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Prime Esperienze

Una nave scuola (da "Le due caravelle di Left's Swisse))


di cpelcabo
27.05.2023    |    158    |    2 9.0
"Le donnine per bene andrebbero in bagno a sciacquarla..."
Mi diede una spintarella che mi fece cadere sul divano. Poi con un unico gesto si sfilò il vestitino dalla testa. Rimase con la canottiera, le mutande bianche e le ciabatte.
- Su spogliati.
Obbedii alla velocità della luce. Il cervello urlava ‘si scopa anche oggi’. Immagini di fighe aperte e culi slabbrati. Lei mi afferrò l’asta durissima.
Ero così da dieci secondi dopo che aveva aperto la porta. Quando mi strappò via insieme bermuda e mutande l’eccitazione raggiunse livelli pericolosi. Ora l’aveva in mano. Rabbrividii. Era quella con cui aveva tenuto la ciotola del ghiaccio. S’accorse dell’errore, ridacchiò e mi afferrò salda con l’altra.
Caldissima.
Mi scappellò. Un gemito e le sparai in faccia uno spruzzo di sperma, poi una serie di spruzzetti meno micidiali. Cominciò a ridere, si tolse dalla guancia un grumo grosso come un cucchiaino di yogurt.
- Ah ah, eri ancora così carico?
Mi vergognai come un cane bastardo in chiesa. Cazzo, le ero venuto in faccia appena me l’aveva preso in mano. Ridacchiò.
- Non ti preoccupare. Ce l’hai duro come prima: hai sempre la doppia in canna? Ieri dopo che ti ho quasi violentato sul lettino sei rimasto così, come adesso. E Paola ha il culo ancora un po’ tumefatto. Lo sai che Liana mi ha rimbrottato? Ha detto che dovevamo farti solo un po’ di educazione sessuale. Ti ricordi che eravamo nude? Beh si è accorta che dal culo mi usciva quello che ci avevi sparato dentro. Ha scosso la testa, ma quando ha saputo quello che era successo a Paola ci ha detto che ce l’eravamo cercata. Ora vieni qua che riprendiamo la lezione. Magari, poi, cosa vuol dire pompini ‘completi’ te lo spiego a voce.
Annuii senza commentare, anche se un’idea ce l’avevo. Mi si sedette di fianco. Provai ad ascoltare, ma mi sentivo ridicolo: nudo col cazzo in tiro seduto su quel divano.
- Ora ascolta bene, perché non è difficile, ma un po’ imbarazzante.
Ecco, vedi, tutti i ragazzi, ma anche molti uomini, pensano che quello che va bene a loro, vada bene anche alle donne. Non è vero: la donna è come un diesel. Ha bisogno di scaldare ben bene il motore, mentre l’uomo è come una Ferrari, parte velocissimo e se non sai bene come funziona, il più delle volte non riesce a frenare. Per essere più chiara: se stai per fare sesso con una donna ricorda che devi iniziare con le carezze. Usa quelle cazzo di mani, ce l’avete, e pure due!
L’ascoltai basito. Ma perché s’incazza con me?
- Appena ce l’avete duro, dentro, e tapum tapum. Ma cosa avete in quella testa vuota! Decerebrati!
Annuii, occhi sbarrati. Fra un po’ questa mi mena. Si rese conto di come la stavo guardando.
- Scusa, non parlavo di te, anche se con Paola, forse, hai fatto proprio così, o sbaglio?
Annuii ancora più vivacemente.
- Vabbè, dai. Ricominciamo: come ti dicevo accarezzale, le donne, coccole e baci non sono mai troppi. Delicato, sul seno soprattutto; è sensibile, inizia sempre con dolci bacini, a mordere e succhiare c’è sempre tempo e con dolcezza. I baci alla francese sono sempre il massimo. Vieni qui.
Mi alzai e avvicinai: lei mi guardò fisso negli occhi, mi prese la nuca e iniziò a baciarmi. Feci quello che lei mi faceva. Mi stava divorando le labbra: non volevo essere da meno. Cominciai a mangiarla, le lingue in una danza forsennata. Andò avanti così per alcuni lunghissimi minuti.
Saliva ovunque e il cazzo diventò marmoreo. Sentendolo contro il suo pube, ridacchiò.
