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Gay & Bisex

la terza scimmietta 1pt.


di Berto747
07.03.2022    |    1.144    |    0 9.4
"Io me la presi più comoda e rimasi ancora chiuso nel bagno, sia per eludere il caos di gente che saliva e scendeva, sia per darmi una pulita dai suoi schizzi..."
La prima volta che incontrai Marcello fu su un Eurostar, durante uno dei numerosissimi viaggi in treno che mi capitava di affrontare in quegli anni per lavoro.
Io ero partito da Milano per recarmi a Napoli , lui era salito a Firenze, la sua città, e andava a Roma, e aveva occupato il posto di fronte al mio. Sebbene fosse un bel ragazzo, non lo avevo degnato che di una distratta occhiata, tornando subito ad immergermi a lettura del mio libro.
Nemmeno lui aveva prestato particolare attenzione a me. Finché dalla sua borsa da viaggio non spuntò fuori un libro identico a quello che stavo leggendo. Mi sorrise, gli sorrisi, e fu inevitabile attaccare discorso. Ci trovammo subito a nostro agio l'uno con l'altro, e la conversazione spaziava intorno a mille altri argomenti.
Nel frattempo era cominciato un serrato gioco di sguardi, di gesti, di espressioni. Mi piaceva, e speravo che la cosa fosse reciproca. Io facevo di tutto per comunicaglielo.
Ad un certo punto si sedette nel posto accanto al mio, per indicarmi sul libro certi passaggi particolari. Eravamo seduti in un "isola" da quattro posti. Gli altri due posti erano liberi e quindi avevamo una certa protezione dagli sguardi degli altri passeggeri del vagone. Leggemmo insieme alcuni brani, fianco a fianco, accorgendoci di ricercare con piacere il reciproco contatto. Posò distrattamente una mano sopra la mia coscia, e io lo lasciai fare. Quando la sua mano prese a salire, addirittura allargai, sia pur impercettibilmente, le gambe, facilitandogli la strada. Indossavo una tuta da ginnastica molto comoda, dal tessuto leggero. Lui colse l'invito; scivolò man mano più in alto fino a sfiorarmi l'inguine con il taglio della mano. Poi cominciò a muoverlo in millimetriche carezze. Continuavamo a leggere insieme, facendo finta di niente, ma nelle mie mutande era cresciuto un bozzo fastidiosamente duro. Mancava pochissimo alla fine della parte comune del viaggio. Mi alzai. "Vado un attimo in bagno" gli sussurrai. Dovevo andarci davvero, ma mi accorsi che il mio tono di voce e lo sguardo con cui lo fissavo potevano dar adito a ben altre interpretazioni. Ci scambiammo un altro sguardo. Andai.
Quando aprii la porta del bagno per uscirne, lui era lì. Mi aveva seguito. Dai finestrini si vedevano già scorrere le case della periferia esterna della Capitale. Ci abbracciammo e ci baciammo, lingua in bocca. Lui entrò e chiuse la porta alle sue spalle. Lo speaker annunciò la fermata imminente.
Mi prese e mi pose a sedere sul lavandino. In un attimo i calzoni della tuta e le mutande erano appoggiate al piano del lavandino. Lui si slacciò i pantaloni e li fece scivolare giù. Poi mi abbracciò e si spinse contro di me. Io lo abbracciai sia con le braccia che con le gambe, e mi feci indietro facilitando la vista del mio buchetto. Mi penetrò con facilità. Cominciò a dare colpi frenetici con il bacino, tenendo le mani sulle mie natiche e tirandomi ritmicamente verso di lui. Una posizione sicuramente non ideale, ma la fretta, la sorpresa, la tensione, rendevano tutto molto eccitante. Nel frattempo continuavamo a baciarci, strofinando furiosamente le nostre lingue. Il treno, fischiando ad intermittenza, stava già rallentando. Stavamo entrando in stazione.
Si sfilò da me e con un paio di convulsi colpi di mano arrivò all'orgasmo, schizzando il suo seme tra l'ombelico e i peli del pube. Il treno si fermò. Sarebbe ripartito per Napoli nel giro di pochi di minuti.
"Ti prego, dammi il tuo numero!" mi disse, ancora ansimante per il piacere.
Glielo dissi e lui lo memorizzò rapidamente sul suo cellulare. Mi diede un altro bacio veloce. "E' stato bellissimo. Ma devo scappare!" Non aveva tempo per troppi convenevoli. Lo capivo.
Uscì dal bagno e si precipitò verso il suo posto per recuperare il bagaglio, navigando controcorrente rispetto agli altri passeggeri che si recavano verso le porte per scendere. Io me la presi più comoda e rimasi ancora chiuso nel bagno, sia per eludere il caos di gente che saliva e scendeva, sia per darmi una pulita dai suoi schizzi.
Tornai al mio posto. Nessuno sembrava aver notato nulla di particolare. L'odore di sperma che veniva da sotto i miei vestiti mi sembrava fortissimo e mi augurai che la gente intorno non lo avvertisse, anche se in fondo l'idea mi stuzzicava. Sentivo dentro di me un senso di piacevole calore per quell'imprevisto momento di follia.
Pochi minuti dopo il cellulare squillò. Era lui. Mi disse che gli dispiaceva essere scappato via in quel modo, che ero fantastico, che voleva assolutamente rivedermi. Fui felice di quel pensiero e gli dissi che anche per me era stato tutto molto bello, cercando le giuste perifrasi per evitare che il senso fosse troppo ovvio per i passeggeri intorno a me. Poi il segnale cominciò a perdersi e la linea a cadere. Terminammo la comunicazione scambiandoci un paio di SMS, dandoci reciproco appuntamento per una imprecisata "prossima occasione".
In realtà, non pensavo davvero che ci saremmo rivisti. Ero sicuro che fosse stata solo una piacevole avventura ferroviaria, senza conseguenze.
* * * * *
Qualche tempo dopo, Marcello mi contattò. Mi disse che stava per scendere di nuovo a Roma da Firenze e mi propose di raggiungerlo lì. Scoprii in seguito che scendeva a Roma con una cadenza mensile abbastanza regolare. Mi colse durante un periodo difficile: il lavoro non andava molto bene ed ero un po' sconfortato. Quindi pensai che distrarmi un po' mi avrebbe fatto bene.
Lo raggiunsi a Roma. Mi venne a prendere alla stazione e mi accompagnò con un taxi nell'albergo dove alloggiava. Si mostrò interessato a me, mi chiese della mia vita, del mio lavoro, mi accorsi che ricordava benissimo tutti i particolari di quello che gli avevo detto di me durante quel primo nostro incontro. Insomma, fece tutto per farmi sentire a mio agio. Poi mi baciò, cominciò a spogliarmi pian piano e a ricoprire di baci e di carezze con la lingua tutto il mio corpo che man mano veniva allo scoperto. Aveva sapientemente sciolto le mie titubanze e alimentato la mia crescente eccitazione. Quando fui completamente nudo si fermò per spogliarsi a sua volta. Nel corso di queste manovre ad un certo punto mi ritrovai carponi sul letto.
"Sai che hai davvero un bel culetto?" mi sussurrò.
"Grazie" risposi.
E' sexy..." disse, e prese ad accarezzarmelo. Si inginocchiò dietro di me sul letto e cominciò a leccarmi tra le natiche, correndo con la lingua dal perineo al buco. Usava la lingua con molta abilità e mi stava regalando sensazioni molto piacevoli.
Man mano, la sua lingua era sempre più attratta dal buchino, come una calamita. Tra una passata e l'altra continuava a farmi complimenti.
"Il tuo è un culo che ispira sesso... fa venire voglia di farselo... è quasi impossibile resistere" mi diceva. Mi piaceva sentirlo così tentato. Rimasi docile in quella posa a farmi leccare, aspettando curioso le sue prossime mosse.
"da quanto tempo non è più vergine questo buchetto?" mi chiese.
"da molto..."
Riprese a leccarmi, tentando piccole penetrazioni con la punta della lingua. La sensazione era molto stuzzicante e mi eccitavo sempre di più.
Tornò a forzarmi con la punta della lingua. Mi inarcai ulteriormente per aprirmi e facilitarlo. Continuava a leccare e a spingere, deliziandomi. Ma ormai la lingua non mi bastava più. Ero prontissimo. Cosa aspettava?
"mi vorresti di nuovo?”
"Oh, sì... sì..."
Senza dire altro, si alzò in piedi ai bordi del letto ed appoggiò la cappella contro il buco, cominciando a spingere. Mi aprii a lui, e lui dolcemente entrò in me, facilitato dalla lubrificazione della sua stessa saliva.
"Non si direbbe, sai?" mi disse, qualche secondo dopo.
"Cosa?"
"Non si direbbe che sono anni che lo usi... Pensavo di trovarlo molto più largo..."
Sorrisi.
Lui continuava a muoversi dentro di me, e io smisi di parlare, per me non era facile fare discorsi troppo elaborati in quel momento. Sentivo che quello che gli dicevo lo eccitava sempre più. Fino al punto da non riuscire a trattenere un improvviso orgasmo.
“Devi assolutamente raccontarmi qualche tua avventura."
Fu così che cominciai a raccontare a Marcello la storia di quelle che fino a quel momento erano state le esperienze erotiche più intense della mia vita.
* * * * *
"...Ancora mi eccito da morire a ripensarci."
Marcello mi aveva ascoltato attentamente, con entusiasmo sempre maggiore. Non sembrava particolarmente colpito dai dettagli relativi alla coreografia e alla scenografia, all'atmosfera, alle emozioni
"Una decina di cazzi diversi nel culo, tutti nella stessa sera! Uno dietro l'altro! Non ci posso credere! Dio bono, ma questa è una storia fantastica!"
Il racconto di una delle mie orge, lo aveva visibilmente eccitato. Il cazzo era tornato a svettare nell'aria. Anche per me era stato eccitante ripercorrere con la mente quelle situazioni. Mi inginocchiai tra la sue gambe e chinai la testa per poter leccare e baciare la sua erezione. Mi ero stancato di raccontare e volevo tornare a fare sesso con lui. Ma lui sembrava sconvolto dalla mia storia, e continuava a fare commenti e a chiedermi particolari.
"Ma davvero ti è piaciuto così tanto farti inculare da dieci uomini, nella stessa sera?"
"Oh, sì... da impazzire..." e affondavo la bocca sul suo cazzo con un goloso mugolio. "Mi piaceva un sacco essere preso in quel modo... e mi eccitava che fossero tanti... sentivo che era una cosa... così porca... adoravo le sensazioni dentro di me... non finivano mai... appena uno terminava c'era sempre un altro che prendeva il suo posto... Mi sembrava di perdermi sempre di più in un abisso..."
"Ma non sentivi dolore?"
"In quel momento no... Nei giorni successivi sì... ho avuto parecchio fastidio... Ma durante, no... ero troppo eccitato per sentire dolore..." e gli leccavo la cappella guardandolo negli occhi. "Sentivo solo piacere... molto piacere... era sconvolgente..."
"E lo rifaresti?" La sua voce era roca per l'eccitazione.
Esitai, continuando a succhiarlo mugolando. Mi piaceva tenerlo in sospeso. Lo sentivo vibrare nell'attesa della mia risposta.
"Mmmmm... Rifare cosa... esattamente?" gli chiesi, passandomi la cappella sulle labbra.
"Farti inculare da più uomini... molti uomini... uno dopo l'altro."
Sospirai e ripresi a succhiarlo. Poi, tenendolo in mano davanti alla mia bocca e leccandolo di tanto in tanto, ripetei quell'ultima sua frase, lentamente, in tono sognante, come se la stessi valutando, immaginandomi la situazione.
"Farmi inculare... da più uomini.... molti uomini.... uno dopo l'altro..."
Marcello sospirava forte. Ma mi stavo eccitando anche io. Mi spostai in basso a leccargli i testicoli, quasi come per nascondermi, continuando a masturbarlo piano con la mano.
Risposi a voce bassa. Lo stavo ammettendo a me stesso, per la prima volta, prima ancora che a lui.
"Sì... Credo proprio di sì... Lo rifarei... Per me è un chiodo fisso, ormai..."
"Cazzo... ho trovato la terza per Sandro..." disse, come tra sé e sé. Non feci domande, e ripresi a succhiarlo. Mi accorgevo che anche Marcello continuava imperterrito a rimuginare sulle cose che gli avevo detto. Il suo cazzo era sempre più duro, ma non sapevo se fosse merito della mia bocca, delle parole che gli avevo detto, o del suo immaginarsi la scena che gli avevo raccontato. O chissà quale altra scena.
Ad un tratto disse: "Ho una voglia pazza di incularti ancora". Senza aspettare altro, tornò alle mie spalle e mi penetrò. Ne fui felice, perché quei discorsi mi avevano messo addosso la stessa voglia. Il primo round con Marcello era stato decisamente troppo breve. In questo secondo assalto invece resistette un po' più a lungo, e fu sicuramente più intenso e coinvolgente.
Dopo essere venuto di nuovo dentro di me, Marcello sembrò più rilassato e volle dedicarsi al mio piacere. Mi lavorò a lungo di lingua e di bocca, con grande abilità, donandomi momenti sublimi. Alla fine crollammo tutti e due nel sonno, esausti.
La mattina dopo era ancora eccitato dalla mia storia. Continuava a chiedermi altri dettagli, e volle di nuovo prendermi, mentre facevamo la doccia insieme. Fu molto eccitante, farlo così, sotto il getto dell'acqua tiepida, coi corpi insaponati. Trovavo stuzzicante questa sua predilezione per il mio buchino, e mi divertiva vedere quanto la mia storia lo avesse ossessionato.
Quando mi riaccompagnò in stazione mi sentivo soddisfatto del tempo passato con lui, e mi trovò assolutamente disponibile quando cominciò a parlare della possibilità di rivederci il mese successivo. Mi chiese se poteva farmi una proposta audace. Lo ascoltai.
Mi confessò che quando scendeva a Roma era solito frequentare un club privè, uno dei più noti d'Italia, situato appena fuori della città. Mi disse che l'ambiente era assolutamente gradevole, che si incontravano persone interessanti, che ci si poteva divertire parecchio sessualmente, ma allo stesso tempo ci si poteva anche limitare a guardare, se lo si preferiva. Nessuno era obbligato a fare nulla. Disse che gli sarebbe piaciuto moltissimo andarci con me.
L'idea, in quel momento, non mi attirava affatto, quindi declinai l'invito. Sembrò deluso, ma tornò subito all'attacco con un'altra proposta audace.
"E se la prossima volta ti presentassi un amico?"
Una luce eloquente si accese nel suo sguardo. Gli risposi con uno sguardo altrettanto eloquente Non ci fu bisogno di parole.
* * * * *
Il mese successivo venne a prendermi in stazione insieme a Giancarlo. Un ragazzo romano della sua stessa età, meno bello, ma anche lui atletico, con un portamento simpatico e disinvolto. Scoprii in seguito che anche lui faceva parte del giro di persone che ruotava intorno a quel famoso club. Marcello conosceva parecchia gente di quel giro.
Andammo subito in albergo, senza perdere troppo tempo per salvare le apparenze. Appena in stanza mi rifugiai in bagno per una rapida doccia. Quando ne uscii ero vestito solo di un asciugamano. Loro mi stavano aspettando completamente nudi, Marcello sul letto, Giancarlo in piedi. Fu Giancarlo il primo ad avvicinarsi, per togliermi il telo e cominciare a baciarmi e ad accarezzarmi. Marcello lo seguì a ruota, e così mi trovai in piedi, stretta tra quei due fusti che mi toccavano dappertutto e mi baciavano sul collo e in bocca, mentre le loro erezioni si sfregavano piacevolmente sul mio corpo nudo. Mi ritrovai subito eccitato. Ci spostammo sul letto, e Marcello scese subito con la bocca sul mio pisello, mentre la lingua di Giancarlo si dedicava ai capezzoli. Ero in paradiso.
Per un bel po' continuai ad essere oggetto di piacevoli carezze, manuali e di lingua, da parte di entrambi. Giancarlo mi parlava molto. Diceva che era molto eccitante trovarsi in quella situazione con me, che non vedeva l'ora di conoscermi meglio, che ero una persona molto interessante, che voleva provare tutto di me. Mi chiedeva perché lo facessi, cosa mi aspettavo da quell'esperienza. Gli spiegai che volevo semplicemente fare sesso con due uomini insieme, e che, in particolare, volevo sfruttare l'occasione per riprovare quello che è da sempre una mia voglia: farmi prendere da due uomini contemporaneamente, bocca e dietro, oppure due dietro. Sembrava molto interessato ad ogni mia risposta.
Smettemmo di parlare e mi dedicai a loro con la bocca, alternandomi un po' su l'uno un po' sull'altro, finché non mi sembrarono pronti. Mi posizionai sopra a Marcello, porgendogli le spalle, e infilzandomi con quello spiedo che aveva in mezzo alle gambe. Giancarlo aveva lasciato che il mio buchetto si allargasse per bene, scopandomi in bocca. poi si stacco e lo impuntò all’entrata, anche se già occupato. Spinse e si fece largo. Sentii il mio ano dilatarsi e urlai per quell’irruzione, ma ero troppo eccitato e mi piacevo molto. Un altro colpo e anche Giancarlo entrò.
Eravamo talmente incastrati tra di noi, dentro e fuori, che era quasi impossibile ogni movimento. Fui io a provare ad oscillare un po'. Mi sentivo pienissimo e ogni piccola vibrazione mi dava una scossa su tutto il corpo, di dolore e di piacere. Era molto eccitante, e pian piano stavo abituandomi e mi gustavo tutto al meglio. Cominciava decisamente a piacermi. Ma i miei due partner non condividevano il mio gradimento. Quei movimenti minimi che a me davano mille brividi, erano poca cosa per loro. Per quanto fosse eccitante la situazione, tutto quello che sentivano era di tenere il cazzo stretto in una morsa di carne e di non poterlo muovere come avrebbero desiderato per trarne il dovuto piacere. Marcello, in particolare, era in una posizione sacrificatissima, e cominciava a lamentarsi. Alla fine decidemmo di desistere, tornando stesi sul letto, uno accanto all'altro, con me in mezzo.
"Peccato, però..." sospirò Giancarlo. "Mi stava piacendo molto prenderti in quel modo. Non ti dispiace se continuo, vero?"
Non mi dispiaceva. Mi girai e sollevai il culetto per offrirglielo, piegando le ginocchia sotto di me, mentre lui si sistemava alle mie spalle, pronto a penetrarmi. Fu tutto molto agevole, se paragonato alle difficoltà di qualche minuto prima, quando c'era anche l'ingombro del cazzo di Marcello e tutti i tessuti erano dolorosamente in tiro. Era anche molto più piacevole. Senza nemmeno accorgermene mi trovai a sospirare e a gemere rumorosamente ai suoi ritmati affondi.
"Oh sì..." sussurrai. "Così è molto meglio..."
"Tutta un'altra cosa, vero?" chiese conferma Giancarlo.
"Decisamente... Continua ti prego... Mi piace..."
"Continuo volentieri..." disse lui. "Spero di bastarti, però... in fondo sono uno solo..."
Gli sfuggì la battuta. Confermava i sospetti che avevo avuto sin dall'inizio. Marcello aveva riferito a Giancarlo le mie esperienze. Anche lui, quindi, sapeva che ero stato preso da molti uomini tutti in una volta, e probabilmente anche quanto mi fosse piaciuto. Ora mi spiegavo tutto quell'interesse per me, tutte quelle domande, e anche tutta quella voglia di "provarmi tutto", che in fondo non significava altro che fare esattamente quello che stava facendo in quel momento.
Forse avrei dovuto essere seccato per la scarsa discrezione mostrata da Marcello, ma in quel momento mi stavo divertendo troppo per pensarci. E poi era eccitante che Giancarlo fosse venuto a quell'appuntamento così desideroso di provare il mio culetto, per effetto del racconto che gli aveva fatto l'amico.
Marcello si avvicinò a me. Mi carezzò i capelli e mi baciò su una guancia. Forse temeva la mia reazione e cercava di rabbonirmi.
"Giancarlo moriva dalla voglia di prenderti dietro, sai?" mi sussurrò all'orecchio con tono affettuoso. "Gli ho accennato qualcosa della tua storia, e non vedeva l'ora. Sai bene che anche a me ha fatto l'identico effetto... e ancora non mi è passata!"
Mi carezzò ancora i capelli, mentre l'altro continuava ad incularmi di gusto.
"Sai? Abbiamo entrambi una voglia pazza di farti rivivere quelle esperienze. Certo, siamo solo in due, ma faremo del nostro meglio..."
Compresi in un attimo la situazione. Ecco cosa si agitava di nascosto dietro i loro modi galanti e rispettosi, le loro gentilezze, le loro attenzioni, la loro generosità nel darmi piacere con i baci, con le carezze, con la lingua. Sotto sotto, quello che li infiammava era la prospettiva di fare la festa al buchino di uno come me, che lo prendeva dietro volentieri. L'idea era premeditata. Non avevano nessun motivo per pensare che non avrei gradito il programma. Con un brivido perverso mi ritrovai ad ammettere a me stesso che avevano perfettamente ragione: quel programma piaceva molto anche a me.
Mentre pensavo queste cose, Giancarlo si sfilò e Marcello prese il suo posto. Era il primo dei tanti cambi della guardia che si sarebbero succeduti da lì in avanti. La temperatura erotica stava decisamente salendo. La festa era finalmente decollata.
Per tutto il resto della giornata non fecero altro che incularmi e scoparmi in bocca. Si alternarono dentro di me, prima nella classica posizione carponi, poi sperimentando tutte le possibili varianti. Da sopra, da sotto, da davanti, di fianco. Si gustarono il mio culetto disponibile in tutti i modi, in tutte le salse, da tutte le angolazioni. E io mi gustavo loro, sia con il mio culetto, che con la bocca.
Andarono avanti fino a sera prima di crollare. Erano esausti dopo essere venuti tre volte ciascuno dentro di me. Mi ritrovai in mezzo a loro, a pancia sotto, distrutto, dolorante.
Presero a ricoprirmi di coccole e di attenzioni, a farmi un sacco di complimenti. A dirmi che a letto ero la fine del mondo, che erano fortunati ad aver avuto l'occasione di stare con me. Fu un momento molto tenero, in curioso contrasto con la selvaggia brutalità con cui avevano infierito sul mio didietro nelle ore precedenti.
Credo che chiunque abbia sempre bisogno di un po' di coccole, dopo che si è abusato del suo buchino posteriore. Per quanto l'atto in sé possa piacere da impazzire, il "dopo" è sempre un momento difficile. Ci si ritrova avvolti da una sensazione che è insieme fisica ed emotiva, che parte da sotto, da quel dolore sordo proveniente dal buco e si irradia pian piano nell'anima. Ci si sente violati nel profondo. Si fa fatica ad accettarsi di nuovo.
Per questo in quei momenti un po' di miele, un po' di dolcezza, sono apprezzatissimi. Marcello e Giancarlo mi aiutarono molto nell'impatto con il "dopo".
Prima di addormentarmi, pensai che non era stata un'esperienza intensa e sconvolgente come quelle delle mie passate orge, che ormai nella mia mente avevano assunto contorni mitici. Non era solo una questione di numero.
Più ci ripensavo, più mi rendevo conto di quanto Gilberto fosse stato un grande. Per moltissimi quel tipo di esperienze avviene con persone che sono, affettuose e appassionate quanto si vuole, ma spesso inesperte e maldestre. Tutto si riduce a cinque minuti di dolore insensato e inutile, mentre lui raggiunge il proprio piacere. Se c'è una seconda volta, è ancora peggiore, perché non c'è più il brivido della scoperta, ma al contrario si aggiungono l'ansia e la disillusione dell'esperienza precedente. Di solito, entro la terza ci si mette la croce sopra, per sempre. Io stesso, ricordando i miei primi approcci con i ragazzi del mio paese, ero stato vicinissimo ad un percorso del genere.
Invece, grazie a un ragazzo di nome Gilberto, ero veramente stato "iniziato" al piacere del sesso anale, e avevo scoperto da subito come quel piacere si nutra di estremi, di esagerazioni, di abissi infiniti, di perdita totale del controllo. Avevo imparato subito cosa aspettarmi, cosa cercare, come goderne. Non sapevo se c'era qualcosa in me, di psicologico o di fisico, che mi rendeva particolarmente predisposto per quell'atto, ma in ogni caso ero felice della mia capacità di provare piacere in quel modo.
Anche quel giorno, con Marcello e Giancarlo, mi ero divertito davvero moltissimo, e provavo una specie di strano senso d'orgoglio al pensiero che il mio buchino, da solo, fosse riuscito a mettere al tappeto quei due fusti che russavano ai miei fianchi.
CONTINUA
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