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Gay & Bisex

Non aprire quella porta - 3 - La svolta


di leatherbootsfetish
13.01.2023    |    4.927    |    12 9.4
"“Guardami bene negli occhi” mi disse: “Da ora in poi da te mi aspetto obbedienza cieca, immediata esecuzione degli ordini e nessuna discussione..."
Mi ributtai sul letto ancora preso dai miei pensieri, ma questa volta riuscii a dormire qualche ora.
Al risveglio preparai la valigia come mi aveva ordinato, infilando al suo interno ogni mio indumento personale e mi avviai completamente nudo verso il suo armadio.
Aveva degli abiti bellissimi: giacche, pantaloni, camicie, jeans di marca e pullover incredibilmente morbidi. Probabilmente avevamo più o meno la stessa taglia ma provavo una strana soggezione ad indossare qualunque cosa gli appartenesse.

Tornai quindi nella stanza proibita e appena entrato guardai in alto dove vidi la telecamera di sorveglianza che mi era sfuggita il giorno precedente.
Aprii l’armadio, passai una mano su tutto quell’abbigliamento in pelle profumata e, come la prima volta, una strana eccitazione mi assalì e il cazzo mi diventò di pietra all’istante.
Scelsi un paio di pantaloni di color cuoio scuro e anche questa volta la sensazione che provai indossandoli fu di immenso piacere. La pelle morbida, fresca e liscia scivolava sulle mie gambe e avvolgeva il mio pacco come un guanto, dandomi sensazioni che non avevo mai provato prima.
Non avendo più alcun indumento intimo da poter indossare facevo fatica a contenere l’erezione che premeva da sotto quei pantaloni, costringendomi a infilare la mano per sistemarmi l’asta.
Decisi di completare l’outfit con un paio di stivali a punta e una semplice t-shirt bianca presa dal suo armadio.
Quell’abbigliamento mi trasmetteva una sensazione di grande piacere e guardandomi allo specchio sembravo uno di quei personaggi delle riviste che mi avevano tanto colpito.
Il problema era l’erezione che non accennava a diminuire e che non si poteva nascondere in alcun modo.

Così andai in bagno, mi calai i pantaloni alle ginocchia e mi abbandonai a una sega senza precedenti. L’orgasmo fu incredibilmente intenso e gli schizzi finirono ovunque imbrattando piastrelle e gabinetto, ma feci molta attenzione a non macchiare pantaloni e stivali.
Pulii con cura e mi feci una doccia fredda. A quel punto mi rivestii ed andai a preparare la cena.
Per fortuna avevo tutto l’occorrente perché mai e poi mai mi sarei fatto vedere in giro vestito in quella maniera.

Quando Mike rincasò mi raggiunse in cucina, depositò per terra un paio di sacchetti, mi guardò da capo a piedi e annui dicendo compiaciuto: “Ero sicuro che non avresti potuto resistere al richiamo di quella stanza. Finisci di preparare. Io, intanto, mi cambio così poi parliamo”.
Si presentò di lì a poco con i suoi pantaloni in pelle attillati che mettevano in risalto il cazzo importante, accompagnati da un paio di stivali alti con la suola a carrarmato. Aveva infilato dentro ai pantaloni una morbida camicia in lino con i primi quattro bottoni slacciati sul davanti in modo da coprire parzialmente il busto, lasciando però semi scoperti i pettorali. Aveva un corpo da paura e ne era perfettamente cosciente.

Prese i sacchetti con i quali era rincasato e li aprì guardandomi negli occhi con uno sguardo da falso innocentino. Mi fece sedere su una sedia mentre lui si appoggiò al tavolo della cucina a gambe incrociate davanti a me.
Inutile dire che quella posizione rendeva la sua dotazione ancora più evidente. Ero affascinato da quel mostro addormentato e, maledicendomi, non riuscivo a smettere di posare continuamente lo sguardo sul cavallo dei suoi pantaloni. Mike faceva piccoli movimenti con le gambe e il bacino che esaltavano la sua dotazione e continuava a fissarmi leggendomi in viso tutta l'eccitazione del momento.
Possedeva un forte magnetismo animale e ogni suo movimento era studiato per accrescerlo.

“Guardami bene negli occhi” mi disse: “Da ora in poi da te mi aspetto obbedienza cieca, immediata esecuzione degli ordini e nessuna discussione.
Noi non siamo amici. Io sono il tuo padrone e tu sei al mio servizio. È tutto chiaro?”
Annuii sommessamente.
“Molto bene. Dato che sono il tuo padrone pretendo di essere chiamato come tale. Se preferisci, puoi anche chiamarmi signore. Tutto chiaro?”
Annuii nuovamente.
Mi fulminò con lo sguardo. “Sei sicuro che sia tutto chiaro?”
Mi ripresi subito. “Si signore”
“Bene. Tu non sarai uno schiavo. Sarai semplicemente il mio servo e riceverai uno stipendio per il quale esigo un lavoro eseguito alla perfezione. Se non sarà così, riceverai sia una decurtazione dello stipendio che una punizione.
È chiaro?
“Si, signore”
“Metteremo le tue cose sotto chiave e, dato che non possiedi più niente, ti ho comprato qualche vestito”.

Dal primo sacchetto tirò fuori un paio di jeans consunti e strappati in più punti.
“Indosserai questi quando uscirai di casa. Dovranno sempre essere abbinati a degli stivali che potrai scegliere tra quelli che hai già visto”.
Dal secondo sacchetto tirò fuori un pacchetto più piccolo.
“I pantaloni che indossi attualmente sono di una pelle speciale e morbidissima, ma non sono certo adatti per cucinare o per fare le pulizie di casa. Quando sarai in casa dovrai sempre indossare questo, senza nient’altro al di fuori degli stivali”.
Aprì il pacchetto e mi mostrò un corto grembiule di pelle che copriva solo la zona inguinale e si allacciava sul didietro.
“Per le occasioni speciali ti ho comprato anche questo” e tirò fuori un perizoma ridottissimo, anch’esso in pelle.

Ero sconvolto e rimasi a bocca aperta con gli occhi sgranati pensando a quell’assurdo abbigliamento, ma continuò con tono ironico: “Vedo che i miei regali ti sono piaciuti e adesso puoi finalmente avere ciò che più brami dal primo momento in cui mi hai visto” disse avvicinandosi come un gatto alla mia sedia in quei pantaloni attillati.
“Fai un buon lavoro!” disse.
Come la sera precedente non potei fare altro che accarezzargli delicatamente il pacco da sopra i pantaloni seguendone le forme, tirarlo fuori, leccarlo e farmelo crescere in bocca, mentre lui stava immobile davanti a me a gambe leggermente divaricate, con le mani sui fianchi.
“Brava la mia cagna, ti piace l’osso?” smisi di ciucciare e risposi come mi era stato ordinato: “si… padrone”. Poi me lo rimisi in bocca.
“Sei proprio insaziabile” disse mentre continuavo il mio pompino.

A un certo punto mi fermò e aggiunse: “Aspetta, vediamo che effetto fai con la tua nuova uniforme”.
Mi porse il grembiule e rimase in attesa, guardandomi con le braccia conserte. Mi tolsi gli stivali, i pantaloni e la maglietta rimanendo completamente nudo e mi annodai il grembiule sulla schiena.
Ero incredibilmente a disagio e avrei voluto che la terra mi avesse inghiottito in quel momento.
“Mi sembra che vada bene. Rimetti gli stivali e sarai un perfetto uomo di servizio”.
Mentre mi chinavo per infilare gli stivali mi resi conto che il mio culo era scoperto e in bella vista.
Una volta calzati anche gli stivali mi disse: “Fatti vedere. Si, direi che cominciamo a esserci. Adesso riprendi da dove ti sei interrotto”.
Mi misi in ginocchio e, infilatomi nuovamente in bocca il suo cazzo barzotto, ricominciai a pompare.
“Stai cominciando ad imparare a fare i pompini come si deve. Si vede che sei nato per far godere i veri uomini”.
A quelle parole mi resi conto che il mio cazzo era andato in erezione e alzava il corto grembiulino.
“Dato che ti piace così tanto il mio cazzo voglio dartelo tutto. Vieni, appoggiati a quel tavolo” mi disse con un tono asettico come se mi stesse mostrando qualcosa.
La paura della penetrazione si impadronì di me e mi bloccai completamente.
Lui mi mise la mano sotto il mento e mi obbligò a guardarlo dalla mia posizione sottomessa.
Con il suo solito sguardo gelido e un tono che non ammetteva repliche disse: “Ricorda: obbedienza assoluta e immediata esecuzione. Senza alcuna discussione. Tutto chiaro?”
Deglutii e risposi mestamente “Si … signore”

Mi fece alzare da terra e appoggiare al tavolo con i gomiti, piegato in avanti a quasi novanta gradi. Prese un po’ di olio e cominciò a spalmarlo sul mio buchetto. Poi infilò un dito e mi sussurrò sull’orecchio “Tra poco sarai completamente mio, non sei impaziente?”.
Con voce tremante riuscii solo a pronunciare: “si signore”
Continuava a lubrificare e massaggiare. Ogni tanto faceva scorrere il suo cazzo sullo spacco tra le mie natiche, lubrificandolo. Le dita diventarono due e poi tre facendomi un male cane.
Continuava a sussurrare al mio orecchio frasi oscene del tipo “Dopo stasera non potrai più farne a meno. Quando ti sarai donato al tuo signore e ti avrò aperto in due sarai la mia puttana e io sarò il tuo unico padrone”.
Mi resi improvvisamente conto che, nonostante il terrore e il dolore che provavo, la situazione mi stava eccitando a dismisura e il mio cazzo era diventato duro come il marmo.
A un certo punto si calò i pantaloni a mezza coscia e si aprì completamente la camicia tirandola fuori dai pantaloni, appoggiò la cappella sulla mia apertura e cominciò a spingere lentamente ma in maniera risoluta.
“So che ti sei mantenuto sano per me e quindi non occorre che mi cauteli con un preservativo”.
E così capii la vera ragione del prelievo di sangue che mi avevano fatto al momento del colloquio.
Il dolore si fece intenso, lacerante e mi lasciò senza fiato. Volevo che uscisse immediatamente e quindi cominciai a spingere lo sfintere verso l’esterno senza rendermi conto che gli stavo solo facendo un favore.

Andava avanti un po’ e poi si fermava per farmi abituare. Poi riprendeva inesorabile, incurante delle mie lacrime e dei miei gemiti.
Io non capivo più niente.
Mi sentivo come se mi fossi sdoppiato: da una parte il mio cervello rifiutava ciò che stava succedendo e contemporaneamente godevo di quella situazione e volevo che andasse fino in fondo. Arrivato a fine corsa cominciò il lento andirivieni. Lo tirava fuori quasi completamente e poi lo faceva scorrere di nuovo dentro.
Nonostante il dolore mi sembrava di percepire ogni dettaglio, ogni vena pulsante e ogni avvallamento.
Mi fece inarcare la schiena, mi prese un braccio e me lo tenne piegato indietro mentre aumentava gradualmente il ritmo.
Il dolore cominciò a confondersi con un piacere devastante che mi veniva dal profondo e che mi fece cedere le gambe.
Mi prese per i capelli e mi tenne ferma la testa all’indietro continuando a sussurrare al mio orecchio frasi del tipo “Dillo che lo vuoi tutto dentro. Dillo che ti faccio godere come una bestia. Dillo che ti piace il mio cazzo e che ti ci vuoi impalare. Dillo che non ne hai ancora abbastanza. Dillo che sei la cagna del tuo padrone” e ogni volta rispondevo con un appassionato “Sissignore. Ancora signore. Sono il vostro umile servitore e voi il mio padrone”.

Avevo la sensazione che il suo uccello arrivasse dritto fino al mio cervello. Lo sentivo tutto, ma soprattutto godevo della dimensione di profonda sottomissione nella quale mi aveva sprofondato.
Con il suo cazzo piantato nel didietro cominciai a segarmi violentemente.
Allora mi prese entrambe le braccia tirandole a sé e aumentando il ritmo. Venni comunque senza bisogno di toccarmi e l’orgasmo giunse violento facendomi schizzare sul pavimento della cucina.
Il massaggio prostatico e l’eccitazione mi avevano completamente devastato.
Lui continuò a pompare per un tempo infinito, senza smettere di umiliarmi e trattandomi come l’ultima zoccola trovata per strada finché non svuotò il suo carico dentro di me.
Mi lasciò le braccia e si accasciò sulla mia schiena mentre finiva di scaricarsi, aiutato da impercettibili movimenti del bacino.
Fermo, con il cazzo ben piantato nel mio culo mi sussurrò all’orecchio: “Adesso sei definitivamente mio, tutto di te mi appartiene e io sono il tuo signore e padrone”.
Non potei fare altro che urlare “si signore”.
Finalmente appagato uscì da me, lasciandomi distrutto sul tavolo.

Guardò i suoi stivali dove notò che era caduta qualche goccia lattiginosa e, indicandole, mi ordinò: “pulisci”. Mi buttai a terra e presi a leccare quegli stivali come se avessero il più buon sapore che avessi mai assaggiato.
Ero a terra, tra le sue lunghe gambe muscolose con il suo cazzo che mi penzolava dall’alto e mi sentivo rassicurato. Lui mi dominava ma io mi sentivo protetto e stavo cominciando a capire che quello era il posto nel quale volevo stare.
“Adesso basta. Tra poco voglio che sia tutto pronto a tavola. Mi è venuta fame.” Disse uscendo dalla cucina abbottonandosi la camicia e rimettendosi il grosso attrezzo nei pantaloni.

Ero appena stato violentato e il sedere arrossato mi faceva ancora molto male, ma cercai di riprendermi come meglio potevo per eseguire l’ordine.
Velocemente e senza discutere.

Prossimo episodio: "Una nuova consapevolezza"
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