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Luca, il mio amico calciatore


di antinous
07.05.2017    |    31.934    |    18 9.7
"Avevo socchiuso gli occhi, e avevo visto Luca che, pur continuando a dormire (dormiva veramente? me lo sarei chiesto a lungo successivamente), aveva..."
Conosco Luca sin da quando da bambini ci incontravamo d'estate nel paese di origine dei nostri genitori. Luca era sempre il capo, in ogni gioco che facevamo: Luca era il più bravo a giocare a bocce, Luca era il più bravo a giocare a pallone, Luca era il più bravo con la bici a salire i percorsi per le motocross... tutti noi bambini avevamo rispetto e ammirazione per Luca, quasi una devozione, e ognuno di noi faceva a gara per cercare di diventare il suo migliore amico. Ma Luca difficilmente ci considerava: soprattutto da quando aveva scoperto che tutte le bambine prima, e tutte le ragazzette del paese poi, facevano anche loro a gara per conquistarlo, riuscire a catturare le sue attenzioni era diventato ancora più arduo.

Oramai eravamo diventati quasi maggiorenni, e il più grande della comitiva aveva ricevuto in regalo per i suoi diciotto anni una Uno bianca, che ci permetteva di allontanarci in comitiva dal paese e di fare ogni tanto delle gite verso il mare. Quel giorno avevo fatto in modo di sedermi nel sedile posteriore, accanto a Luca e alla sua nuova ragazza. Luca era il più alto di tutti, e gli era toccato il posto centrale a causa delle gambe che si ritrovava - lunghe e muscolose, per via del suo allenamento continuo in una squadra di calcio di Roma, dove ovviamente era l'attaccante che normalmente riceveva la coppa di capo-cannoniere dei tornei semi-professionisti ai quali partecipava la sua squadra. E stavamo un po' stretti tutti e tre lì dietro, anche perché la sua ragazza aveva voluto a tutti i costi tenersi in braccio il suo cagnolino per tutta la durata della gita. Ma fu il viaggio di ritorno di quella gita che mi fece fantasticare a lungo su Luca e su quanto mi piacesse il suo corpo tonico e ben fatto.

Ci eravamo addormentati in macchina tutti i e tre, o meglio, io mi ero addormentato solo per la prima mezz'ora di viaggio, fino a quando non avevo sentito qualcosa di strano, come un peso che spingeva dolcemente sopra il mio pacco. Avevo socchiuso gli occhi, e avevo visto Luca che, pur continuando a dormire (dormiva veramente? me lo sarei chiesto a lungo successivamente), aveva lasciato andare il dorso della sua mano all'altezza della mia cerniera, e ora stava spingendo dolcemente la sua mano contro i miei pantaloni. Non capivo se quel movimento fosse volontario o meno: certo era un po' scomoda la mano in quella posizione... perché Luca la teneva lì? Possibile non se ne fosse accorto, non si fosse reso conto che aveva la sua mano sul mio cazzo?
Avevo non più di diciassette anni allora, e gli ormoni erano sempre a mille, tanto che la mia erezione fu improvvisa e anche un po' imbarazzante per me. Sono sempre stato ben dotato, e Luca lo sapeva perché una volta, qualche anno prima, avevamo fatto a gara, tra i ragazzi del paese, a chi ce lo aveva più lungo, e avevamo vinto io e, ovviamente, Luca, il capo in tutto. Ma quello era stato un gioco: ora stava capitando qualcosa di diverso, non era un gioco ed eravamo più grandi, e Luca ora stava dormendo con la testa appoggiata sulla spalla della ragazza... ma io avevo la sua mano appoggiata sul mio membro in erezione!

Quando arrivammo al paese feci finta di nulla, e anche Luca fece finta di nulla, ci salutammo e tornammo ognuno a casa sua. Ovvio che mi chiusi subito in bagno a spararmi una sega pensando a quanto era successo, a quella mano poggiata sulla mia patta ingrossata... ma il ricordo di quel viaggio di rientro non mi avrebbe più abbandonato, anche se non ne feci mai menzione a Luca, e tanto meno lui ne parlò mai con me.

