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Le vacanze di René - 5


di July64
29.04.2017    |    18.662    |    6 9.6
"Il mio pisello era durissimo e non incontrai alcuna difficoltà ad avvicinarlo alla sua vagina, che si trovava nella giusta posizione per essere penetrata, in..."
Le vacanze di René - parte quinta

Percorremmo praticamente tutti in silenzio il resto della strada che conduceva alla rada nella quale era ormeggiata la nostra barca. Ma era evidente che si trattava di un silenzio carico di significati. L’eccitazione di tutto il gruppo era palpabile e serpeggiava tra noi come archi voltaici creati da quei fenomeni di elettricità statica che a scuola avevo più volte sperimentato, in quelle sfere di vetro attraversate dalla corrente. Quando uno di noi avvicinava un dito, la saetta formata dall’elettricità si dirigeva verso il dito ed aumentava di intensità.

Un fenomeno analogo stava verificandosi nel gruppo: presumo che se fossimo stati meno conformisti, e meno abituati ad utilizzare i freni inibitori che l’educazione e la morale ci avevano imposto di adottare, ci saremmo gettati l’uno sull’altra e viceversa, a casaccio, pur di sfogare gli stessi istinti primordiali che avevamo osservato (e apprezzato) nelle danzatrici e nei danzatori. Camminavamo quindi quasi a distanza, donne da uomini, come se avessimo paura di ricreare, con un eventuale contatto, gli archi voltaici segno dell’erompere dell’eccitazione.

Giungemmo alla barca, tutta illuminata, e attraversato il pontile vi salimmo sopra. Con un certo imbarazzo e senza aggiungere altri commenti sulla serata, ci salutammo, e ci augurammo a vicenda la buona notte, nella rispettiva consapevolezza che per ognuno di noi sarebbe stata una notte speciale.

Baciai mia madre con una tenerezza speciale, diversa dal solito ed un brivido mi attraversò tutta la schiena: non era la prima volta nella vita che la desideravo realmente e fisicamente. Era ormai un fenomeno ricorrente, divenuto quasi quotidiano, che mi poneva in una condizione di estremo disagio. Come poteva un figlio desiderare in quel modo la propria madre? Mi feci coraggio e cercai di contrastare lo sconvolgimento, dicendomi che ero davvero uno stupido a pensare certe cose e scesi nella mia cabina con l’intenzione di farmi una doccia, sia per eliminare il sudore dalla pelle, sia per tentare di spegnere il fuoco che mi bruciava dentro.

Una volta dentro la cabina, mi spogliai completamente e mi cacciai sotto la doccia, prima bollente e poi più fredda. Mentre mi insaponavo, vidi scostare la tenda dalla quale fece capolino il visetto allegro di Annette:

“Posso lavarti la schiena?” mi chiese con voce sensuale ed un sorriso molto significativo.

“E me lo chiedi?” risposi io girandomi e volgendole la schiena “non aspettavo altro. Vieni dentro”.

“Però devo fare così, altrimenti mi bagnerò tutti i vestiti”. Devo fare così significava togliersi i vestiti, cosa che fece in un lampo e, completamente nuda, mi raggiunse sotto la doccia. Mi prese di mano la spugna insaponata e cominciò a lavarmi la schiena, lentamente, proprio come una geisha giapponese, senza fretta, con metodo: collo, schiena, gambe; con mano leggera mi allargò le cosce ed infilò la spugna prima fra le mie natiche e poi sotto, per lavarmi le palle. Indugiò a lungo in questa operazione: il suo tocco leggero sulle palle mi mandava in visibilio. Io stavo con le braccia appoggiate al muro della doccia e le gambe divaricate. L’acqua tiepida continuava a scorrere sul mio corpo e su quello di Annette. Ad un tratto cominciai ad avvertire una sensazione dolcissima e, ovviamente, nuova per me: Annette si era accoccolata, mi aveva allargato le natiche e stava leccandomi il culo.

Alternava movimenti veloci su e giù e poi inseriva la punta direttamente nel mio buchino, regalandomi un’altra sensazione sconosciuta, ma intensa. Mi sporsi in avanti, proprio come avevano fatto le danzatrici del villaggio, per lasciare più spazio di manovra alla lingua di Annette, che in realtà, pur procurandomi un effetto molto particolare, non pensavo potesse accrescere ulteriormente l’eccitazione che già mi attraversava come quella corrente elettrostatica del laboratorio di fisica.

Annette si rigirò sotto di me e smise per un attimo di tormentarmi il buchino per passare a leccarmi la zona compresa tra il culo e le palle. Un altro brivido nuovo scosse il mio corpo. L’acqua continuava a scorrere sul mio corpo e poi sul viso di Annette, che si trovava sotto di me e mi passava freneticamente la lingua su e giù tra le cosce.

Annette sfogava così la sua eccitazione, era completamente infoiata e ciò che stava accadendo dotto la doccia contribuiva ad aumentare in modo parossistico la sua eccitazione...ed anche la mia.

Ora era sotto le mie palle e ci giocava con la bocca, succhiandole e sputandole fuori delicatamente, senza farmi male. “Mmmmm, René, sono arrapatissima, non capisco più nulla, mi farei fare tutto, stanotte, soprattutto vorrei che quel cazzone nero stupendo mi squartasse la fica, ma anche il tuo non è da meno, ora ci divertiamo”. Mi prese il pisello in mano, fece scendere giù la pelle del prepuzio e mi scoprì la punta, completamente bagnata per l’eccitazione provocata dalla festa della fertilità e dai giochi della sua lingua nel mio culo.

Con aria affamata, come se fosse da lungo tempo digiuna, Annette si impadronì del mio pisello e cominciò a leccarlo come un gelato. Dava lunghe slappate sulla punta, poi vi girava la lingua intorno, infine lo ingoiò come se avesse fretta di farlo scomparire tutto nella sua gola. Esattamente come in “Gola Profonda”, quel famoso film americano degli anni ‘70, ormai un cult tra noi studenti, nel quale furoreggiava Linda Lovelace, una attrice non bravissima, ma molto sexy che aveva una capacità unica, sviluppata ovviamente prima della nascita di Annette, di ingoiare completamente un cazzo, fino alle palle, in modo tale da toccare con il naso i peli del pube del suo partner. Inimitabile !

Vedere il mio pisello che lentamente ed inesorabilmente scompariva completamente nella sua bocca mi dava un’eccitazione pari a quella provata durante la festa nel villaggio. Sentire poi la punta che toccava la gola di Annette mi scatenava dei brividi che mi attraversavano la schiena e scendevano fin giù nelle gambe. Mi dissi che non mi sarebbe bastata tutta la vita per imparare quali emozioni nuove poteva riservare il sesso. Ma proprio quella sera ne avrei imparate di cose.

Tutto quell’impegno, unito all’eccitazione che mi pervadeva, non poteva lasciarmi indifferente; dopo solo alcuni minuti di quel massaggio intimo con la lingua, con la bocca e soprattutto con la gola, il mio pisello iniziò a dare segni di un fremito incontenibile: un fiume di lava cominciò a ribollire all’interno del mio ventre e a cercare una strada per scaricare fiumi di liquido bianco direttamente nella gola di Annette.

Ebbi appena il tempo di avvertire Annette: “Tesoro, sto venendo”. Non riuscii a pronunciare altre parole, fu un orgasmo estremamente silenzioso, per entrambi, per me che ero rimasto senza parole e per Annette che aveva la bocca completamente riempita dal mio cazzo.

Lei, infatti, spinse ancora più in fondo il mio pisello nella sua gola ed iniziò ad ingoiare fiotti di sperma che dalla punta del mio pisello le si riversavano direttamente in gola. Non faceva in tempo ad ingoiare il primo fiotto che altri due le avevano riempito nuovamente la bocca. Ingoiava in continuazione, anche per evitare di soffocare. Finalmente l’eruzione ebbe termine. Le mie gambe ebbero un ultimo fremito e per un attimo le forze mi abbandonarono, tanto da costringermi a sostenermi al muro della doccia.

