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Rapito e Femminilizzato


di Membro VIP di Annunci69.it Danyelle
27.05.2023    |    10.051    |    14 9.1
"E vedi di pulire tutto bene ed a fondo..."
Rapito e Femminilizzato I

Finalmente è Venerdì pomeriggio e sono di rientro a casa dopo l'ennesima trasferta di lavoro. Sono in viaggio già da due ore e sento l'esigenza di una sosta in autogrill per andare in bagno e bere una bibita fresca, visto il caldo afoso che lo fa da padrone in questo fine mese di Luglio. La prossima stazione di servizio dista circa venti chilometri e ne approfitto per programmare nella mia mente l'imminente weekend. Ho ricevuto sia l'invito dai miei amici per una due giorni al mare con la comitiva degli scapoloni, a cui mi pregio di appartenere, e sia l'invito della collega di lavoro per un fine settimana da trascorrere nella sua villa, ospite suo e del di lei marito che hanno organizzato una festicciola per pochi intimi. Davvero ho l'imbarazzo della scelta, perché in entrambi i casi il divertimento è assicurato.

Al mare mi aspettano due giorni frenetici tra discoteche e scopate intense mentre in villa potrò godere un po' più di tranquillità e relax, ma poi non più di tanto visto che le feste organizzate dalla coppia nascondono sempre risvolti interessanti. Propendo per la festa in villa anche per rilassarmi a bordo piscina, stante la faticosa settimana lavorativa appena trascorsa. Avviserò la collega non appena arrivo all'area di sosta.

Immerso in questi pensieri scorgo l'indicazione per la stazione di servizio e, dopo aver inserito l'indicatore di direzione, parcheggio la mia vettura trovando un posto libero in una area un po' defilata, vicino ai servizi igienici e nelle vicinanze di uno dei tanti autotreni ivi presenti.

Scendo dalla mia auto e nel recarmi nei bagni che sono esterni all'autogrill volgo lo sguardo verso il Tir parcheggiato. Sono sempre stato attirato da questi mezzi meccanici e sin da piccolo ho sempre avuto il desiderio di salire nella cabina di guida per provare l'ebbrezza di condurre uno di questi bisonti della strada, per capire come ci si possa sentire nel dominare un simile bestione. Suppongo che i camionisti alla loro guida siano delle persone dominanti e virili che con la loro vigoria fisica riescono ad avere la meglio sulla potenza di questi motori. Ho sempre ammirato la categoria dei camionisti di cui ho un elevato rispetto e, non lo nascondo, anche molto timore.

Con questi pensieri e con il volto rivolto verso il camion parcheggiato mi accingo ad entrare nel locale bagni quando mi imbatto in una montagna di carne che stava nel frattempo uscendo, anch'egli distratto dal suo cellulare intento a leggere una chat. Il mio viso va ad urtare con forza sui pettorali di un uomo alto, massiccio, muscoloso e irto di peli che ricoprono le sue possenti braccia ed il resto del corpo, da come si intravede dalla canotta e dai pantaloncini che adornano il suo fisico. Il violento contatto è avvenuto tra il mio viso e i suoi pettorali all'altezza della sua ascella sinistra, dentro la quale mi trovo incastrato con il naso e la bocca. In questa posizione non posso fare a meno di avvertire, unitamente al dolore per il colpo subito, sicuramente non leggero, l'odore aspro del suo sudore che proviene dal suo corpo che il caldo afoso tiene costantemente umido, nonostante la continua igiene quotidiana. Per cinque secondi il mio viso è rimasto bloccato in quella morsa di carne umana che non si è mossa di un millimetro. Sarà stata la differenza di massa corporea, sarà stata la violenza dell'urto, sarà stato il caldo, sarà stata la posizione del mio collo, che mi sono trovato, in men che non si dica, privo di sensi tra le sue braccia.

Apro gli occhi e mi guardo intorno. E' tutto buio intorno a me e faccio fatica a focalizzare gli oggetti che mi circondano. Ho un terribile mal di testa e provo una sensazione di vomito che ben presto svanisce. Sono supino su una specie di lettino e provo ad alzarmi. Mi accorgo che non ci riesco e capisco immediatamente che sono legato mani e piedi. Cerco di calmarmi per acuire i sensi e dare un significato a tutto questo. Mi accorgo che il mio corpo oscilla delicatamente come se stessi in viaggio ed in realtà avverto in lontananza il rumore di un motore. Nel frattempo la vista è diventata più acuta perché gli occhi si sono abituati al buio e capisco dove mi trovo. Sono sdraiato nella cuccetta di un Tir, di cui ora ne distinguo i contorni. Una spessa coltre di tessuto pesante mi divide dalla cabina di guida da cui proviene un leggero sottofondo musicale. Nonostante sia nella cuccetta non soffro troppo il caldo benché sia tutto sudato ed in realtà avverto una leggera brezza di aria fresca provenire dal tetto della cabina. Alzo leggermente la testa e mi accorgo di essere completamente nudo.

“Aiuto! Aiuto!, qualcuno mi aiuti”, grido a squarciagola come se fosse l'ultima cosa da fare nella mia vita. Dall'altra parte nella cabina di comando nessuna parola, come se il camion guidasse da solo. Ho l'impressione che la mia voce sia molto attutita dalla spessa tenda che funge da divisorio, per cui continuo ad urlare ancora più forte. Dopo circa cinque minuti di imprecazioni continue avverto che l'andatura del Tir si riduce progressivamente fino ad arrestare la marcia. Passano pochi minuti che a me sembrano una eternità quando improvvisamente la tenda viene scostata ed avvolta da un lato. Una forte luce al led, quella che illumina l'interno della cabina di guida, mi colpisce gli occhi tanto che non riesco a tenerli aperti. Una ombra si forma sul mio volto. E' l'ombra che mi proietta il corpo dell'uomo che ora si trova in piedi accanto a me e che mi scruta con uno sguardo truce.

“Chi cazzo sei?.....Che cosa vuoi da me?....Liberami subito, bastardo” sono le parole che mi sono istintivamente usciti di bocca e di cui ben presto mi pentirò amaramente di averle dette. Infatti, due violenti ceffoni si abbattono sul mio volto come un treno in corsa. Del sangue mi schizza dal naso e dal labbro inferiore accompagnato da un brusio nelle orecchie, come se una campana fosse stata suonata sopra la mia testa. Con gli occhi pieni di lacrime che rigano ora il mio volto, non solo per il dolore ma anche per la rabbia, intravedo questa figura di un uomo gigantesco, tutto muscoloso e coperto di peluria, dal volto mascolino dai contorni duri, ricoperto da una folta barba nera che si abbina ai suoi occhi, anch'essi neri come la pece che ora mi scrutano con fare interrogativo. La mano che mi ha tramortito è ancora alzata e pronta a ripetere l'operazione se fosse stato necessario.

“Non ti è consentito parlare se non ti viene concesso”, sono le prime parole pronunciate dall'uomo con un tono fermo e duro da dominatore. “Da oggi pomeriggio mi appartieni e farò di te la mia schiava personale fino a quando non mi stancherò e poi ti getterò via come faccio con le cose che non hanno più alcuna utilità per la mia vita”.

Lo guardo negli occhi esterrefatto ed il mio istinto mi porta a replicare ma non appena apro la bocca il ricordo dei due schiaffi mi fa desistere.

“Ho gettato nei rifiuti i tuoi effetti personali, compresi i documenti. Da questo momento non hai nessuna identità se non quella di schiava e, come ben sai, gli schiavi non hanno diritti ma solo doveri verso i loro padroni ed IO DA OGGI SONO IL TUO PADRONE”.

Inizio a piangere a singhiozzo bevendomi letteralmente le lacrime senza riuscire a dare nessun senso a questa situazione. E poi perché per ben due volte si è rivolto a me parlando al femminile dandomi della schiava?

E come se avesse letto nel mio pensiero l'uomo allunga una mano per accarezzarmi il corpo nudo e, soffermandosi sul mio capezzolo, che ora stringe tra le sue poderose dita facendomi urlare dal dolore, riprende il discorso e, fissandomi negli occhi con il suo sguardo magnetico dice: “Ti farò diventare la mia troia, la mia femminuccia, imparerai ad adorare ogni centimetro del mio corpo fino a desiderare di essere scopata per spegnere il tuo desiderio. Arriverai ad amare il cazzo come una lurida puttana, non avrai altro che cazzi da questo momento in poi ed imparerai a godere solo con il culo che trasformerò in una fica anale, sfondata ed accogliente”.
Sul suo volto truce ora si disegna un lieve sorriso beffardo che fanno intravedere una dentatura massiccia e bianchissima, che contrasta con il pelo nero della folta barba.

Nonostante all'interno della cabina l'aria condizionata è accesa, mi sento avvolto in un bagno di sudore, in preda al terrore per quelle che le mie orecchie hanno sentito. Sono immobile sotto le sue carezze che non trasmettono dolcezza ma hanno lo scopo di verificare la qualità della mia pelle e la tonicità dei miei muscoli.

Sono un uomo di trenta anni, dal corpo magro e tonico a causa dei tanti anni di atletica ma comunque alquanto delicato. Sono naturalmente privo di peli, quasi glabro, porto i capelli lunghi e biondi fino alle spalle che fanno da cornice ad un viso delicato in cui spiccano un paio di occhi verdi ed un nasino non troppo pronunciato per essere quello di un uomo. In verità assomiglio molto a mia madre da cui ho ereditato i tratti delicati. Ed è proprio questo mio essere androgino che attira l'attenzione delle donne di cui ne apprezzo le fattezze e le grazie. Non ho mai rivolto le mie attenzioni ad un uomo e ne tanto meno mi è mai passato per la mente di poter essere un giorno attratto da una persona dello stesso sesso. Anzi, a dirla tutta, gli uomini mi fanno schifo, soprattutto quelli violenti e rozzi, ed ora mi trovo alla mercede di un pazzo maniaco e violento. Non ce la posso fare e mi abbandono in un pianto dirotto.

“Ti rivolgerai a me chiamandomi Padrone o Signore mentre tu per me non avrai nessun nome se non quella di troia o puttana”.
Il silenzio opprimente viene interrotto dal rumore dell'aria condizionata che intensifica il pompaggio di aria fresca non appena la temperatura all'interno della cabina aumenta di grado. Mi sento la testa girare e scoppiare dal dolore e, per provare un attimo di sollievo, piego di lato il volto per poggiare la tempia sul cuscino. Il padrone, attento ad ogni mia reazione, ha notato questo mio malessere e allungandomi un bicchiere colmo di acqua mi fa ingoiare una compressa per il mal di testa.

“Ora cerca di riposare ma prima voglio ricordarti che sarà impossibile fuggire e ti terrò legata fino a quando non ti domerò completamente. Abbiamo ancora due giorni di viaggio prima di arrivare a casa mia e sappi che già da questa sera inizierà il tuo addestramento, per cui ti consiglio di rassegnarti e collaborare perché non sarà una passeggiata per te”.
Con la sua mano scende in mezzo alle mie gambe e si impossessa dei miei testicoli che racchiude nel suo palmo e me li stringe in una morsa dolorosa che mi fa urlare a squarciagola come un dannato. “Rassegnati a non usarli più perché da questa sera diventeranno le tue ovaie” e così dicendo si mette alla guida e riprende il viaggio.

L'uomo tira la spessa tenda e di nuovo il buio si impadronisce della scena e con esso aumentano le mie paure e i miei interrogativi. Il mal di testa mi impedisce di pensare e pertanto, cullato dal rollio della marcia del camion e favorito dalla mancanza di luce, mi addormento di nuovo.

“Svegliati Troia. Non sei mica in vacanza”.
Mi desto di soprassalto con il cuore che mi scoppia in gola e vedo l'uomo davanti a me con le braccia conserte che mi guarda con il viso accigliato ed un sorriso beffardo. Non sento più il rumore del motore acceso per cui immagino che ci siamo fermati da qualche parte, anche perché fuori è scesa la notte.
L'uomo mi libera prima le gambe e poi mi slega i polsi e con le sue possenti braccia mi alza come un fuscello e mi mette seduto sul materassino della cuccetta, dove fino ad un attimo fa ero sdraiato e legato. Mi attira a se con forza facendomi aderire il mio viso al suo sterno.

“E' ora di usarti, schiava!” dice guardandomi con imperio negli occhi, “e cerca di imparare in fretta perché non amo ripetere le cose due volte”.
Io sono seduto di fronte a lui e non riesco a sostenere lo sguardo a dimostrazione della dominazione che l'uomo sta esercitando con successo su di me.
“Sfilami la canotta e asciugami con la lingua tutto il sudore. Questa sera non ho una doccia a disposizione e quindi userò la tua lingua per lavarmi, puttana. E vedi di pulire tutto bene ed a fondo. Mi piace andare a dormire bello pulito” disse, ridendo con soddisfazione.
Rimango fermo e con la mente cerco di elaborare le parole dette dall'uomo ma non ho il tempo di costruire un pensiero di senso compiuto che la sua possente mano mi afferra per i capelli e, tirandomeli violentemente, mi costringe ad alzarmi, ponendomi di fronte a lui.
L' atroce dolore provato dalla forza delle sue dita che attorcigliano la mia chioma ed il ricordo del sangue seguito ai due schiaffi, mi portano immediatamente alla realtà.
Con mani tremanti afferro il lembo inferiore della canotta e molto lentamente la sollevo in alto fino a farla sfilare dalla sua testa. Non posso fare a meno di fissarlo negli occhi il cui sguardo mi incute timore. Abbasso gli occhi in senso di sottomissione ed inizio ad accarezzare la parte del suo corpo ora denudato. Il suo busto è cosparso di una folta peluria nera che a causa del caldo intenso è ricolma di goccioline di sudore.
Provo ad avvicinare la bocca al suo petto e non appena le mie labbra si appoggiano ai suoi peli mi viene un conato di vomito. Il padrone se ne accorge e stringendo nuovamente i capelli mi fa inginocchiare dicendo: “non ti azzardare a vomitarmi addosso se non vuoi dormire fuori legato come un cane. Devi imparare a governare i tuoi istinti ed assolvere ai tuoi compiti senza provare disgusto per quello che fai, soprattutto quando servi il tuo padrone, cagna fottuta”.
Mi rialzo in piedi ed ancora tutto tremante riprendo da dove ho interrotto. Questa volta riesco ad avvicinare la bocca sul suo pelo e, trattenendo lo schifo, dischiudo le labbra ed inizio a suggere le goccioline di sudore.
“Usa la lingua, schiava. Voglio sentirla sulla mia pelle”, e così dicendo mi afferra la nuca e mi strofina con forza il viso sul suo petto.
Con una forza inaudita guida la mia bocca su tutto il suo corpo obbligandomi a leccare ora i capezzoli, ora l'ombelico, ora le ascelle, ora la pancia prominente, tipica dei camionisti. Sono stato costretto ad annusare l'odore acre del suo sudore ed a leccare ogni centimetro del suo busto, anche le spalle, accompagnando le mie leccate con carezze e baci di adorazione. Non provo che ribrezzo ed umiliazione nel baciare il corpo di un altro uomo. Io, che ho sempre amato il corpo femminile, ora mi ritrovo nudo davanti ad un corpo maschile, prostrato a servirlo per il suo piacere. Le mie lacrime non hanno minimamente portato a compassione l'uomo che anzi, più divertito che mai, mi fa inginocchiare difronte a lui che nel frattempo si è seduto sul materassino della cuccetta.
“Sfilami le scarpe ed i calzini e leccami i piedi, troia”.
" No. No. No. Non puoi chiedermi questo" dice la mia mente, mentre il mio corpo, pervaso dal terrore, esegue l'ordine. Anche i suoi piedi, come il resto del suo corpo, sono massicci.
Mi obbliga ad annusarne l'odore che debbo imparare a riconoscere ed apprezzare, a massaggiarli ed infine a leccarli interamente, senza trascurare nemmeno un dito.
Con la lingua percorro tutta la pianta dei piedi, assaporandone il gusto leggermente salato a causa del sudore accumulato da una giornata di lavoro in piena estate, senza parlare del tremendo odore. Alla fine, dopo lunghe e salivose leccate, i suoi piedi non emanano più alcun cattivo odore che ora è tutto depositato nelle mie narici e sulle mie papille gustative. Sto male. Non resisto più. Alzo lo sguardo e approfittando che il padrone sta con gli occhi chiusi a godersi le mie leccate ed i miei massaggi, mi alzo improvvisamente e mi scaravento verso la portiera del camion nel vano ed inutile tentativo di aprirla, per tentare una via di fuga.
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