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"Ancora un'avventura per mia cognata"


di quartofederico
06.06.2020    |    27.168    |    14 9.9
""Brutte arpie - risposi in tono di scherzo - accetto la sfida e, se ci riuscite, vi do una medaglia a testa"..."

I ricordi di quella estate mi tennero occupata la mente fino alle tre di notte.
Poi crollai.
L'indomani mattina saltai giù dal letto come un fulmine: era tardissimo.
In cucina Maria aveva preparato la colazione e sentii il borbottio della moka.
Mi sedetti al tavolo e, mentre mia moglie mi versava il caffè, avvertii su di me il suo sguardo indagatore.
"Mi dici che ti prende? E' da quando ti ho dato la notizia di mio fratello, che sei così pensieroso. Mica possiamo mandarli in albergo?"
"Come, in albergo? Vuoi farli dormire qua da noi?" chiesi
"E dai... non li vediamo da tutti questi anni; fammi contenta, che poi ti accontento" così dicendo si passò prima la lingua sulle labbra e poi, girandosi, si abbassò di poco il pigiama, mostrandomi il culo.
Sapeva che in quel modo avrebbe ottenuto tutto, ma non immaginava che i miei crucci erano altri.
"Ma li hai più sentiti?" domandai.
"Sì, sono in contatto con Germana su facebook"
"Non me ne hai mai parlato" replicai
"Non credevo fosse importante, comunque ti manda sempre tanti affettuosi saluti, ed ha commentato la foto del tuo compleanno con cuoricini, baci e tanti like" disse.
"Mhmm - grugnii - se davvero mantieni le promesse che prima mi hai fatto, posso concedergli anche la nostra camera da letto" e prendendola per il braccio l'attirai a me e la feci sedere sulle mie gambe.
"Quale promessa? Mi stavo umettando le labbra, perché le sento secche e mi stavo grattando il popò, che hai capito, brutto ricattatore porco? Così scherzando prendemmo il caffè e ci avviammo nei nostri rispettivi bagni per prepararci.
In effetti ero parecchio restio a rivederli o, meglio, a rivedere lei; chissà se ricordava, ancora, quella notte, già quella dell'agosto del '95.
"Dai - mi dissi - verificherai tutto fra dieci giorni."
Sempre da Maria seppi che sarebbero arrivati l'antivigilia di Natale e, ovviamente, dovevamo andare io e lei a prenderli all'aeroporto.
Quel giorno tornai a casa tardissimo; erano passate le sette di sera.
Aprii la porta di ingresso e trovai Maria in cucina che smanettava con il cellulare.
"Così tardi? - mi chiese - Avresti potuto anche fare uno squillo per rassicurarmi"
"Giornataccia; ma lo sai che all'approssimarsi di queste feste è sempre così. Ti va una pizza fuori?" domandai
"Sono combinata male, non vedi? Dovrei vestirmi, truccarmi, e poi, anch'io sono stanca; se proprio vuoi chiamiamo la pizzeria e ce la facciamo portare"
Così facemmo e in meno di mezz'ora un Rider citofonò, recapitandoci due margherite.
Maria, subito dopo cena, si recò in bagno, mentre io finivo di seguire il telegiornale.
Stranamente il riscaldamento era a palla; in casa dovevano esserci più di ventiquattro gradi. Capii il perché, quando mi si presentò davanti la mia "gattona"
Entrò in salotto con addosso la sua pelliccia di volpe argentata, quella corta al ginocchio e stivaloni neri alti. Aveva raccolto i capelli in uno chignon alto, spettinato.
Ma ciò che veniva in risalto era la sua voglia di fare la puttana, per come si era imbellettata: occhi truccati in maniera marcata, viso con fondotinta non molto coprente, ma abbastanza da dare un colore marcato alla pelle e, poi, il rosso lucido sulle labbra.
"Ti piaccio così? - chiese con un tono da maliarda - stasera dove mi porti a ba…llare?"
La guardai sorridendo e, interpretando il ruolo del maschio dominante, dissi
"Dovrei sapere prima che abito indossi"
Fece un mezzo giro mettendosi di profilo e, lentamente, aprì la pelliccia.
Sotto era praticamente nuda; solo un body nero a rete e stringhe con collarino, un sottilissimo filo di stoffa che le attraversava le natiche, mettendo in risalto il suo bellissimo culetto.