- Vedi? L’effetto che ha su di te è lo stesso che ha su di me. Ma io non ho il cazzo e tu non puoi accorgertene, ma ti posso assicurare che la mia fighetta, laggiù, si sta leggermente gonfiando e comincia a prepararsi, bagnandosi. Si bagna ben bene, si prepara... a cosa?
Tacqui: se sbagliavo?
- Uffa! Ma si prepara per lui!
La canottiera volò via: che tette!
Lo riprese in mano, si allungò sul divano e mi tirò sopra di lei. Senza mollarlo riprese la lezioncina.
- Vedi, si fa così, per iniziare e pochissimi uomini sanno che questa è l’apoteosi per il nostro grillettone.
Afferrato l’uccello alla base, lo spennellava lungo la spacca.
Scivolava benissimo e le scariche elettriche che arrivavano dalla cappella mi facevano gemere. Poi si fermò, mi strinse forte e incollò il mio amichetto alla sua figa. Non era dentro, era appoggiato sopra e sentivo la cappella ferma sulla parte alta. Si sistemò meglio e scodinzolò.
- Che bello! Vedi, la mia clitoride, laggiù, è appoggiata alla tua cappella e ci sta benissimo. Se spingi un po’ verso di me ci sta anche meglio.
Non me lo feci ripetere e obbedii; ma non solo. Non ero poi così cretino e mi lasciai trasportare seguendo il suo dondolio. Piccoli movimenti oscillatori, su e giù. Percepivo la cappella incastonata, bloccata e avvolta. Il resto dell’obelisco era in un bagno caldo e sublime. Anna apprezzò, mi strinse e scodinzolò sempre più velocemente. Mi afferrò la testa, baciò in modo forsennato e con l’altra mano mi spinse il bacino contro di lei. Un piccolo movimento e la cappella cominciò ad aprirsi la strada. Lo stava infilando, lentamente fino in fondo. Rovesciò la testa all’indietro, sospirò e aprì gli occhi.
- Vai! Ora vai, lento e senza fretta. Cazzo! Che roba! Hai proprio un signor cazzo: lungo, grosso e duro! Tiralo fuori quasi del tutto, ecco bravo, così. Ora giù, pianino, bravo. Ora sta fermo, lì, in fondo.
Mi stava guardando, fissa, gli occhi. Si strusciava piano, a destra e sinistra. Si bloccò sorridendo. Mi strinse a se e anche laggiù qualcosa mi strinse.
Mugolò più volte e sentii forte la stretta: un gemito più forte e rovesciò la testa. Il cazzo era stritolato, munto, provai a muovermi appena un po’ e l’effetto fu straordinario. Anna mi lasciò, si strinse le tette a due mani e cominciò a sobbalzare.
- Sìì, cosìì, vai ora, vaii!
Le spinte che cominciai a dare, non volevano essere forti. Nei primi secondi fui lento e metodico, poi accelerai. Non ricordo per quanto tempo spinsi ma ricordo che lei si inarcò contro il mio pube oscillando di lato. L’effetto fu quasi istantaneo e mi sentii un dio. Anna lanciò un paio di urletti, mi stritolò il cazzo con una serie di contrazioni e venne. Cioè, più che venire si sbracò, saltellando sul divano; affondai un paio di volte a tutta velocità e lei spalancò gli occhi.
- Sì, sì sììì.
Cercai di fare le cose per bene: altre due spintarelle leggere per non venire. Fu inutile: sentii la corrente spaziale risalire lungo l’obelisco e mi lasciai andare. Che sborrata!
Eravamo zuppi. Lei rideva, cercava di fermarsi? Boh! Con tutte e due le mani tra le gambe si era rannicchiata sul fondo del divano. Tremolante, ridacchiava: ad ogni risatina, tra il convulso e il trattenuto, qualcosa le usciva dalla figa. Mi fece vieni qui con un ditino.
- Ora ricorda. Le donnine per bene andrebbero in bagno a sciacquarla. Le porcelle farebbero finta di niente e si metterebbero a dormire. Le vere donne, quelle che si sentono un po’ troie o puttane come me, quelle che fanno i pompini ‘completi’, quelle che si fanno riempire il culo di sperma, invece, finiscono l’opera.
Si accostò, piegò e lo iniziò a leccare. Dalla base fino in cima. Ormai anche lui si stava ammosciando. Lo risucchiò in bocca e lo degustò. Proprio così, sembrò che lo succhiasse come un osso di pollo.
- Buono, - commentò - sa di figa e di cazzo, anzi di sperma. Sapessi com’è buono il succo di figa. Poi ti spiego anche come leccarla per bene. C’è un omino piccolo, segaligno che abita a duecento metri da qui. Ci dà cinquanta euro per venire a leccarla. Io me la farei leccare anche gratis, da lui: è assolutamente perfetto. Dice che per lui è l’elisir di cazzo duro. Ora passiamo allo step successivo.
Come scopare bene. Rimasi basito. Ridacchiò.
- Pensi di essere stato un gran scopatore? Lascia stare. Prima cosa: col cazzo che ti ritrovi, se non è un ghiacciolo, faresti sbracare tutte le donne, ma non sempre è la grandezza o la profondità quello che conta. Per prima cosa devi controllare il ritmo. Se lo gestisci bene, anche la durata, come ti ho già detto, noi siamo dei diesel, diventa sufficiente.
Quindi adesso ti insegno un trucchetto. Questo va bene per tutte: anche se incontri un troione con una galleria al posto della passera.
Ascolta: dopo le leccate di rito e un bel po’ di spennellate appoggialo ed spingi un po’. Devi sentire entrare solo la cappella e un paio di centimetri: oltrepassa l’anello iniziale, senza affondare. Poi lo sfili di quei due, tre centimetri: lasci dentro solo la punta, senza toglierlo. Fai il movimento contrario entrando. Conta mentalmente nove volte, poi alla decima, entri fino in fondo. Torna indietro e rifai tutto da capo: stavolta per otto volte. La nona e la decima dentro fino in fondo e così via. Sette e tre, sei e quattro, fino alla fine. Normalmente a metà del giochino, già sono venute e se riesci a farlo con i tempi giusti sarai ancora in grado di proseguire. Ah, importante, se la vedi godere, resta ben piantato fino in fondo senza muoverti. Può succedere che le contrazioni attorno al cazzo abbiano effetto e ti facciano venire. Poco male. Direi che una bella venuta in contemporanea sia appagante per entrambi. Se invece ce la fai a resistere, continua il giochino. Ho visto una donna squirtare per quasi due minuti di seguito, bagnando dappertutto e perdere i sensi. Il giovanotto aveva resistito e proseguito.
Questa io la chiamo ‘la novena’. Finora l’ho vista fare solo da un paio di giovanotti e ti posso assicurare che le donne se la ricordano per un pezzo. Mi raccomando provaci subito, la prima volta che ne avrai occasione. Vedrai!
- Ma il pompino ‘completo’?
- E’ una stronzata. I pompini sono sempre ‘completi’ perché come dicevo prima, le brave ragazze lo prendono magari in bocca, ma non finiscono, le porcelle magari finiscono ma lo sputano da qualche parte. Il pompino vero, invece, si finisce come si deve: si beve tutto, si assapora, si gusta e poi si manda giù. Ci sono delle volte che può avere un sapore strano, magari ha mangiato gli asparagi o la cipolla. Allora, bisogna dirlo: ha un sapore orrendo, ma il più delle volte è sublime. Ho una vera passione per lo sperma. E non sono la sola. Ma questo non è quello che ti volevo insegnare. Ora il prossimo step è il connilingus. Sai cos’è?
- Sì. La leccata di figa.
- Non solo. I maschietti pensano che se si mettono lì e la leccano un po’, hanno fatto il loro dovere. Sbagliato: come quelle che fanno i pompini senza l’ingoio. Leccare la figa è un’arte e come ti ho raccontato prima, ci sono uomini che ci si sono dedicati da una vita e hanno raggiunto vette eccelse. C’è una tizia che viene al salone, una specie di tigre: voi ragazzi la chiamereste una strafiga. E’ alta quasi un metro e ottanta e con i tacchi li supera abbondantemente, un seno fantastico che ho massaggiato personalmente: di marmo. Una invidia pazzesca. Ho scoperto che è anche ricchissima, tutte le fortune; bocca da pompinara con due labbra che non hanno mai dovuto essere ritoccate. Insomma, uno schianto di donna. Non si è mai voluta sposare, ha sempre temuto che i suoi soldi potessero essere il miele per troppi mascalzoni. Lo sai con chi va a letto? Con un cinesino ridicolo. Lo sai perché?