Annette, come al solito, non aveva perso nemmeno una goccia del mio sperma ed aveva un’aria deliziata: ad occhi chiusi si godeva gli ultimi attimi del mio orgasmo, che trasmetteva al pisello ancora alcune sporadiche contrazioni. Quindi estrasse il pisello dalla gola e dette un’ultima leccata ad una goccia di sperma che, isolata, era rimasta sulla punta. Mentre allontanava la lingua, un filo sottile di sperma, come un ponte stilizzato, unì la punta della sua lingua a quella del mio pisello, ma anche quell’ultimo ponte fu aspirato dalla sua bocca vorace.

“Ah, René, che amante meraviglioso sei” languidamente Annette, inginocchiata com’era, mi si avvinghiò alle cosce “tu mi fai perdere il senno, completamente. E quanto mi piace la tua sbora. Ma ora devi farmi una cosa che ho visto fare, ma che non ho mai provato direttamente. A vederla però sembra molto eccitante”.

“Cos’è” domandai io, incuriosito. Annette non finiva mai di stupirmi,

“Pisciami addosso, sul viso, in bocca, dai, muoio dalla voglia” mi implorò Annette, impazzita per l’eccitazione: gli occhi le brillavano di desiderio. Indugiai un attimo perché ascoltare la sua richiesta fu per me come ricevere un pugno nello stomaco: non avrei mai creduto che le varianti del sesso potessero comprendere anche delle prestazioni come quella propostami da Annette.

Ma ormai la mia voglia di imparare non conosceva limiti e la mia curiosità in campo sessuale mi avrebbe spinto oltre ogni immaginazione.

Volli provare.

Il mio pisello era ancora turgido come se non avesse avuto alcuna eiaculazione e quindi non fu molto facile ordinargli di fare pipì; poi non l’avevo mai fatto se non da solo e già il doverlo fare in presenza di Annette mi procurava un certo imbarazzo. Ma il latte di cocco offertomi al villaggio era ancora tutto dentro di me e non mi parve vero di potermi liberare.

Un fiotto di liquido, questa volta non più cremoso come prima, cominciò ad uscire dalla punta del mio pisello e a colpire il corpo di Annette, le tette il ventre, le gambe. Annette, con un grido di eccitazione avvicinò il viso a quello zampillo caldo e dorato, si fece inondare prima il viso, poi aprì la bocca. Il fiotto le entrò direttamente in gola, ma poiché era tanto abbondante, una parte la ingoiava, mentre una parte le scorreva fuori dalla bocca e le scivolava sul mento e sul seno. Dopo tanto tempo che mi sembrò un secolo realizzai che mio zampillo ormai si confondeva con l’acqua della doccia, che scorreva ancora sui nostri corpi. Annette aveva la bocca aperta e si lasciava riempire la bocca dall’acqua della doccia, per rimuovere le ultime tracce della mia doccia personale.

“Mmmmm, René, è stato fantastico, non pensavo che avrei goduto tanto nel ricevere il tuo zampillo sulla mia faccia e nella mia bocca. Sai che sono arrivata? La mia fica è tutta fradicia. Tu sei davvero stupendo. Grazie. Sei un amore”.

Brividi di passione mi attraversavano il corpo. Ogni volta Annette era una fonte inesauribile di sorprese, era davvero la mia maestra di sesso. Chissà quante cose ancora aveva da insegnarmi. Io ero un bravo studente e mi sarei applicato intensamente...

Ci rilavammo, questa volta seriamente, chiusi il rubinetto della doccia e porsi ad Annette un telo da bagno per farla asciugare, poi mi asciugai a mia volta.

“Ora devo andare” mi disse Annette “stanotte c’è una festa nella cabina di Marcel ed io sono stata inviata. Ma ci vado solo se a te non dispiace”.

Compresi ed apprezzai la delicatezza di Annette e le risposi sinceramente che non avrei avuto alcun motivo per dispiacermi, anzi sarei stato contento perché immaginavo che lei si sarebbe divertita molto. Mi resi anche conto che la mancanza di Edith dalla mia stanza significava che anche lei era stata invitata a quella che probabilmente si sarebbe trasformata un orgia dopo l’orgia, data la fama di zio Marcel. Annette mi salutò con un dolcissimo bacio e scappò via.

Fui tentato, in un primo momento, di andare a vedere cosa stessero combinando, poi ci ripensai e mi distesi sul mio lettino.

Non riuscivo a prendere sonno: le emozioni intense della serata, ma soprattutto la consapevolezza di aver rivolto quel pensiero a mia madre, mi avevano sottratto la mia consueta serenità.

E poi quel pensiero della mamma mi si attorcigliava nella mente, ma senza ricevere una degna soluzione. Io volevo a mia madre un bene pazzo, ma questo amore presentava molteplici aspetti, non ultimo quello di un intenso desiderio sessuale rivolto nei suoi confronti: come era possibile questo?

Mi crogiolavo nel sogno di possedere un giorno mia madre, ma il contrasto tra questo desiderio impossibile e la realtà mi toglieva il senno. Decisi allora di andare a vedere come se la spassavano nelle altre cabine. Provai ad aprire la paratia tra la mia e la cabina della mia sorelle, ma era ermeticamente chiusa. Pensai allora che, scartato zio Marcel, che non pensavo avesse l’audacia di invitarle, stessero godendosela tra di loro, come mi aveva detto Virginie.

Proseguendo lungo il corridoio inferiore, fui attratto da inequivocabili mugoli che provenivano dalla cabina dei miei genitori. Ecco, mi dissi, anche questo, stanotte: non bastava il mio desiderio, devo anche assistere allo spettacolo di mia madre che scopa, ma non con me.

Un ansimare di una voce dolcissima, che riconobbi essere di mamma, mi rivelò inequivocabilmente che in quella cabina i miei se la stavano spassando e anche con gusto. Certi slop, splash erano indice di una fervida attività sessuale, testimoniata anche dai respiri affannosi e dai gemiti che si udivano al di là della porta. Non ebbi il coraggio di aprire e guardare, ma appoggiai l’orecchio alla porta e mi godetti un altro spettacolo, solo uditivo, stavolta.

Dopo un gran finale la cabina piombò nel silenzio. Allora decisi di ritornare a dormire, ma dalle luci che entravano attraverso gli oblò compresi che ormai era spuntato il sole.

Udii nuovamente dei movimenti nella cabina dei miei e feci appena in tempo ad imboccare il corridoio verso la mia cabina che la porta si aprì e mio padre ne uscì per andare verso le scale che portavano in coperta: andava a riprendere le sue funzioni di capitano.

Un’idea scellerata mi attraversò la mente come un fulmine e mi esplose dentro, lasciandomi come inebetito. Il cuore cominciò a battermi nel petto all’impazzata.

Scivolai piano nella cabina dei miei genitori; mia madre, distesa nel suo letto, si stava godendo ancora il languore dell’amore appena fatto con mio padre. Ancora in leggero dormiveglia, mamma si sistemò il cuscino sotto la testa, si girò sul lato destro, volgendo quindi le spalle all’ingresso della cabina e stiracchiandosi come se fosse una bambina e non una donna sposata da tanti anni, scivolò nuovamente in un sonno profondo: troppe e troppo intense erano state le emozioni della sera precedente.

Mamma era completamente nuda e l’interno delle sue cosce era lucido del seme di mio padre, colato fuori dalla vagina dopo il coito. Era bellissima, il suo corpo stupendo, abbronzato, risaltava sul candore delle lenzuola, aveva le curve sinuose di uno strumento musicale costruito da un grandioso Stradivari.

Con il cuore che mi batteva ancora nel petto come se volesse uscire fuori e vivere una vita per suo conto, mi distesi nel letto accanto a mia madre, profondamente addormentata e mi strinsi contro il suo corpo caldo e nudo. Il mio pisello era durissimo e non incontrai alcuna difficoltà ad avvicinarlo alla sua vagina, che si trovava nella giusta posizione per essere penetrata, in quanto lei teneva le gambe ripiegate.

Ci misi del tempo prima di avvicinare il mio pisello alla sua fica: ci ripensai almeno cento volte, perché mi sembrava una cosa troppo proibita e troppo folle da tentare e perché avrei potuto perdere l’affetto di mia madre definitivamente, se lei non avesse gradito questa “iniziativa” da parte mia. Ma ormai mi ero spinto già troppo oltre e soprattutto non resistevo più: la desideravo da morire.

Puntai il pisello contro le sue labbra bagnate dello sperma di mio padre e di liquido lubrificante uscito da lei e non incontrai alcuna difficoltà: la vulva si spalancò sotto la spinta del mio cazzo, che vi entrò dentro per una buona metà.

“Uhmmmmmm” mormorò mia madre, sospirando in mezzo ai cuscini, le mie mani accarezzarono delicatamente le rotondità del suo culo, poi mentre una mano continuava ad accarezzare una natica, con l’altra risalii lungo i fianchi e raggiunsi il seno, fino a stringere una tetta nel mio palmo. Era talmente grande che la mia mano non riusciva a prenderla tutta. Strinsi tra il pollice ed il medio un capezzolo, che era già eretto e finalmente alla mia portata, dopo aver tanto immaginato la sua forma sotto gli indumenti. Però sentire sotto le mani proprio quelle tette che avevo per anni visto con la mente e talvolta intravisto davvero era un sogno finalmente realizzato!

“Uhmmmmmm” gemette nuovamente mia madre e mosse leggermente il bacino, in modo da consentire più facilmente la penetrazione del mio pisello. Improvvisamente, grazie a questo movimento, le fui dentro, completamente. Mamma spingeva il culo verso di me fino a quando i miei testicoli non le toccarono le cosce. Allora lentamente, per non farla svegliare, cominciai a muovermi dentro di lei. Era una esperienza meravigliosa, mai provata prima: la fica di mia madre era dolce, morbida, caldissima come non lo erano quelle di Annette di Edith e di Virginie, ed era tanto bagnata che il mio cazzo scivolava dentro completamente, sentivo che batteva contro qualcosa di caldo e resistente, come un morbido muro bollente all’interno della vagina, segno che oltre non poteva andare.

Mamma si lamentava, con la testa nei cuscini, che attutivano molto i rumori, cosicché i suoi gemiti non potevano essere ascoltati da nessuno. Avevo il terrore, però, che mamma, conoscendo perfettamente il modo di far l’amore di mio padre, peraltro l’unico uomo nella sua vita, che lei aveva incontrato quando aveva sedici anni e non aveva lasciato mai, con il quale aveva fatto l’amore migliaia di volte, del quale conosceva perfettamente la forma del suo cazzo, la lunghezza, la consistenza, la maniera di scoparla, potesse accorgersi che c’era qualcosa di strano in quella penetrazione.

Ma lei continuava ad accettare quel movimento di va e vieni del mio cazzo nella sua fica. Pur essendo alle sue spalle potevo vedere i suoi occhi ancora chiusi e temevo che improvvisamente potesse aprirli, ma ero troppo eccitato, non potevo più fermarmi, ormai. Mi rendevo conto che stava svegliandosi, ma continuai nel mio movimento: mi fermavo, poi estraevo il pisello e lo riaffondavo completamente nella sua fica. Alitavo sul suo collo, che i capelli avevano lasciato scoperto, il mio respiro caldo e affannoso e le tenevo saldamente le mani sul ventre e sulle tette.

Il mio stomaco urtava contro il suo culo freneticamente, come per affondare il più possibile il mio cazzo dentro di lei, nella sua fessura bollentissima.

“Julien ? sussurrò mia madre“ come mai sei tornato indietro, non ti basta ancora? Sei davvero incontentabile!”

Mi aveva scambiato per mio padre! Io mi guardai bene dal rispondere e, ricordandomi una delle tante lezioni di Annette, spostai la mano dal suo culo al clitoride e cominciai ad accarezzarlo. Come tutto il resto era bagnato fradicio e le mie manipolazioni ebbero l’istantaneo effetto di farlo ingrossare tra le mie dita.

“Mmmmm” continuava a mugolare mia madre e spostando il sedere infilò una mano tra le cosce, oltre la mia che le stava accarezzando il clitoride, e raggiunse le mie palle, che prese nella sua mano e strinse mentre il mio cazzo era profondamente infilato dentro di lei.

Ma la mano che mi stava dando un godimento speciale, toccando le mie palle, improvvisamente si irrigidì: mia madre si era accorta che non erano le palle di suo marito, mio padre. Ma forse le spinte ormai apertamente possenti del mio pisello nella sua fica, che ormai rispondeva con inequivocabili contrazioni e forse si stava bagnando ancora più di prima, o forse le mie manipolazioni sul suo clitoride stavano portando mia madre vicino ad un nuovo orgasmo.

“Sto venendo” la sua voce leggera sembrava provenisse dall’interno del cuscino.

Io non ce la feci più: l’emozione di scopare mia madre era troppo per me. Scaricai tutta la mia tensione, ed insieme tutta la quantità di sperma che avevo riservato per lei, nella sua fica: “Oh, ohhhhhhh, vengo, vengooooo!” l’orgasmo mi travolgeva come un’ondata alla quale nessuno può resistere, e per me era il più dolce di tutta la mia vita.

“Ma tu.tu ... sei René, cosa fai, cosa, ma.ma..che vorresti.?” mormorava la mamma, quasi in stato confusionale.

“Shhhh” risposi io, appena ripresomi da quell’uragano “papà è su in plancia, non gridare, ti prego”.

“Ma.ma..ma” tentò ancora di replicare mia madre, non trovando le parole. Poi si riprese un pochino e ricominciò: “Ma.sono qui, nel mio letto, nel letto che divido con mio marito e mio figlio mi ha appena scopata”. “Mamma” tentai di calmarla.

“Mio figlio” continuò lei, come se parlasse a se stessa “mio figlio è strisciato nel mio letto e ha infilato il suo uccello nella mia fica e mentre ero semiaddormentata! Ed io pensavo che fosse Julien, era Julien!” “René.tu.io” sembrava che balbettasse “sento il tuo sperma che scivola fuori dalla mia vagina e mi cola sulle cosce. E incredibile!” “Shhhh” insistevo io “shhhh. mamma, ti prego, non farti sentire da papà” “Oh, no” lei disse come stordita “è impossibile, una cosa inimmaginabile. Hai messo il tuo membro dentro di me, mi hai inondata di sperma! La cosa più tremenda è che mi è piaciuto tanto, ma non quando sapevo che eri tu; non lo sapevo, no, pensavo fosse Julien, era Julien, non tu. Oh mio Dio”.

“Mamma, ti prego” le sussurravo in un orecchio, mentre il mio pisello ormai microscopico scivolava via fuori da lei “per favore, non arrabbiarti, ascoltami, ascoltami, per favore”.

Mia madre non poteva gridare: se lo avesse fatto, mio padre sarebbe accorso e ci avrebbe trovati lì e io non avrei nemmeno immaginato che reazione avrebbe potuto avere. Anche Virginie aveva accennato ad una ovvia reazione negativa se avesse saputo qualcosa che fosse accaduto tra la mamma e zio Marcel.

“Sto zitta, va bene” acconsentì mia madre “ma non mento se dico che mi sta colando tra le cosce il seme di mio figlio. Oh madonna e si anche è mescolato allo sperma di tuo padre!”

“Mamma” mi giustificai “mamma, non sai quanto mi dispiaccia aver far fatto questo e poi di nascosto, ma devo confessarti una cosa: sono anni, anni che lo desidero, che quando ti guardo non posso controllare le mie erezioni, che mi faccio un mare di seghe per te. Oggi, dopo lo spettacolo di ieri sera, non ho resistito più. Mamma, io ti amo, capisci, ti amo!”

“Tu non puoi, René” rispose lei, molto più calma “non puoi amarmi in questo modo; puoi farlo solo come un figlio ama una mamma, ma non così.”

“No, mamma” replicai “io ti ho amata sempre in questo modo, desiderandoti pazzamente, ho amato il tuo corpo stupendo, il tuo sedere, le tue tette grosse e meravigliose”.

Mentre pronunciavo questa parole ricominciai a massaggiarle dolcemente il clitoride: “Mamma” continuai “la tua fica è stretta come quella di una ragazzina ed è più calda di qualsiasi altra io abbia provato in tutta la mia vita, i tuoi peli sono così folti, le tue tette mi fanno impazzire!”

“No, non posso permettere che accada di nuovo” reagì mia madre, ma sempre parlando sotto voce “prima non avevo capito cosa mi stesse accadendo, ma non deve succedere più. E’ proibito ed è così peccaminoso che non ho il coraggio di parlarne ad alta voce. E’ stato terribile ed anche così.così eccitante. Si, lo confesso, sei così giovane e così dotato, così bello e dolce ed hai usato il tuo arnese come se fosse un pennello di un grande artista ed hai creato un capolavoro nella mia vagina. Ma è impossibile, impossibile.”

Si udirono dei rumori lungo la scala e dei passi che scendevano lungo gli scalini che portavano sottocoperta. I nostri respiri ci restarono sospesi in gola. Stava scendendo mio padre.

“Svelto, giù” sibilò mia madre, indicandomi di infilarmi sotto la cuccetta “sta arrivando tuo padre!”

Non me lo feci dire un’altra volta e sparii in un baleno, rannicchiandomi contro la paratia.

“Ehi, sei sveglia?” udii la voce allegra di mio padre “allora non ti ho fatta stancare abbastanza! Dai torna a letto e riposati ancora un po’, sono venuto a prendere gli occhiali da sole, è una giornata stupenda e il sole è già alto”. Quindi le si avvicinò e le depose un bacio sulle labbra “Io torno su, ci vediamo più tardi, fai con comodo”.

“D’accordo” rispose calma mia madre “a dopo.”

Quando il rumore dei passi di mio padre che ritornava su in coperta si spense del tutto riemersi dal mio nascondiglio e risalii nel letto di mia madre.

“Ora fila via da questo letto in questo preciso istante, René” ordinò mia madre. “Madonna, se lo sapesse tuo padre.!” la sua voce tremava.

“Mamma” replicai “è stato talmente eccitante nascondermi e tu che mi hai aiutato a farlo. Mi ha eccitato ancor più di prima. Sto per venire un’altra volta!”

“René!” sbottò mia madre “ma come osi? Non.non.fare così. Salta fuori da questo letto immediatamente!”

Ma le mie mani si muovevano nuovamente sul suo corpo e io annusavo il suo profumo, che mi faceva impazzire.

“Vado via, ma prima devo dirti una cosa” replicai “Tu mi ami, mamma, non hai gridato prima, e mi hai nascosto quando è entrato papà”.

“Ce...certo.che ti amo” bisbigliò lei “tu sei mio figlio ed io tua...” “Non così” la interruppi “non solo in quel modo, ma anche in quel modo. Tu mi ami come un uomo e questo è ciò che voglio da te. L’ho sempre voluto”.

“René, noi non possiamo” si oppose mia madre.

“Noi possiamo” insistetti “noi lo vogliamo. Io voglio mettere il mio pisello nella tua fica stupenda e lo desidero sin da quando mi spiegasti cosa voleva dire avere una eiaculazione, tanto tempo fa. L’ho desiderato fino a diventare pazzo e quando vi ho visto fare l’amore, te e papà stamattina, mi sembrava di impazzire dalla gelosia”.

Mia madre era come paralizzata dalle mie parole, ma tentava di sottrarre il suo corpo dalla mia presa, ma mi feci più insistente, mosso da chissà quale follia erotica e le piantai le mani nei glutei soffici, mentre appoggiavo la testa sulle sue cosce.

“Ma io sono la moglie di tuo padre” replicò “e non l’ho mai tradito, mai! E tu non dovresti stare nel suo letto”.

“Ma con me non è un tradimento” obiettai “io sono tuo figlio!” “Appunto perché sei mio figlio è assurdo che tu possa essere qui, in questo momento e che possa essere accaduto tutto questo!”

Compresi allora che non erano i discorsi che potevano risolvere il nostro problema.

Soffiai delicatamente sul cespuglio dei suoi peli pubici. Mia madre rabbrividì, le mancò per un attimo il respiro e si portò le mani sulle tette, tentando di nascondere i capezzoli, che si erano nel improvvisamente irrigiditi, tanto da sembrare piccole falangi. Per quanto tempo avevo desiderato di possederla.

Avvicinai ancora di più il mio viso ai suoi peli.

“Per favore, René” continuò mia madre “tu...tu devi fare una cosa per me: devi dimenticare tutto quanto è accaduto prima”.

“Dimenticare?” obiettai “in nessun modo. Sto appena cominciando, invece. Come ti ho già detto, non posso stare nei dintorni quando papà ti salta addosso. Sono geloso di te, da morire. Ho sperato tanto di trovarti addormentata e sono stato fortunato. Ho immaginato che tu fossi stata calda come quando accogli papà nella tua fica e che gemessi con me come quando lui ti scopa. Ho messo il mio pisello nella tua fica perché è la cosa che ho desiderato per tutta la mia vita, da quando ero bambino. E perché ti amo, ti amo davvero, come mamma e come donna”.

Mia madre era lì, immobile nel suo letto, supina, frastornata oltre ogni immaginazione. E prima che potesse reagire, prima che mi desse definitivamente un ceffone e mi ordinasse di andare via dal suo letto profanato dalla mia incestuosa intromissione, le infilai le mani sotto le natiche e la tirai a me, avvicinando la sua fica alla mia bocca. “Nnnn-nooooo! lei si lamentò “per favore, René, no, per favore, non puoi, sono tua madre, non io, figlio mio, sono tua madre, tua madre!”

Ma io, ormai, non ero più in grado di tornare indietro: gemevo tra le sue grandi labbra, le mie labbra accarezzavano dolcemente la sua intimità, che era come bagnate di rugiada, il mio viso premeva sul suo monte adornato da quella folta peluria che mi faceva impazzire. Mi accorgevo che lei avvertiva il tocco caldo della mia lingua sulla sua fica. Io non provavo alcun rimorso. Ero innamorato di lei e per me era un gesto del tutto naturale esprimerle il mio amore totale.

Mi rendevo conto che non vi era modo per lei di sfuggire a quel tocco, tranne che gridare e scappare su in coperta, ma questo avrebbe rovinato tutto e mio padre lo avrebbe scoperto.

La mia lingua ormai si faceva strada fra le labbra della sua fica ed io stavo aprendo la bocca, come se volessi mangiargliela, succhiavo tutti i suoi umori, consapevole che erano formati da un mix di quello che avevamo riversato nella sua caverna: c’era il mio sperma, quello di mio padre e il suo liquido. Usavo la lingua esattamente come il mio pisello, la introducevo e la estraevo dalla sua fica, succhiavo le sue labbra intime. Finalmente riuscii a raggiungere il suo clitoride. Rigirai la lingua attorno a quella protuberanza, che diveniva sempre più dura e calda, esattamente come mi aveva insegnato Annette, poi lo succhiai leggermente e delicatamente lo mordicchiai, tenendolo a lungo tra i denti.

L’effetto fu formidabile: mia madre iniziò ad ansimare forte, poi mi infilò le mani tra i capelli e mi tenne ferma la testa proprio in quella posizione che le procurava un godimento estremo.

Mamma cominciò a roteare il bacino e a spingere il suo sedere tra le mie mani, che lo tiravano a me per meglio consentirmi di leccare la sua fica.

“Tu...tu sei pazzo, René” mia madre boccheggiava “ohhhh, continua, però, leccami la fica, ahhh.ohhhh, non fermarti, ora!. Questa cosa tuo padre non me la fa più ormai da tanto, bambino mio, amore mio, figlio mio, leccamela, leccamela ancora, dai, tesoro mio, ahhhhh!”

Continuai a leccare la sua fica freneticamente. Trattenevo il respiro e bolle di aria sfuggivano rumorosamente dalla mia bocca quando le succhiavo il clitoride. Mamma mi spingeva la fica contro la bocca e poi sollevava e abbassava il bacino quasi ad indicarmi il punto nel quale volesse essere leccata. Finalmente si era lasciata andare. Ma l’eccitazione era parossistica, non poteva durare ancora a lungo. Infatti, dopo solo alcuni minuti mia madre, sussurrando, disse: “Sto venendo, ohhhh, piccolo mio, vengo, la tua mamma sta venendo, vengoooooo!”

I suoi piedi si contrassero furiosamente, il suo corpo venne scosso da spasimi a ripetizione e con un sospiro lunghissimo mia madre si abbandonò ad un orgasmo che evidentemente non provava da tanto tempo con tale intensità ed ero stato io, suo figlio, ad averglielo provocato!



Fine Capitolo 5
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