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Prime Esperienze

Alle medie la sognavo e divenne reale...


di MasterD
26.01.2015    |    22.883    |    4 9.9
"A mano aperta cercò qualcosa massaggiandomi delicatamente e trovò subito il mio membro che si stava gonfiando..."
Da tempo la sognavo, ero arrivato perfino a vederla spesso comparire nei miei sogni e a intristirmi qualora ciò non avvenisse. Potevo vedere il suo volto mentre sorrideva verso di me, con i suoi occhi verdi e i lunghi capelli fulvi che le adornavano dolcemente il viso. Ma alla fine, erano sempre e solo sogni e io giovane tredicenne mi risvegliavo nel letto solo e con soltanto dei vaghi ricordi destinati all'oblio.

In quel periodo frequentavo la scuola media, nella città dove attualmente vivo, a Trieste. Come molti miei coetanei la mattina mi recavo senza molta gioia alla scuola media inferiore "G. Stuparich", frequentavo le lezioni e restavo intrappolato nelle strette maglie dell'istituzione scolastica fino a pomeriggio inoltrato. Non ero propriamente una persona molto popolare e alla moda, mantenevo anzi un certo aristocratico distacco dai miei compagni di classe. Già allora disprezzavo interiormente i banali, grezzi vizi in cui indugiavano i miei compagni, dalle prime sigarette fumate di nascosto alle bevute fatte allo scopo di ubriacarsi e provare un'ebrezza di pochi momenti, tutto ciò era per me era volgare e stupido. Ma avevo iniziato a sviluppare una forte passione per il corpo femminile, con la costanza e la capacità di osservazione di chi brama tanto una cosa e non sa come ottenerla avevo iniziato ad osservare i corpi delle mie compagne di classe, la loro curvilineità, i loro fianchi e i seni di quelle più sviluppate. A quel tempo il corpo femminile rappresentava per me un mistero irrisolto da cui mi sentivo attratto e da cui sarei stato attratto per sempre.

Vi erano solo due ragazzine particolarmente belle nella mia classe, Francesca e Katia. Della prima si sapeva che stava insieme a un ragazzo nella sua stessa classe, un certo Alessio appassionato di moto e di motorini, il classico bullo dal cuore tenero di cui molte si infatuano. Storie di quella che era la loro relazione insieme circolavano sotto forma di pettegolezzi dall'inizio dell'anno ma non ci facevo molto caso, erano folklore e leggenda tra i banchi della scuola.
Katia invece veniva sempre considerata distante e altezzosa, qualcuno raccontava avesse una situazione famigliare particolarmente infelice, ma nulla di più. Cosi mentre tutti i maschi si focalizzavano su quelle due ragazze, io invece avevo occhi solo per Ivana.

Ivana, era lei la ricorrente presenza nei miei sogni. Si sapeva poco di lei, era una ragazza di origini croate, arrivata nella nostra classe circa alla metà dell'anno scolastico in corso, accolta abbastanza freddamente e senza nessun amico. Nessuno sapeva nulla di più, però io mi perdevo nei suoi occhi verdi e nella sua fluente treccia fulva. Tutto ciò mi attirava in maniera incredibile e svegliava in me sensazioni e sentimenti che non conoscevo.

Spesso durante il mio solitario ritorno a casa dopo le lezioni sognavo ad occhi aperti di aver di fronte a me le mie compagne di scuola, tutte in piedi davanti a me , prive dei loro abiti e impossibilitate a nascondersi al mio sguardo. Sognavo altresì di comandarle e di avere l'opportunità di esaminarle con gli occhi in ogni punto del loro corpo. Di poter sfiorare con le mani il loro seno e di gustare le loro forme. Mi eccitavo nel pensare di poterne così sentire gli odori e i profumi, oltre alla gioia che il contatto fisico con la loro nuda pelle poteva procurarmi.

Erano solo sogni di un ragazzino delle scuole medie, ma mi permettevano di sopportare il peso della scuola e le difficoltà di quei giorni. Non avrei mai pensato che un giorno i miei desideri potessero diventare realtà. Allo stesso modo in cui non potevo realmente immaginare cosa mi aspettasse nel corso della vita.

La palestra della scuola in quei giorni era situata in un altra palazzina a separarle vi era una specie di cortile interno, utilizzato spesso durante i caldi giorni primaverili per le lezioni di ginnastica. Unico collegamento tra le aule e la palestra era l'ingresso principale nel quale troneggiava un busto di "G. Stuparich" da cui la scuola prendeva il nome. Spesso per variare e offrire maggior relax a noi studenti, gli insegnanti di ginnastica disponevano nel mezzo dell'ingresso un tavolo da ping pong e a turno mandavano a giocare una coppia scelta casualmente.

Un giorno, cosi per caso, venimmo selezionati proprio io e Ivana. Prendemmo le racchette da ping pong e andammo a giocare. Ricordo ancora quanto bene le stava la divisa blu e arancione che eravamo obbligati a indossare durante le lezioni di educazione fisica. I colori della scuola mettevano in risalto i suoi capelli, i pantaloncini corti le sue gambe, i suoi fianchi e il suo sedere.

Giocammo per mezzora e poi approfittando degli ultimi minuti prima che il suono della campanella indicasse la fine delle lezioni, Ivana si sedette sulle scale all'ingresso e io mi misi vicino a lei. Restammo li a chiacchierare e a scambiarci qualche frase di circostanza sugli insegnanti, sulla scuola e sui nostri compagni. Finché allo scoccare della campanella non mi scivolò di mano la pallina da ping pong e mentre mi chinavo a raccoglierla anche lei si chinò e cosi per caso ci sfiorammo le mani.

Forse sognai ogni cosa, però in quel momento mentre la fissavo negli occhi ebbi la netta impressione che anche lei restasse a fissarmi intensamente.
Poi il suono della campanella annunciante la fine delle lezioni distrusse ogni cosa. Lo spogliatoio era uno solo e a noi maschi toccava cambiarci per primi, per fare presto e lasciare spazio alle femmine della classe. Mi cambiai e col pensiero di Ivana fisso in testa mi diressi fuori dalla scuola.

Quando fui a metà strada mi rendetti conto di aver dimenticato le chiavi di casa, le cercai addosso, nella giacca e nello zaino, ma dovevo averle perse nello spogliatoio. Abbastanza seccato ritornai verso la scuola. Vicino alla statua di pinocchio situata nel parchetto esterno della scuola incrociai le compagne di classe che si stavano dirigendo verso le rispettive case. Convinto che a scuola non fosse rimasto più nessuno raggiunsi lo spogliatoio e spalancai senza esitazioni la porta.

Ivana doveva essersi attardata per potersi cambiare con maggior calma rispetto alle altre compagne di classe, quando la porta si spalancò non mi notò subito, era girata di spalle e io fui molto silenzioso. Ma io la vidi infilarsi un paio di mutandine rosate con fare disinvolto. Qualcosa dentro di me scattò in quell'istante, restai incantato ad osservare le forme del suo sedere vellutato e le ombre del suo taglietto mentre si infilava le mutandine. Per un istante ebbi voglia di sfiorarla o di farle sentire la mia presenza, avrei fatto qualsiasi cosa in quel momento pur di sentire le mie mani appoggiate sul suo corpo.

Velocemente richiusi la porta, miracolosamente senza fare alcun rumore, lei non si accorse di nulla.
Bussai, lei fini di vestirsi e io cercai di sbirciare qualcosa dalla serratura ma purtroppo qualcuno l'aveva preventivamente oscurata.

Sentii i suoi passi e aspettai che aprisse la porta.

"Ciao, scusa devo aver dimenticato le chiavi" dissi muovendomi verso l'unica panchina di legno.

"Ciao" mi rispose senza aggiungere nulla o mostrare una qualche emozione.

Recuperai le chiavi cadute tra la panchina e il battiscopa e mi girai verso di lei, aveva già indossato il giubbotto,lo zaino e si stava dirigendo verso la porta. Infilai sbrigativamente le chiavi in tasca e la raggiunsi.

Camminammo fianco a fianco lungo la strada senza dire una parola, finché non presi coraggio e le dissi "Ti va se ti accompagno a casa ?"

Lei mi guardò sorrise e dopo una attimo di silenzio rispose : "Va bene"

Raggiungemmo in pochi minuti il portone di casa sua, abitava sotto casa mia in quello che era un palazzo di un importante ente assicurativo triestino. Non era lontana da scuola, mi disse qualcosa sul suo patrigno e sul fatto che abitasse con lei ogni tanto in quella casa. Capii che per la maggior parte del tempo era sola e non doveva avere un gran rapporto col patrigno nè con la sua famiglia.

La accompagnai fin dentro il portone d'ingresso e entrai con lei in ascensore. Nel tempo che l'ascensore impiegò per percorre la distanza tra il primo e il secondo piano lei si tolse il giubbotto e sfilò da una tasca un grosso mazzo di chiavi.

Appena scesa dall'ascensore si diresse verso una porta blindata uguale a tante altre al secondo piano, vi infilò le chiavi e la aprì. Restai sulla soglia per qualche istante, pronto ad andarmene e salutarla, finché lei non disse : "Entra pure ".

Entrando lasciai il pesante zaino e mi tolsi il giubbotto lasciandolo all'ingresso come aveva fatto lei e spinsi la porta fino a chiuderla.

L'ingresso del suo appartamento era scarno e pieno di giornali e scatole di cartone appena aperte. Sembrava il frutto di un trasloco avvenuto in fretta e furia, alcuni di quei giornali non erano scritti in una lingua per me riconoscibile, anni dopo a distanza di anni pensai potessero essere in croato o in serbo, ma non ho mai avuto modo di saperlo.

Il salotto era altrettanto scarno, qualcuno aveva sistemato dei mobili, alcuni dei quali sembravano ancora avvolti in una carta trasparente, le uniche cose libere dalla plastica erano il televisore e il divano nel quale lei si era sistemata. Aveva acceso la televisione e stava guardando un cartone animato che a quell'ora Italia uno trasmetteva.

Senza farmi troppi problemi mi sedetti vicino a lei sul divano, guardammo insieme un cartone animato e senza che riuscissi a rendermene conto all'improvviso lei alzo la mano destra e me la mise in mezzo alle gambe.
A mano aperta cercò qualcosa massaggiandomi delicatamente e trovò subito il mio membro che si stava gonfiando. Paralizzato dal timore e dalla novità dell'esperienza, con un turbine di sensazioni e emozioni che mi inondavano non dissi nulla mentre iniziò a massaggiarmelo stringendomelo con la mano da sopra i pantaloni.

Si girò a guardarmi distrattamente come se fossi solo una distrazione rispetto alla televisione e mi chiese sorridendo : "Ti piace ?"

Con un respiro affannoso le risposi "S-si, molto" ero incerto e non sapevo davvero cosa aspettarmi.

Si girò del tutto verso di me mantenendo il sorriso e mi infilò l'altra mano sotto la maglia, ebbi un brivido ma mi piacque immensamente la sensazione che il calore della sua mano provocava sul mio corpo. Il contatto della sua mano con la mia pelle era incredibilmente piacevole e lei era così calda rispetto a me.

Spinto da qualcosa che nel profondo di me si stava svegliando la spostai di peso mettendola a cavalcioni su di me. Lei sorrise e arrossì, le infilai le mie mani sotto la maglietta che portava e venni avvolto dalle sensazioni che si originavano al contatto della sua nuda pelle. Le sfiorai il seno e i capezzoli e mi resi conto che non indossava alcuna biancheria intima.

Si tolse la maglietta da sola, lasciandomi per qualche istante a fissare direttamente il suo piccolo seno in crescita, ebbi un irrefrenabile impulso di baciarlo. Vidi gli occhi di lei inumidirsi e la sentii respirare affannosamente mentre la mia bocca si appoggiava delicatamente sulla punta del suo seno. Leccai dolcemente la punta del suo capezzolo che si inturgidiva e poi lo succhiai avidamente. Lei si piegò all'indietro come se stesse cercando di rendermi più facile il compito, poi mentre stavo per passare all'altro continuando a baciarle il petto si spostò indietro.

Si sposto sotto al divano, in ginocchio con la testa all'altezza del cavallo dei miei pantaloni ormai del tutto rigonfio. Mi accarezzò le gambe e il cavallo da sopra i pantaloni fissandomi negli occhi.

"Dai togliti tutto, voglio vederlo " disse infine, con un tono che non scorderò mai. Le obbedii e in un solo passaggio mi liberai delle scarpe, dei pantaloni e delle mutande lasciando tutto per terra. Imbarazzato ma in preda a sensazioni nuove mi rimisi sul divano nudo dalla cintura in giù.

Ero al massimo dell'erezione che può avere un ragazzino di quell'età, spaventato e intimorito dal giudizio di un altra persona difronte a qualcosa che non avevo mai mostrato a nessuno. Lei non disse nulla, semplicemente avvicinò il suo petto e mise il mio pene in mezzo al suo seno. Sentii tutto il suo calore e lei senti il mio, sorrise dicendomi : "Cosi si dovrebbe fare una spagnola vero ?"

"Una spagnola ?" ripetei del tutto inebetito, mi ricordai in seguito che quel termine era venuto fuori qualche settimana prima e che aveva provocato una classifica segreta tra i maschi della classe nella quale Ivana non era stata neppure elencata.

Mentre ero avvolto da queste riflessioni, comprimette il suo seno schiacciandomi il glande e iniziò a massaggiarmelo con il suo seno donandomi un debole sussulto di piacere. Disse qualcosa che non compresi bene, sembrava turbata e infastidita dal fatto di non avere una taglia di seno pari a quella di alcune nostre compagne di classe, mentre ansimando stavo per dire qualcosa sentii la punta del mio membro diventare umida e mi resi conto che Ivana lo stava leccando dolcemente.

Dopo averlo leccato, lo esplorò con la lingua in silenzio, come a volerlo scoprire in ogni suo lato. Poi tra un mio sussulto e un altro infilò la punta nella sua bocca. Si fermò e mi disse : "Ti piace, anche questo ?"
"Certo " dissi io senza esitazione alcuna.
"Non ti faccio male, vero ?" chiese mentre continuava ma toccarmelo con meno delicatezza.
"No, tranquilla" dissi velocemente e aggiunsi subito dopo un breve respiro " anzi, mi piace parecchio "
"Se ti faccio male dimmelo" aggiunse e senza esitazioni lo riprese in bocca e iniziò a succhiarlo in maniera diversa, più forte di prima, come se avesse abbandonato ogni paura.

Ansimai e mi lasciai travolgere dalla sensazione di piacere, poi mentre Ivana continuava a muoversi sul mio membro qualcosa dentro di me voleva aumentare ancora di più quel piacere intenso che stavo provando. Cinsi la sua testa con le mie mani e le accarezzai i capelli. Lei riprese a succhiarlo infilandosene un altro centimetro all'interno della bocca. Ma qualcosa dentro di me voleva e pretendeva che lei lo prendesse tutto all'interno della sua bocca. Fu come se una parte di me mi stesse guidando ad aumentare ancora di più il mio piacere. Delicatamente la accarezzai spingendola a prenderlo tutto all'interno, fino alla base.

Lei si fermò un istante e mi disse fissandomi negli occhi : "Non riesco a metterlo tutto fino in fondo".
"Dai provaci, è una cosi bella sensazione per me" dissi io egoisticamente, accarezzandole il viso.

Spronata da quelle parole ci riprovò immediatamente e dopo qualche movimento di prova e qualche spinta di incoraggiamento riuscì a scendere fino alla base. Sentii le sue labbra alla base del mio membro contrarsi baciandomi.
Il piacere che stavo provando era incredibile rispetto a quello che provavo fino a qualche secondo prima, sentivo la sua gola e la sua bocca contrarsi e la sua lingua muoversi e avvolgermi, non volevo finisse immediatamente. Spinto dal mio desidero mossi le mani che la accarezzavano e la trattenni delicatamente in quella posizione per qualche secondo.

La sentii muovere internamente la bocca nel tentativo di respirare e liberarsi, la sua lingua mi strinse più forte il pene fino a quando non sentii un brivido salirmi lungo la schiena e mentre sentivo il suo fiato mozzarsi in gola esplosi e le venni copiosamente nella profondità della sua bocca.

La mollai dopo qualche istante, Ivana tossi e si allontanò per un attimo, poi tornò a guardarmi. Aveva delle leggere lacrime agli occhi, ma non stava piangendo, non sembrava neppure spaventata o arrabbiata, era solo sorpresa dal mio gesto e dal fatto che le fossi venuto in bocca, all'improvviso.

In quel momento cosi particolare, prima che potessi dire o fare altro, il campanello di casa squillò, preso da un istintivo panico e nella concitazione di dover far tutto in pochi istanti capii che era il suo patrigno o qualcosa del genere. Mi vestii in fretta presi la borsa e usci dalla porta di casa salutando il patrigno che mi salutò sbrigativamente senza degnarmi di uno sguardo. Ivana rivestita, senza dire una parola mi salutò con la mano dalla porta mentre io corsi verso casa mia elettrizzato.

Fui su di giri per tutto il resto del giorno, avrei voluto chiamarla e parlarle, ma non avevo il suo numero di telefono. Per cui dovetti aspettare di rivederla a scuola il giorno dopo.
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