Racconti Erotici > Gay & Bisex > Inculato da un mio dipendente - parte 6
Gay & Bisex

Inculato da un mio dipendente - parte 6


di gattino0123
16.11.2023    |    11.757    |    23 8.9
"Nel tardo pomeriggio ricevo un messaggio da Stefano, con una richiesta di vederci in una sala riunioni, decido che è il mio momento per dimostrare la mia..."
Mi sveglio controvoglia dopo la sbornia della sera precedente, ho ancora i postumi della bevuta ma dentro di me ho la felicità di chi ha ottenuto finalmente ciò che voleva. Farmi scopare da Stefano mi rendeva davvero felice, era diverso dai rapporti sessuali che avevo avuto in passato con altri uomini. Non era amore ma neanche una semplice attrazione, l’interesse che provavo nei suoi confronti era molto vicino ad una dipendenza.

Quando Stefano mi dedicava delle attenzioni, sessuali ma non solo, io stavo bene come quando un fumatore riceve della nicotina o come quando un alcolista beve un buon rum invecchiato bene. Viceversa, quando non riuscivo a vederlo o quando mi trattava male, non stavo bene fisicamente e mentalmente, esattamente come quando un tossico si ritrova in piena crisi di astinenza.

E il rapporto della sera precedente per me era stata un’iniezione potentissima, mi ero sentito completamente suo e questa volta avevo avvertito anche un’intimità particolare, avevo capito quanto anche io piacessi a lui. Al mio arrivo in ufficio vedo Stefano sorridente, ricambio il suo sguardo con un sorriso, mi fa estremamente piacere vederlo così sereno, la sera precedente l’avevo visto un po’ cupo e pensieroso dopo la nostra scopata. Non appena restiamo soli, mi sussurra all’orecchio: “ieri notte ho capito tante cose, seguimi in bagno”.

Lo seguo, andiamo proprio nel bagno in cui mi aveva voluto umiliare qualche settimana fa, ma adesso era tutto diverso, le tensioni tra noi sembravano solo un lontano ricordo, mi aveva addirittura detto che aveva esagerato nei miei confronti. Entriamo e Stefano ripete gli stessi gesti dell’altra volta: apre tutte le toilette per verificare che non ci fosse nessuno, lascia una porta aperta e con un gesto del capo mi fa cenno di entrare.

Entro sorridente, niente poteva andare storto questa volta, non appena richiude la porta lo abbraccio, ma la sua reazione è diversa da quella che mi sarei aspettato.

Stefano: “Che cazzo fai? Che cazzo stai facendo?”, allontanandomi con uno spintone.
Io: “Beh hai detto che hai capito tante cose”.
Stefano: “Si, è vero, ho capito che non devo più farmi troppe paranoie su quello che faccio o non faccio con te. Io ti uso e basta, mi fa stare bene sfogarmi su di te”. Mentre lo dice mi dà due schiaffetti sulla guancia.

Io: “In che senso?”.
Stefano: “Eh, la mia ragazza non vuole darmi il culo? Mi prendo il tuo. Sono incazzato? Ti prendo a sberle. Ecco, vedi, guarda che faccia da schiaffi che hai”, mi dà altri due schiaffi, uno per guancia, stavolta più forti. Non riuscivo a reagire, mi sembrava tutto ribaltato rispetto alla bella percezione che avevo avuto della sera precedente.

Io: “Ma ieri eri diverso, non dicevi queste cose, hai detto che ero tuo”.
Stefano: “Appunto, sei mio perché io ti uso e basta. Ieri mi sono solo svuotato i coglioni, perché è questo che sei tu, non è vero? Sei uno svuota coglioni”.

Io: “No, non lo dicevi con questo senso, so bene quello che ho avvertito”.
Stefano: “Ti ho detto che tu sei uno svuota palle, dillo”. Altri due schiaffi sul viso, questa mattina si era proprio impuntato con questa pratica, lo guardavo negli occhi mentre lo faceva e sembrava quasi goderne.

Si avvicina a pochi centimetri dal mio viso, il suo sguardo deciso mi attira troppo, mi avvicino irrazionalmente per baciarlo, ma mi dà uno spintone.
Stefano: “Oh ma io ti sto a prendere a schiaffi e te mi vuoi baciare? Te non sei normale, ma seriamente oh, fatti curare”.

Va via sbattendo la porta. Ero incredulo per quello che era appena successo ma su una cosa Stefano aveva ragione: cosa stavo facendo? Lui mi stava letteralmente prendendo a schiaffi ma nonostante tutto ero attratto da lui, anzi, ero quasi eccitato dal sentirmi in suo potere. Aveva un effetto su di me che non aveva mai esercitato nessun uomo, avrei fatto di tutto pur di provocargli piacere e questa cosa mi attraeva e spaventava allo stesso tempo, non sapevo dove potesse andare a parare, da entrambe le parti.

Torno a lavorare ma la mia testa è altrove. Penso a quanto appena accaduto in bagno, mi sentivo un debole, non lo ero mai stato in tutta la mia vita, sono sempre stato istintivamente educato e dolce ma non mi sono mai fatto mettere i piedi in testa da nessuno, avevo bisogno di capire cosa mi stesse succedendo. Nel tardo pomeriggio ricevo un messaggio da Stefano, con una richiesta di vederci in una sala riunioni, decido che è il mio momento per dimostrare la mia forza e lo liquido, nonostante le sue insistenze rifiuto categoricamente di vederlo.

Non ho neanche il tempo di essere fiero della mia reazione che lo vedo alzarsi in piedi e dirigersi verso di me.
Stefano: “Simo, ho difficoltà con questa presentazione, ho prenotato una sala riunioni, mi daresti una mano a correggerla?”.
Io: “Non ho tempo, mi dispiace”.
Stefano, alzando il tono di voce per farsi sentire da tutti: “Ma Simo, dovresti sapere perfettamente che la scadenza è oggi, cos’altro può esserci di più urgente?”.

Non so cosa controbattere, se avesse avuto dei problemi reali quella presentazione sarebbe stata davvero una priorità, avendo esposto il problema pubblicamente non ho una scusa sensata da potermi giocare. Mi aveva fregato, accetto e lo seguo, apre la porta della sala riunioni e mi fa il solito cenno con la testa per entrare, questa volta con uno sorrisetto tra lo stronzo e il furbetto.

Io: “Cosa c’è? Vuoi prendermi ancora schiaffi?”.
Stefano: “No, tranquillo, gli schiaffi solo quando sono incazzato. Stamattina non hai ammesso una cosa, che sei solo uno svuota palle, ricordi?”.
Io: “Scordatelo, questo è quello che pensi tu”.
Stefano: “E allora se non lo dici facciamo che lo dimostri, mettiti sotto la scrivania a quattro zampe”.

Io: “Non voglio più fare nulla con te, meno che mai in ufficio, buona giornata Ste”.
Stefano: “Scommettiamo che invece lo fai?”. Non rispondo e faccio due passi verso la porta ma Stefano mi spinge contro il muro, mi dimeno per liberarmi ma mi tiene ben saldo contro la parete.

Io: “Ma sei impazzito? Non possiamo fare questi rumori qui, lasciami”.
Stefano, avvicinandosi al mio orecchio: “Dai, leccami un po’ le palle”.
Io: “No, in ufficio mai e poi mai. E poi non te lo meriti”.

Stefano: “Dai, per favore, ne ho bisogno”. Si sposta lentamente dall’orecchio fino alle mie labbra, non le sfiora ma la sua bocca e la mia sono vicinissime. Avevamo fatto tante cose insieme, alcune anche decisamente spinte, ma non ci eravamo ancora mai baciati. Era un gesto semplice che desideravo tanto, soprattutto dalla sera precedente, quando baciava la sua ragazza lanciandomi delle occhiate di sfida, avrei voluto tanto essere al suo posto.

Da quando si era creata questa tensione, io e Stefano parlavamo pochissimo ma, nonostante le poche parole, Stefano sembrava leggermi dentro perfettamente, aveva capito che morivo dalla voglia di baciarlo e sembrava sfruttare questa cosa a suo favore.

Stefano: “Dai Simo, su, leccami le palle”. Me lo ripete ancora a pochi centimetri dalle mie labbra, poi mi accarezza i capelli e li annusa, come aveva fatto la sera precedente. Questa volta non ribatto, mi prende per mano e mi accompagna verso il tavolo della sala riunioni, spostando una delle sedie per darmi modo di entrare sotto.

Azzardo un “no dai”, ma mi mette un dito sulle labbra per non farmi continuare. Poi accompagna la mia testa lentamente verso il basso, spingendomi ad entrare sotto il tavolo a quattro zampe. Non sapevo neanche io perché lo stessi facendo, mi stava letteralmente incantando con due moine.

Si siede, tira fuori il cazzo, mi avvicino per prenderlo in bocca ma mi blocca subito con una mano tra i capelli: “no, ti ho detto che devi leccare le palle”. Ho il cuore in gola perché ho una paura folle che qualcuno possa entrare e beccarci ma in quel momento non riesco a dirgli di no, nonostante la paura inizio a leccargli le palle. Sono proprio belle, le sento piene ed estremamente pulite, lo sento ansimare e continuo a leccarle, anzi mi spingo oltre: le bacio, le metto in bocca, le succhio un po’ e torno a leccarle, mi dedico completamente alla sua voglia.

Stefano: “Oh sì, vedi sei proprio un bravo ciuccia palle. Cosa sei?”.
Io: “Un ciuccia palle”. Non potevo crederci, lo avevo detto. Nella mia testa non avrei mai voluto dirlo ma in quella situazione è come se non avessi potuto farne a meno, l’ho fatto solo perché lui voleva sentirmelo dire e farlo stare bene mi provocava delle scosse di piacere.

Stefano: “Ecco, bravo, ci voleva tanto? Adesso leccami un po’ il cazzo dai”. Eseguo fedelmente come se fossi in un altro mondo, sono completamente attratto da lui e dai suoi modi di fare. Gli lecco la cappella, la stuzzico per bene con la lingua, lo sento ansimare dal piacere e per me un chiaro invito ad andare oltre, faccio scorrere la mia lingua dalla cappella lungo l’asta, che diventava sempre più lunga e dura per l’eccitazione. Dio, quanto adoravo il suo cazzo, era proprio perfetto, lo lecco ancora per bene da cima a fondo.

Stefano: “Sei un bravo bocchinaro, ti piace il mio cazzo eh?”. Ma come aveva fatto a leggermi di nuovo nel pensiero? Aveva intuito di nuovo cosa stavo pensando, stavolta senza neanche guardarmi dritto negli occhi. Annuisco e mi invita a succhiarglielo, non me lo lascio ripetere due volte, inizio subito a spompinarlo come si deve.

Stefano: “Oh sì sei proprio un frocetto”. Mi stava chiamando in mille modi possibili ma non mi importava, volevo solo spompinarlo, mi faceva impazzire sentire il suo cazzone tra le labbra e mi faceva eccitare sentire il suo godimento ad ogni mio gesto. Inizio a succhiarlo lentamente, me lo gusto proprio, succhio lentamente la cappella, faccio scorrere le labbra lungo il suo cazzo, mi piace fargliele sentire sul suo cazzone duro, sento che gli piace.

Lo prendo pian piano tutto, fino in gola, insomma mi dedico completamente a lui e al suo cazzo. Poi aumento pian piano il ritmo, fino a spompinarlo sempre più forte e più veloce.

Stefano: “Non ti fermare ricchione, continua”, lo sento pulsare, finché non viene completamente nella mia bocca. Mi tiene fermo con una mano, quasi per impormi di prenderla tutta, ma non sapeva che era esattamente quello che volevo fare. Ingoio tutto e, quando mi accorgo che ha finito di venire, continuo a succhiare per ripulirgli per bene il cazzo.

Lo vedo estremamente soddisfatto, mi piaceva averlo fatto godere così tanto, gli si leggeva negli occhi che quello era uno dei pompini migliori della sua vita. Prima di uscire però voglio mettere le cose in chiaro.
Io: “Ste, mi è piaciuto tutto e lo sai, però non mi piace quando ti rivolgi a me con delle parole offensive”.

Stefano: “Perché, cosa ti dovrei dire? Ma ti rendi conto di quello che hai fatto? Sei un manager e stavi sotto il tavolo a succhiarmi il cazzo come la peggiore troia di Milano, ma secondo te posso avere rispetto per uno come te?”. Sto per ribattere ma va via lasciandomi lì con il discorso in sospeso.

Nelle settimane successive, a parte le inevitabili interazioni lavorative, non abbiamo avuto nessun tipo di rapporto. Da parte sua mi ignorava bellamente e io provavo a fare lo stesso: stavo benissimo durante le nostre scopate, toccavo delle vette di benessere mai provate prima, ma subito dopo stavo male per giorni e i suoi modi di fare iniziavano a pesarmi. Certo, ogni tanto quando incrociavo il suo sguardo o quando lo vedevo camminare, l’istinto di proporgli di vederci in bagno faceva capolino, ma provavo a tenerlo bada con estrema fatica.

Oggi invece in ufficio stanno festeggiando l’imminente matrimonio di un nostro collega. Oltre agli auguri e ai regali di rito, gli abbiamo comprato scherzosamente anche una bambola gonfiabile, come ad indicare l’unica partner extraconiugale che avrebbe avuto d’ora in poi. Osservo la scena divertito da lontano, finché non si avvicina Stefano alle mie spalle che, guardando sempre i nostri colleghi da lontano, mi sussurra all’orecchio: “vedi quella bambola? Tu sei la stessa cosa per me, un oggetto da usare quando ho voglia”.

Io: “Ste, basta, hai rotto il cazzo adesso”. Ero sul punto di esplodere e dirgliene quattro, tanto da lontano nessuno ci avrebbe sentito, ma Stefano chiama un nostro collega da noi per scherzare sulla bambola. Mentre loro due scherzano facendo le solite battute da maschio tossico, io sono palesemente livido in volto, volevo incazzarmi ma lui mi aveva bloccato la possibilità di farlo. Lo guardo e vedo in lui un sorriso beffardo, come se vedermi stare male lo divertisse.

Decido di tornarmene a casa, stavo veramente per esplodere, non riuscivo a capire perché mi stesse riservando questo trattamento. Per sbollire faccio una lunga doccia calda, metto una tuta comoda e apro una buona bottiglia di vino. Mentre sono sul divano a scegliere un film da guardare per distrarmi, sento suonare alla porta, apro e con mio grande stupore è Stefano.

Stefano: “Perché sei scappato dall’ufficio? Chi ti ha detto di andare via? Non avevo finito”. Il suo atteggiamento stava peggiorando a vista d’occhio.
Io: “Adesso devo addirittura chiederti il permesso? Fila via da qui”.

Stefano: “Tu non hai ancora capito chi comanda”, nel dirlo mi scaraventa per terra, la differenza di altezza tra noi gli dava una superiorità fisica non indifferente. Si toglie una scarpa e mi passa il piede in faccia, schiacciandomi contro il pavimento.
Io: “Oh ma cosa fai?”.

Stefano: “Non fare lo schizzinoso, che sui miei piedi ci puoi mangiare”. È vero, profumavano, sentivo un forte odore di borotalco e di pulito proveniente dal suo calzino bianco. Ma il problema non era l’odore, era il gesto, voleva schiacciarmi per umiliarmi. Mi strofinava il piede e intanto mi guardava dall’alto con sguardo severo e deciso. Dopo avermi schiacciato per un po’ mi solleva e mi fa mettere a novanta, con le mani poggiate sul tavolo.

Stefano: “Ti ho detto che sei solo una bambola gonfiabile e quindi questo è quello che devi fare”. Mi abbassa i pantaloni e mi dà due schiaffoni sulle chiappe. “Anche perché, con questo culo che ti ritrovi, è l’unica cosa che puoi fare, tu esisti solo per far godere i maschi”. Inizia ad incularmi con forza, tenendomi la testa schiacciata contro il tavolo.

Anche questa volta non riesco a ribellarmi, nella mia mente risuonavano le frasi tremende che mi stava dicendo ma non riuscivo a razionalizzarle, farmi scopare da lui mi piaceva troppo, ad ogni suo colpo di cazzo riuscivo a pensare solo che nessuno mi aveva mai scopato così bene come stava facendo lui.

Non appena mi rilassavo mi dava degli schiaffi sul culo o dei colpi di cazzo più forti, fino a farmi urlare, è come se volesse il pieno controllo su di me. Sentivo le sue palle che sbattevano sul mio culo e sul cazzone grosso che mi apriva in due, non capivo più niente, mi piaceva sentirmi suo in quel modo, quando mi scopava nella mia mente si cancellava automaticamente tutto il negativo.

Stefano: “Te lo rompo sto culo da troia”. Io non parlavo, riuscivo solo a gemere per come mi stava scopando, i miei gemiti erano per un lui un invito a incularmi più forte. La nostra intesa sessuale era perfetta, quello che piaceva a lui faceva godere me e viceversa, anche questa volta sentivo anche lui super eccitato per quello che stavamo facendo.

Sento il suo cazzo entrare e uscire dal mio culo con decisione, una decisione che sento anche nei suoi mugolii di forza. Dopo un po’ viene completamente nel mio culo, tirandomi per i capelli, sento grossi getti di sborra che mi riempiono finché non resta fermo dentro di me, per svuotarsi per bene fino all’ultima goccia. Non appena si riveste azzarda un: “Oh, più ti conosco e più scopro quanto sei frocio”, lo mando subito al diavolo e gli dico che la situazione deve finire, ed è lì che mi spiazza definitivamente: “Meglio così, mi piace troppo vederti stare male”, e va via da casa.

Questa frase per me è una pugnalata ed è stata anche la goccia definitiva. Con le moine o con la violenza riusciva a dominarmi sessualmente, ma tutto sommato la cosa non mi dispiaceva, Stefano aveva capito perfettamente che mi piaceva da impazzire e giocava tanto su questa cosa a suo favore.

Infatti anche stasera mi era piaciuto farmi scopare da lui ma adesso avevo la conferma di un qualcosa che in fondo avevo capito già da tempo, Stefano mi faceva del male consapevolmente, godendone quasi, e questo non avrei mai potuto accettarlo. Quella sera mi sono fatto una promessa che ero intenzionato a mantenere per sempre, dipendenza o non dipendenza, questa storia doveva finire: d’ora in poi non avrei mai più avuto nessun rapporto sessuale con Stefano!

Continua.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 8.9
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Inculato da un mio dipendente - parte 6:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni