Racconti Erotici > Prime Esperienze > Paolo e l'amica di sua madre
Prime Esperienze

Paolo e l'amica di sua madre


di cpelcabo
17.06.2015    |    5.865    |    7 9.9
"Poi presi una larga salvietta e la arrotolai: la girai imbavagliandola e la accompagnai sul bracciolo del divano..."
Premessa: è lungo, ma penso ne valga la pena.
Buona lettura.



:- Un soldino per i tuoi pensieri – le chiesi.
Si girò verso di me, mi sorrise ma non profferì verbo. Mi lasciai cullare dai miei pensieri. Dovevo cercare di ricordarmi dove avevo messo quel roller che avevo usato l'anno scorso: cercare le polo carine e praticamente nuove, recuperare i sandalini da spiaggia (o comprarne un paio nuovi?) quando lei mi sorprese con una domanda.
:- Sai che un po' di anni fa sono stata da uno psicologo ? Tu ci sei mai andato ?
Annuii.
:- Sì e devo dire che mi è stato molto utile. Mi ha tranquillizzato, fatto capire il perché di alcune scelte e mi ha rassicurato sulla mia normalità. Ha detto che oltre il sessanta per cento delle persone sono in realtà attratte dallo stesso sesso ma che per la maggior parte di loro non se ne accorgono o fanno finta di non saperlo. In alcuni casi invece le cause scatenanti possono essere altre, non so, una violenza subita, una prevaricazione nell'infanzia, un rapporto conflittuale con uno dei genitori. Io sono stato abbastanza fortunato: non ho, anzi, non abbiamo, dovuto faticare molto per trovare il bandolo della matassa. Mi ascoltava interessatissima, pendeva dalle mie labbra...
:- Allora? Vai avanti....non fare lo stronzo e raccontami...
:- Te lo ricordi vero che una delle ragioni per cui mi piace molto la tua passera ?
:- Certo ! Perché è pelata ! Me lo hai detto spesso.
:- Esatto e sai perché ? Perché quando ero molto giovane ho avuto a che fare con una donna che l'aveva molto pelosa: fu la mia nave scuola. Avevo circa quindici, sedici anni e ho fatto tutte le prime esperienze sessuali con una tizia che aveva vent'anni più di me, forse anche di più. Lo psi mi ha detto che molto probabilmente quell'esperienza mi aveva segnato. Avevo cominciato troppo presto a fare sesso. Come disse lui “quella è l'età in cui ci si dovrebbe solo distruggere di seghe...”.
…...................
:- ...e allora dai, vai avanti-.
Io avevo smesso di parlare. Non voglio dire che ricordare quelle esperienze fosse ancora traumatico, ora mi facevano solo sorridere, ma raccontarlo una seconda volta e a Sandra, poi, mi mettevano un po' in imbarazzo.
:- Dai, ti prego, voglio sapere tutto: dopotutto oltre che amanti siamo anche amici, o no?
:- No amanti no, al massimo sei solo una trombamica....
:- Se non mi racconti tutto, giuro che faccio ricrescere il pelo, così poi impari....
Sorrisi. A certi argomenti bisognava cedere.
:- Mettiti comoda....
“Devi sapere che quando papà fu trasferito a Bologna mia madre voleva a tutti i costi fare qualche lavoretto per aiutarlo. Andammo ad abitare in un condominio abbastanza popolare. Dopo alcuni giorni scoprì che una delle condomini era di Comiso. Lei era nata a Vittoria, a pochi chilometri. Si chiamava Maria Assunta ma ovviamente tutti la chiamavano solo Maria. Allora abitavamo in affitto ma i miei avevano risparmiato su tutto per realizzare il sogno di una casa tutta loro. Quella sistemazione, a papà, l'aveva trovata il suo Maresciallo. Costava poco e aveva tre camere da letto. In una dormivano i miei, in una io e l'ultima venne utilizzata come camera per lavorare. Infatti era stata proprio Maria a proporre a mia madre di lavorare in casa. Cucivano cravatte. Era lavoro sottopagato e in nero, ovviamente. Ma i soldi servivano. Camera mia era in fondo al corridoio, dava sul cortile interno del palazzo che era una grande “U” poi c'era la camera dei miei, il bagno con di fronte la camera da lavoro ed infine la cucina bella grande. Tutto iniziò una mattina di fine giugno. Era finita la scuola e decidemmo io e i miei compagni di classe di festeggiare in pizzeria la fine dell'anno. Mangiammo come possono farlo solo dei quindicenni. Da morti di fame. E bevemmo. Come possono farlo solo dei coglioni. Bevemmo birra, sai com'è, con la pizza...ma poi cominciammo a fare i gradassi. Un amaro! A me una grappa! Una Vodka! E poi ci fu chi ricominciò il giro. Alla fine della fiera eravamo ubriachi. Non mi ricordo granché di come arrivai a casa. Mi ricordo solo che feci l'ultima rampa delle scale a mani e piedi. Riuscii ad infilare la chiave, aprii e arrivai in camera mia senza svegliare nessuno. Se papà mi avesse visto in quelle condizioni...
