Racconti Erotici > Gay & Bisex > Il migliore amico
Gay & Bisex

Il migliore amico


di Ale_gentleman
23.05.2023    |    16.500    |    25 9.8
"Mi sono sistemato accanto a te, senza rumore, a vegliare il tuo sonno, tenero e assoluto..."
Ti guardo, mentre dormi. Fino a poche ore fa eri solo il mio amico. Il migliore. Ma ora? Cosa saremo, al tuo risveglio? Lo so già: ti vergognerai di quello che abbiamo fatto. Non saprai cosa dirmi, sarà penoso. Abbiamo rovinato tutto? Lo sussurro, lo chiedo alla luna, che dalla finestra aperta scende a dorare i tuoi capelli scarmigliati. Li carezza, tenera e assoluta, come vorrei fare io.

Sono venuto da te poche ore fa. Ero fuori di me, incazzato con mio padre. Ripensandoci ora, nel silenzio pacifico di questa notte estiva, avevamo litigato proprio per nulla. Ma, da quando ha saputo di me, in casa l’incandescenza è alle stelle. Basta una scintilla, perché scoppi l’incendio.
Mi hai accolto come fai sempre, un po’ indifferente, come se il mondo esterno non ti toccasse. Suonavi la chitarra, un nuovo arpeggio ti rendeva fiero. Forse hai anche ascoltato il mio sfogo, non saprei dirlo. Tanto a me bastava scaricare la rabbia. Anche quando, mesi fa, ti avevo detto che ero gay, mica ero sicuro che avessi sentito. Eri rimasto in silenzio per circa un minuto, continuando a cercare quel libro che non trovavi, per poi dire, tra il distratto e l’infastidito: «Grazie di avermelo detto. A me mica cambia niente, sai?»
Ed era finita lì.
Oggi, quando ho finito il mio sfogo, abbiamo iniziato a bere. «Birretta?», hai proposto. Con quel tuo sorriso che mi fa dire sempre di sì.
Era caldo, in camera tua. Bevevamo in silenzio. Tu strimpellavi, io guardavo le tue spalle magre, i peli del petto che fuoriuscivano dalla canotta, le gocce di birra che ti rimanevano sulle labbra, e deglutivo tentando di nasconderlo.
Dopo la seconda birra, ti ho detto basta. «Sono già brillo».
«Cos’è, non tieni più?», hai ribattuto, porgendomi la terza.
Ho bevuto, mentre ancora una volta mi maledicevo per essermi innamorato del mio migliore amico.

Dopo poco, sentimmo un tuono. Fuori dalla finestra, le nubi violacee di un temporale estivo si andavano ammassando in fondo allo scampolo di campagna brillante di grano. Piacevano a entrambi i temporali. Profumavano di avventure estive, di inesorabilità.
«TV?»
Feci cenno di sì.
Mentre riponevi la chitarra, e io guardavo le tue gambe secche e lunghe, ma nervose, ricoperte di una leggera peluria bionda, hai fatto una smorfia.
«Ancora la contrattura?»
«Cambia il tempo», hai annuito, «’sta cosa m’ha fatto giocare male al torneo estivo».
Io ero accaldato, eccitato, mezzo ubriaco. Insomma, fuori controllo. Di getto, ho fatto il mio gioco:
«Vuoi un massaggio al piede?»
Tu hai riso, una smorfia condiscendente.
«Ma va’…»
Non saresti stato tu se non avessi rifiutato. E, in circostanze normali, non avrei insistito. Invece mi sentivo diverso, stasera. Sarà stata la birra o l’arrabbiatura o l’elettricità dell’aria; ma ho sentito la mia voce circuirti: «Guarda che sono bravo, eh. Se non ti piace, smetto subito.»
Ti sei fatto serio. Mi hai guardato per qualche secondo, poi hai serrato le labbra in un modo che non ho capito, che ho interpretato come una resa.
«Se ti fa piacere…»
E, come se non significasse nulla, ti sei disteso sul letto e hai poggiato i tuoi piedi sulle mie ginocchia.
Forse l’hai visto, non ho potuto fare a meno di leccarmi le labbra. Ma i tuoi piedi, lunghi, a trenta centimetri dal mio viso. Tu non lo sapevi cosa mi passava per la mente. O forse sì?
Ho esitato, temendo di passare un confine. Ma tu eri talmente indifferente… perché non mi hai fermato?

