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Virginia ha una strana proposta


di bube
16.10.2022    |    8.882    |    4 9.8
""E' bellissimo, non immaginavo che in una barca..."

Stavo lavando il ponte della mia barca quando la vidi: una ragazza giovane, magra, con l'aria un po' avvilita. Mi fece un sorriso sforzato, mi chiese se poteva parlarmi.
"Ma certo, dimmi."
"E' una cosa un po' riservata..."
"Allora salta su."

Salì in barca un po' incerta, poi mi fece un altro sorriso tirato.
"Tu sei Virginia, vero?" Feci cenno di sì, le chiesi il suo nome.
"Marilena", sussurrò. Si accostò a me; tremava. E sottovoce mi disse:
"Posso tenerti compagnia come vuoi tu... Ti faccio spendere poco, vedrai..."

Le guardai in silenzio. In un primo momento mi vennero in mente tre possibilità: uno, buttarla a mare e non pensarci più; due, riempirla di schiaffi; tre, cacciarla via senza una parola. Invece mi fece compassione, la presi per mano e la condussi di sotto.
"Sentimi bene Marilena: io non ho mai pagato nessuno, mai in vita mia, per queste cose; ma stavolta farò un'eccezione: ti pago, ma solo perché tu mi racconti come mai ti sei ridotta così."

E le presi una mano, gliela carezzai, le sorrisi. Cercò di resistere, poi si mise a piangere disperata, singhiozzava e non riusciva a parlare.
Le diedi un bicchiere d'acqua: bevve, si calmò un poco, poi tirando su col naso mi disse che una sera a Orbetello, in un momento di sua distrazione, qualcuno le aveva rubato tutti i soldi e il telefono ed era disperata; un ragazzo conosciuto in discoteca (nemmeno ricordava come si chiamasse) le aveva suggerito di andare a Porto Santo Stefano, lì c'era gente piena di quattrini, poteva trovare un lavoretto e fare un po' di soldi per tornare a casa; dopo di che era sparito.

"Sono venuta a piedi qui, mi sono nascosta dove aggiustano le barche, in una che era coperta da un telo, e ho dormito un po'. Stamattina ho cercato lavoro nei bar in paese, ma nessuno ne aveva bisogno; solo in uno, il padrone mi ha detto... scusami, sai, mi vergogno tanto... Mi ha detto che se andavo al porto e chiedevo di una certa Virginia che ha la barca a vela, lei... A lei piacciono le ragazze, e che... "

Si copre la faccia con le mani e si rimette a piangere. La lascio sfogare un po', poi le dico di cambiarsi la maglietta, la sua è tutta sporca di lacrime e di rimmel.
"Se non ne hai una pulita te la do' io".
"Ma allora... Non vuoi che..."
"Certo che no; andiamo immediatamente dove ti hanno dato questo bel consiglio."

Lei cerca di rifiutarsi, ma io sono irremovibile. La sto a guardare mentre si cambia la maglietta, e con l'occasione ammiro il suo bel seno piccolo e sodo, è magra ma ben fatta, e ridendo le dico che però quasi quasi...
Anche lei ride, finalmente!
Poi, nonostante cerchi ancora di rifiutarsi, la costringo a portarmi in quel bar. Chiedo del padrone; lui arriva. Chiedo conferma a Marilena, lei impallidisce e mi fa cenno di sì, è proprio lui.

E lui, questo essere schifoso, ridendo mi fa:
"Hai visto che bella ragazzina ti ho procurato, Virgi'? Dovresti dirmi grazie! Non solo, ma..."

Non fa a tempo a completare la frase. Gli rompo il naso con un cazzotto da manuale, e il porco crolla a terra con il grugno pieno di sangue.
"E ringraziami che non ti denuncio per istigazione alla prostituzione, pezzo di merda!"

Gli avventori restano di sasso. Dal retro arriva gridando un donnone, che quando vede la scena si mette le mani nei capelli; poi si rivolge a me cominciando a berciare, ma la blocco subito:
"Mettigli la testa in un secchio d'acqua; anche se sarebbe più giusto ficcargliela nel cesso e tirare lo sciacquone! Questo maiale vuole convincere una ragazzina che cerca lavoro a fare la puttana! E dimmi grazie se la cosa finisce qui; ma se invece volete andare avanti, ditemelo subito: vi aspetto dai carabinieri, nessun problema!"

Il donnone si acquieta subito, poi si dà da fare per tirare su l'uomo, e noi due ce ne andiamo sottobraccio. In barca finalmente Marilena smette di tremare, mi abbraccia, mi bacia, non la smette più di ringraziarmi.
"Ma dimmi un po' Marilena: quando mi hai fatto quella proposta, se ti avessi detto di sì, davvero l'avresti fatto?"
Si stringe nelle spalle, fa un sorrisino triste.
"Ormai ero alla disperazione... E poi quando ti ho vista sulla barca... Sai, prima m'ero immaginata che tu fossi una... non so, una vecchia viziosa... Poi invece ho pensato che in fondo non sarebbe stata una cosa troppo brutta..."

Non riesce ad andare avanti.
"Ma tu," insisto, "l'hai mai fatto l'amore con una donna?"
"Mah, sai... Delle volte, fra amiche, magari un po' bevute..." Diventa rossa, ride imbarazzata e abbassa il viso.
"Adesso intanto mangiamo un boccone." Sgrana gli occhi.
"Davvero?"
"Ma certo, Marilena; avrai fame, no? Vieni a darmi una mano, due spaghetti ci mettono un attimo a cuocere e c'è anche un avanzo di vongole."

Poco per volta le torna il colore in viso, mi racconta di sè, non la smette di chiacchierare e poi il profumo degli spaghetti che sto insaporendo in tegame con le vongole le fa venire l'acquolina in bocca. Guardarla mangiare è uno spettacolo. Alla fine accetta il resto degli spaghetti - un altro piatto abbondante - e non contenta fa scarpetta nel tegame per raccogliere il sughetto.

Ho anche del gelato in freezer: fa fuori anche quello, e poi mi guarda un po' vergognosa, chiedendomi scusa per la sua sfacciataggine.
"Ma avevo una fame, sono digiuna da ieri mattina, sai," dice a sua discolpa. Faccio il caffè, lei lo beve e continua a scusarsi, finché le intimo di piantarla con le scuse, la prendo per mano e me la porto nella mia ampia cabina di poppa.
"Ti piace?" Le chiedo. Lei si guarda in giro ammirata.
"E' bellissimo, non immaginavo che in una barca..."

Poi non dice altro. Perché le sto sfilando la maglietta; "questa era solo un prestito, " le dico sorridendo. Quindi le abbasso la lampo dei calzoncini.
"Anche questi bisognerebbe lavarli, non ti pare? E magari pure le mutandine..."
Se le abbassa fissandomi in silenzio; poi sfila lei la mia maglietta, mentre io mi levo gli shorts e lo slip.

Ci infiliamo nella doccia; ci laviamo a lungo, sorridendoci, accarezzandoci dappertutto, e poi ci asciughiamo a vicenda. Mi abbraccia, mi bacia, e sussurra:
"Mi hai tolto di dosso tutto lo sporco, ma proprio tutto, lo sai?"
"Lo speravo davvero, Marilena."
"Malù, mi chiama mia sorella; mi chiamava così anche mamma..."
Le chiudo la bocca con un bacio; me lo rende, mi succhia la lingua, mi palpa frenetica le natiche...
"Davvero facciamo l'amore?" Domanda poi ansimando. Faccio cenno di sì sorridendo.
"Però gratis, vero Virginia?"
"Se è amore, può essere solo gratis, non ti pare?"

E fu davvero amore; ma perché queste cose si chiamano quasi sempre 'sesso'? Che tristezza!
Io mi innamoro sempre quando lo faccio, poi (talvolta per fortuna) l'amore svanisce insieme a lei che me l'ha acceso.
Quando è una ragazza giovane e disperata come Malù, l'amore mi scoppia dentro d'improvviso, e devo spegnere l'incendio coi sospiri, con la bocca, con le mani... Lei è un diavoletto scatenato, guizza ovunque, non sta ferma un attimo: la sua bocca è sulla mia e le sue mani fra le mie gambe, un momento dopo mi morde i capezzoli finché grido, poi mi mette prona, mi si infila sotto, la sua lingua frulla sulla mia fica e mi toglie qualunque forza, poi dimenandosi mi offre la sua e ci uniamo in un dolcissimo, e insieme vorace sessantanove, in gara a chi delle due farà godere per prima l'altra...

Dopo è solo più tenerezza, bacini, morbidi pizzicotti, carezze lievi e lunghe, mentre ci confidiamo segreti e suscitiamo nuove voglie.

"Ma dimmi," le chiedo ancora, "dove l'hai trovato il coraggio di venirmi a fare quella proposta?"
"Te l'ho detto, ero disperata, non sapevo cos'altro fare; poi, come ti dicevo, scopro che tu eri una bella ragazza: questo mi consolava, anche se comunque mi sentivo... beh, una puttana; però almeno..."

Ride, mi nasconde il viso nel petto e non dice altro. Ed io perfidamente insisto:
"E se io avessi accettato, cosa avresti fatto?"
"Ma non lo so... Non ho mai fatto una cosa simile... Forse ti avrei chiesto cosa ti piaceva... E allora, tu cosa avresti detto?"
"Io che sono un po' perfida ti avrei risposto: questo devi scoprirlo tu, ragazzina."

Lei ride, mi bacia lieve sulla bocca; poi mi guarda a lungo, il mento poggiato su una mano, e mi dice sottovoce: "allora vediamo se ci riesco..."
Mi bacia lieve, sfiorandomi appena la bocca, poi nel collo, sempre toccandomi appena; poi sento la sua lingua guizzare stuzzicandomi un lobo. Trattengo quasi il fiato. La sua bocca scivola piano giù dall'orecchio, si ferma sulla gola, e d'improvviso un morso! Sussulto, sento la vagina contrarsi.
E ricomincia il delicato supplizio della bocca che mi sfiora; dal collo si ferma nell'incavo della clavicola; poi scivola fino a fermarsi nell'ascella, lì la lingua si muove come quella di un serpentello, guizza, sfiora, esplora, ed ogni tocco mi provoca una contrazione della vagina; vorrei reagire, afferrarla, dominarla; ma il piacere che mi sta regalando, lento e imprevedibile, è tale che riesco a restare passiva, cercando di indovinare ogni volta quel che verrà dopo.

Poi non sento più la sua bocca, solo lei che lentamente si muove; tengo gli occhi chiusi, non voglio capire in anticipo cosa succederà. Ed improvvisamente ecco un morso nel fianco, dove la pelle è tenera e sotto c'è tutto quel bel morbido; ho un guizzo, mi inarco, e mio malgrado ho un lieve orgasmo, ma non tale da acquietarmi l'eccitazione.
Poi niente; non succede niente? Ma sì, le sue dita sulla vulva, ne percorrono i contorni, scivolano lungo la fessura, si introducono lentamente... Sono bagnata fradicia, non riesco a trattenermi, la imploro; lei ride piano, continua con queste carezze che non fanno altro che aumentare la mia eccitazione...

Poi eccola su da me, mi bacia, mi morde piano le labbra, mi succhia la lingua, e improvvisamente le sue dita mi penetrano con un movimento rapido, quasi violento, quasi uno stupro, ed io godo, grido addirittura, è un godimento di intensità tale da lasciarmi poi esausta.

Le sue dita si ritirano lente, ne resta solo uno che lieve lieve mi stuzzica il clitoride... La lascio fare, poi la prego:
"Basta Malù basta... non ce la faccio più..."
Dopo, la bacio a lungo, la coccolo, le carezzo i capelli. Mi chiede se mi sia davvero piaciuto.
"Non sai quanto," le rispondo; "è molto raro che sia io a dire basta, sai micina?"
"Sono felice, allora; volevo dirti grazie ma con le parole non sono tanto brava..."

La carezzo piano, piano; e si addormenta abbracciata a me, la mia piccola vagabonda.
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