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Prime Esperienze

Il vecchio porco e la giovane zoccola


di roberto69mara
07.08.2020    |    14.384    |    12 9.8
"Esco dall'ufficio concentrata sui miei passi per non essere tentata di cambiare strada, talmente assorta che a stento ricambio il saluto dei colleghi..."
Nella mia fantasia avrebbe dovuto essere un ragazzo bellissimo, giovane e dotato, ma il destino è stronzo e ti serve sempre un piatto diverso da quella che hai ordinato. In questo caso un bell'uomo per la sua età ma, per l’appunto, di una certa età.
Avevo molti dubbi se approfondire quella conoscenza, in fin dei conti io volevo solo un incontro veloce e molto molto intenso, un mordi e fuggi in pausa pranzo. Insomma non avevo né voglia né tempo di far resuscitare uccelli imbalsamati. Però non avevo considerato l'aspetto che “maturità” fa coppia con esperienza (spesso, non sempre) e quest'uomo in pochi messaggi è riuscito a scatenare molte curiosità e a rendersi intrigante e attraente. Brillante ingegnere di 67 anni, libero professionista, con uno studio a sua disposizione a pochi isolati da dove lavoro io, quasi perfetto. L'appuntamento è per oggi, mercoledì, alle 13.05, solo un'ora a disposizione ma questo potrebbe essere anche un vantaggio in caso di necessità di fuga. Ore 12.50, il nervosismo mi prende lo stomaco, non capirò mai l'ansia del primo incontro, inutile, fastidiosa e claustrofobica. Esco dall'ufficio concentrata sui miei passi per non essere tentata di cambiare strada, talmente assorta che a stento ricambio il saluto dei colleghi. Chissà cosa penserebbero se sapessero qual è il mio progetto, loro così diversi da me, falsi benpensanti e moralisti del cazzo. Distratta da questi pensieri mi ritrovo davanti al portone a leggere i nomi sul campanello ma senza realmente capire cosa sto leggendo. Eccolo, suono, non appena il portone si apre mi infilo dentro per scappare dal sole e per cercare di riappropriarmi di un respiro regolare. Ovviamente non ci riesco ed oltre al respiro mi trovo senza salivazione, come sempre. La porta socchiusa dell’ufficio al primo piano si apre non appena riecheggiano i miei passi sul pavimento di marmo lucido del corridoio. Un sorriso smagliante mi accoglie, un viso abbronzato e incorniciato da una candida camicia di lino bianca, un uomo curato, pulito, piuttosto in forma e con una discreta quantità di capelli, ovviamente bianchi; potrebbe essere mio padre.
Rispettosamente aspetto un suo cenno di invito ad entrare. Dopo avermi ben esaminata mi prende la mano, la bacia e tirandola a se mi fa entrare. “Benvenuta, è un onore poterti ricevere”. Considerato che il primo incontro sarebbe dovuto essere finalizzato solamente al vederci per quattro chiacchiere e che, sempre nella mia fantasia, in un ipotetico futuro incontro io volevo “comandare” il gioco, nella realtà mi trovo disarmata nell’intuire che, in questi pochi attimi, i giochi si sono già definiti e, psicologicamente, mi ritrovo già sdraiata e servita sul vassoio d’argento da lui preparato.
Durante il giro turistico dell’ufficio cerco di mantenere una certa distanza fisica ma lui è sempre ad un palmo da me e se di primo acchito c’è un pò di imbarazzo da parte mia, dopo alcune battute simpatiche che mi fanno ridere, questa limitata distanza fisica la cerco anch’io.
Passo dopo passo l’atmosfera cambia sapore, non è solo una questione di sguardi e di intesa sugli argomenti ma c'è qualcosa di più istintivo. Annusare, percepire l’energia e il calore dell’altro corpo, muoversi in modo da farsi sfiorare, ascoltare i reciproci respiri, tutto al fine di avere maggiori informazioni, informazioni non verbali ma ben più importanti, informazioni essenziali per “pesarci”, insomma siamo due animali che esaminano le tracce delle rispettive prede.
Arriviamo nel suo ufficio personale e, lasciandomi sola al centro della stanza, si accomoda sul divano. Si siede un po' inclinato rispetto all’asse, le gambe incrociate e il braccio appoggiato allo schienale. Io gironzolo e curioso tra i numerosi libri esposti nella libreria. Mi osserva attentamente come un felino osserva la sua preda per studiarne punti di forza e debolezza. Mi rendo conto di muovermi in modo più civettuolo rispetto a prima, mi ritrovo con la schiena dritta, il generoso petto in esposizione e i morbidi fianchi che ondeggiano ad ogni passo. Nel mio girare mi trovo dietro la sua scrivania sulla quale vedo la foto di famiglia, lui con la moglie, le figlie e i nipoti. La sua espressione resta imperscrutabile, non riesco veramente a capire se gli piaccio. La mia impressione è che sia una persona elegante, un uomo piacevole circondato da quell’aura di seduttore impunito, di consumato femminaro; molto probabilmente oltre alla moglie ha un'amante fissa e alcune amiche del cu...ore! Lui non accenna ad alcun movimento o parola e così l’imbarazzo mi spinge ad un colpo di coraggio e di sfacciataggine. Senza chiedere il permesso mi siedo sulla sua poltrona; guardandolo con un gesto di sfida alzo le gambe e incrociandole le appoggio sul piano della scrivania. Una mossa azzardata che lo incuriosisce, l’aria è sempre più elettrica e in quel momento esistiamo solo noi.