"Se ho capito bene, la signora vorrebbe andare a ba…llare? - dissi - Invece penso proprio di portarla sopra, nella mia camera da letto" e, così dicendo, mi alzai dal divano e le sfilai di dosso la pelliccia.
"Che fai? Fa freddo!" protestò e mi si strinse addosso; mi baciò con trasporto.
In camera da letto, volle esser lei a spogliarmi e, con la maestria di una grande professionista, mi sbottonò la camicia e la fece volare dall'altro lato del letto.
Poi fu la volta dei pantaloni, che mi tirò giù insieme agli slip.
Si sedette sul bordo del letto e mi prese il cazzo, già abbastanza duro, in mano.
"Per dove lo voglio stasera, deve diventare di marmo" così dicendo abbassò la testa e cominciò a baciarlo.
Sapeva come farmi morire di passione.
La sua lingua lo percorse dalla cappella alla radice e poi di nuovo fino al frenulo.
Un bacio sul glande e poi di nuovo giù, fino ai testicoli.
Sapendo che non gradiva suggerimenti, la lasciai fare fino a quando non si soffermò con la lingua sulla cappella.
Era troppo: correvo il rischio di sborrare, per cui mi staccai dalla sua bocca, per allentare la tensione.
Capì al volo, per cui, quando mi riavvicinai, aprì la bocca e cominciò a succhiarlo.
Misi la mano destra sulla sua testolina, tra il sul bellissimo chignon e guidai il pompino.
Riuscì a farselo entrare tutto in bocca, per poi sputarlo velocemente fuori.
Andammo avanti ancora per un paio di minuti, poi si staccò da me con gli occhi lucidi di desiderio.
"Ora tocca a te!" e così dicendo si mise in ginocchio sul letto, con le gambe leggermente divaricate, offrendomi lo spettacolo del suo superbo culo e della sua vagina, che sembrava pulsare.
Poggiai la testa su quella collina del piacere e leccai, avidamente e alternativamente, figa e buco del culo.
Persi la cognizione del tempo, tanto era dolce e buono il suo sapore.
La sentivo ansimare e per meglio offrirmi il suo fiorellino, si aprì le natiche con le mani. Prese a contrarre il ventre e il ritmo del suo bacino mi fece intendere che stava venendo. Con un guizzo feci saettare la lingua più avanti e, appena si poggiò sul clitoride, si bagnò tutta.
Letteralmente bevvi a quella fonte e, più leccavo, più lei godeva.
Si accasciò sul letto e, guardandomi negli occhi, mi chiese un attimo di tregua.
Fu davvero un attimo; si rimise in ginocchio e si aprì di nuovo le natiche.
Con il medio raccolsi un po' delle sue secrezioni e lubrificai ancora quella splendida rosellina.
Poggiai la cappella e forzai lo sfintere. Il resto, lo fece lei: si impalò lentamente e con dolcezza, inglobando completamente il mio cazzo, fino a farsi sbattere i coglioni sul perineo.
"Non è di marmo! è di acciaio, sì; mi fa impazzire. Non muoverti ancora, voglio godermelo così, tutto dentro" sospirò.
Ero fermo in lei e, dalla mia posizione, vedevo la mucosa anale che inguainava l'asta.
Fu lei ad iniziare a muoversi e dette il ritmo all'inculata.
Con la mano tra le sue cosce, le masturbavo il clitoride. Forse era troppo, cominciò a gridare e a supplicare di farla godere. Lasciai il grilletto e intrufolai due dita nella sua vagina. Cominciai a muoverle in sincronia con il cazzo che le tenevo in culo e che, percepivo, distintamente separate solo da una sottile membrana.
Venne di nuovo e le contrazioni della sua figa, si trasmisero all'ano.
Mi sentii stringere e avvolgere dal suo retto, e non riuscii più a trattenermi: tre o quattro schizzi di sborra, allagarono il suo intestino, mentre le crollavo addosso.
Credo di aver continuato ad eiaculare altro sperma e, quando mi staccai da lei, un rivolo biancastro stava uscendo dall'ano dilatato.
Restammo stesi l'uno accanto all'altra, per parecchio tempo, gustando ognuno l'appagamento del dopo orgasmo.
Maria fu la prima a riprendersi. Dal cassetto del comodino prese un assorbente, che usò per tamponare la fuoriuscita della mia crema; dopo di che si distese di nuovo, accanto a me.
Stavo quasi per appisolarmi, quando lei, inopinatamente, chiese:
"Hai inculato anche lei?"
"Lei chi?" finsi di non capire.
"Germana... mi ha raccontato tutto" disse.
Rimasi senza parole; non sapevo cosa rispondere, ma fu lei che, girandosi sul fianco, verso di me, aggiunse:
"Se l'avessi saputo allora, non so cosa sarebbe potuto succedere; ma dopo quello che io e te abbiamo voluto provare, da più di dieci anni a questa parte, mi ha fatto considerare la cosa del tutto "normale". Comunque ci siamo fatte un sacco di risate per il fatto dello slip smarrito"
Disse tutto questo senza farsi interrompere, lasciandomi davvero di stucco.
"Ma davvero lo perse?" aggiunse riferendosi allo slip
A questo punto le raccontai come stavano veramente le cose.
"Sei sempre stato un meraviglioso porcello, per questo ti amo" e spense la luce.
Il mattino seguente arrivai in ufficio e la prima cosa che feci fu quella di aprire il mio cassetto segreto.
Gli slip di Germana erano ancora lì nella bustina. Erano quasi intatti. Li tirai fuori e rigirandomelo tra le mani li rimisi di nuovo nel cellofan e li riposi da dove li avevo preso. Ero deciso, questa volta, a restituirlo alla legittima proprietaria.
Con mia moglie tornammo sulla questione Rodolfo & Germana un altro paio di volte, per cui seppi che i due da anni dormivano in letti separati, e siccome lavoravano per una agenzia che non tollerava dipendenti divorziati, stavano assieme solo per le apparenze.
Chiesi anche a mia moglie se fosse stata lei ad invogliarli a passare le feste con noi e, in un certo qual modo, il suo zampino c'era.
"Quindi non dobbiamo cedere camera nostra - mi disse - possono dormire nella camera dove dormivano i ragazzi, che ha anche il bagno indipendente."
"Meno male, così potrai approfittarti ancora di me" le risposi scherzando.
Il ventitre mattina, alle undici, parcheggiai l'auto nel garage brevi soste dell'aeroporto ed entrammo ad aspettarli nella sala d'attesa degli arrivi.
Fu annunciato l'arrivo e noi ci alzammo per riceverli.
Fui proprio io ad individuarli e, facendo gesti con il giornale, ci facemmo scorgere. Vennero di corsa verso di noi.
Tutti e due furono felici di rivederci e anche noi lo eravamo.
Recuperammo i loro bagagli e, mentre mi aspettavano fuori andai a prendere la macchina.
Lui era invecchiato parecchio: pochi capelli, già tutti bianchi, e mi sembrava anche un tantino curvo sulle spalle.
Lei, invece, seppur trasformata dagli anni, era rimasta una gran bella femmina.
Fasciata in un jeans a vita bassa, stretto, metteva in evidenza un culetto ancora bello sodo; la camicia, con sopra il maglioncino a "V", faceva intravedere il solco del seno, che sembrava un tantino più grande di quello che ricordavo.
Rodolfo si sedette davanti, accanto a me, Maria e Germana dietro.
Le solite stupidate che si dicono quando ci si incontra dopo tanti anni e poi l'arrivo a casa dove erano ad aspettarci i genitori anziani di mia moglie.
La commozione fu palese e qualche lacrimuccia scappò a tutti, compreso me e Germana.
Fui io a ristabilire la normalità. Corsi in cucina e preparai un caffè degno del miglior bar della mia città.
Lo bevemmo seduti in salotto e, solo dopo, i due fratelli, con Germana al seguito, andarono di sopra a posare le loro cose.
Mio suocero mi fece commuovere, nel ringraziarmi per l'ospitalità a loro concessa.
"Sei davvero una brava persona! Maria è stata fortunata; grazie di cuore".
Per togliermi dall'imbarazzo scappai anch'io di sopra e lì chiamai in disparte Maria chiedendole cosa voleva fare per il pranzo.
"Uno spaghetto veloce e ci sono le cotolette già impanate; tutto organizzato."
Erano anni che non avevamo più la casa piena di ospiti, mancavano solo i miei due figli, che sarebbero, comunque, arrivati l'indomani da Milano.
Loro sarebbero stati ospiti delle fidanzate per tutto il periodo delle feste e presenti da noi, per il cenone della vigilia e per il pranzo di Natale.
Finalmente passò la vigilia, Natale e Santo Stefano, così il ventisette avemmo una parvenza di normalità.
Rodolfo chiese a Maria se poteva prestargli la sua auto e si offrì di accompagnare i genitori a casa.
Maria fece in modo di assentarsi per farmi rimanere solo con Germana.
"Come va?" le chiesi
"Come vuoi che vada, Maria sicuramente te ne avrà parlato" disse.
"Sì, mi ha detto qualcosa, fra cui anche che le hai confessato ciò che accadde tra noi" risposi.
"Sì, non so quante volte ho pensato a noi e a quella meravigliosa sera di agosto - disse con gli occhi bassi - ti ricordi la canzone che suonavano?"
"Certo, 'Come vorrei' di Giorgia: spesso l'ho risentita e sono tornato indietro nel tempo"
"Prima che ritorno a Londra, me la ricanteresti?" chiese.
Non risposi, ma:
"Aspetta - le dissi, e mi allontanai per prendere la mia borsa - questo è tuo"
Le restituii il suo slip.
"Lo avevi tu? Mi facesti tornare a casa, senza".
Le spiegai quello che, in realtà, era successo e lei, con un sorriso, me lo rese.
"Conservalo tu! Magari potessi..." non finì la frase per il sopraggiungere di Maria, che mi sorprese con quel pezzo di "stoffa nera" tra le mani.
"Le mutandine incriminate" osservò in tono scherzoso, ma, vedendo il viso rosso della cognata, le si avvicinò e la strinse a sé.
"Federico, dobbiamo aiutarla a vendere o affittare la casa dei suoi genitori; quando possiamo andare a darvi uno sguardo?" propose.
"Anche domani che è sabato" risposi.
Quando io e Maria restammo soli:
"Ma a che gioco stai giocando? - chiesi - Dove vuoi andare a parare?"
"Voglio aiutarla; mi mette una pena nel cuore, vorrei che tu ancora una volta la renda felice, facendola sentire donna.... Poi, magari, se il mio maritino ci riesce, dopo può rendere felice anche la sua mogliettina."
"Un gioco a tre? Lo credi opportuno? Non pensi che potremmo perderla per strada?"
"Lascia fare a me" rispose decisa.
Quel pomeriggio avevo preso degli impegni in ufficio, per cui mi feci accompagnare, con la mia auto, da Maria e da Germana, che poi proseguirono per un giro all'Outlet.
Rientrai con la metro, ma non era, ancora, rincasato nessuno.
Mi preparai un drink e cominciai a sorseggiarlo, quando sentii il cancello aprirsi.
Dal balcone del salotto vidi Rodolfo, che parcheggiava la macchina della sorella dirigendosi verso casa.
Senza aspettare che bussasse aprii la porta e lo feci accomodare.
"Preparo qualcosa anche per te" chiesi
"No, non bevo mai fuori dei pasti, prendo un bicchiere di acqua frizzante, se non ti dispiace" rispose.
E così facendo si diresse in cucina, mentre il vociare allegro delle mie donne si fece sentire dal giardino.
Egli, come le sentì arrivare, quasi per evitarle, prese le scale e si ritirò in camera sua.
Mia moglie e nostra cognata erano allegre e sorridenti, con borse e pacchettini varcarono l'uscio.
"Amore, se sapessi quante cose abbiamo acquistato - disse Maria facendomi l'occhiolino - Dobbiamo lavarle subito così qualcosina la possiamo indossare già domani."
Si chiusero in bagno e fecero un veloce bucato a mano.
Fu riempito lo stenditoio a muro della cucina, da una quantità di mutandine, reggiseni e intimi vari, da poter soddisfare una decina di donne, ma non me la sentii di intervenire sulle loro scelte.
Le lasciai sole e mi ritirai nel mio studiolo lasciando però la porta socchiusa.
Il loro ridere e gioire proseguì ancora per cinque minuti, poi la conversazione dovette diventare seria.
Volevo ascoltare, ero curioso di sentire di cosa stessero parlando.
Mi avvicinai alla porta socchiusa e, dallo spiraglio aperto, anche se non si scorgevano, si riusciva ad afferrare parte della loro conversazione.
"Ma che dici, Germana, ma quale dolore, forse appena appena un po' di fastidio quando entra, ma poi, credimi, è un crescendo Rossiniano, un piacere, che parte dal buchino e, passando dal ventre e su verso lo stomaco, ti arriva al cervello e, se ti tocchi, si trasmette anche nella figa. Ma tu davvero non l'hai mai provato? Bisogna rimediare"
Germana ascoltava in silenzio e, solo quando Maria le fece intendere che io ero bravissimo a farlo, lei osò chiedere.
"E che ne sai che Federico con me sarebbe disposto..."
"Di questo non ti devi preoccupare: che ci sta a fare la tua dolce cognatina?"
Il loro parlare finì improvvisamente, perché si sentirono i passi di Rodolfo che scendeva le scale.
Mi feci vedere pure io e le donne, si alzarono dal divano e si diressero in cucina a preparare la cena.
Dopo il tanto mangiare dei giorni di festa, quella sera fu decisamente più spartana: una insalata verde con un po' di affettati e della mozzarella di bufala.
Chiedemmo a Rodolfo se volesse unirsi a noi, l'indomani, ma egli disse che preferiva vedere i genitori; anzi chiese la macchina a Maria per qualche giorno. Poi ci annunciò che, se a noi non dispiaceva, si sarebbe fermato a dormine dalla mamma, fino all'ultimo dell'anno.
Nessuno di noi commentò questa decisione, tanto meno la moglie.
Restammo ancora un po' a tavola, poi, mentre io e Rodolfo ci accomodammo in salotto, le donne si diedero a sparecchiare.
Certo, la situazione tra i due era davvero ai ferri corti e senza via d'uscita.
Erano ancora giovani; chissà se parallelamente non si erano trovati altri partner.
A letto mia moglie aveva le fregole. Non riusciva a trovare una posizione comoda per dormire; era agitata.
"Si può sapere che ti succede - chiesi - è da oggi pomeriggio con trovi pace."
"Mio fratello è uno stronzo; quella poverina non se lo merita, glie la faccio pagare."
"Ma perché quella "poverina", come dici tu, non reagisce? Penso che sotto sotto a lei conviene fare la vittima" non l'avessi mai detto.
"Lo sapevo, sei uno sporco maschilista del cazzo; bada bene che, se lo difendi ancora, la faccio pagare anche a te!" minacciò e si girò dall'altro lato.
Mi avvicinai da dietro e la strinsi a me, cercò di svincolarsi, ma sentendosi il mio cazzo duro tra le chiappe, sembrò rabbonirsi, si girò e mi stampò il "morso della buonanotte" sulle labbra.
Al mio lieve grido di dolore, riprese:
"Così impari, e conserva il cazzo duro per domani, che ci serve."
"Ho sentito quello che spiegavi a Germana" dissi.
"Quindi già sai quello che ci aspettiamo da te?" E senza lasciarmi il diritto di replica, spense la luce e si rigirò per dormire.
Mai contraddirla, diventa cattiva come una belva ferita!
Comunque, l'indomani di buon ora ci avviammo per la destinazione in provincia di Latina, dove viveva una volta Germana e la sua famiglia.
Lei era figlia unica per cui dalla morte dei suoi non era più tornata da quelle parti.
Impiegammo quasi tre ore e, per tutto il viaggio fummo accompagnati da un tempaccio incredibile; tuoni e fulmini squarciavano il cielo ed esso riversava giù una pioggia che, a tratti, divenne molto intensa.
Parcheggiai nel vialetto a fianco della casa e, inzuppandomi dalla testa ai piedi, recuperai, con l'unico ombrello a disposizione, una per volta le mie donne.
Entrare in quella casa fu per Germana una grande emozione.
Si guardava attorno, toccando ora un ninnolo ora un porta ritratto.
Aveva gli occhi lucidi, e mi venne d'istinto stringerla a me.
"Che faccio, che faccio - ripeteva quasi a cantilena - quanti ricordi!"
Intervenne Maria
"Dai, facciamo un giro per la casa; vediamo in che condizioni si trova" suggerì.
A dire il vero non era rovinata; forse qualche lavoretto qua e là andava fatto, ma niente sulle strutture, che, per vero, si presentavano ben solide.
Avevo contattato un agente immobiliare della zona che, puntualissimo, dopo cinque minuti bussò alla porta.
Fu molto professionale: guardò l'immobile, fece fotografie, e chiese, ovviamente, cosa volesse fare la proprietaria.
Concludemmo che avevamo bisogno di una valutazione per una possibile vendita o, in subordine, stabilire un canone per un'eventuale locazione.
Andò via con la promessa che ci avrebbe fatto sapere qualcosa al più presto.
Smise di piovere e un raggio di sole illuminò la cucina.
Germana ci chiese se potevamo accompagnarla a portare dei fiori sulla tomba dei suoi, lo facemmo, ma io e mia moglie restammo fuori del cimitero, per lasciarla da sola con i suoi cari.
Terminata quell'incombenza, parcheggiai l'auto sul lungomare e approfittando di quel poco di sereno riapparso, facemmo quattro passi a piedi.
Le avevo tutte e due sotto braccio: Germana, come per magia, aveva ripreso a sorridere.
Passando davanti a quel "Lido Galeotto", mia cognata si strinse più forte a me, e guardandomi negli occhi disse:
"Ricordate? Questo era il nostro lido"
Maria sorrise all'udire l'espressione usata da Germana a proposito di quel "nostro": era chiaro che il posto le ricordava un momento di libidine vissuto con intensità, ma carpito alla buona fede dei rispettivi compagni; così, facendo buon viso a cattivo gioco, propose di scegliere un ristorantino per pranzare.
Facemmo un buon pasto a base di pesce, dopo di che, siccome il tempo stava peggiorando, decidemmo che, forse, era il caso di rientrare.
Quella sera arrivammo a casa intirizziti dal freddo.
"Ci vorrebbe un bel bagno caldo - propose mia moglie - chissà se nella vasca c'entriamo tutti e tre."
"Proviamo! - espose Germana - Male che vada buttiamo fuori Federico" entrambe mi avevano rivolto l'indice contro, a sottolineare la loro intesa.
"Brutte arpie - risposi in tono di scherzo - accetto la sfida e, se ci riuscite, vi do una medaglia a testa".
"Da questo momento, quindi, niente più inibizioni; intesi?" disse Maria, allungando la mano destra come per fare la promessa di "uno per tutti e tutti per uno"
Io subito poggiai il palmo della mia su quella già stesa e, dopo un attimo di esitazione, anche Germana aggiunse la sua.
Anche se riscaldamento era acceso, in bagno aggiunsi pure uno di quei "caldo bagno" che agiscono istantaneamente e cominciai a riempire la vasca.
Le mie donne stavano ancora in salotto a parlare di non so cosa.
"Allora, facciamo notte? L'acqua sta riempiendo la vasca: facciamo o no questo benedetto bagno?" chiesi.
Si alzò per prima Germana e stava per raggiungere il bagno, quando mia moglie la fermò.
"Spogliamoci qui; Federico, ci aiuti?" disse con fermezza.
Si misero una di fianco all'altra e cominciai a denudarle.
Le mie mani raggiunsero i loro abitini e, quasi contemporaneamente, riuscii a sfilarli. Le feci girare e sganciai i loro reggiseni e, sempre da dietro, tirai giù i loro slip.
Erano nude, meravigliosamente nude e, quando si girarono, comparvero ai miei occhi due corpi infinitamente sensuali.
Ero ancora vestito e, vedendole correre in bagno, le seguii.
Maria senza nessuna remora, si sedette sulla tazza per fare pipì e poi si immerse nell'acqua calda della vasca.
"Dai... falla pure tu - Maria incoraggiava la cognata - Poi salti in acqua, prima che Federico si prende il posto."
Un tantino imbarazzata, prima guardò me e poi, incrociando lo sguardo sicuro di mia moglie, si sedette sulla tazza e fece partire lo scroscio dorato.
Guardarla mingere fu per me un momento di magica eccitazione.
Se ne accorsero tutte e due quando mi abbassai lo slip.
Effettivamente non c'era molto posto, per cui riuscii a mettere i piedi tra le loro gambe e con tanta difficoltà riuscii a sedermi.
"Facciamo un gioco - propose mia moglie- oggi voglio interpretare il ruolo di "Cuckquean", esser, cioè, una cuckold al femminile e tu, Germana, sarai la nostra "Cuckcake", la versione femminile del bull, quindi da te mi aspetto che farai godere il mio uomo come faccio io e, magari, meglio di me.Vi va?"
Restai esterrefatto: era una fantasia mai espressa, che mise ancor più in subbuglio sia la mia che la mente di Germana.
"Vi chiedo di poter essere presente e magari, se me lo concedete essere la vostra direttrice d'orchestra."
"Se siete pronti iniziamo subito - e facendomi segno di alzarmi dall'acqua - dai... Germana, non esser timida... approfitta di questo meraviglioso cazzo duro; fa' vedere quanto davvero lo desideri".
Mi avvicinai alla donna e le offrii il mio pene da succhiare.
Lo prese in mano e, ponendosi in ginocchio, cominciò a carezzarlo, poi estrasse la lingua e la fece scorrere dal glande fin giù ai testicoli.
Un fremito mi percorse la schiena, una scossa elettrica e, quando la sua bocca raggiunse la cappella, fui io a forzarla insistendo sulle sue labbra; la spalancò ed io entrai in lei fino in fondo.
Mi sarei aspettato un conato o, per lo meno, esser risputato fuori, invece se lo lasciò scivolare quasi tutto in gola. Cominciò così un meraviglioso pompino, fatto di succhiate sempre più veloci. Ogni tanto si fermava e, facendo roteare la lingua, lo leccava tutto dalle palle al glande.
Il soffermarsi sulla cappella mi provocava sensazioni da brividi, tanto che dovetti fermarla per non venire.
Nel girarmi vidi Maria che si era seduta sul bordo della vasca e con le gambe divaricate si stava masturbando.
Interpretava benissimo il suo ruolo: stava spiando il marito e la sua amante come una perfetta cuckquean, senza interferire sull'operato della sua rivale. Goduria infinita!
Germana ormai sbavava ed era evidente che era stanca di succhiare, per cui, guardandomi negli occhi, supplicò:
"Chiavami... non ce la faccio più"
Ebbi con un cenno d'assenso da Maria, quindi la feci girare e la penetrai.
Fu una galoppata veloce, ma intensa. Colpi assestati con tutta la forza del mio bacino e che lei assorbiva, assecondandoli al meglio.
Urlò il suo godimento, rivolgendo lo sguardo a Maria che, intanto, continuava a darsi piacere da sola.
Venni inondato dal suo orgasmo e riuscii a dare ancora una decina di colpi, per poi godere a mia volta.
Gli spasmi furono interrotti dalla mano di Maria, che mi attirò a sé e prendendoselo in bocca finì di raccogliere le ultime stille del mio piacere.
Poi, scansandomi letteralmente, prese posto dietro Germana e la ripulì del mio e suo godimento.
Rimanemmo tutti e tre in trance: io seduto sul bidet e loro due, di nuovo in vasca. Fui il primo a riprendermi da quel momento d'estasi completa.
"Ho fame" dissi e questo servì a scuotere anch'esse dal torpore succeduto.


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EPILOGO
Quella notte dormimmo abbracciati tutti e tre nel nostro lettone.
Ma nella mente di Maria persisteva il desiderio di vedere la cognata urlare di gioia, mentre era presa dal piacere della sodomia.
Il giorno dopo, la domenica prima dell'ultimo dell'anno, uscii per comprare un po’ di dolci natalizi e quando rientrai, le trovai tutte e due nel bagno.
Non mi fu concesso di presenziare, ma era ovvio che mia moglie stesse predisponendo la cognata a quel tipo di penetrazione.
Sentii tirare lo sciacquone più volte, segno che dovevano aver provveduto ad una abbondante evacuazione; quando uscirono, indossavano solo gli accappatoi.
Maria sorridente e serena, Germana un tantino preoccupata per quello a cui che doveva sottoporsi, ma, in linea di massima, rassicurata sia da me che da mia moglie.
"Noi andiamo di là - disse Maria, rivolta a me - spogliati e raggiungici"
Impiegai pochi minuti e, in mutande, entrai in camera da letto.
Germana era sulla sponda del letto, in ginocchio con due cuscini sotto la pancia; il culo perfettamente in mostra e completamente offerto.
Attraverso lo specchio, situato di fronte al letto, mi vide arrivare.
Maria, invece, era seduta sulla poltrona con le gambe aperte e poggiate sui braccioli.
Si stava già toccando ed io, prima di assolvere alla più che gradita incombenza, mi avvicinai alla mia donna e le diedi un bacio in bocca, facendo saettare la lingua, attorcigliandola alla sua.
Proseguendo in quella mia operazione, scesi a baciarle il seno e titillare quei due meravigliosi capezzoli; ella sobbalzò sulla poltrona e poi offrì alla mia lingua il suo fiore profumato. Avrei continuato chissà per quanto ancora in quell'operazione, ma lei, con un gesto di altruismo inaspettato, mi sollevò e
"Vai... ti aspetta - disse e rivolgendosi a Germana - è tutto tuo, fai godere mio marito che, al momento, sarà il tuo fauno".
Mi spostai verso Germana e ponendomi dietro il culo vergine di lei poggiai il viso tra quelle meravigliose chiappe.
Quando sentì la lingua, che dalla vagina saliva verso il buchino, Germana ebbe un sussulto e, rispondendo alle sollecitazioni che la lingua dedicava a quella parte con opportune ondulazioni del bacino, mi accorsi che la rosetta si schiudeva, quasi fosse un fiore.
Germana non parlava, ma i sospiri ed i gemiti valevano più di mille parole. Cominciava a provare piacere e anche il buchetto sembrava partecipare alla festa che gli si dedicava.
La lingua era entrata nella parte iniziale del retto e il profumo inconfondibile di quella zona, unito al sapore dolciastro della mucosa, mi stava inebriando.
Fu lei a farmi capire che era pronta: ormai muoveva il bacino a mo' di coito.
Mi staccai e presi dal comodino il gel lubrificante; ne feci scivolare una piccola quantità lungo il solco delle natiche. Con il medio, mi adoperai a massaggiare e lubrificare per bene la parte, spingendo con il dito, buona parte del gel all'interno dell'ano.
Non subito gradì l'intruso, ma bastarono pochi attimi a farla rasserenare così da permettermi di andare avanti e indietro lubrificando e dilatando quel forellino.
Era pronta: ne avvertii il rilassamento, per cui, tolto il dito, mi posi in ginocchio tra le sue gambe e puntai il glande sull'ano di mia cognata.
La punta entrò senza difficoltà ed io proseguii a penetrarla, attirandola a me con dolcezza; emise un urlo, ma ormai la cappella aveva superato lo sfintere e mezzo cazzo si trovava già nella sua pancia.
Ancora pochi secondi e poi fu lei stessa a spingersi contro il mio bacino, così da permettere la completa introduzione del mio cazzo.
Era fatta: la verginità del suo culetto, era stata offerta sull'altare dell'Eros.
Cominciai a pompare nel suo culo e, nel frattempo, la mia mano aveva raggiunta la sua figa.
Era parecchio bagnata, segno evidente del suo piacere; scivolai con un dito in lei e poi raggiunsi il suo clitoride.
Prima un grido soffocato, poi parole senza senso, uscirono dalle sue labbra.
Dallo specchio di fronte scorsi gli occhi rivolti all'insù, con le pupille dilatate.
Decisi di completare l'opera: mi sfilai da lei, incutendole un iniziale moto di ribellione, ma poi, quando vide che mi stendevo sul letto, capì e venne ad impalarsi sul mio cazzo.
Si sedette, facendolo entrare tutto; sentii la sua figa sulla mia pancia; cominciò ad andare su e giù e, man mano, aumentò il ritmo.
"Che bello! Maria grazie, Federico, grazie, vi amo tutti e due! Sto godendo... voglio tutto il tuo seme... ti prego, inondami".
Così dicendo lei venne, e venne copiosamente.
La vagina gocciolava di succhi profumati bagnandomi il pube.
E ad un certo punto del suo orgasmo strinse di più le natiche quasi a stritolarlo.
Ma, quando si quietò, riprese un movimento del bacino quasi rotatorio, alternandolo al su e giù, fino a farmi godere nelle sue viscere.
Credo di aver sborrato una quantità enorme di sperma; mi sembrava che non finissero più gli spruzzi che le riversai dentro e, quando lei si staccò da me, si percepì un rumore molto simile allo stappo di una bottiglia.
Maria continuava a masturbarsi, e cominciò a sua volta a godere, quando fu resa edotta del nostro grandissimo piacere.
E poi?
Finirono le feste e lei ed il marito ripartirono.
Intanto ci aveva ripensato per la casa e decise di tenerla; ci incaricammo, io e mia moglie, a trovare una impresa per i lavori di manutenzione.
Germana verso gli inizi di marzo di quest'anno ritornò per visionare i lavori alla sua casa e per stare qualche giorno con noi.
A volte i mali non vengono solo per nuocere: difatti l'inizio della quarantena la costrinse a restare in Italia e riprese il suo lavoro da casa.
Ormai ha deciso: lascia quel prestigioso lavoro, avendone trovato un altro qui dalle nostre parti, magari un tantino più modesto. Poi deciderà cosa fare veramente della sua vita.
Maria e Germana, da brave cognate, ora sono diventate amiche per la pelle, e non solo.
Chissà come mi ridurranno!
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