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Quell'estate in Grecia (7) - La spiaggia nudista


di Membro VIP di Annunci69.it PaoloSC
09.05.2023    |    4.436    |    1 9.7
"Salimmo e ci stringemmo un po’ ma alla fine, non era nemmeno tanto scomodo..."
La spiaggia nudista

Il mattino dopo ci svegliamo ancor più tardi, troppo tardi per andare dove avevamo deciso, ovvero in una spiaggia molto isolata al sud dell’isola.
Vista l’ora, decidemmo di andare al mare il più vicino possibile.
Andammo quindi a piedi fino alla spiaggia di Agios Georgios, visto che era mezzogiorno passato.
“Ecco, guardate che carnaio di gente! Io non ci voglio stare in mezzo al casino!” proruppe Federica.
“Beh, se continuiamo a svegliarci alle 11 e ad uscire a mezzogiorno, sarà difficile che troviamo qualcosa di libero, no?” le rispose Andrea, ancora incazzato per la figuraccia fatta la sera prima da Patrizia. Sembrava che non si fossero parlati da quando si erano svegliati, ed in effetti Patrizia era di pessimo umore, gli occhi celati da un gran paio di occhiali da sole ed un cappello di paglia ad ampie tese che le nascondevano parte del viso.
Parlottammo un po’ discutendo se andare da un’altra parte o rimanere lì cercando uno spazio dove stenderci visto che di ombrelloni e lettini non se ne parlava proprio, dato l’affollamento.
Timidamente proposi di ritornare ad Agios Prokopios, visto che c’eravamo già stati, c’era la trattoria a mare per mangiare qualcosa e non c’era molta gente.
“Si però come ci arriviamo?” dissero quasi all’unisono Francesca e Dede.
“Col tassì. Il parcheggio è qui dietro” risposi.
“Ma dobbiamo prenderne due!” interloquirono Federica e Filippo.
“Ho capito: allora andiamo a piedi? Lo sapevamo che qui in Grecia è tutto più complicato negli spostamenti!” ribattei.
“Sentite, facciamo un tentativo, vediamo cosa troviamo al parcheggio. Se c’è Joannidis, chiediamo un parere a lui. Che ne pensate? Tanto è qui a due passi. A quest’ora avremmo già concluso, invece di stare a perdere tempo in chiacchere” e mi incamminai verso il parcheggio poco distante.
Proprio in quel momento, mentre attraversavo la strada senza guardare, giunse un pulmino Volkswagen Bulli anni ’60 che sicuramente aveva visto tempi migliori. Per fortuna aveva i freni revisionati perché evitò per poco di investirmi.
Il guidatore si sporse dal finestrino ed inveì in un profluvio di imprecazioni gesticolando con le mani e ponendole nel chiaro gesto caratteristico dei romani “An vedi questo!”.
“Oh, scusa! Però, pure tu, annà più piano no, eh?” dissi ad alta voce.
“E poi, sai che c’è? Stai carmino bel bambino!” aggiunsi, sempre da alta voce.
“NOOO! A regà! Siete de Roma? Nun ce posso crede!” rispose con un sorriso a 32 denti, in perfetto romanesco.
Si fermò con il pulmino in mezzo alla strada, scese e mi venne incontro con le braccia aperte “Oh, uno de’ Roma, nun ce posso crede! A regà!” poi, rivolto agli altri “Ma che siete tutti de Roma?” aggiunse.
“Si…” rispondemmo perplessi.
“Io so’ Gregorio Panakulis, so’ nato a Roma e so vissuto fino a du’ anni fa a casa mia a Trastevere: SO DE’ ROMA! FORZA MAGGICA!” mostrando la sciarpa giallorossa.
Sorridemmo tutti. Era assurdo ma è proprio vero: ci facciamo riconoscere sempre e comunque per la nostra espansività.
Chiacchierammo cinque minuti, lui ovviamente molto interessato alle ragazze più che a noi.
Ci raccontò di avere 32 anni e di essere tornato a Naxos insieme alla sorella di quattro anni più giovane per rilevare la casa e la taverna che avevano ereditato dalla nonna. Avevano provato ad aprire una attività turistica ed ebbero fortuna grazie al boom di interesse verso le isole egee soprattutto in Italia, Germania e Austria.
Gli chiesi con la massima nonchalance: “Hai idea come potremmo arrivare a Agios Prokopios? C’è un mezzo che non sia il tassì per arrivare lì?”
“Agios Prokopios? No, solo il tassì. Ma che dovete andare a fare a Agios Prokopios? Mare? sole/spiaggia/mangiare?” chiese.
“Beh, si, ovvio” rispose Patrizia che nel frattempo sembrava appena svegliata.
“Sentite, io vi propongo invece la spiaggia di Kastraki, che è molto più bella” continuò Gregorio.
“Si però è più lontana: dobbiamo comunque andarci in tassì, visto che non esistono mezzi” dissi.
“In realtà avete altre due possibilità: il bus, che comunque arriva a Kastraki, ma poi vi lascia in mezzo alla strada e poi dovete fare circa un paio di km a piedi fino alla spiaggia, oppure vi ci porto io” propose Gregorio.
“Ascoltate, facciamo un patto. Io vi porto lì alla spiaggia diciamo tra dieci minuti, poi vi riporto indietro stasera. Voi in cambio mangiate al mio ristorante in spiaggia. Va bene?”
“Direi che ci possiamo stare, vero ragazzi?” chiesi pro forma, ma convinto della bontà della proposta.
Non ci furono obbiezioni di alcun genere.
“Allora, salite. Devo andare a prendere qualche cassa d’acqua e di vino e poi torniamo indietro. Dai, salite”
“Ma …tutti? C’entriamo? Siamo in otto!”
“Se è per questo, siamo in nove con me. Dai, stringetevi un po’ che devo caricare pure le casse, qualcuno ci si siederà sopra!” sorrise.
Salimmo e ci stringemmo un po’ ma alla fine, non era nemmeno tanto scomodo.
Dopo averlo aiutato a caricare acqua e vino, partimmo alla volta di Kastraki.
“Kastraki è una spiaggia bellissima, vedrete che vi piacerà. E oggi avete pure fortuna, non c’è il solito vento per cui starete benissimo, forse un po’ più caldo del solito ma l’acqua del mare è meravigliosa. E poi, non so se lo sapete, è una spiaggia rigorosamente nudista, tranne il tratto di fronte al parcheggio ed alla mia taverna.
Basta fare cinquanta metri a nord o a sud, si superano due dune ed è il paradiso dei naturisti. Nessuno dà fastidio, nessuno disturba, tutti si fanno i cazzi loro” disse facendoci l’occhiolino.
Dopo un quarto d’ora di strada in gran parte bianca, arrivammo alla spiaggia.
Scendemmo dal Bulli e ci rendemmo conto che erano le due passate.
“Ma se venissimo al volo a mangiare?” buttai lì.
“E certo, e che state ad aspettà? ‘Nnamo!” disse.
Gli demmo una mano a scaricare acqua e vino e a portarlo dietro alla cucina.
“Metteteve seduti” e ci indicò un paio di tavoli vuoti sotto gli alberi.
“Mo’ ve manno quarcuno ad apparecchià. Poi vengo io.”
Seguimmo le indicazioni. In effetti tempo due o tre minuti venne al tavolo una ragazza circa nostra coetanea, mora, lunghi capelli e con il caratteristico naso greco importante. “Ciao, io sono Irene e sono la sorella di Gregorio: siete tutti di Roma, quindi?” chiese rivolgendosi a noi in perfetto italiano/romano
“Si, ma non tutti siamo romanisti. C’è un lazialaccio tra noi!” dissi indicando Adriano.
“Allora lui non mangia” rispose sorridendo Irene.
“Ragazzi, io sono romana come voi e so’ che la cucina greca non piace a tutti. Quindi, visto che siete voi, vi propongo una pasta semplice semplice e del pesce alla griglia. La pasta è Barilla e viene tutte le settimane, il pesce è pescato oggi, sono delle aguglie e dei saraghi. Poi vi porto delle patate fritte oppure una insalatona di pomodori freschi tagliati a pezzi e conditi con l’olio nostro che, fatevelo dire, è meglio della maggior parte degli oli della Sabina, Umbria e Toscana che trovate in Italia. Per chi vuole aggiungo della cipolla tagliata a fette e dei cetrioli, ma se preferite, solo pomodori col basilico. Vi va bene?”
“E chi ti manda?!!!” rispose Filippo inginocchiandosi e levando le mani al cielo.
“Per me va bene insalata solo pomodori.”
“Anche a me!”
“Pure a me!”
“Pure io!”
“Io pure, senza cipolla e senza cetrioli!”
“Potremmo aggiungere due patatine fritte?” chiesero Dede e Patrizia.
“Irene, direi che siamo a posto. Pasta e pesce per tutti, fai una bella cofana di pomodori e poi un vassoio di patatine fritte, diciamo tre porzioni, va bene?”
“Facciamo quattro!” aggiunse Andrea.
“Aggiudicato!” concluse Irene. “Allora, piace a tutti l’origano? Perché nella salsa di pomodoro ce ne mettiamo un po’” spiegò
“PERFETTO!” fu il comune commento.
Dopo qualche minuto tornò Gregorio che ci portò del pane ed una brocca di vino bianco gelato assieme ad un paio di bottiglie d’acqua. Facemmo le presentazioni “ufficiali” e ci raccontò la storia sua e della sorella.
“Siamo nati a Roma da genitori greci che si erano trasferiti in Italia nel 1960 quando c’era il boom economico. I nostri genitori si erano appena sposati ed in Grecia, in quei tempi, non c’erano tante opportunità di lavoro quanto oggi. Papà era un ingegnere e mamma era laureata in lettere classiche ed aveva studiato greco antico e latino. Loro parlavano già italiano perché la loro nonna materna era di Rodi ed era di antica origine veneta e l’avevano imparato durante le vacanze. Poi papà morì di infarto e mamma, insegnante di lettere al liceo classico Vittoria Colonna, si trovò a scegliere di tornare in Grecia, nel frattempo oggetto di un colpo di stato militare, o di rimanere in Italia.
Tornare era impossibile, per cui decise di rimanere a Roma.
Poi, due anni fa morì la nonna paterna, che era originaria di Naxos, e tra le varie cose ci toccò in eredità la proprietà di due case, di cui una sul mare proprio di fronte al porto, e di questa taverna che è stata ricostruita prima della guerra.
Noi venimmo qui con mamma per le vacanze cinque anni fa e vedemmo che c’era già un interesse al turismo. Decidemmo di vendere la casa di Roma e di trasferirci qui e tentare la sorte.
Oggi abbiamo una specie di pensioncina con quattro camere sul porto e questa taverna. Lavoriamo duro per quattro mesi all’anno per guadagnare quel che ci serve per campare negli altri mesi, pagare i costi di manutenzione e le varie tasse, e mettere qualcosa da parte. Però qui basta poco per campare dignitosamente. E di inverno, c’è veramente poco da fare. Infatti io vivo in un paesino vicino ad Atene dove c’è la famiglia della mia fidanzata durante l’inverno mentre Irene sta qui con il suo fidanzato e la mamma.”
“Però il resto se volete ve lo racconto dopo, vado a prendere la pasta che mi sa che è pronta” concluse.
Ed in effetti dopo poco arrivò con le prime scodelle piene e fumanti di spaghetti al sugo.
Erano delle porzioni enormi, tipo due etti a piatto, ed il profumo era inebriante.
Ci gettammo con voracità sulla pasta gustando il sapore pieno della salsa di pomodoro.
“Ma chi l’ha fatto?” chiesi.
“Lo fa mamma. E lo fa con i pomodori del nostro orto, a ottobre. Mettiamo quintali di pomodori a bollire, li tritiamo, li passiamo e poi li imbottigliamo. Poi, quando fa la salsa aggiunge i suoi segreti. So che c’è del pepe, del peperoncino, l’origano, il sale, l’olio di oliva, l’aglio, ma non so in che proporzioni e in che ordine” rispose.
Era talmente buona che la finimmo più o meno tutti in pochissimo.
“Chi vuole un ripassino?” venne Irene con la pentola in mano. “Ce n’è rimasta un po’, forse un paio di porzioni abbondanti” disse.
“Io!” disse Filippo
“Io!” si aggiunse Andrea
“Io!” disse Adriano
“IO!” urlai.
“Vabbè, dividetela in quattro!” disse Irene
“E noi no?” chiesero le ragazze.
Dividemmo quelle due porzioni in otto, giusto una forchettata a testa. Ma ne avremmo mangiata tutti due volte tanto, se ce ne fosse stata la possibilità.
Dopo qualche minuto Gregorio e Irene arrivarono con i piatti del pesce.
Dietro di loro una signora sulla settantina, con i capelli raccolti in un fazzoletto, un lungo grembiule sopra un camicione da lavoro portava una ciotola enorme piena di pomodori.
“Complimenti signora per la salsa di pomodoro! Era eccezionale. Buonissima!” mi alzai in piedi per salutare e complimentarmi.
“Si, vero, buonissima, bravissima, complimenti!” dissero un po’ tutti.
Anche il pesce fu spazzolato in men che non si dica, di sapore delicato, tenerissimo e cotto alla perfezione. Le patatine scomparirono in un attimo mentre Francesca, Filippo ed io ci concentrammo sulla cofana di pomodori. “Chi ne vuole?” chiedemmo.
“Dammene un paio!” disse Federica a Filippo.
“Anche a noi, daccene una cucchiaiata” si aggiunsero Adriano e Dede.
Serviti gli amici, presi la ciotola e la misi davanti a me.
Come passò Irene, le chiesi del pane.
“Per favore, non tagliarlo a fette. Se me ne porti mezza pagnottina, la uso per fare la scarpetta” spiegai.
Non avete idea di quanto buono potesse essere quel piatto. I pomodori erano dolci, succosi, maturi al punto giusto. Il condimento – olio, sale, pepe e origano – era abbondante e perfetto.
Credo di averne mangiati almeno un chilo, quella volta.
Come arrivò il pane, feci la scarpetta con pezzi enormi. Dovetti cederne uno a Francesca che voleva a tutti i costi attingere anche lei alla ciotola.
Quel giorno non esagerammo con il vino. Anzi, la caraffa da un litro bastò per tutto il pasto, nonostante fossimo in otto.
Ci portarono il caffè fatto con la moka (un trattamento di lusso) e pagammo il conto, circa 1.000 dracme a testa, 11.000 lire a persona.
“Allora noi andiamo in spiaggia a prendere un po’ di sole” dissero gli amici.
“Vi raggiungiamo subito” rispondemmo Francesca ed io.
Chiedemmo di andare un momento in bagno prima di andare in spiaggia.
“Allora io devo tornare indietro in paese verso le sette, non più tardi, perché devo ricaricare acqua e vino per stasera” ci disse Gregorio. “Vi aspetto qui facciamo alle sei e mezza, d’accordo?” proseguì.
“Direi di si, perfetto” risposi.
Salutammo e ci incamminammo.
Non avevo notato che nel frattempo Francesca si era spogliata, rimanendo solo con lo slip del costume a tanga ed una canottierina aderente senza reggiseno.
“Come mai questa scelta?” le chiesi
“Non mi andava di cambiarmi in spiaggia davanti a tutti” mi rispose.
“Stiamo andando alla spiaggia nudista, lo sai” le dissi
“Si, ma non mi interessa. Semmai mi tolgo il pezzo di sopra, ma lo slip lo tengo. Mi vergogno davanti a tutti!” replicò.
“Ma ieri, non hai avuto scrupoli a farti vedere da tutti” obiettai.
“A parte che ieri sera era buio e che eravamo in altre condizioni” rispose “poi non erano poi tutti e comunque oggi non mi va.”
La conoscevo, so che se avessi insistito ora, non avrei ottenuto nulla se non il suo muso ed i suoi rimbrotti. E non ne avevo voglia.
Superammo la duna naturale che separava la caletta della taverna da quella subito a fianco.
C’erano solo altre due coppie verso il fondo della spiaggia, al confine opposto, probabilmente nude, ma troppo lontane per esserne certi.
“Beh, è una ficata questo posto” disse Filippo.
“L’acqua è stupenda. Peccato aver mangiato tardi. Aspetto un paio d’ore prima di farmi il bagno” aggiunse Federica tenendo sotto braccio Filippo.
“Se lo fai subito, non hai ancora iniziato la digestione” teorizzò Andrea.
“Ma dai, abbiamo finito alle tre passate, sono quasi le quattro. E’ pericoloso” ci ammonì Adriano.
“Bah, prenderemo il sole” conclusero le ragazze.
Stendemmo i nostri teli a coppie, non troppo appiccicati visto che c’era spazio in abbondanza.
La costa formava tante calette di dimensioni tra i cento e i duecento metri di lunghezza con una profondità di una decina di metri dal bagnasciuga alla pinetina che stava alle nostre spalle.
Avevo proposto a Francesca di stenderci all’ombra di uno di quei pinetti bassi per evitare di cuocerci. A tale scopo, presi i nostri teli e li misi proprio sotto l’ombra del pino più vicino alla spiaggia. Il sole era quasi parallelo alla costa e le ombre si allungavano un po’ per cui c’erano venti metri abbondanti tra noi ed il bagnasciuga e almeno altrettanti dagli altri amici.
“Io però vorrei prendere comunque un po’ di sole. Ora mi metto qui, poi semmai vado in riva al mare” mi disse.
Quindi si sfilò la canottiera rimanendo in topless e si sdraiò sulla pancia, a schiena in sù.
Indossava uno slip a tanga bianco con i triangoli anteriore e posteriore molto ridotti e legati da laccetti. Glielo avevo comprato in occasione di questo viaggio ma mi aveva detto che lo aveva lasciato a Roma perché era troppo piccolo e diventava trasparente una volta bagnato.
E invece lo aveva messo in valigia ed indossato.
Si era appena distesa “Amore, mi spalmi la crema solare per favore?” mi chiese.
Presi il flacone, versai un’abbondante dose di liquido sulle mani e sulla schiena ed iniziai a stenderlo praticandole un massaggio sulle spalle, sulle braccia e sulla schiena.
Poi ne versai altro sulle gambe e sulle cosce e continuai a spalmarlo salendo dai polpacci alle cosce.
Arrivato ai glutei, presi ulteriore liquido in mano e lo applicai sulla parte scoperta del sedere, prima a sinistra e poi a destra.
Francesca si agitò un po' come per facilitare l’operazione e per comunicarmi il suo piacere.
“Io credo che dovrei spostare un po’ il costume, non vorrei sporcarlo ed ungerlo, non trovi?” le sussurrai.
Francesca annuì senza rispondere, un sorrisino beffardo sulle labbra e sulle guance.
Presi quindi delicatamente con le dita il lembo del costume “Ma hai le mani sporche di crema!” mi redarguì.
“E allora, come te lo abbasso?” le chiesi.
“Con la bocca” rispose.
“Con la bocca?” ripetei per esser certo di aver capito.
“Si, con la bocca. Slacci i lacci e mi abbassi il costume” mi rispose, come se fosse una cosa ovvia e naturale.
“Non me lo feci ripetere due volte.
Senza toccarla con mani, che rimanevano appoggiate alle sue chiappe, mi sporsi prima da un lato e poi dall’altro e sciolsi le tirelle che tenevano i due triangoli uniti.
“Ecco, fatto” dissi.
“Ecco, bravo, ora sposta il dietro del costume sempre con la bocca, non usare le mani che me lo sporchi!” sussurrò.
“Sposto dove? Così?” e tirai verso le cosce il triangolo posteriore scoprendole tutta la riga del sedere e parte delle grandi labbra.
“Si, un po’ di più, non vorrei che si sporcasse lo stesso” replicò.
“Così?” e le tirai via tutto lo slip lasciandolo cadere in mezzo alle cosce che nel frattempo aveva divaricato.
“Si, ora prendilo delicatamente e mettilo nella sacca” ordinò, ed io ubbidii.
“Allora ora ti metto la crema anche sulle chiappe, giusto?” sussurrai. Avevo il cuore a mille ed il cazzo che faceva capolino dall’elastico del PortCros azzurrino.
“E certo, se no perché lo abbiamo tolto, scusa?”
Giusto.
Presi altra crema e la passai sulle chiappe, spalmando per bene su tutta la superficie.
“Vuoi che te la passi anche interno coscia?” chiesi
“Ovvio. Vuoi che rimanga la striscia bianca?” ribattè. Francesca non era mai stata particolarmente attenta ai segni del costume, almeno nelle due precedenti vacanze passate assieme.
Le avevo regalato alcuni perizoma da intimo ma era contraria ad indossarli perché diceva che le davano fastidio e che le tiravano troppo i peli. Analogamente, le avevo fatto realizzare apposta su misura anche un perizoma da mare in tessuto metallizzato color bronzo che non aveva mai messo, a suo dire perché si vergognava.
Però quel giorno…
Mi girai verso la spiaggia per dare una rapida occhiata alla situazione.
Gli amici erano tutti in coppia, stesi a pancia in su.
Tutte le ragazze erano in topless.
Patrizia era oggetto di attenzioni e carezze da parte di Andrea il quale, visibilmente eccitato, le stava carezzando la pancia sfiorandole ogni tanto il seno.
Federica e Filippo erano distesi a pancia in giù e si scambiavano baci abbastanza pudichi.
Dede ed Adriano erano a pancia in su. Adriano la toccava da qualche parte all’altezza del pube e lei ricambiava carezzandogli il pisello, entrambi da fuori il costume. Credo che presto sarebbero entrati in acqua comunque.
Mi girai di nuovo verso Francesca ed iniziai a spalmare la crema nell’interno coscia approfittando bellamente della situazione per carezzarle le grandi labbra che erano belle gonfie per l’eccitazione.
“Stai buono, non mi toccare lì che poi è un casino” mi disse.
“Sono curioso di capire qual è il casino che dici” le risposi.
“Poi mi tocca fare un discorso con lui” disse allungando la mano e prendendo il mio pisello che era già bello dritto.
“Uh! Già sta così?” disse facendo finta di essere sorpresa.
“No. È tutta un’illusione” feci la battuta mentre infilai a tradimento due dita dentro la sua fica che era già bella bagnata, come ebbi modo di constatare.
Francesca trasalì un momento, allargò ulteriormente le cosce per accogliere meglio la mia mano e poi mugolò qualcosa del tipo “e no! poi mi viene voglia!”.
Non le diedi modo di replicare ulteriormente perché mi misi a cavalcioni e, facendo finta di spalmarle ancora la crema sulla schiena, le inserii ritmicamente le due dita nella vagina. Poi mi concentrai sul clitoride infilando la mano tra vulva e telo e stimolando con il dito il bottoncino.
Lei sollevò ancora di più il bacino mostrando il suo sesso gonfio e pieno di desiderio mentre mugolava di piacere.
Dopo qualche decina di secondi durante i quali Francesca iniziò ad ansimare e a muoversi con tutto il corpo strusciandosi sulla mia mano, proruppe in un orgasmo bagnato molto intenso che fradiciò letteralmente il telo con i suoi umori. Ero abituato ai suoi orgasmi: la prima volta credevo che se la fosse fatta sotto (e così credeva anche lei, e solo dopo aver consultato la sua ginecologa si tranquillizzò) ma poi in qualche modo godevo anch’io di questa manifestazione di piacere estremo.
Le prime volte ci fermavamo ed interrompevamo il sesso, ora invece era un momento sì importante, ma uno dei numerosi attimi di godimento durante la nostra attività sessuale.
Pur avendo una vistosa erezione e nonostante fossi con metà cazzo fuori del costume non potevo metterglielo dentro così, davanti a tutti.
Mi spostai invece davanti a lei, facendole poggiare la sua testa sulle mie gambe incrociate, con la bocca e le mani alla portata del mio pisello.
Da quella posizione riuscivo peraltro ad osservare la situazione ed a controllare cosa stesse succedendo intorno a noi.
Negli ultimi minuti, le cose si erano fatte calde.
Vidi partire Dede e Adriano, nudi, mano nella mano, andare a passeggiare lungo la spiaggia allontandosi da noi.
Patrizia e Andrea, invece, erano entrati in acqua e si erano messi a fare sesso senza alcuna inibizione.
Federica e Filippo erano invece in riva al mare, entrambi seduti sul bagnasciuga, apparentemente senza fare nulla se non prendere il sole.
Tranne Patrizia ed Andrea, che potevano effettivamente guardarci, gli altri erano di spalle e troppo impegnati nelle loro attività per cui presi il coraggio, aprii la clip metallica del mio costume e lo sfilaii rimanendo nudo con il cazzo libero di ergersi fino all’ombelico.
Poi lo avvicinai alla bocca di Francesca che lo prese in mano ed iniziò a leccarlo. Stavamo scomodi e comunque la mia fidanzata era molto eccitata.
“Amore, mettiti sopra di me, metti le gambe attorno al mio corpo ed infilati il cazzo dentro” le dissi.
Quasi infoiata, ubbidì. Poggiò la sua fica ancora grondante sulla cappella, poi fece scivolare il mio membro dentro di lei e sistemò le gambe attorno a me, abbracciandomi e baciandomi mentre iniziava a muoversi. Io assecondai i suoi movimenti ed iniziai a mia volta a pompare dentro di lei.
Stimolato anche da quanto ci circondava, mi misi a spingere forte dando colpi profondi. Francesca da parte sua si era attaccata con le braccia al mio collo e si sollevava ritmicamente. Durò poco, squassata dal secondo orgasmo in pochi minuti, proprio mentre venivo a fiotti dentro di lei.
“Amore sono venuto” le dissi.
“Anch’io, ma continua a muovermi, mi piace da morire, potrei venire ancora” mi disse continuando a strusciarsi e a saltare sul mio pisello che, in verità, era ancora bello tosto.
Nel frattempo, sentimmo chiaramente Dede gridare “Dai! Si! Ancora” accompagnata dai grugniti di Adriano. Avevano scavallato l’altra duna e si erano messi a far sesso nascosti da noi, ma evidentemente non si erano resi conto che li sentivamo.
Dopo un po’ la mia erezione venne meno, con grande insoddisfazione di Francesca che avrebbe gradito un supplemento.
Ci staccammo e ci alzammo.
“Andiamo a fare il bagno e a lavarci” le dissi alzandomi in piedi senza coprirmi.
“Così, nudi?” disse Francesca.
“E che te lo metti a fare il costume? Non dobbiamo sciaquarci” osservai.
“Si ma io mi vergogno” replicò.
“Scusa, ma abbiamo fatto sesso in pubblico e non te n’è fregato nulla e ora ti vergogni ad entrare in acqua nuda?”
Forse le dava fastidio l’appiccicume dei nostri liquidi che le scolavano, forse l’avevo convinta, sta di fatto che si alzò pure lei e ci recammo, mano nella mano, verso il bagnasciuga. Passammo quasi accanto a Federica e Filippo che nel frattempo erano diventati un po’ più intraprendenti: Federica aveva preso in mano il pisello del suo ragazzo da fuori il costume e lo stava masturbando mentre Filippo le metteva una mano in mezzo alle gambe.
Entrammo in acqua quasi non visti e ci mettemmo in ginocchio per lavarci.
Ci affiancarono Patrizia e Andrea che stavano rientrando.
“Ci avete dato dentro anche voi” ci disse Andrea.
“Pure voi non avete scherzato!” ribattei.
“Dede e Adriano si stanno divertendo di là” disse indicando la duna dietro cui si erano appartati i due.
“E anche oggi, qualcuno NON SCOPA!” disse ad alta voce Andrea rivolto a Filippo e Federica.
“Si, sono d’accordo. Per loro vale il detto «e anche per oggi si scopa domani»!” ridacchiai.
Anche le ragazze sbottarono a ridere.
Iniziai a cantare “Ollelè, ollallà, fajela vedè, fajela toccà” subito seguito in coro dagli altri.
Mi ero appena vendicato di Atene.

[Paolo Sforza Cesarani, 2022/23]
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