Ho iniziato a massaggiarti la pianta, piano. Poggiavo tutto il polpastrello e poi tutto il dito, per massaggiare a fondo il piede contratto. Scendevo giù, poi risalivo, fino alle dita, che trattavo una per una. E ricominciavo, avvolgendo tutto il piede tra le mani. Mi guardavi, sfinge sorridente: sembravi apprezzare il trattamento. D’un tratto, hai chiuso gli occhi.
I tuoni s’erano fatti più vicini. I fulmini baluginavano nella luce vibrante, in quell’imbrunire cupo, carico di elettricità. S’era alzato anche un po’ di vento, caldo.
Ogni tanto, a turno, prendevamo un sorso di birra. Man mano che continuavo, scendevo di più con la schiena, avvicinavo la faccia ai tuoi piedi. Ero ipnotizzato: le vene, le linee sottili del metatarso che si intravedevano e che li rendevano così disperatamente erotici. I peletti, radi e ritorti, che s’andavano sfoltendo verso le dita, affusolate e ossute. Ero così vicino da sentire quel profumo appena salato, e da respirare sulle tue piante. E tu? Ti sei spostato? Hai aperto gli occhi?
No. Tu hai avuto un brivido. L’ho visto, percorrerti il corpo, incresparsi nella pelle d’oca sull’avambraccio. Cosa stava accadendo?

Ho continuato un poco, ma poi ho dovuto interrompere: il vento s’era alzato forte, sapeva già d’acqua, e ho chiuso la finestra. La stanza è diventata ancora più calda. O forse ero io che ero troppo eccitato. Come non bastasse, mentre mi stavo sedendo di nuovo, l’ho vista: attraverso i pantaloncini, la tua erezione era evidente. E, quando ho ripreso in mano i piedi, una contrazione di eccitazione l’aveva percorsa tutta. Volevi farmi impazzire.
È stata la birra. O l’arrabbiatura. O l’elettricità dell’aria. Il vento estivo che avvicinava i nuvoloni, forieri di minacce. O sono stato io, a farlo? Non pensavo ne avrei avuto il coraggio. Eppure.
Ho baciato il tuo alluce. Un tocco lieve, fugace.
Non hai reagito.
Allora ho poggiato il naso tra le piante, mentre le stringevo con le mani contro la mia faccia, e ho inspirato forte.
Non hai reagito.
Continuavi a stare lì, con gli occhi chiusi, le mani dietro la testa, e il pacco turgido.
Io non potevo più fermarmi. Forse lo avevi capito. E così, piano, mentre i primi goccioloni battevano sul vetro, ho iniziato a leccarti i piedi.

Hai fatto un lieve sobbalzo. Ma non hai aperto gli occhi, né ti sei tirato indietro. Anzi. Le ho viste le tue labbra contrarsi, e il tuo pacco vibrare ancora una volta. La sala controllo del tuo corpo, teso mentre godeva, mi dava tutti i segnali per proseguire. Leccavo l’incavo del piede, poi risalivo verso le dita, le trattavo ancora una per una, mi soffermavo negli spazi tra l’una e l’altra, scendevo dalla parte esterna, arrivavo sul calcagno. Poi iniziavo di nuovo il giro, oppure mi spostavo sul malleolo prominente, sulla caviglia sottile. Per finire sulla parte superiore e, come in una montagna russa, di nuovo le ossa del metatarso, sulle vene, sui peletti.
Ero in estasi, mentre annusavo quel lieve odore salato che cambiava colore e fragranza centimetro dopo centimetro, senza mai diventare eccessivo, senza mai sparire.
Ogni tanto ti scappava un mugolio. Ti pentivi, forse, perché tentavi di ricacciarlo indietro. Ma poi ne emettevi un altro. A ognuno, sentivo la mia erezione battere furiosa sui miei pantaloncini, ma non mi toccavo, perché con le mani continuavo a massaggiare dove non leccavo.
Ti osservavo, sai. Perché la tua goduria incontrollabile mi eccitava. E ti ho visto. Hai spostato la mano sul tuo pacco, all’inizio come per placarlo, nasconderlo. Ma, dopo poco, hai cominciato a strofinarlo.
Procedevi lento, con un movimento delicato. A volte ti fermavi, come per trattenerti, e riprendevi, incapace di non farlo. Mi facevi ammattire. Ho continuato a leccarti i piedi, a succhiarti le dita, forse ancora per cinque minuti. Fino a che una situazione che credevo impossibile è diventata ancora più travolgente.

Sì, perché non sei riuscito a contenerlo. La tua cappella, violacea e vigorosa, è sbucata dai pantaloni, lungo la gamba. La intravedevo, ancora mezza avvolta dalla pelle, mentre fuori ormai infuriava il temporale, e il vento ululava impazzito. Come avrei potuto fermarmi? Non ragionavo più. Ero sulla caviglia e qualcosa, al mio posto, ha deciso che dovevo risalire con la lingua lungo il polpaccio, passare veloce sul ginocchio, indugiare sui muscoli interni della gamba, dove ho sfiorato con le dita ogni pelo, e annusato ogni centimetro di pelle. E tu, ancora una volta, non mi hai fermato.
Fino a che non l’ho raggiunta. Era a pochi centimetri da me, potevo vedere il filetto di liquido prespermatico che già colava, miele erotico.
Gli istanti sono diventati giorni, millenni: mentre un grande fulmine esplodeva vicino e la pioggia eccitata picchiava a scrosci, sono rimasto aggrappato alla tua gamba a fissare il tuo sesso vigoroso che pulsava e che non voleva più essere contenuto tra le tue mani. Ansimavi, ora, a bocca aperta, e i nostri respiri si chiamavano nel vento.
Allora, vinto, ho spostato la testa in avanti.

Avevo già il tuo cazzo in una mano, mentre con l’altra scostavo il tessuto dei pantaloncini. Lo immaginavo così: sinuoso e lungo, come te. La pelle chiara, le piccole vene in trasparenza. Si allargava un po’ quando ci si avvicinava alla cappella, che era turgida, dalla forma ben definita a fungo, come piace a me, con la base leggermente più larga rispetto alla circonferenza del pene. Quando la mia lingua ci si è appoggiata, c’è stato un momento in cui hai aperto gli occhi e la bocca, incredulo. Spaventato? Ma subito i dubbi devono essere esplosi come tante bolle di sapone nell’aria, perché hai richiuso gli occhi, e girato il volto verso la finestra. Allora, l’ho fatto: ho leccato l’orifizio dell’uretra, per poi iniziare scendere e salire.
Ero lento, all’inizio, perché volevo sentire la durezza, l’eccitazione, le pulsazioni del tuo godere sulla mia lingua. A poco a poco, però, mi sono lasciato travolgere e l’ho ingoiato tutto. Tu ti sei contratto ancora di più, hai buttato indietro la testa e hai emesso un gemito selvaggio. Ti ho lasciato un attimo in sospeso, ammirando il tuo fisico teso. Dopo qualche secondo, ho ripreso il mio ritmico saliscendi. Ma stavolta il tuo cazzo era dentro la mia bocca.

Sono andato avanti così qualche minuto. Fino a quando una tua mano ha deciso di accompagnare la mia testa. All’inizio era un gesto tenero, intimo. In breve, si è trasformato in una stretta forte, rapace. Hai iniziato a sbattere il ventre contro la mia testa. A scoparmi la bocca. Ti ho lasciato fare e ho iniziato a segarmi. Ormai, eravamo fuori controllo come la tempesta all’esterno, che sbatteva, scrosciava, ululava. Come un animale mitologico a due teste, sudato in una contorsione erotica ancestrale. Sempre più potente. Sempre più bestiale.
Fino a che il tuo bacino a iniziato a contrarsi: a ogni spasmo, ti tendevi ancora di più, gemevi più disperato. Anche il mio cazzo pulsava, durissimo.
In un attimo, sei venuto. Esplodendo nella mia bocca, tremando. Uno, tre, cinque fiotti, violenti, dritti nella mia gola. Il liquido caldo e dolce, il tuo pelo sudato vicino alle mie labbra e la tua espressione estatica hanno fatto sublimare anche la mia eccitazione: sono venuto anche io, violento, sulle mie mani, sul pavimento.

Siamo rimasti immobili qualche minuto. Ansimavamo piano, paurosi di riaprire gli occhi. La potenza del vento s’andava spegnendo, ma ancora ci sovrastava. Ho sentito il tuo sesso, senza più vigore, uscire dalla mia bocca. Indovinavo i tuoi occhi svuotati volare bassi, lungo superfici neutre. Mi sono alzato, per andare a prendere un po’ di carta e ripulirmi. Quando stavo per rientrare in camera, ho esitato, la mano sulla maniglia. Ero abituato a queste situazioni, l’allegro imbarazzo post coito, leggero ed euforico. Ma non con te. Cosa sarebbe accaduto, con te?
Non l’ho saputo.
Ti ho trovato già poggiato sul cuscino, cullato dalla pioggia che scendeva lenta, placata. Mi sono sistemato accanto a te, senza rumore, a vegliare il tuo sonno, tenero e assoluto. Fino a quando la luna ha deciso che era tempo di uscire e ha preso a sfilacciare le intricate matasse di nuvole del nostro temporale estivo.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.8
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Il migliore amico:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni