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Gay & Bisex

CLUB PRIVE’


di Foro_Romano
10.05.2024    |    14.684    |    15 9.7
"“E’ stato bellissimo anche per me..."
Subito dopo il diploma, in accordo coi miei, mi sono iscritto all’università di una città abbastanza lontana dal mio paese, con l’idea di laurearmi in Economia. Presi in affitto un monolocale piccolo ma molto luminoso. I primi tempi furono difficili. Oltre a dover comprendere come impostare il mio programma di studio ed a frequentare le lezioni, dovevo pensare a tenere in ordine, pulire, lavare, stirare ed arrangiarmi in cucina. Lontano da mamma, capii che non era facile gestirmi la vita. Inoltre, dovevo trovare il tempo per studiare, ovviamente. Pian piano riuscii comunque ad adattarmi alla situazione.
Avevo fatto questa scelta proprio per imparare ad essere autonomo. Mio padre acconsentì subito, consapevole che, così facendo, avrei imparato cosa significasse affrontare la vita, ma per mia madre fu più difficile. Non sapendo a cosa sarei andato incontro, con l’incoscienza di allora, fui entusiasta dell’idea, volendo assaporare la libertà.
Non ero fidanzato ma, pur avendo avuto un po’ di esperienze con alcune ragazze del paese, avevo voglia di sentirmi appunto libero. E poi, dovevo chiarirmi le idee. Ero combattuto con me stesso perché sentivo dentro un prepotente e strano desiderio anche verso gli uomini; un desiderio che rifiutavo di accettare. Stare lontano dalla famiglia mi sarebbe stato utile.
Dopo un primo stadio di assestamento nel nuovo ambiente, riuscii ad organizzarmi e, oltre a tutte le faccende ed allo studio, trovavo anche il tempo libero da dedicare allo svago. Mi ero fatto degli amici tra gli altri studenti matricole come me ed i fine settimana uscivamo per far baldoria e divertirci. Tra loro c’era un paio di ragazzi veramente belli che avevano un certo fascino su di me ma riuscii a non farglielo capire. C’era anche un altro che era gay dichiarato e, forse, ero anche un po’ invidioso del successo che aveva con tanti giovani che, in mancanza d’altro, sfogavano con lui le loro pulsioni sessuali.
Io, invece, ero ancora vergine e mi domandavo se non stavo portando troppo avanti queste mie indecisioni. Essendo ormai padrone della mia vita, mi accorsi ancora di più del mio interesse per i maschi ma anche che mi intrigavano non tanto i giovani quanto quelli più maturi, più uomini. Alcuni professori, per esempio, e la sera, da solo nel mio letto, mi capitava spesso di avere fantasie sessuali e, per quanto mi sforzassi di evitarlo, finivano sempre con un segone pensando di essere alle prese con le voglie di un uomo che avevo visto all’università, od in giro per la città, oppure incarnazione di un ideale.
Spesso, la sera, prima di andare a letto, cercavo in Internet filmini porno sui quali fantasticare. Evitavo con fermezza quelli gay e puntavo esclusivamente su quelli etero. Mi resi ben presto conto che però era tutto inutile. Vedevo quelle scene e la mia attenzione era concentrata non tanto alle ragazze quanto alle belle mazze virili che le penetravano con decisione. Dovevo togliermi dalla testa quelle strane idee ed affrontare materialmente la questione una volta per tutte.
Venni a sapere che in città c’era un circolo “per soli uomini” ed ero disposto a farmi irretire dalle donne facili che immaginavo si offrissero ai clienti, a pagamento naturalmente. Delle “case chiuse”, insomma. Invece mi ero fatto un’idea totalmente sbagliata, era letteralmente persoli uomini. Mi ritagliai un pomeriggio libero dagli studi e ci andai.
Una volta pagato l’ingresso, entrai e mi accorsi subito che c’erano solo uomini, come appunto dichiarato fuori del locale. Di donne nemmeno l’ombra. Che significava? Dove mi trovavo? Mi sono sentito subito confuso ed a disagio. Mi sentivo addosso gli occhi di tanti che apprezzavano evidentemente il mio aspetto. Ero piccolino, magro, biondo e, per di più, molto giovane in mezzo a tanti più o meno maturi. Quel che è peggio, anche io cominciai a liberare il mio inconscio e sentirmi attratto da loro. All’ingresso c’era una grande sala con tavolini e divanetti. Un angolo bar col cameriere seminudo che indossava solo una specie di salopette sgambata nera, giovane come me ma chiaramente molto più smaliziato di me.
Sono salito, per una larga scala a chiocciola, al piano superiore ed ho visto cose che non mi aspettavo. Tutto era illuminato da una luce rossa soffusa. C’erano tante stanzette, ognuna con un materassino su un piano rialzato a mo’ di letto. Da alcune, che avevano le porte chiuse, provenivano suoni e gemiti di indubbia origine. Altri, invece, lasciavano la porta aperta in maniera che tutti potessero vedere quello che facevano lì dentro. Ed erano cose che, fino ad allora, avevo visto solo nei filmini. Non potevo o non volevo impedirmi di vedere anche io.
In una, uno sulla quarantina si era calato i pantaloni quanto bastava per mettere i suoi attributi a disposizione della bocca di un ragazzo inginocchiato davanti. Quello lappava voracemente il cazzo e le palle pelose e, con la stessa voracità, di tanto in tanto, si infilava in bocca la mazza sempre più dura dell’uomo, lasciandola libera quando capiva che stava per raggiungere l’orgasmo. Ero come ipnotizzato a guardarli. Qualche secondo per farlo calmare e poi il giovane riprendeva a lappare cominciando dai coglioni. Dopo un bel po’ di quel trattamento, due forti mani gli bloccarono la testa mentre stava succhiandogli la cappella. Il maschio si irrigidì, emise un grugnito e fu chiaro che gli stava venendo in bocca e tutto, dico tutto, venne ingoiato golosamente.
Ebbi un brivido. Chissà che sapore aveva, mi domandai con disgusto. Eppure sentii quasi la voglia di provare, non posso negarlo. In quel momento una mano mi sfiorò il sedere. Uno degli altri spettatori come me ci stava provando. Lo guardai. Era un uomo alto, baffuto e ben piazzato, sulla cinquantina o poco più. Lo allontanai con decisione e mi diressi oltre, verso un’altra porta aperta.
Lì lo spettacolo che si presentava era leggermente diverso. Un ragazzo, anch’esso in ginocchio, stava sollazzando i cazzi di due uomini che mostravano di gradire molto il trattamento. Quando uno stava per cedere, il giovane passava a succhiare l’altro, prendendo contemporaneamente a segare il primo appena cominciava a perdere durezza. Non andò avanti per molto e poi la situazione cambiò. Mentre il pompinaro stava lavorandosi di gusto una delle due mazze, l’altro uomo gli sollevò il sedere, gli slacciò i pantaloni facendoli afflosciare alle caviglie, gli aprì con decisione le chiappette e, senza tanti complimenti, approfittando del fatto di avere la mazza completamente bagnata di saliva, lo afferrò per i fianchi e gliela conficcò dentro fino in fondo con un’unica, violenta spinta. Il ragazzo si inarcò, sembrò cercare di liberarsi la bocca per urlare spingendo le forti cosce pelose dell’uomo che aveva davanti ma non ci riuscì perché quello gli teneva la testa ben ferma. L’urlo rimase soffocato, mentre l’inculatore prese subito velocità.
Era una scena che avevo già visto nei filmini ma che pensavo fosse una finzione cinematografica. Pensavo che non sarebbe stata credibile nella realtà perché chi stava subendo quell’assalto avrebbe reagito con tutte le sue forze. Invece, le grida si trasformarono quasi subito in gemiti. Stava godendo! Incredibile, eppure quel trattamento non poteva non essere doloroso. Invece, stava godendo! Infatti il suo pisellino lanciò uno schizzo in terra, ma i due continuarono ad abusare di lui e passarono almeno dieci minuti prima che gli uomini, grugnendo e urlando, si scaricarono quasi in contemporanea dentro il loro giocattolo del piacere.
Non mi sembrava possibile che qualcuno provasse piacere a farsi scopare in quel modo, rendendomi però subito conto che era proprio quello che desideravo da tempo e che immaginavo nelle mie masturbazioni. Sentii come se il mio buchino fremesse di desiderio. Ed ancora sentii quella mano. L’uomo di prima era di nuovo vicino a me. Mi aveva seguito. Mi allontanai con decisione e continuai la perlustrazione di quel luogo di perdizione.
Più avanti c’era una saletta con alcune file di poltroncine dove stavano proiettando un film hard gay dove abbondavano grossi cazzi, culi sfondati, bocche fameliche e tanta sborra. La mia eccitazione stava salendo ma continuavo a respingerla con tutte le mie forze sempre più deboli. Non volerlo ammettere a me stesso che avrei voluto provare. Sarei dovuto fuggire da quel posto e, invece, non mi spiegavo perché ero come inchiodato.
Da una parte della saletta erano radunate alcune persone ma non capivo cosa stessero facendo. Mi avvicinai e inorridii ancora di più. Nella penombra vidi un gruppo di uomini, forse una decina, che si accanivano coi loro cazzi eretti su di un ragazzo infilzandolo alternativamente senza freno nei suoi buchi. Gridavano la loro soddisfazione quando ne conquistavano uno e lo pompavano ferocemente. Epiteti da postribolo si accavallavano ad incitazioni alla distruzione definitiva del culo conquistato. Litri di sperma gli coprivano il corpo e la testa. Schizzi densi sulla sua faccia che gli venivano poi ficcati in bocca appena si liberava.
Anche questo giovane stava godendo ed io… io, beh, io ero invidioso. Benché non riuscissi a capire perché, ma un trattamento del genere lo avrei voluto subire anche io. Non so, ma sentivo quasi uno stimolo ad avvicinarmi ed a mettere anche me stesso alla mercè di quegli uomini infoiati. E’ stato allora che la mano di prima tornò a toccarmi, questa volta mi strinse con decisione il sedere e l’uomo si abbassò al mio orecchio per sussurrarmi: “Piccolo, vieni con me”. Non riuscivo più a ragionare. Capitolai subito, mi lasciai andare, mi prese per mano e mi condusse in uno stanzino, chiudendo la porta.
“E’ la prima volta, vero? – annuii - La perdita della verginità è una cosa privata. Nessuno deve vedere”. La sua voce era virile, profonda e suadente, la carica erotica che avevo accumulato stava per scoppiare. Mi abbracciò, mi baciò con dolcezza, mi strinse a sé, mi palpò il sedere andando a premere sul buchino. Ero imbambolato, non capivo più niente, solo che stavo per concedermi completamente a quello sconosciuto.
Lentamente cominciò a spogliarmi coprendomi di baci e di carezze con delle mani ruvide, callose, che mi davano i brividi. Mi denudò completamente e io lo lasciai fare. “Sei bello, sei dolce, mi piaci molto ragazzo. Mi sei piaciuto appena ti ho visto. Sei il ragazzo dei miei sogni e voglio essere il tuo primo uomo. Non devi preoccuparti, sarò delicato. Non ho mai sverginato nessuno ma voglio farlo con te. Tu mi ecciti da morire. Senti? Lo senti come sono eccitato?”. Mi prese la mano e l’appoggiò sulla sua patta. Stava scoppiando.
Mi carezzò una guancia e cominciò a spogliarsi. Prima mise a nudo il torace: possente, coperto di pelo brizzolato diffuso, più folto sul petto. Due braccia dai muscoli forti, naturali. Quando si slacciò la cintura e fece calare pantaloni e mutande presentò orgogliosamente il membro duro ed eretto. Caddi subito ai suoi piedi e, come se fosse naturale per me, gli presi in bocca la cappella già bagnata di precum e ne assaggiai il sapore. Volevo imitare quei ragazzi esperti che avevo visto prima. Cercai di infilarmelo in bocca ma non riuscivo a raggiungerne nemmeno la metà.
“Leccami le palle”, disse seccamente. Obbedii abbassandomi ad immergere il muso nella parte più profumata della sua virilità. Quell’odore mi fece perdere la testa. Leccai lo scroto, incurante dei fitti peli che lo ricoprivano. Li pettinai con la lingua, come un gattino col latte. Stavo per prendere confidenza con quella pratica ma durò solo una decina di secondi e mi sollevò adagiandomi sul letto. Finì di spogliarsi e salì sopra sdraiandosi su di me. Era pesante ma la mia attenzione era tutta per la sua grossa lingua che mi invase la bocca mulinandola attorno alla mia. Quando si staccò, la mia mano andò ad avvolgere il suo membro ormai duro. Giuro che non ero io a comandarla ma una forza misteriosa. La stessa che mi spinse a segarlo e ad avvicinarmi con la bocca. Mi bloccò.
“Mi dispiace tesoro ma mi ecciti troppo e potrei venire subito. La sborra te la farò assaggiare dopo, se vuoi. Adesso voglio… ti devo fare il culo e spero di durare quanto basta per aprirti per bene”. Non ho detto niente. Mi sono tacitamente messo a sua disposizione, anche se temevo per il dolore che avrei dovuto affrontare.
Mi rigirò come un fuscello, tanto ero piccolo in confronto a lui. Mi mise prono, mi allargò le braccia e, senza che me ne rendessi subito conto, prese dagli angoli superiori del letto due corde che finivano con delle polsiere con le quali me le bloccò. Non ero pratico del luogo, non sapevo e non mi ero accorto di quelle corde. Cominciai ad aver paura. Cosa voleva farmi? Mi avrebbe torturato? Mi lamentai, ma prima che dicessi qualcosa
“Così non puoi scappare. Stai tranquillo piccolo. E’ solo un gioco che ti piacerà. Ti prometto che farò piano”.
Altre due corde simili mi bloccarono per le caviglie. Ero messo a croce pronto per il martirio. Il mio sedere era a sua completa disposizione. Prese ad accarezzarmelo con delicatezza, ma le sue mani erano grandi, ruvide e callose, aduse a lavori pesanti. Continuò quel trattamento sulle gambe, per poi risalire alla schiena, al collo. Mi leccò le orecchie, mi accarezzò i capelli. Mi faceva provare delle vibrazioni incredibili. Continuò riscendendo lungo la spina dorsale. Mi inarcai. Passò di nuovo con cura sui miei glutei, coperti da una leggera peluria bionda, ed ancora sulle gambe. Mi passò un dito sullo sfintere, inaspettatamente. Sussultai. Era di fianco a me, in ginocchio, e potevo vedere il suo enorme cazzo duro e pensavo che quello sarebbe entrato in me. No, non sarebbe stato possibile: era troppo grosso. Tremavo di paura e di desiderio insieme.
Si spostò accovacciandosi tra le mie gambe aperte e si abbassò col viso. Mi afferrò saldamente i glutei con le mani, me li allargò ed affondò nelle mie parti più intime. Con la lingua prese a leccarmi lentamente l’orifizio e sentivo i suoi baffi rasparmi l’interno delle cosce. Mugolavo dal piacere che sentivo crescere e più mugolavo e più lui slinguava e bagnava di saliva il buchino che cominciò a boccheggiare nel desiderio di essere finalmente aperto.
“Ti piace, vero?” – io risposi coi miei gemiti – “Dimmelo che ti piace” – e giù a slinguare. Non riuscivo a rispondere ma protesi come potevo il culo verso di lui, nell’attesa dell’ormai inevitabile deflorazione. Si mise a cavalcioni sopra di me, con le braccia puntate ai lati del mio corpo e il cazzo durissimo appoggiato nel solco delle mie chiappe. Ne potevo constatare la grossezza e, per un attimo, ebbi paura ma la voglia era tanta.
“Vuoi che ti rompo il culo? Lo vuoi il mio cazzo in culo? Dillo… dillo”.
“Siiii” riuscii a soffiare.
Puntò la cappella sull’ano e spinse lentamente, senza fermarsi. Si fece strada attraverso lo sfintere. Sentii un leggero dolore, ma continuò ad avanzare e, sempre lentamente, raggiunse il fondo con un gemito di soddisfazione. Era stato molto più facile di quanto pensassi.
“Sono tutto dentro di te. Lo senti? Lo senti il mio cazzo che ti ha sverginato? Ti piace, vero?”
“Ahi, si, si, mi piace, mi piace”. Aumentò gradualmente la velocità dell’inculata.
“Certo che ti piace, perché sei troia, sei naturalmente troia”.
“Ohhh, si, si, ahi, ahi, si, sono troia, sono troiaaa”. Ero così perso nel piacere di aver finalmente dentro di me un maschio che mi desiderava, un maschio poi così virile e forte che mi fotteva a ritmo sostenuto, che venni quasi subito.
“Hai goduto troia, tieni, tieni, ti spacco il culo, ti sfondo piccolo ragazzo, avevi fame di cazzo, ecco, eccotelo, prendilo tutto, tutto”. Ormai ci dava dentro con tutta la sua forza e il mio buco non faceva più alcuna resistenza a quell’invasione violenta.
“Ahi, ahi, ahia, siii, non ti fermare, forte, forte, più forte, ahi, ahi, sfondami, sfondamiii”, stavo urlando dal piacere mentre lui muggiva come un toro infoiato.
Mi si abbatté sopra. Mi abbrancò tra le sue forti braccia. La destra a tenermi saldamente per il petto, la sinistra a tapparmi la bocca nel tentativo di soffocare le mie grida. Mi parlava sommessamente all’orecchio, tra un rantolo e l’altro.
“La prego, non mi venga dentro”, dissi con poca convinzione.
“Che razza di troia sei se non ti fai riempire come si deve? Sono io che decido”. Si è fermato un attimo, poi un susseguirsi di spinte secche e feroci per sfondarmi definitivamente.
“Eccomi, tesoro, sto per sborrarti dentro. Sto per riempirti del mio succo, Sto per farti completamente mio. Eccolo, eccolo”. Sentivo il ciclone che gli stava attraversando l’uccello fino ad esplodere. “Aaahhh, putt…”. Ho sentito le sue palle che si contraevano. Ho sentito una serie di densi e caldi schizzi della sua sbroda invadermi. Ho sentito finalmente la mia anima liberarsi. E sono venuto ancora.
Si lasciò completamente andare sopra di me. Sentivo il suo ampio petto peloso aderire alla mia schiena e il suo cuore battere all’impazzata. Mi baciò la nuca.
“Cazzo, che sborrata! Non ho mai sborrato tanto! Ragazzo, sei stato fantastico. Ho goduto come mai in vita mia, ti assicuro”.
“E’ stato bellissimo anche per me. Grazie… signore”. Mi resi conto che non sapevo come chiamarlo.
Si sfilò dal mio buco sfasciato. Lo guardò affascinato mentre rigurgitava fuori la crema di cui mi aveva farcito. Mi liberò dalle corde, si sdraiò accanto a me, prese della carta che era lì a disposizione e si pulì il cazzo alla bell’e meglio. Fece un gran sospiro di soddisfazione. Io mi accoccolai sul suo petto, sotto la sua ascella sudata.
“Signore. Si, ok, chiamami pure signore. Sono forse più vecchio anche di tuo padre. Io ti chiamerò troia, la mia piccola, bella, dolce troia. Ti piace se ti chiamo troia?”
“Oh si, signore, sono la tua troia”. Gli ho preso in mano l’uccello ancora abbastanza rigido ed è bastato poco che tornasse duro come un tronco d’albero. Mi sono abbassato e l’ho preso in bocca. L’ho succhiato, pompato e leccato deciso a farmi riempire anche l’altra mia apertura, a voler assaggiare finalmente il tanto decantato sperma, ingoiato con tanto piacere dai ragazzi che avevo visto prima.
“Cazzo, non ci posso credere, me l’hai fatto intostare ancora in così poco tempo. Erano decenni che non mi succedeva. Mi piaci proprio tanto cucciolo. Bravo, si, così, così, siii… Bevi, bevila tuttaaaa”.
La decisione era presa. Sapevo finalmente da che parte stare. Da allora mi sono impegnato a studiare e mi sono laureato, non in Economia ma in Sodomia pratica. Viviamo insieme. Il giorno ognuno al proprio lavoro e la sera, i fine settimana, ogni volta che è possibile, il mio uomo mi fa suo, ribadisce la sua supremazia su di me e io sono finalmente felice.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha il solo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma non mancate di godervela il più possibile. Buona sega a tutti).
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