L'operazione di sollevamento delle gambe fa scivolare la gonna verso il ventre lasciando scoperte le gambe e facendo intravedere un piccolissimo triangolino di stoffa. Da una diversa prospettiva, cioè guardandomi da davanti, le gambe così alte lasciano vedere la fica coperta dalla mutandina che va ad infilarsi, per poi sparire, in mezzo al mio tornito culo. Dalla sua posizione, con la scrivania chiusa davanti, non può vedere tutto questo perciò lo invito a raggiungermi dicendogli che lo vorrei vederlo seduto al suo posto di comando. Sento che il mio corpo si sta eccitando e in particolare sento un boccaccesco calore fra le cosce. Il tempo scorre inesorabile, si alza e si avvicina. Dopo che mi sono fatta dare una bella sbirciata, sopra e sotto, mi alzo e gli lascio il posto accorgendomi di avere la fica bagnata. Non so se sia la voglia che cresce o la realtà ma mi sembra di percepire anche il mio profumo più intimo, forse lo sente anche lui mentre passa strisciando il suo corpo sul mio e facendomi notare una certa “tensione” sotto i pantaloni. Percepire quell’inizio di erezione mi scatena un’ insana voglia di cazzo ma nello stesso tempo mi fa arrossire e imbarazzare tanto che non riesco ad abbassare lo sguardo per vedere il gonfiore dei pantaloni. Una volta seduto gli chiedo di arretrare quel tanto che basta per infilarmi tra lui e la scrivania. Appoggio il mio culo tondeggiante al piano e in modo diretto e impertinente chiedo che ne pensa di me e del mio vestito. Finché mi risponde sollevo le gambe, una dopo l'altra, e le appoggio ai braccioli della poltrona. La gonna copre ancora le cosce ma sicuramente lui ha una visione diversa. In modo provocante gli dico “A questo punto è d'obbligo fare le presentazioni e come vedi sono venuta con la mia più cara amica”. Spudoratamente scopro le cosce e apro le gambe. Alcuni attimi di silenzio e poi, con le mutande ancora addosso, mi accarezzo la fica da sopra la stoffa per tutta la sua lunghezza, su e giù, sempre con più decisione.
Lo guardo, aspetto una sua mossa ma lui non si avvicina, non mi tocca, non mi spoglia, non mi parla, mi sento una topa in attesa che il gatto si stanchi di giocare e si decida a mangiarmi. Sono terribilmente eccitata vorrei che almeno mi penetrasse con le dita. Sono certa che lo vuole anche lui ma, in questo gioco dove lui ha il controllo, vuole che sia io a chiederglielo o meglio ancora ad implorarlo.
La mia sfacciataggine vacilla e non ho il coraggio di parlare. Potrei chiedere di farmi qualsiasi cosa, è questo che lui aspetta, ma non ho l’audacia ed è così che, in questo stato di voglia carnale e incapacità di manifestarla, faccio una stupidaggine.
Prendo un evidenziatore dal tavolo e lo strofino ripetutamente sulle mutandine, ormai bagnate, che si scostano leggermente lasciando scoperta una parte delle fica. Si sente molto chiaramente l'odore del mio sesso, questo mi rende ancora più vogliosa e assetata di sesso. L'evidenziatore inevitabilmente si lubrifica, la mia voglia è tanta, troppa. Ma non ho ancora il coraggio di chiedere. Lui ha il fuoco negli occhi ma credo sia anche incredulo dello spettacolo a cui sta assistendo, in pratica sto facendo tutto di mia iniziativa. Non resisto, scostò le mutandine e mi infilo l'evidenziatore nella fica e usandolo come un dildo mi masturbo con sempre più intensità. Continuo a violarmi la fica, il mio corpo freme e il mio sesso gocciola. Lo metto dentro quasi tutto e mi fermo, voglio che mi guardi e poi gli ordino di farmi una foto con il pennarello dentro.
Sbalordito ed eccitato mi fotografa con le gambe spalancate, la fica aperta, le mutandine scostate e il pennarello che spunta fuori. Tutto questo è troppo anche per lui, si alza in piedi sfila il pennarello e mi penetra subito con due dita spingendole fino in fondo con dei colpi decisi e ripetuti finché non godo come una zoccola. Nonostante il mio evidente godimento lui non accenna a smettere e continua a torturami la fica finchè non raggiungo l’orgasmo un altra volta. Lo fermo. Si ritrova con la mano ricoperta dei miei umori che prima annusa e successivamente lecca avidamente. Passa l’altra mano dietro il mio collo e mi avvicina al suo viso dove, insieme, lecchiamo le dita al sublime sapore di fica finendo per passarci quel peccaminoso liquido da lingua a lingua. In quel momento sentiamo la porta d’ingresso dello studio che si apre e il vociare di due persone, sono i collaboratori che rientrano dalla pausa pranzo. Cazzo è tardissimo. In un attimo mi ricompongo e dopo che lui mi guarda come un gatto offeso che non ha ricevuto le sue crocchette allungo la mano e gli stringo la poderosa erezione ancora imprigionata nei pantaloni, sembra proprio che abbia un bel cazzone. Senza dire nulla prendo e me ne vado, mi segue e sulla porta dell’ufficio, davanti a tutti con tono severo mi dice “signorina per ora trattengo io i suoi documenti, come garanzia (o cazzo, la foto della fica con il pennarello dentro!), pretendo che nel prossimo incontro definiamo in modo preciso il mio compenso per il lavoro svolto o sarò costretto a rivolgermi all'avvocato (mio marito)”. Girandomi gli rispondo “non si preoccupi ingegnere, farò QUALSIASI cosa per saldare la sua parcella”.
Scappo lungo le scale con le ancora molli per gli intensi orgasmi appena avuti ma le mutandine bagnate mi danno fastidio così le sfilo e uscendo dal palazzo le infilo dentro ad una buca delle lettere a caso.
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