- Perché sa leccarla?
- Bravo, proprio così. Davanti a Paola e a me ha confessato che quel mingherlino la fa venire anche tre o quattro volte, solo con la lingua. Quando le infila quel cazzetto che si ritrova, così l’ha chiamato lei, basta che entri e lei si sbraca. Se volesse si potrebbe scopare chiunque, invece sono ormai due anni che si diverte con la lingua cinese. Ah ah. Ci ha detto che farà il cambio con uno cazzuto solo quando troverà quello che saprà darle le stesse sensazioni.
Quindi ora ascolta. Quando decidi che la ragazza di turno merita le tue attenzioni, scendi, ma non fiondarti subito sul fiore. Adopera le mani, accarezza l’interno delle cosce, baciale, mordicchiale leggerissimo, accarezza un po’ anche con le unghie, magari, ma sempre soffice, vai sempre più vicino, sempre accarezzando e baciando. Devi farle desiderare la tua lingua. Accarezza in punta di dita l’attaccatura delle cosce, lecca con la lingua a spatola e spargi con le dita la tua saliva. Lento e senza smettere. Ce l’hai lì, davanti ai tuoi occhi. Osservala per bene. Se hai lavorato con calma e nel modo giusto, vedrai che comincerà ad essere umida e leggermente gonfia. Se invece sei stato frettoloso, magari non sarà come un deserto, ma sicuramente si merita un supplemento.
Bene, hai lavorato come si deve: e ora?
Non fiondarti con la lingua a punta dentro le labbra. No! Non ancora: larga, devi leccarla con la lingua più larga possibile. Lento dal basso verso l’alto, premi leggero, tieni conto che la maggior parte delle ragazze ha ancora i peli, sulla figa. Se premi troppo le daranno fastidio e saranno d’intralcio anche a te. Io la tengo bella liscia anche per questo: se invece è una ragazza sveglia e ce l’ha depilata, sempre con la lingua bella larga, puoi andare un po’ più veloce, premendo.
Bene, hai cominciato nel modo giusto. Quanto tempo dovrai stare lì? Domanda del cazzo che ti ho sentito rimuginare in quel cervello da maschio. Se proprio non sei cretino lo capisci da solo! Hai lì, una donna a gambe larghe che se la sta facendo leccare e non sai quando smettere? Lecca uomo, lecca! Hai appena iniziato e il bello deve ancora venire. La seconda parte è più divertente, per lei e per te: in cima alla passera, vedi? Proprio qui, abbiamo il grilletto. Il più bel regalo che madre natura ha pensato per le donne. Dopo aver spennellato con la lingua ben bene, osservalo. Se ce l’ha già scappellato, leggero leggero, passaci sopra. Se è come il mio adesso, guarda! Lo devi far venir fuori, così e poi inizi a leccarlo. Se non è troppo imbranata, quando si sentirà pronta ci penserà lei a scappucciarlo, se non lo fa, provvedi: così, tira pianino la pelle verso l’alto, oppure con due dita, ai lati, spingi un po’ e quando compare, datti una mossa e accarezzalo con la lingua a spatola, mi raccomando. Per quella a punta c’è tempo. Ci sono donne che hanno un bel fagiolone, altre che è come un chicco di riso, ma la maggior parte è di una misura intermedia. Direi come un cecio. Quelle più fortunate, ma sono rare, ce l’hanno anche di un paio di centimetri. Beate loro! Comunque, di qualsiasi stazza siano, a questo punto devi dare tutto te stesso. Leccalo senza fermarti e senza rallentare. Nove volte su dieci a questo punto ti prenderanno per la testa spingendotela sopra la figa e questo è il segnale giusto. Puoi continuare imperterrito, ma se non è proprio il chicco di riso puoi anche cominciare a risucchiarlo, con le labbra così, a beccuccio. Se invece ce l’ha proprio piccino e nascosto non smettere di leccare a più non posso. Ce la puoi fare.
Ora avrai le labbra, la bocca, la lingua, piene del succo di figa.
Senti che profumo? Senti che sapore? Ci sono e c’erano uomini che impazzivano per il profumo di figa. E anche se ti trovi a leccarne una che non ha avuto la possibilità di farsi il bidet, non fermarti. Mai. Il nostro caro Vittorio Emanuele II, alla sua amante, la ‘Bella Rosin’ chiedeva di non lavarla. Di non lavarla mai, perché, secondo lui, la figa ‘la da’ spussà’. Vedrai che col tempo saprai apprezzare ancora meglio questi profumi.
Ora riprendiamo: sei lì che ormai la tua bella sta perdendo la testa, ti sta facendo il più bel regalo. Una bella venuta sulle tue labbra. Se vuoi che si diverta ancora di più, ficcati due dita in bocca, leccale per bene e poi, sempre con molta prudenza e calma, spingile nella figa.
Entra lentamente: devi darle il tempo di accoglierti. Se riesci a trovare, con i polpastrelli verso l’alto, un punto un po’ spugnoso, insisti lì, pianino, delicato. Quello è il famoso punto ‘G’. Se non era ancora venuta, lo farà e se invece sta finendo di venire, la farai probabilmente ricominciare da capo.
Mi avvicinai accarezzandole un seno, le presi la nuca e mi fiondai sulla sua bocca. Sì, mi baciò anche lei: poi sembrò risvegliarsi.
- Hei, ma si è fatto tardi! Ora vai a casa, è quasi ora di cena: finiamo la lezioncina un’altra volta.
- Ma io non voglio andare via, dai finisci di spiegare! Posso telefonare a mamma e dirle che resto a mangiare e a dormire da Giorgio, un mio amico. Lo faccio spesso.
- E se la mamma telefona a casa di Giorgio?
- Lo faceva le prime volte. Ormai succede talmente spesso che ha smesso.
Anna sembrò riflettere, poi sorrise tra sé e sé perché no? Dopotutto? Paola sarebbe tornata come al solito, abbastanza presto e dopo aver succhiato cazzi per un pezzo, magari avrebbe avuto voglia di una ripassatina.
- Ok allora, telefona a tua madre e poi vieni ad aiutarmi per la cena. Ti farò lavorare un po’. Secondo me ce la farai a pelare un po’ di patate.
Annuii felice e presi il cellulare. Quando finii mi alzai, un po’ preoccupato: chi aveva mai pelato una patata?
Mi presentò il coltello e una decina di patate. Bene o male le sbucciai mentre quella perfida donna ridacchiava dei miei sforzi. Le tagliò grossolanamente e le mise in una pentola a pressione: quando le tirò fuori, cinque minuti dopo, le mise in una teglia, olio, sale grosso e rosmarino e le fece cuocere in forno una ventina di minuti. Tirò fuori tre bisteccone e una rosticciera. Io avevo apparecchiato per due.
- La terza la cuocio per Paola quando torna, se la vuole.
Prima di iniziare a mangiare le chiesi se per caso aveva una birra, ma mi sgridò. Con la carne si beve questo: mi fece vedere una bottiglia, versò nel suo e nel mio bicchiere una bella dose di vino rosso. Non vidi di cosa si trattasse, ma fondamentalmente non me ne fregava un cazzo.
- E poi la birra e l’uccello non vanno d’accordo. Non lo sapevi? Lo fa ammosciare. Mai pasteggiare a birra se dopo lo devi usare.
Non sapevo se gioire o preoccuparmi. Quindi aveva intenzione di scoparmi ancora? Avrei retto? Mentre mi ingozzavo di patate (buonissime!) e di bisteccona, mi mise sotto torchio chiedendomi della scuola, delle ragazze, dei miei amici e di cosa volevo fare ‘da grande’. Fui sincero sulla scuola, sugli amici e sulla mia intenzione di fare l’avvocato, come mia madre. Glissai sulle ragazze e lei fece finta di niente.
- Vieni, adesso dobbiamo digerire, mi disse a fine pasto: pensai “già, giusto, ma come intendi fare?”
Rimasi di stucco quando andò verso la TV, l’accese e attivò la PS4. Mi diede in mano un twin move e mi sfidò ridendo.
- Vediamo come te la cavi a tennis.
Ragazzi, mi impegnai allo spasimo, era brava, sicuramente allenata. Anche io facevo delle belle partite con Giorgio che mi batteva puntualmente: ma lui prendeva lezioni di tennis e io andavo in piscina! Dopo mezz’ora di quella scatenata partita avevo già digerito tutto, ero bagnato di sudore e alla fine anche Anna si arrese.
- Pari?
Propose. Figuriamoci se io volevo continuare. Annuii convinto e mi fiondai sul divano.
- Spogliati e vieni con me.
Pensai “No! Cazzo, sono sfatto, sudato e lei non deve essere meglio.”
Lo so, alle volte sono proprio rincoglionito, ma mettetevi nei miei panni. Sudaticci. Si diresse verso il bagno, io dietro; si tolse la maglietta, saltellò su una gamba per sfilarsi insieme i pantaloni della tuta e le mutandine, la imitai pensando “la prossima volta, prima di venire, mi faccio uno zabaglione, doppio e col marsala” come quello che mi faceva mamma dopo l’influenza. Mi spinse, aprì la porta a vetri e si infilò dentro tirandomi per un braccio. Che cretino. Sono un cretino. Aprì l’acqua, la regolò un attimo: mi allungò la saponetta e prese il flacone con il bagnoschiuma.
- Così risparmiamo anche l’acqua. Dai! Insapona e non ci pensare nemmeno eh? Solo pulizia.
Dentro di me pensavo sinceramente che ero un idiota arrapato; mentre le insaponavo la schiena lei aveva versato su una spugna il bagnoschiuma e iniziato a sfregarmi il petto, mi alzò un braccio e strofinò l’ascella. Mi dimenai un attimo. Solletico. Imperturbabile alzò l’altro e la scenetta si ripeté. L’obelisco si innalzò, spudorato e gagliardo.
- Ma stai fermo?
Sorrisi e feci per afferrarla tirandola verso di me, ma con poco effetto. Le mani scivolarono ed ebbi un momento di panico. Mi aveva afferrato i coglioni con una mano e stretto; piano ma sufficientemente per immobilizzarmi.
- Allora?
- Sì, sì.
Riprese a insaponarmi sorridendo. Mi rassegnai e anche se non l’avevo mai fatto, penso di essere stato bravino. Quando arrivai ai glutei si girò, mi diede uno schiaffetto sulle mani.
- Adesso faccio io. Se vuoi prosegui con le gambe.
Ubbidii e mi accosciai sul piatto doccia, ma sbirciai senza remore. Si passò il bagnoschiuma sulla passera, poi dietro sulle chiappe e sul buco del culo. Io continuavo a insaponare le cosce, passai ai polpacci e arrivato ai piedi ne presi uno, lo appoggiai sulla mia coscia e provvidi a lavare le dita una ad una. L’altro lo mise lei, sulla gamba. Feci il bravo e quando finii anche con quella, si stava risciacquando. Mi alzai e lei mi passò il bagnoschiuma.
- Sbrigati!
Aprì la porta e uscì lasciandomi da solo con il bagnoschiuma in mano e il cazzo marmoreo. La sentii trafficare.
- Ti lascio il telo qui.
Lavandole i piedi avevo bagnato i capelli e ne approfittai: shampoo. Lavaggio dei gioielli, accurato passaggio tra le natiche con annessi e connessi. Uscii dopo cinque minuti e vidi con orrore che quello che girava nella lavatrice erano indubbiamente i miei vestiti. Mi asciugai i capelli col telo, me lo avvolsi attorno e mi affacciai alla porta.
- Anna! Mi hai messo a lavare i vestiti, grazie, ma non si asciugheranno mai prima di domattina.
- Uomo di poca fede, abbiamo l’asciugatrice: sapessi quante volte ci è stata utile. Li mettiamo lì e fra un paio di orette usciranno freschi e profumati, magari con qualche piega, ma nessuno ci farà caso. Dopo il tennis puzzavano da schifo. Per la seratina che ci aspetta, direi che questa andrà bene.
Mi porse una maglietta strana, lunga, rosa e con una scritta in blu: Forget my not. Mi arrivava a metà coscia e con quella addosso mi sentivo anche un po’ ridicolo. Femmineo. Anzi no, proprio una checca.
- Ti serve il phon? Hai i capelli bagnati.
- No, sono così corti che mi basta dargli una passata con un asciugamano. Li tengo corti, così quando vado in piscina non perdo tempo.
- Ahh vai spesso in piscina?
- Tre volte a settimana, sto cercando di fare pallanuoto. Ma quelli picchiano duro, sapessi cosa succede sott’acqua...
- Adesso capisco il tuo fisicaccio. Bravo! Fai bene.


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