Ma fu forse quell'avvenimento che mi dette la spinta, quasi trent'anni dopo, per fare quello che mai avrei pensato potesse capitarmi.

Luca era ormai un uomo sposato, e mi ero sposato anch'io. Continuavamo a vederci al paese, d'estate, senza mai aver avuto altre occasioni di toccarci e neppure di sfiorarci. Luca si era fatto ancora più bello: con la maturità dell'uomo adulto, ma comunque giovanile di aspetto, era se possibile ancor più irresistibile di quando aveva diciotto anni. E a Luca piaceva scherzare sulla mia di bellezza: ripeteva spesso che, mentre da ragazzi era lui il più bello del paese, ora lo scettro spettava a me, che avevo acquisito a mia volta un fascino alla George Clooney per via dei miei capelli brizzolati, mentre lui era rimasto moro moro come era da ragazzo. Io non ero d'accordo: per me Luca era sempre il più figo, con i suoi zigomi forti, le sue gambe possenti e muscolose su un corpo tonico ma non eccessivamente muscoloso, con il suo sguardo mediterraneo che mi fulminava appena si voltava verso di me...
E ciò che mi eccitava ancor di più era quel suo braccio sinistro che si era completamente tatuato, con immagini fantastiche piene di colori e di segni particolari, che Luca mostrava con falsa indifferenza sapendo che tutti noi glielo ammiravamo con invidia e, alcuni, anche con desiderio.
Nell'agosto di tre anni fa Luca decise di cambiare casa, e trovò un appartamento non distante da casa mia. Ero stato felicissimo di tale scelta, e cominciammo a frequentarci con assiduità anche qui a Roma. Ci vedevamo con le nostre famiglie, di sera a cena, poi noi uomini ci ritiravamo nel salotto di casa e parlavamo di noi, del lavoro, delle case, dei soldi... mentre le mogli si dilettavano coi loro pettegolezzi.
Una sera Luca mi chiese se il giorno successivo avrei potuto aiutarlo a montare una scaffalatura metallica per la sua cantina. Gli confermai la mia disponibilità, senza pensare lontanamente che il giorno dopo Luca, proprio l'inarrivabile Luca, il più figo della comitiva mi avrebbe chiesto di spompinarlo.

Ci trovavamo nella sua cantina, era estate e Luca indossava solo una canotta bianca. Lo stavo aiutando a tenere fermi gli scaffali mentre lui avvitava i bulloni, ma i miei occhi non riuscivano a spostarsi dai suoi tatuaggi. Portai il discorso sui tatuaggi, su quanto gli fossero costati e se fosse stata dolorosa l'incisione, e Luca mi chiese di toccare una piccola cicatrice che gli era rimasta quasi all'altezza dell'ascella. Luca alzò il braccio ed io sfiorai con un dito quella piccola incisione, e fu allora che successe tutto: tenendo fermo il braccio tatuato spostò l'altro braccio verso il mio collo, mi strinse a sé, e mi chiese di leccargli il tatuaggio. Tutto successe in una manciata di secondi, ma ricordo ancora istante per istante ogni nostro movimento, l'odore acre della sua ascella, il silenzio irreale che era sceso in quella cantina. Luca aveva capito tutto. Lo aveva capito da sempre quanto mi piacesse, e ora stava dominando la scena affinché io potessi soddisfarlo in ciò che forse stava aspettando dal tempo di quella famosa gita.
Mi chiese quasi come un ordine: "Leccalo!" . Io non ero sicuro di aver capito, e con un vago imbarazzo chiesi cosa dovevo leccare. "Leccami il tatuaggio, se ti piace". Non me lo feci dire due volte: iniziai a leccarlo con avidità, a mordicchiare con dolcezza quel bicipite vigoroso, mentre Luca chiudeva gli occhi e continuava a stringermi a sé. "Lecca, lecca!". Non riuscivo a fermarmi, leccavo con gusto infinito quel braccio tatuato che tante volte avevo desiderato di toccare, ed ora lo stavo leccando! Era incredibile, mi sembrava di vivere un sogno, ma non mi bastò: liberandomi la mano destra dalla sua presa osai farla scivolare fino alla sua patta, giocandomi il tutto per tutto. Ormai ci stavo: alla peggio mi sarei beccato un cazzotto in faccia, ma decisi di continuare. Sentii il suo membro già in erezione, e mi ricordai subito anche le dimensioni che avevo ammirato da ragazzetto. Continuando a leccargli il braccio gli aprii la patta, glielo tirai fuori e cominciai a segarlo con ritmo costante. Mi sembrava un sogno: Luca, era proprio lui che ora stavo segando, quello che prendeva per culo i maschi che vanno con le trav perché, diceva, "pensano di rimanere maschi solo perché scopano con un uomo con la parrucca, e invece sono più froci dei gay". Era Luca, quel maschio dal fisico scultoreo, l'uomo desiderio di tutte le donne degli amici, il calciatore capo-cannoniere che andavo a vedere giocare a pallone mentre sedute sugli spalti le mogli dicevano ai mariti: "certo che per uno come Luca un cornetto te lo metterei"... Era lui, Luca, che ora stava godendo mentre sentiva la mia lingua sul suo bicipite e la mia mano sul suo cazzo...
Osai l'inosabile. Piegai le ginocchia, senza dire nulla scesi con la bocca all'altezza del suo membro: era ancora più grosso di come lo ricordassi, ed ora che lo vedevo da vicino potevo notare la cappella molto più larga dell'asta, e le palle gonfie e pelose.
Sono sempre stato bravo a baciare e a succhiare, e Luca lo apprezzò subito: non resistette molto, infatti, e dopo poche pompate disse semplicemente "vengo...", senza chiedermi se volessi lasciare la presa o se volessi ricevere i suoi fiotti di sperma in bocca. Trattenni tutto in bocca, insieme al suo cazzo che non voleva saperne di ammosciarsi. Poi glielo rimisi nelle mutande, perfettamente pulito dalla mia lingua insaziabile; mi rialzai, senza avere il coraggio di guardarlo in faccia, e con un'espressione del cazzo dissi, preso dall'imbarazzo: "non abbiamo finito di montare la scaffalatura!"...

Non ci sentimmo per un po' di giorni. Ogni giorno e ogni notte pensavo a quanto era successo, a cosa avrebbe pensato di me, e quel silenzio mi faceva temere che forse non lo avrei più sentito né visto.

Un sabato mattina, circa un mese dopo l'avventura della cantina, mentre ero a casa con la mia famiglia, andai a rispondere al cellulare che squillava: era Luca.
Non sapevo se rispondere, avevo il cuore che batteva a mille, non potevo farmi sentire dai miei perché avrei di sicuro balbettato... Presi coraggio: "Ciao Luca". "Ciao Max, come stai? Volevo chiederti se potevi darmi una mano oggi pomeriggio perché devo fare dei buchi in cantina con il trapano..."

Da allora sono ormai tre anni che Luca mi chiama ogni volta che la moglie lo lascia da solo per una mezza giornata. Mi aspetta in casa in pantaloncini, e con un rito ormai collaudato mi offre il solito caffè, poi mi prende la mano mentre continua a parlare di calcio, se la mette sul pacco già gonfio e mi spinge la testa sul suo cazzone.
Luca non sa nulla di me, non sa che io sono antinoo su Annunci69 e che scopo anche con altri. Pensa che anch'io, come lui, abbia solo Luca come mio "amante" occasionale: questa parola ("amante") non gli piacerebbe, perché per Luca non siamo amanti. Luca mi chiama a casa sua perché vede in me un maschio come lui, un altro maschio che sa fare le pompe meglio delle puttane, che non lo giudica, che lo coccola dopo che è venuto, e un maschio che da qualche tempo Luca ha imparato anche a baciare. E' ancora un po' rigido nei baci, ma sta migliorando. [continua, se i miei lettori hanno sin qui gradito...]

PS: ogni riferimento a fatti e persone reali... è puramente corrispondente alla realtà
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