Mi buttai sul letto che erano oltre le due. Dormii per un po' ma mi svegliò la sensazione di vomito aprii un po' le palpebre: era giorno. Vidi la porta aprirsi lentamente e la testa di mia madre fare capolino: finsi di dormire e si ritirò. La sensazione di vomito continuava. Intanto di là si sentiva parlottare. Mi alzai e silenziosamente, in punta di piedi raggiunsi il bagno. Mi sarei messo un paio di dita in gola, se necessario, ma non potevo farmi vedere così. Barcollavo ancora un po'. Entrai lesto, ed in corridoio sentii la voce di Maria e di mia madre. Stavano per rimettersi a cucire.
:- Domme?
:- Si, si, è ito co' compagni so' a fasse na' pizza iersira. Finisse u' cafè e prinzipiamo a faticà … và..
:- Angelì cu fu? Te dole a schiena?
:- Lassa perde Marì ieri tornò da Mlan dopo tri iurn de scorta a nu piezz de novanta sannò a curcà e se susì pe' cena, magnò e siccome Paolì era fora glie venne gana de ficcà.
:- ..?..
:- ..e sai com'è n'avev gana pu' io, e finì che ce ne facimm tre..
:- Miii.. ma Antò ….
:- Me disse ch'avia tri iurn d'arritrato.
:- Ma lo facite tutt iurn?
Non sentii e non vedetti la risposta, ma i risolini continuavano.
:- Ma se te dole pe' un po' de....
:- No, no la prima se pote scartà...lo cognoscio e se me lo ficco dentro dopo tri iurn d'astinenza non fa in tempo a ficcarlo che se ne viene. Allora ho imparato che la prima lo faccio scaricà...me so quasi strozzata...(risolini) ma quanno l'ha misso..haa...ma fatto vidi angeli e santi...na ficcata commo quanno avevamo tri misi de matrimonio...Sulo che quanno ero ntrovata pe' la vinutona ma girato, ha mirato, e mi lo mise into …capito?
: - Miii che facisti...
:- Nienti feci, lo pigliai...mica è la prima...vodda...sulo che stavodda s'era già libberato i cugna e non finia chiù. Me lo sfonnò. E po' stimane s'arisbigliò con la minchia tosta e 'ndovina ndove lo ficcò ? Disse mo che l'aggi 'pert no lo vole fa chiur. L'aggi bagnato co l'acqa fria ma...
:- Beata a te...
Silenzio.
Io rimasi immobile e silenzioso. Quei discorsi fra donne mi avevano fatto passare il vomito. Rimasi in assoluto silenzio dietro la porta: non avevo capito tutto, ma la maggior parte di quello che si erano dette l'avevo capito, eccome.
:- Pecchè dicisti beata te? Silvano ?
:- Nonsi, jà prima non è che fosse nu toro da monta, ma dopo la cascata in bici...semm' it da u dutturi..disse “mpotenzzia erriggendi” cà vuglia dì che nu lu rizzerà chiù, ni ora, ni mai.
:- Mischina ...e como facite?
:- Nun fa... qualica carezza, nu po' 'e lingua e tante lacrim...quann pianti...e io ch'a vuliva na picciridda...garda cà quann robba spricata.
E aveva anche ragione perché la Maria era una gran pezzo di femmina. Non era molto alta, ma aveva un seno superbo, alto e perfetto: due occhi grandi, neri, lucidi ed un culo meraviglioso. Tutta quell'abbondanza per un impotente. Mia madre per un po' non fiatò, sorpresa forse da quella confessione ancora più stupefacente della sua. Quando riprese a parlare lo fece in italiano. Voleva dire che quello che stava dicendo lo considerava particolarmente importante.
:- Ma come pensi di poter andare avanti una vita con un omo che omo non è? Non hai pensato a chiedere il divorzio? Manco un figlio hai...
:- No, mischino si gli faccio nà cosa cussì se ne more.... e poi cummè se simpre pottato bono: mai na livata de mano, mai nò sgarbo ...e li voglio bene....ma ti posso spià na dimanna? … ma, into u culu lo faciti spesso? …
:- Bastevolmente...
:-....pé'....
:- Pè no fallo inserrà, pecché sinnò po' è nà camurria raprì...'u pertuso.
Silenzio. Non sapevo cosa fare. Se uscivo rischiavo di farmi sorprendere, ma non potevo restare in bagno a lungo. Il giramento di testa mi stava passando. La pensata mi venne folgorante. Andai allo sciacquone e lo tirai. Aspettai qualche secondo e uscii. Andai in camera e mi cominciai a vestire. La colazione la consumai in cucina e le due amiche cucivano parlando di sciocchezze qualsiasi. Dopo alcuni giorni la situazione precipitò.
Ero andato a giocare a pallone e al ritorno, in maglietta e calzoncini stavo aspettando l'ascensore quando arrivò la Maria. Accaldata, con una borsa di verdura e un'altra di non so cosa.
:- Sei andato a giocare? (domanda del cazzo, secondo lei, con scarpette da calcio, maglia dell'Inter numero sette, e braghini corti, stavo facendo una sfilata?).
:- E... sì tanto per passare un po' la mattinata.
:- Hai le chiavi? Guarda che Angelina è andata proprio adesso a portare le cravatte.
Feci evidentemente una smorfia. Ovviamente non lo avevo previsto e non avevo le chiavi. E dato che per arrivare a piedi fino al capannone che dava il lavoro ci voleva una buona mezz'oretta, ero destinato a restare fuori casa per almeno un'ora. Ero sudato, avevo caldo, sete e dovevo disinfettarmi un ginocchio sbucciato.
:- Dai vieni su, almeno ti do un po' di alcol per quel ginocchio...
Abbozzai, le presi le borse ed entrai con lei in ascensore. Lei premette il bottone del quarto piano e cominciammo a salire. Tra il secondo ed il terzo l'ascensore si bloccò. Non era tanto vecchio, ma era un trabiccolo. Posai le borse e provai a premere l'alt e il quattro. Ogni tanto funzionava e si sbloccava. Macché. Suonai l'allarme, tre o quattro volte. Dopo poco sentimmo sopra di noi la voce di uno dei condomini che ci avvisava che erano andati a chiamare il caposcala. Era una specie di portiere che si occupava di tutto quello che riguardava il condominio. Ci rassegnammo ad aspettare. Mi appoggiai alla parete e cominciai ad osservare la Maria. Che tette, che culo: lei per un po' non disse niente, cercò qualcosa nella borsa della spesa e tirò fuori un grappolo d'uva. Cominciammo a piluccarla. Dopo una decina di minuti l'interno dell'ascensore era diventato un forno.
La camicetta della Maria si stava bagnando tra i seni e li scolpiva. Se prima s'intuivano, ora non c'era più nulla che li nascondesse. Non sapevo dove guardare: sentivo il mio cazzo indurirsi. Mi girai leggermente per cercare di nascondere un po' l'evidente protuberanza dei miei calzoncini. Maria per un po' fece finta di nulla, si faceva aria.
Da fuori il condomino ci avvertì che non trovavano il caposcala. Era andato in Comune ma sarebbe arrivato... la storia rischiava di andare per le lunghe. Spostai un po' le borse e decisi di sedermi. Anche la stanchezza del dopopartita si stava facendo sentire e inoltre in questa maniera pensavo di nascondere meglio la mia erezione. L'idea parve buona finché non mi accorsi della gonna della Maria. Non era corta, ma neppure lunghissima. Per un po' lei rimase contro la parete. Da lì vedevo fino a metà coscia. Sbirciavo cercando di non farmi accorgere. Lei mi voltava le spalle e io ero a nozze. Passarono alcuni secondi...infiniti.
Poi lei arretrò di qualche centimetro.
Il cuore mi balzò in gola. Ora vedevo fino al culo, le mutandine quasi dentro lo spacco. Restò ferma per un po' , poi fece un piccolo passo avanti e dopo un altro all'indietro. Ora avevo la completa visione del suo culo, era a gambe leggermente aperte. Si vedeva chiaramente lo spacco della figa e dei peluzzi che le uscivano ai lati dello slip. Non sapevo come avrebbe reagito, era un'amica di mia madre, lavoravano insieme...se le avesse detto qualcosa sarei morto di vergogna, ma non resistetti. Appoggiai la mia mano sul polpaccio e la lasciai li. Nessuna reazione: pensai che forse potevo continuare. Salii.
Rimase immobile. A quel punto non ebbi più remore: alzai la mano e l'appogiai a palmo aperto alle sue mutande premendo.
Si era fatta la pipi addosso? Erano bagnate. Un secondo dopo la vidi piegarsi su di me, mi prese e tirò in piedi. Ci guardammo per un attimo.
:- Sta zitto, non fiatare …
Poi con un sol unico gesto mi prese calzoncini e mutandine e cercò di tirarli giù. Si incastrarono nella mia erezione. La sua immediatezza nel tirarlo fuori fu sorprendente. Ero durissimo. Per alcuni secondi lo rimirò lo guardò per bene e..
:- Madonna..- disse - che bello...
Ci si fiondò sopra. Non sapevo neppure che una donna potesse prendere in bocca il cazzo di un uomo. Resistetti una decina di secondi e le inondai la faccia. Aveva il fiatone, mi masturbava furiosa, leccò quanto era rimasto sull'asta e sulla cappella. Il cazzo restò come prima. Non diede segno di cedimento. Tirò fuori un fazzolettino e si pulì alla meglio la faccia: sempre inginocchiata davanti a me. Ogni tanto lo baciava e leccava. Continuava a masturbarlo. Poi si fermò. Come folgorata. Si alzò.
:- Guai a te, guai a te se dici qualcosa...
Io la guardavo smarrito, feci di no con la testa.
:- Zitto vero? Starai zitto? Annuii. Le presi la nuca e la spinsi verso la mia bocca baciandola. A labbra quasi chiuse. Lei mi guardò, mi prese lei la nuca e mi baciò a sua volta, infilandomi però la sua lingua in bocca. Mi sembrò enorme. Avevo capito. Le fiondai la mia di lingua. Andammo avanti un pezzo. La sua mano sinistra non aveva mai lasciato il mio uccello. Lo stringeva forte.
Poi scoprii che era mancina.
:- Ti faccio male?- Chiese sottovoce al mio orecchio.
:- No per niente, stringi pure..
Sentii la sua mano stringermi forte. Intostai il cazzo. Lei mugolò qualcosa che non capii.
:- Ascolta....Paolino ora devi fare come ti dico io. Oggi pomeriggio dì a tua madre che vai in piscina. Silvano alle quattro inizia il turno e sta in stazione fino a mezzanotte. Tu tieni d'occhio la mia finestra della cucina. Quando vedi che appendo uno straccio arancione alla finestra hai via libera, fai finta di uscire e rientra dalla porta dei garage. Prendilo lì l'ascensore. Troverai la porta di casa accostata. Poi ti spiego. Si rituffò sul mio uccello e ricominciò a succhiare. Questa volta non si fece sorprendere e si attaccò alla cappella succhiando ed ingoiando.
Restammo in quell'ascensore quasi un'ora e mezzo. Credo che si tenne il mio cazzo in bocca per più di un'ora.
Quando ci tirarono fuori si profusero in scuse. Eravamo entrambi bagnati fradici.
Sandra si era fatta più vicina e penso che fosse molto ma molto incuriosita.
:- E dopo? Per quanto tempo?
:- Non sei curiosa di sapere cosa mi insegnò?
:- Certo, vorrei anche vedere... lo so vecchio porco che muori dalla voglia di raccontarmi tutti i particolari...
Riprese.
Verso le tre e mezzo dissi alla mamma che nel pomeriggio sarei andato in piscina, me ne andai in camera, accesi lo stereo, misi la roba della piscina nel borsone e attesi il segnale. Dopo quello che avevo sentito tra mia madre e Maria sapevo che, se mi fossi giocato bene le mie carte, avrei avuto sesso a volontà. Andai in bagno a lavarmi l'uccello e quando ritornai in camera vidi lo straccio arancione. Spensi tutto, presi il borsone, salutai la mamma e scesi. Girai attorno al palazzo e rientrai dai garage. Chiamai l'ascensore, salii. Come aveva detto la porta era socchiusa. Entrai un po' titubante. Come chiusi la porta mi gettò le braccia al collo e mi infilò la lingua in bocca. Mi prese per mano togliendomi il borsone e mi portò in sala. Era già praticamente nuda. Vista così le sue forme erano ancora più esplosive.
Si sedette sul divano e mi chiese di spogliarmi, piano, piano. Mi sentii ridicolo: non son tipo da spogliarello. L'imbarazzo mi passò in fretta. Mi ero tolto la maglietta e stavo cominciando a togliermi i jeans quando lei si alzò non resistendo, si precipitò ai miei piedi e cominciò a sbottonarmi lei i pantaloni. Mi ero messo dei semplicissimi slip.
La cappella spuntava oltre il bordo, il cazzo era già duro da quando ero ancora in garage.
Si fermò ridacchiando: poi cominciò ad abbassarmi gli slip. Quando erano arrivati al ginocchio provvidi da solo a togliermi tutto e li lanciai sulla sedia vicina. Ero completamente nudo col mio uccello svettante a non più di tre quattro centimetri dall'ombelico. Lo prese delicatamente e cominciò a stringere guardandomi negli occhi. Era di marmo. Mi disse che l'aveva già gustato che conosceva il suo sapore. Ora lo voleva dentro.
:- Ti voglio dentro. Non hai mai visto la figa di una donna vero? Feci segno di no.
:- Siediti.
Mi portò verso il divano, mi fece sedere e si spogliò completamente di fronte a me. Poi avanzò verso di me e vidi la mia prima figa. Una foresta nera. Non vidi niente finché non fu a pochi centimetri dal mio viso. Poi le sue dita arrivarono a svelarla.
Era rossa, anzi no, rosa con i bordi violacei.
Le sue dita l'aprirono e bagnarono i peli intorno. Era fradicia di eccitazione. Io naturalmente non lo sapevo e soprattutto non sapevo cosa fare.
:- Lo sai Paolino che hai un cazzo bellissimo? Non sei un ragazzino, sei un uomo; e pensare che i tuoi ti trattano come un bambino...Farai felici un mucchio di donne con un cazzo così bello e duro, e grosso...ora ti dico anche cosa devi fare per renderle ancora più pazze di te. Vedi questa? E' la cosa che fa impazzire gli uomini ma bisogna prendersi cura di lei sai? Ora non abbiamo tempo perché ho solo voglia di averlo dentro, ma se mi darai retta ti farò divertire come non hai neppure idea.
Mi salì in grembo, prese il cazzo e cominciò a passarselo sullo spacco. Ad ogni spennellata ricevevo una scarica elettrica. Avevo la cappella ancora troppo sensibile: le sborrai gemendo sui peli.
Ma rimasi praticamente duro come prima. Lei sorrise e lo bagnò nel mio stesso sperma, lo strinse per bene alla base e cominciò ad infilarselo. La cappella era appena entrata, non più di un paio di centimetri e già sospirava forte. Poi fissò gli occhioni nei miei e si calò lungo l'asta.
Divenne purpurea boccheggiò, mormorò qualcosa e cominciò a tremare. Non dico che mi presi quasi paura, ma non ero tranquillo. Che razza di reazione aveva? Quando rovesciò gli occhi all'indietro e cominciò a saltarmi sopra, mi preoccupai. Era malata? In trance? Epilettica? Poi mi vidi di fronte le sue tette, cominciai a succhiarle: mi abbracciò la testa sospirando e dicendomi che dovevo continuare.
Mordicchiavo, baciavo leccavo quelle durissime pazzesche tette. Così sode e belle, devo ammettere, non le vidi più. Si era bloccata riprese a salire e scendere; mi diceva che moriva e invece non moriva affatto...
Non mi ricordo quante volte venni, quindi non posso certo dirti quante volte si era sbrodolata. Il plaid sul divano, sotto di me era zuppo: il cazzo mi faceva male e così pure i coglioni. Ma non potevo certo dirglielo. Sono certo, con l'esperienza di ora, che la più soddisfatta, quel pomeriggio, fu lei.
Quando uscii da quella casa ero a dir poco spossato. Andai a casa e mi misi a DORMIRE. Alle sei del pomeriggio a letto. Mia madre si convinse che avevo preso freddo in piscina...
Mi inventai di dovermi allenare perché volevo fare pallanuoto. La piscina era a duecento metri da casa: se mi fossi inventata un'altra scusa, in un posto più distante papà si sarebbe sentito in dovere di accompagnarmi in macchina....e addio ai suonatori. Erano gli orari che erano strani....
La volta successiva imparai come leccare la figa. Si sistemò sul divano e me la spalancò davanti: le istruzioni furono accurate.
Per tre o quattro giorni mi fecero male le ganasce: in compenso mi insegnò ad infilarla alla pecora. Mentre la fottevo le accarezzai il buco del culo. Mi disse che col cazzo che avevo non avrei mai potuto passare di lì.
Quasi un anno dopo le ricordai quelle parole mentre stava aspettando che la cappella le aprisse, per la terza volta nella giornata, il buco. Aveva le mani sulle chiappe per tenerle aperte il più possibile e mi pregava di riempirla. Oramai ero io che le dicevo cosa fare, come farlo e devo ammettere che ero diventato un terribile figlio di puttana.
Ferie di Pasqua del 77, in montagna con la mia famiglia, suo marito Silvano e un'altra coppia amica di mio padre. La feci andare in giro due giorni con una melanzana nella figa. Per nascondere il sugo che colando le aveva bagnato le mutande e aveva cominciato a scurire il cavallo delle cosce, alle cinque della sera si rovesciò il tè sulla figa. Un'altra volta al mare, dopo aver preso cazzo nel culo per tutto un pomeriggio, non riusciva più a tenere le feci. Alle sette di sera, terrorizzata mi mormorò in un orecchio che le stava uscendo qualcosa dal culo... e non era aria. Qualche volta riuscivamo a restare insieme una notte intera: la prassi per svegliarmi doveva iniziare con una lunga leccata del mio buco del culo e pompino con ingoio.
Come avevo fatto a renderla così “volenterosa” ?
Semplicemente dandole delle razioni esagerate di cazzo. Veniva tre, quattro volte, e senza che io dovessi far più di tanto. Mi stendevo, lei se lo infilava e cominciava ad andare su e giù. Dopo un po' cominciava a venire, a raffica, era certamente multiorgasmica, solo che di queste venute multiple lei se ne propinava anche tre o quattro.
Quello che non mi piaceva era leccarle la figa.
Troppo, veramente troppo pelosa.
E invece a lei piaceva moltissimo e devo dire che su questo non sentiva storie; pretendeva che gliela leccassi molto spesso e molto a lungo. Lo psi mi disse che proprio li era nato il mio problema.
:- ..e tutto questo per quanto tempo?
:- Direi circa tre anni, dopodiché cambiai casa, mi iscrissi alla scuola infermieristica e lì quando le infermiere videro quello che avevo tra le gambe...
:- ..e gli uomini?
:- Quelli vennero dopo, all'Ospedale, quando presi servizio a fisioterapia riabilitativa.
:- Quindi fu lei a svezzarti? Una signora abbastanza intraprendente, direi; non funzionando il marito si era trovata un amante quasi insospettabile.
Durante il primo anno ci vedevamo il lunedì, mercoledì e venerdì, giorni ufficialmente dedicati agli allenamenti di pallanuoto: il marito lavorava alle Ferrovie, faceva il riparatore collaudatore e ritornava sempre non prima delle sette di sera. Lei si era organizzata bene: la mattina lavorava con mia madre. Al pomeriggio si lavorava il figlio. Inoltre poiché tutti sapevano che lavoravano insieme, nessuno si insospettì quelle rare volte che mi videro davanti alla sua porta. Bisogna ammettere che era stata abbastanza sfortunata. Le era capitato un marito non molto dotato, che aveva smesso definitivamente di fare il suo dovere. Quando trovò me si tolse una fame arretrata colossale, nei primi tempi fu assurdo: non le bastava mai e man mano che passava il tempo ed aumentava la mia esperienza, la sua fantasia non fece che aumentare.
Cominciò con l'insegnarmi la tecnica della contrazione perineale per farlo durare di più. Mi faceva fermare dentro di lei, soprattutto quando lo facevamo alla pecorina e poi quando riprendevo mi dava il ritmo. Mi insegnò a leccare per bene la figa. Non potrò mai ringraziarla abbastanza per questo. Utilizzare le dita per dare piacere a una donna può sembrare stupido, ma con lei capii che non era così: usandole insieme alla lingua, poi, risultava decisamente appagante.
In una di queste lezioni, mentre la stavo succhiando e masturbando, le infilai un dito nel culetto (lei disse vergine). Avevo letto su una rivista porno come fare e mi misi in testa che avrei inculato la Maria. Quando gli dissi che glielo avrei sverginato cominciò a dire che non sarebbe stato possibile. Fu lì la prima volta che le diedi un ordine. Doveva provvedere lei a slargarselo un po' . Le diedi una decina di giorni di tempo, il primo di settembre la volevo pronta.
:- Lo fece ?. - chiesi. Annuì.
Poi mi raccontò che aveva utilizzato metodi molto artigianali ma efficaci. Iniziò con delle carote progressivamente sempre più larghe, ed infine con un cuneo di legno con un manico che il marito utilizzava nell'orto per piantare le piantine.
I dieci giorni di attesa l'avevano resa a dir poco isterica.
Quando chiusi la porta alle mie spalle me la trovai davanti (s)vestita con una vestaglietta corta. Si stropicciava le mani, un sorriso tirato: mi appoggiai sadicamente alla porta, sorridendo; avevo la sensazione del potere che iniziava a salirmi dentro prepotente ed inebriante. Senza dire una parola, le feci segno, sorridendo, di fare un giro su se stessa. Una richiesta inequivocabile.
Cominciò a girarsi e contemporaneamente iniziò a sollevare la vestaglietta. Non vedevo niente di strano né di diverso: poi, dandomi le spalle si aprì le chiappe. Sorrisi tra me, mi avvicinai, la presi per i fianchi e glieli accarezzai scendendo fino alle chiappe, la baciai, la presi per mano, la portai in bagno. Lei non fiatò. Presi la cinghia dell'accappatoio, le congiunsi i polsi e glieli legai, molto laschi, simbolicamente direi. Poi presi una larga salvietta e la arrotolai: la girai imbavagliandola e la accompagnai sul bracciolo del divano. La feci delicatamente chinare.
Ora il suo culo era ben visibile e il cuneo sporgeva di poco aprendolo oscenamente.
Le dissi di rimanere immobile: i suoi occhi mi guardavano spalancati mentre mi spogliavo. Rimasto nudo, il cazzo assolutamente rigido, cercai nella tasca del giubotto e tirai fuori la boccetta. Sorridendo le chiarii che era un lubrificante per il suo culetto, le ricordai che volevo che per lei fosse una sera indimenticabile e nel dire questo cominciai a tirar fuori il cuneo. Non lo tolsi: cominciai a versare dalla boccetta (era olio per la pelle dei neonati) e cominciai a reinserirlo su e giù per un bel po'. Ora era assolutamente unta e pronta.
Presi saldamente con la destra il mio cazzo, tirai fuori il cuneo e appoggiai la cappella; spinsi deciso e le affondai ...nella figa... le diedi qualche colpo, tanto per illanguidirla e farla rilassare. Dai suoi mugugni capii che apprezzava; ripresi il cuneo e glielo rinfilai molto delicatamente. Devo dire che era stata volenterosa: anche se non era della dimensione del mio uccello, devo ammettere che era di una bella circonferenza. Nonostante l'olio non entrava in maniera agevole. Ripresi a sfilarlo ed inserirlo, feci colare un po' d'olio anche sulla punta del cazzo e premetti leggermente per farla abbassare un po'. Lei si sistemò meglio: le dissi di non contrarsi e le appoggiai la cappella spingendo.
La punta cominciò a farsi largo.
Entrò la cappella e lei si inarcò ruggendo nel bavaglio. Se non avessi provveduto ad imbavagliarla avrebbe urlato. Mi fermai e le dissi che sarei stato fermo. Lei scuoteva la testa: la tenni ben stretta e le dissi di spingere lei. Io sarei rimasto fermo. Non succedeva niente: eravamo in stallo. Lei non si muoveva ed io non osavo spingere. Sembrava singhiozzasse. Uscii. Lei si abbandonò sui cuscini del divano. Presi di nuovo la mira: lo appoggiai di nuovo, lei volse il viso verso di me, implorante. Presi il coraggio a due mani, spinsi una, due volte.
Urlò nel bavaglio: lentamente affondai per altri due, tre, centimetri. Aveva gli occhi spalancati. Diedi un'ultima spinta e incollai il mio bacino alle sue chiappe. Stava dicendo qualcosa che non capivo. Rimasi comunque immobile: il suo anello mi stringeva la base del cazzo: forte, molto forte. Lei riprese a singhiozzare, piano. Rimasi immobile e le carezzai i fianchi. Cominciò a fare come le avevo detto. Spingeva indietro il culo: la stretta si stava allentando. Feci qualche prudente piccolo movimento. Non sentii proteste. Lei si spinse di nuovo verso di me. La sensazione era sublime e glielo dissi, sorrise nel bavaglio. Vedendo che apprezzava la mia immobilità lasciai che facesse tutto da sola. I piedi nudi le davano un buon appoggio. A quel punto mi allungai un attimo verso la sua schiena e le liberai le mani. Lei si sollevò un po' sui cuscini, si tolse il bavaglio. Mi disse che ero un porco, un porcello, il suo porcello: le bruciava molto. Poi si voltò completamente verso di me e guardandomi negli occhi mi chiese di incularla: piano, a lungo. Sfondami. La accontentai. Cominciai con delle lunghe lentissime spinte. Uscivo e arrivavo sin quasi alla punta, mi fermavo e affondavo pian piano. Dopo una decina di questi su e giù sentii che rischiavo di venire. Uscii del tutto. Le dissi di non muoversi e mi sputai un bel po' di saliva sul cazzo, ripresi la mira e lo riappoggiai. Ero stato veloce. Non si era richiuso. Questa volta entrai più deciso: si inarcò, ma non urlò. Le diedi un'informazione preziosa. Le dissi che ora le avrei sfondato il culo. E cominciai seriamente ad incularla. Una cavalcata memorabile. A distanza di anni la ricordo ancora. Non durai più di un minuto. Ad ogni secondo le davo un affondo. La aprii. Lei aveva inarcato la testa, si sporgeva ad ogni affondo. Aveva una mano sulla figa. Se la stava accarezzando disperatamente. Cominciai a venirle nel culo e lei se ne accorse subito. Mi incitava: la voleva tutta dentro. Anche dopo essermi svuotato continuai imperterrito. Scivolava meravigliosamente ora: un po' perché si era aperto il culo, un po' perché era diminuita la durezza dell'uccello e un po' per il clisterone che le avevo fatto. Andai avanti fino a quando sentii la Maria fremere. Le sue dita erano riuscite a fare il solito miracolo. La stretta del suo culo divenne ritmica. Godendo lo stringeva e il mio uccello se la godeva immensamente. Restai fermo a gustarmi quella venuta inaspettata e uscii solo quando la sentii rilassata. Il plop che accompagnò la fuoriuscita del cazzo ci fece sorridere. Dal buco aperto cominciò a uscire lo sperma. Scorreggiò. Presi la salvietta con la quale l'avevo imbavagliata e cominciai a pulirla. Le aprii le chiappe e mi misi ad esaminarle il buco del culo. Le comunicai che ora era bello aperto. Si lamentò per quello che aveva avuto. Le dissi di smetterla. Mi andai a lavare, ritornai dopo poco e le diedi il compito di farmelo ritornare duro. L'eccitazione era tale per cui non avrebbe dovuto lavorare molto. Mi chiese se l'avrei scopata, ma le dissi di no. Avevo intenzione di continuare come prima: però ora l'avrei inculata alla missionaria. Si negò recisamente, le feci succhiare il cazzo, le leccai la figa, la feci venire di nuovo con la lingua e finii il pomeriggio con lei che si apriva il culo con le mani per prenderlo alla missionaria.
Durante il primo anno devo dire che mi dominava completamente: lei ordinava, consigliava ed io ubbidivo. Nei due anni successivi presi coraggio e coscienza: inoltre devo dire che quello che lei mi insegnava lo cercavo di mettere in pratica con le ragazzine della mia età. E non mi andava affatto male: con le lezioni di Maria riuscivo a far impazzire, con la lingua, tutte quelle che mi capitavano a tiro. Ho anche la certezza che certe mie prerogative erano giunte anche all'orecchio di qualche sorella maggiore: anche un paio di madri probabilmente erano venute a sapere qualcosa... Fu dopo un annetto circa che avvenne la svolta. Andai ad una festa di Carnevale e mentre ballavo un lento con una tipa (non mi ricordo neppure come si chiamava) mi venne in mente di aprire i calzoni e infilarci dentro la sua manina. Quello che ricordo fu la sua faccia sbalordita. Uscimmo dal capannone in cui facevamo la festa e ci appartammo dietro una catasta di legno. Lo tirai fuori, glielo sbandieri davanti e da brava bolognese se lo mise a ciucciare di gusto. Appena lo reputò della giusta consistenza si girò e senza lasciarlo lo appoggiò alla figa spennellandolo. Quando spinsi e la infilai andò via di testa. Pompai per un bel po' : quando capii che lo aveva gustato a sufficienza lo tirai fuori e lei se lo imboccò di nuovo. Non so quanto le spruzzai in gola: non gliene scappò un goccio. Pompinara superlativa. Dopo un quindicina di giorni metà delle ragazze del paese sapevano i dettagli della mia minchia... e tu sai quanto sono curiose le ragazzine....
Tacqui. Le confessioni non erano mai state il mio forte né con i preti, né tanto meno con le donne. Sandra mi guardava quasi ammirata.
:- E poi ?
:- Poi cosa. Fine. Io continuavo la mia vita, facevo la corte alle ragazzine, giocavo a calcio, a poker con gli amici, studiavo, facevo una vita normale. Qualche pomeriggio era più divertente di altri ma fondamentalmente rimasi sempre lo stesso ragazzino. Dopo tre anni circa comperammo casa a Imola, questa, e la Maria pianse un po', poi ci lasciammo da buoni amici e penso che ora abbia un altro perché quel poveruomo di suo marito morì dopo un annetto per un tumore e la lasciò vedova.
:- E quando ti accorgesti che ti piacevano anche gli uomini ?
:- Dai, Sandra, ora basta. Mi sembra che tu ora stia esagerando. Ti ho raccontato anche troppo. Se e quando avrò voglia di raccontarti la mia vita dovrai prendere le ferie: non basta una serata. E poi tu non mi hai mai detto niente della tua. Non pensi sia giusto pareggiare il conto ?

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.9
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Paolo e l'amica di sua madre:

Altri Racconti Erotici in Prime Esperienze:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni