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Gay & Bisex

Sei sveglio stasera? (secondo episodio)


di FlavioV
16.07.2022    |    7.883    |    8 9.9
"Avete mai avuto un momento in cui il vostro cuore non batte più all’improvviso e voi restate lì alla ricerca di aria? Io sì..."
Parte seconda

8 giugno. Finalmente è finita la scuola e ho concluso il quarto anno. Promosso e con buoni voti che mi permetteranno un’estate molto tranquilla. I miei genitori sono felici e orgogliosi di me, il che vuol dire che in queste vacanze mi lasceranno più libero del solito.
“E ora feste e amici, alla tua età…” mi ha detto mio padre appena ha visto i tabelloni, per poi strizzarmi l’occhio e aggiungere: “magari è la volta buona che ti trovi anche un fidanzato o … una fidanzata”. Sorrido di fronte alla sua inesauribile convinzione che il mio coming out sia stato solo uno scherzo di pessimo gusto.
Comunque mi preparo a godermi il mese di giugno in cui ho ancora gli allenamenti di basket e finalmente studierò per la patente e poi luglio e agosto di pura estasi da vacanze, prima di fare il carino a inizio settembre con qualche mia compagna via chat per farmi dare i compiti di matematica e latino. Tutto bene insomma, starete dicendo.
Lo credo anche io, sdraiato sul letto in camera, nei miei boxer bianchi Calvin Klein mentre guardo il cellulare e penso che da tre settimane non ho più notizie di Marco. Dopo l’ultima domenica in cui ci eravamo incontrati gli ho ancora mandato due messaggi per sapere come stesse o perché non venisse più al corso di inglese. Messaggi visti, spunta azzurra, ma nessuna risposta. In fondo me l’aveva detto, gli andava bene vedersi per succhiarsi il cazzo, mica per parlare… per quello c’era la sua fidanzata.
Mentre sono perso nelle mie piste mentali e il solo pensiero di Marco mi fa venire il pisello duro nei boxer, mi arriva un whatsapp:
Marco: “che fai stasera?”
Il messaggio mi gela, mi sento come quando a 14 anni, durante un campo estivo di basket, il mio amico Riccardo mi riempiva di scherzi. Per dirvi, una volta mi aveva pisciato nel doccia schiuma con il quale, ignaro, mi ero lavato tra lo sdegno dei miei compagni che mi invitavano a picchiarlo, io avevo capito di essere gay e mi ero lavato tutti gli altri giorni con il sapone misto al suo piscio. Sempre Riccardo, un giorno, mi aveva allargato l’elastico dei pantaloncini e dei boxer e mi aveva infilato dentro le mutande dei cubetti di ghiaccio. Io ero rimasto letteralmente gelato… ma allo stesso tempo mi ero eccitato pensando che quel ghiaccio era passato tra le mani di Riccardo e che per mettermelo, aveva anche solo per un secondo visto il mio cazzo.
Ecco in questo momento mi sento come allora. Marco non si fa sentire e vedere da tre settimane e poi mi manda un messaggio chiaramente per invitarmi e succhiarmelo, dovrei essere arrabbiato eppure mi sento eccitato e continuo da fuori dei boxer a tocchettarmi la punta del cazzo che è in fiamme.
Risposta mia: “Purtroppo stasera gioco fuori città a Cordove, un paese in mezzo ai boschi dimenticato da tutti… mi spiace”.
Ed è la verità. Se credete nella provvidenza, è questo il caso. Stasera gioco a basket in trasferta, in un paesino sperduto ai limite dei boschi e non avendo la macchina verrò portato dall’allenatore per cui direi … appuntamento di sesso saltato.
Che dire… mi sento come con i cubetti di ghiaccio, ma forse è meglio così.
Mi alzo da letto, la smetto di toccarmi, mi tolgo i boxer e vado a farmi una doccia. Ebbene sì, quando fa caldo, mi faccio la doccia prima di andare a giocare, giusto per non ammazzare con la mia puzza gli avversari (che voglio ammazzare solo sportivamente eheh). Visto che ho il cazzo tanto duro che quasi mi fa male, decido di farmi passare l’erezione in modo mentale, per cui mentre mi lavo inizio a pensare a mia nonna che cade dalle scale, alla prof d’inglese e altri cose brutte.
Esco dalla doccia, boxer neri portafortuna, divisa della squadra e si parte.
E poi c’è la partita. Sono in gran forma o forse i miei avversari sono molto scarsi. Il mio tiro in sospensione è da fenomeno e alla fine metto a segno 23 canestri in una vittoria entusiasmante. Sono l’eroe gay dei miei compagni di squadra. Finisce la partita e mi sento chiamare dalle tribunette della palestra: “Noel!”. Mi giro e … mi ritrovo Marco, bermuda color panna, polo blu, un sorriso devastante, che mi saluta.
Avete mai avuto un momento in cui il vostro cuore non batte più all’improvviso e voi restate lì alla ricerca di aria? Io sì.
“Che cosa ci fai qui?”, chiedo.
“Dai, dopo mi farai tutte le domande che vorrai, adesso di ai tuoi compagni che non torni con loro e che ti porto a casa io”, mi risponde Marco.
“No, ma no”, balbetto timidamente, “Non è possibile, devo farmi la doccia e poi che cosa mi invento”
“Vai bene anche così. E poi non eri tu che volevi andare a cena, guarda che ho prenotato un posto qui vicino per le nove e mezza, siamo già in ritardo”.
Non capisco più niente, all’improvviso ho una scuola di musica nello stomaco, tromboni, oboe, tamburi… di tutto un po’. E’ il primo invito a cena della mia vita.
Corro dal mio allenatore, dico che andrò via con un mio amico che mi ha fatto una sorpresa, prendo il borsone senza neanche aprirlo, raggiungo Marco nel parcheggio, 500 rossa, butto il borsone nel sedile posteriore e partiamo.
Parliamo per 10 minuti di basket, della mia partita, finché arriviamo al parcheggio di un Mac Donald’s, ultimo avamposto di civiltà prima del bosco.
Marco ride: “Be’, insomma non pensavo proprio ad una cena a 5 stelle…”
Rido anche io: “Va benissimo così”.
Entriamo e chiacchieriamo come non abbiamo più fatto da quando abbiamo iniziato a segarci insieme e ogni tanto sento la sua gamba avvicinarsi alla mia sotto il tavolo, i suoi peli incrociare la mia pelle liscia e non mi interessa più di essere ancora con la canotta verde da gioco e i pantaloncini da partita e le scarpe da basket…
Finita la cena, prima di alzarci, mi dice: “Comunque ho lasciato Eleonora, ecco perché non sono più venuto al corso di inglese, ero un po’ triste”. E poi un fiume di spiegazioni e di motivi che fatico a sentire, impegnato ad ascoltare l’orchestra che mi suona nello stomaco.
Usciamo e risaliamo in macchina, il parcheggio ormai è quasi vuoto e dentro di me una voce mi ricorda: “Eccoci, ci siamo”.
Marco sembra leggermi nei pensieri: “Non ti fare idee strane, niente parcheggio stavolta”.
Facciamo ancora qualche chilometro di strada nel bosco, parcheggiamo in uno spiazzo deserto e usciamo dalla macchina.
Camminiamo in silenzio per un po’ finché arriviamo ad una specie di spiaggetta, bosco alle spalle e lago davanti a noi. Una luna pazzesca inonda il posto, sembra di essere di giorno. Marco ha con sé uno zainetto dal quale tira fuori un asciugamano da mare e mi dice che se mi va potremmo sdraiarci un po’ a parlare lì. Certo che mi va. Aggiunge che purtroppo ha solo un asciugamano, se va bene lo stesso…
Ci sdraiamo. I nostri corpi sono adesso pericolosamente vicini. I nostri sguardi ogni tanto si incrociano, tra silenzi, sospiri e parole. Siamo sempre più vicini. La mia mano tocca la sua, i polpacci sono attaccati, un ultimo sguardo e poi non resisto più e inizio a baciarlo a stampo, con la lingua, in tutti i modi possibili. Le nostre lingue si intrecciano e inizio a penetrarlo con la mia, do colpi fino nella sua gola, gli avvolgo la sua lingua, non gli do respiro. Intanto nei pantaloni il mio cazzo sta per esplodere. Gli metto una mano sul suo, e sento solo un blocco durissimo. Gli tiro giù la zip delle bermuda, il suo cazzo spinge nei boxer verdi e vuole uscire dal varco della zip. Si toglie la maglietta. Vorrei urlare, la luna gli illumina gli addominali ancora più lucidi e duri di come li ricordassi, i pettorali sono un blocco di marmo. Mi tolgo la mia canotta, anche io non scherzo. Lui emette un suono di piacere. Mi dice che ho un bel fisico. Intanto la mia mano è assetata del suo cazzo, gli apro il bottone e gli sfilo di forza i pantaloni. I suoi boxer sono segnati dal cazzo che spinge. Mi dice di aspettare un attimo e si getta su di me. Io tolgo le scarpe, lui mi sfila i pantaloncini e si appropria dei miei boxer dentro i quali il mio uccello sembra un leone in gabbia. Mi toglie i calzini e mi inizia a baciare i piedi, sento la sua saliva tra le mie dita e penso che ho giocato tutta la sera e che … ma non ho tempo, mi lecca i polpacci e le ginocchia e le cosce e sento il suo naso entrarmi da sotto nei boxer. Il mio cazzo implora di uscire, ho le sue labbra sulla punta dell’uccello fuori dai boxer, mi lecca, e poi con i denti mi sfila le mutande, facendo sbattere violentemente il mio cazzo contro gli addominali. Sono un paio di settimane che non mi depilo il pube per cui ho anche qualche peletto che lui subito annusa e poi annusa il mio cazzo che sa di sapone, di partita, di presborra. Intanto anche lui si è sfilato i boxer. Il suo cazzo è sempre lì: asta stretta e prepuzio a palloncino. Sembra un fungo. Adesso siamo uno sopra l’altro, lui mi bacia senza respiro, i nostri cazzi sono a contatto, in effetti così sembra che io ce l’abbia molto più grosso e largo di lui. Lui sorride. Il suo è abbastanza pallido, mentre il mio più scuro. Con la sua mano destra, mentre mi bacia, prende in mano entrambi i cazzi e facendoli strusciare insieme li sega. Sento il mio prepuzio scendere del tutto e far uscire la cappella che entra in contatto con la sua. Probabilmente ancora qualche istante e sarei venuto così, ma lui si ferma appena in tempo. Sorridiamo, evidentemente scampato pericolo per entrambi e sborra trattenuta.
“Vieni”, mi dice.
Prende il suo zainetto, lasciamo tutti i vestiti lì e mi prende la mano. Siamo mano nella mano, con le dita intrecciate, quasi fossimo una mano sola, completamente nudi e ci dirigiamo verso il boschetto.
Arriviamo ad una piccola radura, la luna, seppur più timida, continua a farci da luce naturale. Io mi aggrappo alla sua mano, a quella stretta che mi fa sentire sicuro. Ad un certo punto, mi lascia e si mette dietro di me. Non ho tempo di capire. In modo deciso e delicato allo stesso tempo mi fa scivolare verso un albero. Per non cadere devo appoggiare entrambe le mani al tronco. Lui mi è dietro e appoggia il suo cazzo sul mio culo. Inizia a baciarmi così, la sua lingua incrocia la mia e il suo uccello inizia a spingere. Mi dà un ultimo bacio e mi dice di aspettare. Io volto la testa per vederlo. Nudo, tonico, il cazzo durissimo. Tira fuori dalla zaino un tubetto di lubrificante, sorride e se ne spalma un po’ sul suo pisello che ora è duro e lucido. Con un dito ne mette anche un po’ sul mio buco, sento il suo indice tintinnare le labbra del mio culo e entrare un pochino per inumidirlo bene. Sono molto teso, rigido. Appoggia il suo cazzo sul mio buco e inizia a spingerlo dentro. Sento le pareti che si allargano e un corpo estraneo che entra dentro di me. Mi brucia ma sono anche molto eccitato. Spinge con delicatezza e sento il suo cazzo aderire sempre di più alle labbra del mio buco penetrandole. Riprende a baciarmi il collo, la schiena e intanto il cazzo è entrato dentro e inizia a muoversi in modo circolare, quasi una danza nel mio buco. Sarà il lubrificante ma, a parte un po’ di bruciore, non sento niente. Mi volto un po’, lui mi bacia in bocca e mi chiede se tutto va bene. Sì certo e poi entrata la sua cappella, non temo più nulla perché l’asta è più sottile.
E poi… e poi… all’improvviso le sue mani si aggrappano ai miei fianchi e li stringono con forza e inizio a sentire il suo cazzo spingere con violenza nel mio culo. I primi colpi mi lasciano senza respiro, mi brucia tutto, il mio ano implora di smetterla, ma Marco continua a spingere sempre più forte, finché sento dentro di me come un colpo di qualcosa che si rompe e lui che spinge e quel cazzo durissimo che mi entra dentro, nel profondo, nelle viscere. Adesso capisco, ha superato la barriera dello sfintere, mi ha aperto, e adesso è veramente dentro. Le terminazioni nervose stanno per esplodere, brucia tutto, il mio corpo istintivamente vorrebbe scappare in avanti, allontanarsi, ma le sue braccia mi stringono fortissimo per i fianchi e mi spingono verso il suo corpo aumentando la profondità dei colpi. Ad un certo punto lo sento tutto dentro… 17 centimetri nel mio culo, il suo petto si avvicina alla mia schiena, inizia a baciarmi con forza e a farmi un succhiotto violento sul collo. Mi sento impalato con quel cazzo in culo. Le sue mani scivolano in avanti e mi stringono i pettorali, mi violentano i capezzoli e con un filo di voce mi sussurra all’orecchio: “Adesso ti farò un po’ male mi sa, ma dopo godrai”. A quelle parole, le mie resistenze crollano, sento le gambe diventarmi molli e permettere a lui di infilare le sue all’interno delle mie. Ho le gambe aperte e il suo pisello dentro. Inizia ad andare su e giù, senza mai farlo uscire del tutto dal mio culo, lo porta al limite del buco e poi con un colpo secco lo fa rientrare tutto, fino in fondo, fino a spaccare le ultime resistenze dello sfintere, fino ad aprirmi tutto il buco del culo. Non ce la faccio più e inizio a gemere come un animale. E più gemo, più anche lui inizia a emettere versi, a baciarmi con violenza, a infilare il cazzo fino in fondo. Avanti, indietro, e ogni volta che sembra che il suo pisello esca le pareti del mio culo, lo seguono come per richiudersi e poi essere riaperte con violenza. Sono in fiamme, sento il suo uccello dentro lo stomaco, in gola, mi sento posseduto dappertutto. Non ci sono più confini, non c’è più una parte che sia solo mia.
Mentre con le mani sono sempre attaccato all’albero per reggere gli urti, il mio uccello inizia a sbattere violentemente contro i miei addominali, e godo come se mi stessi segando senza neanche toccarmi. Fap, fap … il rumore del mio uccello che sbatte davanti spinto dai colpi che ricevo nel culo si mischia con il rumore del bacino di Marco che sbatte contro le mie natiche ogni volte che il cazzo mi penetra fino in fondo. Ormai è tutto dentro, sento le sue palle e i suoi peli sbattermi contro la bocca d’ingresso del mio culo, quasi volessero entrare anche loro.
Senza mai toglierlo da dentro, mi alza la gamba sinistra su un ramo orizzontale dell’albero all’altezza più o meno di un metro. Adesso le mie gambe formano un angolo di 90 gradi. Marco è soddisfatto e inizia a muovere il suo cazzo dentro di me facendolo arrivare ancora più in profondità. Ogni colpo è come se un palo mi entrasse nell’ano, urlo ancora, in questa posizione potrebbe spaccarmi il culo in un attimo. Ormai è tardi, non può più fermarsi. I suoi colpi si fanno sempre più forti e duri, incontrando sempre meno resistenza. Sento le sue gocce di sudore finirmi sulla schiena, la sua lingua ormai quasi disidratata baciarmi, leccarmi. Con la mano destra mi prende la nuca, si infila nei miei capelli corti e nerissimi, mi tiene in suo possesso, mentre si dà la spinta per scoparmi il culo sempre più velocemente e duramente.
Poi si ferma. Estrae il cazzo.
“Ancora un po’ e ci sono”, mi dice, guardandomi e sorridendomi e baciandomi.
Mi volto. E’ la prima volta da quando abbiamo iniziato a scopare che ci guardiamo in faccia.
Mi fa sdraiare a pancia in su sul ramo orizzontale e lui si mette frontale, gambe aperte. La luna lo illumina. Vedo il suo cazzo, il glande è tutto fuori, lucido, pieno di presborra, durissimo. La mia schiena ha un brivido di dolore mentre si schiaccia contro la corteccia dell’albero. Mi alza le gambe e le spinge verso il mio petto. Sento per la prima volta il mio buco del culo completamente aperto, spalancato, sento l’aria che entra e mi arriva fin dentro lo stomaco. Chissà se si chiuderà più. Mi spinge le gambe sempre più contro il petto, così il mio culo si alza e ora ho il buco all’aria. Mi guarda, mi sorride, mi bacia e poi con un colpo secco infila tutto il cazzo dentro, fino in fondo, senza preavviso. Nonostante il mio buco sia completamente spalancato e non faccia resistenza, mi manca il fiato e perdo i sensi per qualche secondo. Lo tira tutto fuori stavolta e poi con un colpo secco lo rimette dentro fino in fondo, fino a sbattere con il limite interno del mio culo. Fa dentro e fuori per 4 o 5 volte e ogni volta ho una sorta di mancamento, mi brucia tutto e godo tantissimo. Un’ultima spinta alle gambe che quasi mi toccano le spalle e inizia a scoparmi di brutto. Il suo cazzo entra nel buco senza resistenza, le pareti sono spalancate e bruciano e godono al passaggio di quel palo durissimo. Mi sento bagnato, come se un liquido scendesse dal mio culo. Ogni colpo mi attacca sempre di più con la schiena alla corteccia dell’albero, finché con la mano destra inizia a toccarmi anche il cazzo. E’ durissimo e umido e pieno di presborra. Al primo colpo, mi tira giù tutto il prepuzio, fino alla base, facendo uscire la mia cappella. Non c’è bisogno di altro, mentre mi scopa con tutta la foga che ha, mi tocca ancora due volte e poi dal mio uccello escono due enormi fiotti di sborra che superano la mia testa e finiscono sull’albero, un terzo che mi finisce in faccia e altri che mi vanno sul petto. Non ho ancora finito di sborrare, che Marco dice: “Sto venendo, sto venen ..”.
Non finisce neanche la frase, tira fuori di scatto il cazzo dal mio culo, appena in tempo. Uno schizzo mi prende in faccia, uno finisce sul collo proprio sul segno del succhiotto e dopo sgocciola tutto sul mio petto e sul mio uccello, mischiandosi al mio sperma e colando velocemente per terra.
Restiamo fermi così per non so quanto tempo, sorridiamo, ci baciamo delicatamente a stampo. Mi alzo in piedi. Il buco è in fiamme, aperto come quando avevo il cazzo di Marco dentro. La schiena mi brucia tutta, probabilmente con i segni della corteccia dell’albero. Marco mi guarda e mi dice: “Devo fare pipì”.
Istintivamente mi giro per non guardare.
Ma lui mi spinge verso di sé e mi dice: “No, voglio che mi guardi”.
Il suo pisello è tornato molle e penso che in fondo è la prima volta che ci vediamo nudi con i cazzi non in tiro. La sua cappella è tornata nel prepuzio dal quale vedo uscire un rigagnolo di piscio. Il mio glande invece è ancora fuori e ora che è tornato molle lo ricopro con il prepuzio. Finisce di fare pipì e sgocciola ancora un po’ mentre mi riprende la mano e ci avviamo a tornare ai nostri vestiti.
Mentre ci incamminiamo, mi rendo conto che faccio fatica a camminare, ho le gambe a pezzi, il buco del culo aperto che sembra non avere intenzione di richiudersi, un succhiotto violaceo sul collo e la schiena con i segni della corteccia.
“Mi sa che nei prossimi giorni dovrò inventarmi qualcosa d’altro su stasera per fare allenamento”, dico, constatando le mie condizioni.
“Be’, di’ che sei stato con il tuo fidanzato”.
Ci sediamo ancora un po’ nudi sull’asciugamano a guardare le stelle, finché mi viene un po’ di freddo, ci rivestiamo, Marco mi dà la sua felpa che ha nello zaino e che sa di bucato appena fatto e mi riporta a casa.
Continua ....
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