato solo per un secondo, prima che mi tirasse di nuovo a sé. Ancora più a fondo. Soffocai di nuovo e Marco mi fece sollevare e mi baciò con passione. Nei suoi occhi c’era il riflesso dell’eccitazione, si stava godendo in pieno il dominio assoluto che esercitava nei miei confronti. Mentre ci baciavamo sentii le sue mani armeggiare con i bottoni dei miei pantaloni. Mi accarezzò il culo, mi diede una sculacciata forte e mi spinse di nuovo a succhiare il suo cazzo, tenendomi per i capelli e imprimendo il ritmo di ogni affondo. Mi costrinse a succhiarlo in quel modo a lungo, prima di baciarmi di nuovo. Poi si alzò in piedi.

Io ero rimasto in ginocchio per tutto il tempo. Marco torreggiava su di me e aveva ancora più controllo sui miei movimenti. Sfregò la sommità del suo grosso cazzo sulla mia lingua un paio di volte, costringendomi a guardarlo dal basso. Spalancai gli occhi per la sorpresa quando ci lasciò cadere sopra uno sputo, prima di infilarmelo di nuovo tra le labbra fino all’ingresso della gola. Mi scopò la bocca per un po', e ogni volta che lo tirava fuori si chinava a baciarmi, sostituendo il cazzo con la lingua.

Invertendo le nostre posizioni, mi spinse sul divano in modo che il mio viso fosse alla giusta altezza. Questa volta, ripresi in bocca il suo cazzone senza aspettare di essere costretto. Finalmente libero di muovermi, provai a succhiarlo più lentamente. Ruotai la lingua intorno al glande un paio di volte, poi lasciai entrare il cazzo quasi fino alla metà, stringendoci intorno le labbra mentre lo facevo uscire.

“Si, così!” Marco inspirò ed espirò rumorosamente spingendo verso di me con il bacino.

Ero stranamente orgoglioso che apprezzasse quel mio goffo tentativo di dargli piacere e ci misi ancora più impegno, cercando di prendere in bocca una porzione sempre maggiore della sua asta rovente e succhiando più forte quando la lasciavo scivolare fuori.

A quel punto il suo sguardo era completamente offuscato. Mi irrigidii quando lo vidi sputarsi sulle dita e avvicinare la mano al mio culo. Mi massaggiò il buchetto posteriore un paio di volte con le dita insalivate mentre continuavo a succhiargli il cazzo.

Da un lato speravo che si accontentasse della mia bocca, terrorizzato dalle le sue dimensioni e dal suo temperamento impetuoso, ma dall’altro desideravo ardentemente essere completamente suo. Volevo averlo dentro di me.

Appena avvertì che mi rilassavo, Marco ne approfittò subito per inserire lentamente metà di un dito. Quando lo sentii entrare non potei fare a meno di irrigidirmi di nuovo e mugugnare lamentoso con il suo cazzo stretto tra le labbra. Spinse il dito avanti e indietro delicatamente un paio di volte prima di uscire e riprendere a massaggiarmi con dolcezza.

Solo il tempo di farmi rilassare nuovamente prima di spingerne dentro due, questa volta quasi fino in fondo.

“Ah!” Mi lamentai più forte cercando di allontanarmi, ma era tornato a premere con una mano sulla nuca costringendomi a continuare a succhiarlo, mentre le sue dita scavavano dentro il mio corpo.

Sfilò delicatamente le dita dal mio culo e il cazzo dalle mie labbra e si chinò a baciarmi. Aveva qualcosa di famelico nello sguardo. “Vuoi farlo?” Mi chiese di nuovo, senza interrompere il bacio.

Alla fine, quel momento era arrivato. “Ho paura.” Gli dissi sinceramente. Volevo assolutamente farlo ma ero anche terrorizzato.

Marco sorrise tra le mie labbra. “Ti piace se faccio così?” Mi chiese accarezzando il buchetto e poi infilandoci dentro un dito.

Io gemetti per la sorpresa e arrossii per l’imbarazzo. Mi fissava senza staccare gli occhi dai miei nemmeno per un istante, e iniziò a muovere più veloce il dito dentro di me, avanti e indietro, facendomi gemere molto più forte.

Il suo sorriso si allargò e mi fece stendere di fronte a lui. Quasi mi strappò di dosso la maglia e i pantaloni prima di chinarsi su di me, infilandosi tra le mie gambe. Mi baciò sulle labbra, sulla guancia e poi sul collo, succhiando e mordendo. Lasciò una scia di baci infuocati sul mio petto, le sue labbra volarono sui capezzoli, sullo stomaco e sull’addome, fino all’ombelico.

Nella mia testa all’improvviso suonò un campanello d’allarme e un fremito attraversò il mio corpo. Che intenzioni aveva?

Come se mi avesse letto nel pensiero, sollevò lo sguardo e fissò i suoi occhi sui miei mentre prendeva in mano il mio cazzo duro come il ferro e se lo avvicinava alle labbra, potevo sentire il suo respiro sulla pelle. Sorrise mostrandomi i denti e lo leccò una volta, prima di prenderlo in bocca senza smettere di guardarmi. Io gemetti ad alta voce, non mi aspettavo che lo facesse davvero. La prima sensazione che provai fu quasi di fastidio, era tutto troppo intenso. Poi sentii la sua lingua sfregare ruvidamente sul glande, avvolgerlo e girarci intorno e fermarsi a giocare sul frenulo. Il piacere quasi mi fece saltare fuori dalla mia stessa pelle. All’improvviso dovevo preoccuparmi di non venire immediatamente rischiando di combinare un disastro. Mi contorsi lamentoso mentre Marco iniziava a succhiare il mio cazzo ingoiandolo quasi fino in fondo. Non era piccolo, certo non era nemmeno un mostro come il suo, ma lo fece comunque sparire completamente tra le sue labbra. Non potevo resistere, ero sicuro che sarei esploso da un momento all’altro.

“Ah, piano,” lo supplicai. “Ah!”

Marco invece continuò a succhiare con ancora più vigore, solleticandomi con le dita sotto le palle, mi stava facendo impazzire. Solo quando mi arresi completamente a lui mi lasciò andare con uno schiocco, proprio sul più bello.

Cercai di afferrare il cazzo per darmi sollievo, ma lui mi strinse i polsi bloccandomi le braccia sopra la testa. “Non così in fretta.” Disse sdraiandosi su di me.

Era pesante, ma stretto tra le sue braccia, quel peso e il suo calore mi confortavano. Mi baciò con tenerezza sulla fronte, poi sugli occhi e sulle guance e alla fine trovò le mie labbra. Istintivamente aprii le gambe per fargli spazio. A quel punto avrei fatto qualsiasi cosa per dargli, e darmi piacere. Avevo ancora paura ma più di tutto volevo sentirlo dentro di me. “Se vuoi… sono pronto.” Mormorai tra le sue labbra, eccitato e imbarazzato nello stesso tempo.

In quella posizione i nostri cazzi erano attaccati, e Marco muoveva avanti e indietro il bacino in modo che sfregassero uno sull’altro. “No.” Disse aumentando il ritmo di quella stimolazione.

No? No cosa? Io volevo farlo e ovviamente anche lui. Allora cosa intendeva con quel no?
Sicuramente lesse la confusione e la frustrazione sul mio viso, perché si sollevò un poco e sorrise guardandomi negli occhi. “Oggi no, non ci siamo preparati e comunque non voglio farti male.”

Impiegai un secondo per decifrare le sue parole e subito arrossii fino alla radice dei capelli. Aveva ragione. Aveva cercato di dirlo con gentilezza, ma ovviamente ero solo IO a non essere pronto.

Comunque, non mi lasciò molto tempo per recriminare su me stesso. Si sputò abbondantemente su una mano e afferrò entrambi i nostri cazzi insieme, facendomi sussultare. La sua mano era bagnata e ruvida, la stretta calda e decisa. Il mio cazzo ne era completamente avvolto e stimolato doppiamente. Io ero già sull’orlo dell’orgasmo e dopo un paio di colpi anche Marco iniziò a tremare e i suoi movimenti si fecero irregolari. Sentii le mie palle stringersi e il suo corpo farsi ancora più pesante. All’improvviso il piacere mi attraversò come una scarica elettrica, travolgendomi a ondate. Non so quando le sue labbra tornarono a divorare le mie. Eravamo bagnati e appiccicati e lui continuava a spingere su di me, seguendo il ritmo delle contrazioni del nostro reciproco piacere.

“Cazzo.” Sospirai quando riuscii finalmente a riavviare il cervello nelle sue funzioni di base.

Marco si era sdraiato accanto a me e mi cingeva con un braccio tenendomi stretto. Avevo la testa poggiata al suo petto e potevo sentire il suo cuore battere forte. Una cosa davvero romantica, ma anche una questione pratica. Sul divano non c’era abbastanza spazio per tutti e due e altrimenti sarei caduto sul pavimento.

“È stato fantastico.” Disse baciandomi la fronte, poi mi strinse ancora di più a sé e rimase così, con la testa appoggiata alla mia.

Speravo con tutto il cuore che non si addormentasse, quella posizione era davvero troppo scomoda.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.7
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Questo sono io - 2. Non sono tuo amico:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni