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Lui & Lei

Absinthium


di Membro VIP di Annunci69.it Karenina_Vronskij
27.09.2023    |    3.898    |    7 8.9
"L’arazzo del cervo poi, almeno quello potevano risparmiarselo..."
PENSA AD UNA SERATA IN PRIVE’
È una notte fredda, senza luna, una di quelle notti che soltanto la brina sui campi ha il coraggio di mostrarsi, una di quelle notti ove le donne perbene dormono con i loro mariti.
Sara si tira su il bavero dell’impermeabile uscendo dal Privè lungo la A4, sono le 3 del mattino, è spettinata ed ancora ha addosso l’odore dei maschi che ha incontrato ma soprattutto, è insoddisfatta.
Tanti pensieri le attraversano la mente, la riunione delle 10 per la sua promozione, un fatto certo, e la incapacità dei maschi giovani di far godere davvero una donna. “Sono soltanto cazzo e vanità” lamenta a sé stessa, “Ma alla fine non ti fanno godere”.
Velocemente si incammina verso la sua auto, un’Audi R4, per recarsi in autogrill a farsi una doccia e sistemarsi per la riunione; tanto è troppo tardi per raggiungere l’hotel in tempo. Un pensiero le attraversa beffardo la mente e sorridendo soddisfatta si dice che “Non sta bene che il nuovo Vice Presidente sappia di sborra”.
Mentre guida verso Milano ascoltando Bad Company - Feel Like Makin' love, per raggiungere il più vicino autogrill a ponte l’indicazione per il nuovo parcheggio scambiatore per camion richiama la sua attenzione. “Cavoli è davvero enorme” pensa, “Chissà quanti camion riesce a contenere, e per ogni camion ci sarà almeno un camionista”.
Come in preda ad una forza che non può controllare aziona la freccia ed imbocca l’uscita arrivando a parcheggiare tra due grossi autoarticolati targati Slovenia.
Sara si sistema i capelli come può e si spoglia uscendo dall’auto coperta soltanto dall’impermeabile e calzando le sue amate scarpe rosse con tacco 12. Inizia a camminare in maniera sensuale tra i bisonti della strada con passo felino, come un leopardo alla ricerca della preda, e finalmente la preda la trova. In una cabina, fiocamente illuminata, un grasso camionista tedesco si sta godendo un porno sul telefono e si masturba emettendo grugniti di soddisfazione.
Con fare lento e misurato bussa con il tacco sul finestrino del camion facendo sussultare l’uomo, lasciando che l’impermeabile semi-aperto lasci immaginare il corpo tonico e caldo che racchiude. Il camionista le fa cenno di salire e lancia via il telefono pregustando un piacere meno effimero.
Sara non si fa pregare, sale sul camion con fare felino e, decisa, si dirige verso il retro della cabina dove sa esserci la brandina. Accucciato in un angolo intravede un giovane di carnagione scura di età indefinita ma certamente non più che ventenne. “E lui chi è?” chiede in italiano al camionista, “Porco, ti segavi mentre il tuo giovane amante era sul letto?”. Il camionista la guarda con sguardo bovino e le risponde in tedesco “Ich verstehe dich nicht, Schlampe, ich will es genießen”, poi l’afferra per le tempie e la tira con prepotenza verso il suo cazzo.
Sara inizia a succhiare avidamente, è ben messo il tedesco, chissà da quando si stava segando ed ancora è bello duro. Mentre succhia il cazzo del tedesco, Sara inizia ad aprire i pantaloni del ragazzo di colore ed inizia a segarlo. Lui non si fa pregare e, non appena il cazzo le diventa duro, tenendola per i fianchi le penetra l’ano. “Questi si che ci sanno fare, mi trattano davvero come una troia, senza moine e discorsi sterili, potrebbero essere bestie ma ci capiremmo lo stesso” pensa soddisfatta la donna.
I due la scopano per due ore, coprendola di sperma caldo e riprendendo a scoparla finché non decidono che il suo culo è ormai così aperto da riuscire a prenderne due e senza chiederle nulla la penetrano entrambi sborrando soddisfatti.
Quasi non sta in piedi quando scende dal camion, ma è soddisfatta, il suo corpo è tutto un dolore, ma un dolore piacevole, avvolgente che le da un senso di soddisfazione.
Rapida risale in auto con addosso ben visibili i segni della nottata e prosegue fino al più vicino autogrill ove chiede di poter fare una doccia. È ben organizzata la donna, non è la sua prima notte brava e non sarà l’ultima. La sua borsa contiene tutto quello che serve per rimetterla in senso e farla sembrare fresca e riposata.
Dopo essersi lavata, oliata e ben profumata si veste indossando un tailleur scuro ed una camicetta bianca con scarpe basse nere; davvero un look molto professionale. Prima di uscire dal bagno compie quello che lei chiama il Rito, una sequenza da fare ogni volta che una notte brava volge al termine.
Estrae dalla borsa una bottiglietta di Assenzio e lo versa in un bicchierino di cristallo su di una zolletta di zucchero, poi stende una pista sullo specchio tondo per il trucco e butta tutto giù.
“Ecco Sara, il mondo è tuo, sei onnipotente puoi avere tutto quello che vuoi. Oggi i tuoi colleghi capiranno quanto vali” dice a sé stessa caricandosi per l’impegnativa giornata a venire.
ANCHE DIO GIOCA A DADI
Sono le 7 del mattino e già Sara è nel parcheggio dell’ufficio, nessuno dei suoi colleghi arriverà prima delle 8:30, nemmeno quel coglione del CEO che lei lo sa, sono anni che le sbava dietro, ma la sua non la vedrà, continuerà a darla a cani e porci, ma a lui no.
“Avessi il cazzo tra le gambe, ora sarei io al suo posto” pensa irritata Sara, “Ma ho una figa, una bella figa, ma resta sempre una figa e quindi per questo lui è sul trono ed io devo aspettare che Lui decida di promuovermi”.
Arrivata nel suo ufficio, lancia le borse sui divanetti e si libera dell’impermeabile e si dirige verso la macchinetta del caffe per prepararsi un caffè doppio, amarissimo.
“Cazzo quei due mi hanno davvero sfondata, colo ancora sborra dal culo, bisognerà che passi per il bagno prima cha arrivano quelle oche delle mie colleghe” pensa Sara.
Alle 10 finalmente l’ufficio è pieno, risa sguaiate provengono dalla sala riunioni, Andrea del settore grafica, sculettando nervosamente, porta in giro un pacco di bozze vagando senza meta, Miriam dell’IT importuna chiunque raccontando del suo ultimo viaggio in Kenia.
Sara è seduta al suo posto al tavolo delle riunioni e guarda schifata la fauna starnazzante che anima l’ufficio, sembrano tutti sotto l’effetto di anfetamine; si muovono avanti e dietro senza logica, giusto per dimostrare a sé stessi che esistono, che le loro squallide esistenze hanno un fine.
Ecco che arriva anche Alessia, quella che dovrebbe contenderle la promozione; è più giovane di lei, faccia da scolaretta diligente, vestita in maniera casta ed elegante. “Questa stronzetta non avrà visto un cazzo in vita sua, con quella faccia da santarellina non sarebbe mai credibile, mi fa quasi pena”, pensa sicura di sé Sara.
Arriva il CEO e cerca di richiamare tutti all’ordine, le checche sono rapite dal fascino dell’uomo Alfa e le donne sperano che, un giorno, lui si possa interessare ad una di loro essendo ancora libero, o almeno così ama far credere.
Il CEO ha un modo di fare molto sistematico, quasi noioso, parla dei risultati, delle aspettative degli azionisti, dei competitors, delle procedure da migliorare e delle previsioni per gli anni a venire, “Finalmente siamo arrivati al punto” pensa Sara “Non lo sopporto più”.
“A conclusione di questo meeting ed al fine di raggiungere i risultati richiesti dagli azionisti sarà necessario sostituire il dimissionario Dirigente del Settore Marketing. Ho proposto agli azionisti, che hanno accettato, di promuovere una risorsa interna anziché ingrassare gli Head Hunter, ottenendo il doppio vantaggio del risparmio economico e della promozione di una persona già conosciuta in azienda. Sapete tutti che due vostre colleghe, da anni, si distinguono per capacità, impegno e determinazione. Sapete anche che sto parlando di Sara ed Alessia; due donne che tutti stimate, due donne dalla personalità diversa, ma dalle capacità tecniche equivalenti. È stato difficile scegliere ma alla fine la scelta è stata fatta”.
“Lo stronzo la tira lunga, ma cosa cazzo vuole dimostrare” pensa infastidita Sara, “Annuncia la mia promozione e falla finita” suggerisce impaziente la mente della donna.
“Nonostante la giovane età abbiamo deciso che Alessia sia la persona giusta per ricoprire la posizione vacante, senza che ciò debba costituire una mancata riconoscenza per Sara alla quale confermiamo la nostra stima ed il nostro rispetto. Complimenti Alessia e buon lavoro” conclude secco il CEO.
Ci sono momenti nella vita di ciascuno ove si ricevono dei colpi che ti spezzano; ti spezzano dentro squarciandoti l’anima; questo è uno di quei momenti per Sara.
La donna è seduta immobile sulla sedia, la mente è ottenebrata, incapace di pensare, incapace di elaborare gli avvenimenti e qualsiasi tipo di reazione.
Lo stato mentale di Sara è paragonabile a quello di coloro che sono costretti ad elaborare un Lutto; subito si è palesata la Fase del Rifiuto e della Negazione “Non è possibile, è uno scherzo, sto sognando, ora tutto ritorna come dovrebbe essere”.
Successivamente si è fatta largo, con impeto, la Fase della Rabbia, “Come osa lo stronzo, non starà mica dicendo sul serio. Preferire la smorfiosa a me” e subito dopo la Fase della Depressione, “Anni sprecati, energia sprecate a spaccarsi la schiena per nulla”.
Ci si aspetterebbe poi la Fase dell’Accettazione, ma Sara non è di quelle persone che accettano gli eventi per ciò che sono, Sara gli eventi ama modificarli affinché si adeguino a lei.
La sua prima reazione è puerile, tanto che non sembra compatibile con il personaggio. Alza la mano voltandosi verso il CEO le urla con voce rotta dal pianto “Perché mi fai questo? Cosa ha lei più di me?”.
L’uomo, senza perdere la calma la zittisce “Non mi sembra né il momento né il luogo per fare questi discorsi. Sii professionale, accetta la decisione del Consiglio. Se avessi bisogno di spiegazioni, sono disposto a dartele; ma in privato, nel mio ufficio”.
Sara è frustrata, umiliata e furiosa sia per l’offesa ricevuta ma forse di più per la sua reazione che l’ha resa più debole agli occhi di tutti.
UN BAGNO DI REALISMO
Alle 18:00 l’azienda inizia a svuotarsi e Sara è rinchiusa nel suo ufficio ad osservare il nulla che scorre davanti ai suoi occhi; immagini confuse, senza un filo logico, le attraversano la mente senza soluzione di continuità, la sua vita, le sue avventure, il tedesco grasso, l’indianino, figli e marito…Alessia!
Nulla sembra avere un senso, nulla sembra avere un nesso, sente che la sua vita è in balia degli eventi come una piccola barca tra le onde.
Di scatto si alza e si dirige verso l’ufficio del CEO.
L’uomo è intento a preparare una presentazione per l’indomani e quasi non solleva gli occhi dal PC mentre la donna entra con fare deciso nel suo ufficio sbattendo la porta dietro di sé.
“Sara, accomodati, non c’è bisogno che mi chiedi il permesso” le dice ironico, “Lasciami fissare sulla presentazione in PPT i concetti che ho in mente prima che mi sfuggano e poi sarò da te” le dice continuando a lavorare calmo come se lei non ci fosse.
“Le tue cazzo di idee, i tuoi concetti…quale delle tue cazzo di idee ti ha convinto che promuovere quella ragazzetta sia una scelta giusta? Cosa ti porta a fare scelte così stupide?” lo incalza Sara, ma lui non risponde e continua a lavorare.
Sara furiosa, afferra dalla sua scrivania la statua in marmo del David di Michelangelo che lui ha comprato all’Accademia a Firenze e la scaraventa sul pavimento distruggendola.
L’uomo non solleva lo sguardo e continua a lavorare al PC, lasciandola furiosa al centro della stanza.
Dopo una decina di minuti, alza lo sguardo e finalmente la degna della sua attenzione. “Sai Sara, bisogna distaccarsi dalle cose, è vero, quella statuina mi piaceva, ci tenevo, ma ora non è più una statua, è un mucchio di sassi di marmo ed io a quei sassi non ci tengo. La statua non è più, e ciò che non è più non può in alcun modo provocarmi emozioni” le sussurra con fare paterno il CEO.
“Dovresti fare lo stesso con la promozione, ormai l’opportunità non c’è più, è passata. Esiste l’adesso, una nuova situazione, un nuovo stato delle cose dal quale dovresti trarre l’energia per nuove sfide, una rinnovata motivazione. È nel tuo interesse farlo”, conclude l’uomo tornando al silenzio.
“Filosofo da strapazzo, stronzo. L’opportunità non è sparita da sola me l’hai scippata tu. È la tua mente perversa che ha creato le motivazioni per sovvertire l’ovvio. Come hai solo potuto concepire che quella fosse da preferire a me?” le ringhia Sara.
L’uomo tace; il suo silenzio è più umiliante di qualsiasi risposta. Lei avrebbe preferito essere licenziata, insultata, trattata male ma almeno avrebbe avuto la sensazione di generare una reazione, di esistere. Ma la non reazione del CEO le conferma quelli che erano i suoi peggiori pensieri di un’ora fa, lei per lui non è nulla, non esiste.
Lei avrebbe bisogno di poter elaborare il lutto arrivando ad accettarlo ma la consapevolezza che la sua presenza è indifferente non la porterà mai alla Fase dell’Accettazione.
“Mi devi una spiegazione, me la devi porco”, le urla. “Sono io, sono Sara, quella che si fa il culo per farti raggiungere i tuoi Targets, quella che ti fa fare i figuroni agli eventi aziendali. Sei un vigliacco, ti nascondi dietro la tua scrivania di mogano, dietro la tua posizione” continua Sara.
Il CEO la guarda senza proferire parola ma attraverso i suoi occhi si nota che di parole vorrebbe dirne tante. Sollevando lo sguardo, finalmente, le parole iniziano ad uscirgli dalla bocca, lente e taglienti; sembrano coltelli.
“Ero certo di essere in grado di accettare di tutto, qualsiasi provocazione, ma essere accusato di essere un vigliacco proprio no. Stronzo, magari, porco forse, mi va tutto bene, ma vigliacco proprio no. Va bene cara Sara, tu vuoi che io ti spieghi, vuoi il tuo momento di chiarimento, esigi il tuo momento catartico. Speri che qualcuno possa dirti qualcosa per permettere a te stessa di assolverti, di giustificare i tuoi fallimenti con la scusa della cattiveria altrui. No Sara, non ti sarà permesso, non ti sarà concesso, nessun salvagente ti sarà lanciato perché l’artefice dei tuoi fallimenti sei soltanto Tu” le dice con voce ferma e calda l’uomo.
“Sappiamo tutti cosa pensi di noi, di me, non ci sopporti, credi che siamo tutti incapaci, insipidi…ci degni della tua presenza con il contagocce. Eri venuta a prenderti qualcosa che credevi fosse tuo ma hai scoperto che non lo è. Lascia che te lo dica, non è la prima volta che arrivi in azienda che sai di sperma, certo è la tua vita mi dirai, ma qui la tua vita intreccia la nostra vita. È vero, hai un maledetto talento, sei brava, ma questo è tutto quello che hai. Il tuo talento non è un merito ma un regalo della natura e tu né abusi. Lo usi per trarne vantaggio ma non hai alcun merito per qualcosa che ti è stato donato. Alessia ha meno talento di te, magari non raggiungerà mai la tua bravura ma Alessia lavora sodo, ha una cultura robusta acquisita in anni di studio e sacrifici. Lei non ha potuto contare su un dono. Tutto ciò che ha lo ha acquisito con fatica e dedizione. È di sua proprietà e può andarne fiera, ha dei meriti”.
Un fiume di parole scorre dalla bocca del CEO; Sara ascolta silenziosa, lui non è arrabbiato, non urla ma le fa tanto male. La verità le fa tanto male.
“Il ruolo che è stato assegnato ad Alessia non è per te, non hai la capacità di avere una relazione sana con il prossimo, tu sai soltanto pretendere e prendere. Sei bravissima a convincere e manipolare. Non siamo tutti consumatori Sara”.
La donna, per salvare la poca autostima che ancora le rimane cerca di controbattere, “Caro mio, le tue parole da politicante non mi convincono. La ragione è molto più banale, tu hai soddisfatto il tuo orgoglio di maschio castrato umiliandomi davanti a tutti perché non te l’ho mai data. Credi che non mi sia mai accorta di come mi guardavi, ora dici che so di sperma ma lo vedevo il gonfiore nei tuoi pantaloni quando mi chinavo verso di te per spiegarti i miei reports. Non giocare a fare il vecchio saggio quando sei soltanto un bimbo arrabbiato al quale non hanno voluto dare il suo giocattolo”.
L’uomo si alza e lentamente e va verso Sara, fermandosi a pochissima distanza da lei; la sua bocca quasi sfiora quella della donna che lo guarda fisso negli occhi.
Lui la fissa silenzioso e poi le dice, “Si è vero, l’odore si sesso che emani a volte mi ha eccitato, chi non lo sarebbe? Mi avrebbe eccitato qualsiasi donna nella tua stessa condizione e questo, mia cara, non depone a tuo favore. Parliamo di un corpo ma io mi riferivo ad una mente. Nulla da dire di quel corpo, è desiderabile ma non fanno carriera i corpi, sono le belle menti a farlo e loro non sanno di sperma. Dici che sarei frustrato per non averti potuto avere, ma come fai a pensarlo se giri con il tagliando del prezzo attaccato alle mutande? Anche il magazziniere è riuscito ad acquistarti, non vendi una merce rara cara. Ne esiste una a testa, e la tua non è diversa dalle altre. I negozi nei quali mi servo io non lasciano entrare il popolo. Quindi, cara, ti do un consiglio gratuito, lavora su te stessa, focalizzati sulla tua mente, perché la merce che hai da offrire ha una scadenza che, per te, è ormai prossima”.
Il discorso dell’uomo gela Sara, dopotutto le ha rivelato una verità che lei dentro di sé conosce bene ma rifiuta di accettare. Lei vive di talenti naturali e la sua bellezza prima o poi sfiorirà, se non riesce a proporre un’alternativa presto sarà fuori mercato.
Celando a fatica le lacrime, Sara esce dall’ufficio del CEO chiudendo la porta in maniera delicata e, preso il suo impermeabile, lascia l’ufficio diretta verso l’albergo.
CRONACA DI UNA RINASCITA
Il traffico fluisce lento, ignaro del flusso inarrestabile di pensieri che attraversa la mente di Sara, sembra quasi le voglia indicare la direzione nella quale volgere la sua vita.
Ogni persona che sfiora, mentre guida nervosa verso l’albergo, è un mondo a sé che racchiude gioie e dolori, promesse disattese ed inaspettate sorprese; ma lei si sente come la più triste delle persone colei alla quale la vita ha disatteso tutto.
Quasi non è cosciente della presenza del portiere dell’hotel quando entra, passa dal desk e si dirige veloce verso la sua camera tenendo in mano la chiave elettronica che qualcuno le ha velocemente passato; è una cliente abituale lei, una parte della sua vita l’ha spesa nelle stanze di quell’hotel.
Arrivata in camera butta i bagagli sul tavolino e si spoglia completamente, l’ano le fa ancora male, un po' sanguina, bisognerà disinfettarlo, magari.
Meccanicamente chiama suo marito Marco per chiedere di Gioia e Chiara, le sue figlie.
Marco è un uomo eccezionale, senza di lui non potrebbe fare quel lavoro. Lui è madre e padre delle bimbe, è la figura solida e discreta che tiene insieme la famiglia e rassicura le bimbe. Marco è anche altro, lui e Sara si conoscono da sempre, ne è stato innamorato fin dalle scuole medie ed è riuscito a sposarla contro ogni pronostico degli amici. Lui è il marito perfetto per Sara, un cuck servile e consapevole, una presenza costante e delicata che si accontenta di masturbarsi ascoltando i racconti delle avventure della moglie ed a volte leccando quello che resta dei suoi amplessi.
Sara chiude brusca la telefonata annunciando che non sarebbe tornata a casa, “Magari ci vediamo domani” le dice asciutta.
Il dito scivola sul telefono alla ricerca di Tinder, il suo compagno di mille avventure, il fedele e solerte servitore che le ha allietato tante serate.
“Solo tu non mi hai mai deluso” sussurra Sara mentre scorre i profili scartandoli nervosamente. Questa sera sembra peggio delle altre sere, banalità, machismo, descrizioni vuote, una fauna indegna di una serata solenne come questa, una serata che vedrà la nascita di una nuova Sara.
Stizzita lancia il telefono sulle coperte e prende il beauty cercando la sua bottiglietta di Assenzio, l’altro buon amico di tante belle serate e la bustina con la felicità bianca. Inizia il Rito, lo ha fatto mille volte ma ogni volta è diverso, le mani si muovono veloci ed ancora più veloci si muovono la sua bocca ed il naso.
Ora si che si sente meglio, tutto sembra diverso, tutto sembra possibile; tutto è possibile.
Preme il 9 ed ordina la cena in camera, chiedendo che facciano veloci, non importa cosa le portano ma che sia presto.
Un delicato bussare alla porta indica che la cena è arrivata ancora prima di quanto pensasse, al Desk conoscono Sara e sanno che contrariarla è sempre una cattiva idea.
Sara apre la porta, nuda, e si ritrova faccia a faccia con un ragazzo giovanissimo, certamente sotto 20 anni, che tiene un vassoio fumante in argento in mano, racchiuso nella sua goffa divisa di cameriere, troppo grande per lui.
È certamente un Trainee di una scuola alberghiera, ha gli occhi fuori dalle orbite al cospetto della donna completamente nuda; trema e balbetta cercando di spiegarsi.
“Stai cercando di dirmi che la mia cena è arrivata? Sei stato veloce, entra e posa il vassoio sul tavolo. Meriti una mancia” gli dice la donna cercando di metterlo a suo agio, ma il ragazzo è del tutto perso tra le curve di Sara.
“Sei davvero carino, dovresti fare qualcosa per quei brufoli, potrebbero rovinarti la pelle e sarebbe un peccato” le dice la donna con un pizzico di ironia mentre gli si avvicina come una gatta.
“Dai, visto che ci sei, servimi la cena, devi essere bravo, hai delle mani grosse ma abili” continua mentre con una mano lo tira a sé afferrandolo per la cinghia dei pantaloni.
“Vediamo se la portata principale della serata è ben cotta, altrimenti dovrò lamentarmi con i cuochi” lo provoca Sara mentre gli slaccia i pantaloni spingendolo sul letto.
Il ragazzo è impietrito, quasi si perde nella giacca da cameriere più grande di due taglie, pantaloni alle caviglie lo bloccano mentre la donna gli è sopra tenendolo fisso al letto con la mano sinistra mentre con la destra lo masturba.
“Ma che bravo, sei già bello vispo” scherza Sara, “Non ne avevo mai visto uno rosso, lo pregustavo guardando i tuoi riccioli” continua mentre si china per prenderlo in bocca.
È bravissima Sara, sa come far godere un uomo, mentre lo pompa gli infila un dito nel culo godendo di ogni sussulto di lui man mano che il suo dito penetra in profondità.
“Sei verginello dietro, magari lo sei anche avanti, ma stasera sistemiamo la pratica” gli dice sensuale la donna continuando a pomparlo ed a penetrarlo sempre più in profondità.
Con un balzo veloce gli salta in groppa facendo scivolare il cazzo di lui nella sua figa ormai bagnatissima e nel contempo gli infila nella bocca il dito birichino “Succhia, da bravo, devi imparare a girare vuoto, perché potresti incontrare una cattiva ragazza come me e poi ti tocca pulire” gli sussurra ironica.
Dopo pochi colpi il ragazzo viene nella figa di Sara; lei lo guarda delusa mentre lui continua a succhiare il dito non osando smettere finché lei non glielo avrebbe chiesto.
La donna balza in piedi, e raccogliendo un po’ dello sperma che fuoriesce dalla sua figa lo gusta “Sei buono, il piatto principale è davvero gustoso ma ora ho bisogno di mangiare il resto” le dice e mettendogli 50 euro in mano ed accompagnandolo fuori dalla stanza con ancora i pantaloni alle caviglie.
ALLA RICERCA DI UN MENTORE
“Lisa hai capito cosa ha osato dirmi quel bastardo del CEO, mi ha masticata e sputata dopo tutto quello che ho fatto per lui e per l’azienda. Ha preferito quella stronzetta di buona famiglia” urla concitata a telefono all’amica mentre guida verso Castelfranco.
Lia è una vecchia amica di sempre, Castelfranco è un paesotto dove tutti si conoscono, borghese e perbenista quanto basta per assicurati una vita serena in una bolla fatta di spritz e tramezzini in Piazza Giorgione con gli amici di una vita.
“Sara, siamo amiche da sempre, e sai che non te le ho mai risparmiate perché ti voglio bene ma il tuo CEO non ha torto. Hanno fatto una scelta di facciata, tra le due candidate di eguali capacità hanno scelto quella più consona all’immagine aziendale. Tu sei certamente molto carina, ma hai cucita addosso, come tutti noi, la provincialità oltre ad una evidente debolezza culturale. Piuttosto dovremmo pensare a come colmare questo gap per poi dare l’assalto al ruolo della principessina milanese con le armi ben affilate” le suggerisce l’amica.
“Mio figlio Mauro è in quarta liceo e, se ricordo bene, ha un professore che è molto attivo nella divulgazione, ha anche un Sito Web e pubblica Podcast di filosofia e storia dell’arte molto seguito. Si chiama Aldo Bresolin, è un tipo un po' chiuso, tutto casa e studio ma i ragazzi ne parlano benissimo. Ha cinque figli da mantenere e molto probabilmente gli farebbe comodo qualche entrata extra, magari in nero, per arrotondare lo stipendio. Se vuoi mi procuro il contatto e ne sondo la disponibilità” continua Lia.
“Va bene, mi sembra una buona idea, tanto alternative non ne ho e anche se andasse male almeno avrò elevato la mia anima” chiude scherzosamente la telefonata Sara.
Sara continua a guidare per un’ora lasciandosi cullare da mille pensieri che questa volta contemplano anche Hegel e Lorenzo Lotto finché all’altezza del casello di Verona Sud gli si illumina lo schermo digitale della macchina mostrando un messaggio Whatsapp dell’amica Lia.
“Il professore è disponibile, consiglia due incontri a settimana di due ore ciascuno da incrementare in caso di necessità. Chiederebbe 30 euro all’ora in nero per lezioni presso un luogo a tua scelta con uno sconto di 5 euro se vai tu a casa sua. Questo è il suo numero, in bocca al lupo. Lia” recita il messaggio.
Sara è eccitata, qualcosa di nuovo sta accadendo, una nuova opportunità le si prospetta e magari questo professore sarà anche piacevole, chissà.
IL PATTO CON IL DIAVOLO
Immediatamente Sara clicca sul numero contenuto nel messaggio dell’amica. Perché mai perdere del tempo se la cosa può essere risolta entro breve. Questa è Sara, questo è il suo modo di fare e di pensare, il modo di pensare di tanti contadini veneti che lottavano con il fango ed una terra irriconoscente per trarne cibo, una lotta che non ammette tentennamenti e perdite di tempo; prima si agisce e più presto si mangia.
“Pronto, professor Bresolin? Ho avuto il suo numero dalla mamma di Mauro, il suo alunno, credo che le abbia già accennato che avrei bisogno di qualche incontro con lei per rispolverare qualche nozione di arte e filosofia visto che sembra che nell’azienda per cui lavoro siano considerate materie fondamentali” gli dice Sara tra il serio ed il faceto.
“Sono certa che lei riuscirà a trovare del tempo da dedicarmi, visto che è una cosa alla quale tengo molto. Mi dicono che lei ha molto a cuore la divulgazione ed a me farebbe davvero piacere approfittare della sua disponibilità per ampliare la mia sfera di conoscenze” continua la donna, “per me 30 euro all’ora vanno benissimo ma lei dovrebbe raggiungermi nella mia villetta di Treville, dove potremmo stare comodi e dedicarci con serenità allo studio”.
Una voce incerta e timida replica all’approccio diretto e deciso della donna “Buonasera Signora, si mi è stato anticipato che lei avrebbe bisogno di qualche lezione di arte e filosofia, io sono disponibile, per ora, due giorni a settimana, il martedì ed il giovedì, dalle 17. Quando le scuole sono chiuse potremmo aggiungere un giorno ulteriore, sempre alla stessa ora”.
“Credo sia mio dovere farle notare che vedersi a Treville, da soli, potrebbe costituire argomento di pettegolezzo nella nostra città, io ho cinque figli e sono uno stimato docente e sarebbe davvero una disdetta per il mio onore se soltanto fossi sfiorato dal dubbio. Quindi le sarei davvero grato se ci vedessimo presso la mia abitazione o almeno presso la sua, in presenza di suo marito. Le farei 10 euro di sconto” propone l’uomo esitante.
“Benissimo professore ci vediamo martedì alle 17 a Treville, poi le mando l’indirizzo. Troverà cancelletto del cortile aperto e la porta di ingresso socchiusa. Faremo le lezioni in salotto. Le pagherò in anticipo 10 lezioni così potrà silenziare la sua coscienza” lo incalza Sara senza badare alle timide proteste dell’insegnante.
“Sarà anche un profondo conoscitore di Platone e Aristotele ma dubito che abbia approfondito lo studio di Boccaccio” pensa tra sé e sé Sara mentre un lieve sorriso le incrina il labbro e velocemente scompare.
“Intanto buona serata professore e la ringrazio per la sua comprensione, mi raccomando sia puntuale”, perentoriamente chiude la telefonata Sara senza dare all’uomo alcuna opportunità di replica.

LA PROVA
I martedì a Treville sono tutti uguali, sono anche uguali a tutti gli altri giorni della settimana, domenica compresa. L’unica cosa che cambia e l’alternarsi della calura estiva con la fredda umidità invernale.
Di campagna ce ne tanta, per chi amasse le lunghe passeggiate nel nulla potrebbe essere un’opzione accettabile, per viverci.
Sara vi è nata, ma l’ha sempre odiata, lei da piccola ambiva a vivere a Castelfranco e perché no, a Treviso o addirittura a Venezia; vivere tra gente che conta, tra quelli che sanno come godersi la vita.
Ora che è arrivata addirittura a Milano, la vita finalmente se la gode, anche se a modo suo.
A Treville resta soltanto la casa di famiglia, una villetta degli anni 50, dal dubbio gusto architettonico e dalle soluzioni di arredo di gusto ancora più dubbio.
Lei, con i suoi, non è andata mai d’accordo. Chi mai avrebbe voluto una figlia così ribelle, che passava il tempo tra canne e storie di sesso cambiando i fidanzatini con la stessa facilità delle mutande.
Per questo motivo, i suoi avevano fatto in modo che andasse via da casa il prima possibile, mandandola, dopo il diploma, a bottega dalla parrucchiera del paese per imparare il mestiere.
Non era quello il destino di Sara e dopo soltanto due settimane lascia il lavoro e scappa a Milano dove trova lavoro come segretaria e si iscrive all’università, marketing.
Le sue doti affabulatorie le permettono di trovare un uomo che la mantenga a Milano per completare gli studi senza particolari ristrettezze economiche.
Mentre era a studiare a Milano, entrambi i genitori decisero di passare ad una vita migliore lasciandola loro erede universale, villetta compresa.
È proprio durante uno dei viaggi da Milano a Treville che ha rincontrato, in un bar, l’amico di una vita che poi è diventato suo marito, iniziando una vita nomade tra Castelfranco e Milano.
Sara è seduta in salotto fumando nervosamente, irritata del fatto che per colpa di quel coglione del CEO debba tornare a scuola. I suoi pensieri scorrono fluidi ed incontrollati, la sua mente le ripropone le immagini di una vita trascorsa in quella casa tra liti e regole che lei non ha mai voluto accettare.
Il flusso costante dei pensieri è, ad un tratto, interrotto da una specie di grugnito, uno schiarirsi la voce indeciso, dai chiari tratti maschili.
“Mi scusi signora, ho trovato la porta aperta e sono entrato, spero questo non sia considerato un indebito accesso alla sua proprietà” si scusa tremante l’uomo.
“Intanto iniziamo dandoci del tu, mi chiamo Sara, e tu dovresti essere Aldo, se non erro. Un nome nobile, impegnativo, chissà quanti re si sono chiamati Aldo. Visto che dovremmo passare tante ore insieme, e visto che parleremo di cose noiose, non sovraccaricherei più di tanto i rapporti perdendoci in inutili salamelecchi. Sono certa che tua sia d’accordo Aldo”, le impone decisa la donna.
“Signora Sara, visto che parleremo anche di storia devo farle notare che di Aldo, nelle case regnanti, non è che ce ne fossero ma sono comunque felice che le piaccia il mio nome” continua l’uomo.
“Va bene, ma facciamo sparire questo signora, che di signore non ne esistono più; Sara è sufficiente. Accomodati e versati qualcosa da bere. Dai cominciamo che abbiamo perso fin troppo tempo” continua ironica Sara.
La lezione dura due ore nelle quali fanno capolino i presocratici, le polis greche e l’arte di Fidia.
Sara, ascolta il professore, volando con la fantasia, immaginando sé stessa oggetto dell’arte sopraffina greca, dea tra le dee, regina tra gli umani.
“Ecco Sara, io avrei finito, come primo incontro credo sia abbastanza. Ti lascerò alcuni titoli di libri nel caso volessi approfondire le tematiche discusse. Li trovi anche tra l’usato” le dice premuroso il professore.
“Bene ora siediti e rilassati, sono due ore che parli, bevi qualcosa e dimmi di te. Una buona allieva dovrebbe conoscere bene il suo maestro, il suo mentore” le dice con fare provocante Sara.
“Io sarei un po' di fretta, ho i compiti da correggere” cerca di schernirsi l’uomo, “Inoltre non c’è nulla di interessante da sapere su di me. Sono un servo dello Stato ed un servo della mia famiglia, alla quale cerco di non far mancare nulla” spiega Aldo.
“Avrai dei sogni, degli obiettivi; avrai di certo delle passioni segrete magari inconfessate qualcosa che fai o che magari vorresti fare; che so, un’esperienza, una piccola trasgressione. Siamo fatti di piccole cose ma tante piccole cose insieme ci rendono ciò che siamo e ci trasformano. Quali sono i tuoi piccoli mattoncini ed in cosa ti stanno trasformando?” continua Sara.
“Sara, noi insegnanti abbiamo una missione, i nostri alunni. Non ho spazio per svaghi e divagazioni” risponde l’uomo.
“Quindi vuoi dirmi che con tua moglie non avete mai sperimentato, non avete fantasie da soddisfare. Mi vuoi dire che tu che vivi tra sculture di nudi, quadri provocanti e romanzi erotici non hai mai avuto bisogno di trasgredire, non hai mai sentito quella voce che ti spinge ad andare oltre?” lo incalza Sara.
“No, anzi, io avrei le mie fantasie, ma mia moglie è di famiglia molto tradizionale e certi discorsi non li tollera. Per capirci, i nostri ragazzi sono stati concepiti tutti al buio ed in posizione canonica. Per cortesia, non farmi aggiungere altro perché è già troppo quello che ti ho detto” risponde con voce soffocata l’uomo, mostrando un evidente erezione.
“Vedo che non tutto il tuo corpo è orientato esclusivamente alla cultura ma c’è anche qualcosa di te che è attratta dai piaceri terreni” gli dice Sara tirandolo a sé per la giacca ed aprendogli la patta con esperta solerzia.
“Non so se sia il caso” cerca di protestare Aldo mentre Sara inizia a fargli un pompino con studiata lentezza, indugiando sul frenulo mentre lo guarda negli occhi.
“Ma davvero, non è il caso” continua Aldo, godendo vistosamente e non ritraendosi affatto.
Sara si accorge che l’uomo non ha alcuna intenzione di ritrarsi e diventa più audace accarezzandogli le palle e successivamente infilandogli due dita nel culo.
“Ti piace vero? Scommetto che tua moglie non te li fa i pompini, ma a te piacciono. Anche le dita nel culo ti piacciono, sono certa che non ti tireresti indietro se qualcuno ti infilasse altro. Sei ben aperto dietro, si vede che il male greco ti ha colpito. Dimmi la verità da quando lo prendi nel culo? Sei tutto slabbrato” gli dice decisa Sara indovinando una delle passioni segrete di Aldo.
“No davvero, è successo poche volte, non so come spiegarmelo. Lei, anzi lui, o non so bene come definirlo, era bella. Ero in giro in tarda sera sul Terraglio e non ho potuto fare a meno di fermarmi. Ma non sapevo che non fosse una donna, era bellissima. Ma io non sono omosessuale, non ho colpe, era proprio donna” si difende isterico Aldo.
“Tranquillo, la figa piace ai maschi ma il cazzo piace a tutti. Non devi difenderti, sono una donna di vedute molto aperte, a me puoi dire tutto. Ti è piaciuto? Sono certa che lo hai fatto a pelle e ti sei fatto sborrare dentro. Vero porcello?” lo incalza Sara.
“Io uso sempre precauzioni ma quella sera non ne avevo, non pensavo di fare sesso; e poi erano in giro i carabinieri. Si ma l’ho fatto una volta sola e poi mi sono fatto i test. Oddio mi leggi dentro, ma come fai? Impazzisco” si lamenta il professore.
“Caro Aldo, tu conosci l’arte e la filosofia; io conosco i maschi. Ne ho scopati di ogni genere e razza ma siete tutti uguali; piccoli animaletti insicuri che giocano a fare i machi” gli dice ironica Sara.
“Vediamo se questo cazzo è capace di scopare anche la figa di una donna oltre al culo di una trans. Riesci? Vero” gli dice provocante mentre, abbassandosi i pantaloni e gli slip, gli mostra culo e figa aperti, tutti per lui.
“Vuoi iniziare dalla figa oppure sei abituato al culo? Il mio è morbido ed aperto prendi quello che vuoi” gli dice Sara aprendosi le natiche e mostrando entrambi i canali ben aperti.
L’uomo si fionda sul culo, leccandolo voracemente ed assaporandone ogni anfratto. L’odore del culo di Sara è inebriante; i suoi umori si mischiano al costoso bagnoschiuma ed al leggerissimo retrogusto di feci che di tanti profumi costituisce un elemento fondamentale; ricorda molto Stercus di Orto Parisi.
Inizia a penetrarla con vigore; vorace come un bimbo che divora un enorme gelato, Sara sente che non lo faceva da molto. Troppo veloce, troppo irruento.
“Attento che sborri subito, vai più piano, fai godere anche me” gli dice Sara ma l’uomo continua come un ossesso finché non le sborra nel culo.
“Bel coglione che sei stato, ti avevo detto che venivi subito. Non mi hai fatto godere abbastanza. Ma poi, chi ti ha detto che potevi venirmi nel culo?” lo rimprovera Sara.
“No, non volevo, non succederà più signora Sara, non mi rovini. Ho una reputazione da difendere. Poi mia moglie non capirebbe” piagnucola Aldo.
“Va bene, ti capisco, ma smettila di piagnucolare. Gli uomini che piangono mi stanno sui coglioni” lo rimprovera Sara.
“Questa cosa la possiamo risolvere tra gentiluomini, come direbbero in un film di Sergio Leone. Tu hai fatto qualcosa a me ed ora devi fare qualcosa per me. Se accetti, la cosa finisce qui, altrimenti…”
“Altrimenti cosa…ma no qualsiasi cosa. Faccio qualsiasi cosa, mi dica. Non voglio essere pagato. Le ridò i soldi indietro. Ho dei soldi da parte, sono pochi posso darglieli” continua Aldo.
“Non voglio soldi, ne ho abbastanza. Tieniti i soldi delle lezioni; è il tuo lavoro sciocco. Devi dar da mangiare alla Santa ed ai figli del sacrificio” lo deride Sara.
“Piuttosto, ti affido un compito da portare avanti, per me. Vedi come colo sperma dal culo? Mi hai riempita. Bravo. Ora prendi quella boccettina di vetro con il tappo giallo che è sulla specchiera e riempila dei nostri umori. Aspetta che faccio uscire tutto, anche altro. Stasera andrai a casa e ne verserai il contenuto nel cibo di quella Santa di tua moglie e mentre mangia le citerai un aforisma di Antonin Artaud “La dove si sente la merda si sente l’essere”. Devi fare in modo da registrare una clip e mandarmela. Non devi fare altro” le ordina Sara.
“Se lo fai saremo pari. Ricorda la clip. Ora vai e non deludermi.” gli dice Sara licenziandolo bruscamente.
Alle 23, il bip del cellulare di Sara sancisce il fatto che il topo è ormai nella trappola. Sara guarda compiaciuta il breve video che le ha inviato Aldo e si addormenta soddisfatta.
VIAGGIO ALL’INFERNO MA SENZA RITORNO
Sara ed Aldo iniziano a vedersi con cadenza costante; i loro incontri sono costituiti da lezioni di Arte e Filosofia e successivi momenti di sesso a cui seguono richieste sempre più impegnative da parte della donna. Con il passare del tempo, Aldo si dimostra sempre più dipendente da Sara fino ad arrivare ad esserne totalmente soggiogato. Sara, dal canto suo, gode dello stato di prostrazione e dipendenza dell’uomo ed alterna momenti di estrema dolcezza con momenti di fredda crudeltà creando in Aldo una vera e propria tempesta emotiva.
Uno dei giochi preferiti di Sara è quello di creare dei paralleli tra quanto Aldo le spiega durante la lezione e quello che lei le chiede di fare dopo. Basta la citazione di un brano di un filosofo o la descrizione di un dipinto per generare un compito a contenuto sessuale che l’uomo deve completare; una sorta di legge erotica del contrappasso.
Quando Aldo le ha parlato del dipinto “La Rolla di Henri Gervex (1878)”, Sara ne ha tratto lo spunto per un gioco perverso e stimolante.
“Molto interessante questo dipinto, capisco che abbia creato sconcerto nei parigini dell’epoca. D’altra parte i borghesi si sono sempre dichiarati orgogliosi della loro rettitudine morale peccando poi senza vergogna quando tutti dormivano. Ipocriti! Tu sei come loro e tu peccherai come loro, quando tutti dormiranno” le dice la donna con uno sguardo di sfida che non ammette rifiuti.
“Da oggi in poi dovrai guadagnarti in altro modo i soldi delle lezioni. Stasera dirai alla Santa che sei impegnato e passerai a prendermi qui. Andremo in un hotel che dovrai prenotare tu e dovrai fare in maniera che ci siano ad aspettare clienti pronti a scoparmi per soldi. Dovrai essere tu ad incassare i soldi direttamente dalle mani dei clienti. Se lavori bene potrai farci tanti soldi, se lavori male guadagnerai poco, ma sarà soltanto colpa tua” le dice Sara.
“Andremo in giro con la tua auto, tu pagherai gli hotel, tu mi comprerai i vestiti per battere, tu cercherai i clienti e tu incasserai. Sei in affari, fammi vedere cosa sai fare” continua Sara.
“Ti impongo una sola regola. Il capitale iniziale per acquistare i miei vestiti dovrà provenire dalla vendita di oggetti di tua moglie. Non cercare di fregarmi. Non sono una che batte vestita di stracci, voglio vestiti e intimo firmati, scarpe di lusso. Il tutto dovrà pagarlo tua moglie. Siamo intesi?” continua Sara.
“Ci vediamo venerdì sera alle 22”. Sii puntuale e datti da fare. Voglio un guardaroba da puttana di lusso. Ora vai, che mi hai stufato” conclude Sara.


Aldo si presenta all’appuntamento puntuale e madido di sudore con la sua utilitaria carica di borse contenenti vestiti e scarpe.
“Mia moglie non ha tanti gioielli, sai lei è una donna frugale, ma ho compensato con gli ori della comunione dei figli. Spero di poter riscattare tutto altrimenti non saprei come giustificare la scomparsa dei gioielli. Certamente mia moglie chiamerebbe la polizia e loro mi scoprirebbero. La mia reputazione sarebbe rovinata” frigna Aldo mentre consegna le borse a Sara.
“Tutto dipende da te caro, hai a disposizione il mio corpo fanne buon uso” gli risponde ironica la donna.
Da quella sera, ogni venerdì, Aldo accompagna Sara in hotel per farle incontrare i clienti che trovava in rete e aspettando in auto che la donna consumasse i rapporti; successivamente passando all’incasso quando lei lo messaggiava avvertendolo di aver finito.
Il gioco perverso di Sara è che, benché i clienti paghino bene, Aldo non riuscirà mai ad andare in pari perché lei esige hotel di lusso ed ogni volta vestiti nuovi e costosi. Quindi, a discapito degli sforzi dell’uomo per trovare clienti facoltosi, le sue finanze erano sempre più a rischio costringendolo ad impiegare sempre più tempo per trovare i clienti e guadagnare più soldi per le prestazioni di Sara.
A sua volta, Sara lo umilia davanti ai clienti presentandolo come il suo magnaccia che la sfrutta tenendo per sé tutti i soldi. I clienti non gli risparmiano, nel migliore dei casi, sguardi di disprezzo.
Un’altra volta, mentre Aldo le stava parlando del dipinto “Lo specchio dell’eros. L’ispezione. Rowlandson (1756-1827)” Sara ha ideato un gioco per trascinare Aldo sempre più in basso.
“Sai che questo quadro davvero mi ispira, guardarsi allo specchio è davvero erotico. Se poi utilizziamo lo specchio per vedere ciò che i nostri occhi non possono vedere, come la nostra parte posteriore, ciò diventa la metafora della scoperta della nostra ombra. La nostra parte più oscura e nascosta che diventa eccitante sottoporre all’ispezione degli altri” spiega Sara lasciando presagire nulla di buono per Aldo.
“Questa sera faremo in maniera che l’ombra della tua cara moglie venga fuori ma che sia qualcun altro ad ispezionarla. Voglio che i suoi peccati borghesi vengano svelati a tutti rivelando la sua parte più degradata e nascosta” continua Sara.
“Ascoltami. Ora apriremo un profilo di coppia su Onlyfan, di cui condivideremo le credenziali, mentre tu installerai una webcam in camera da letto. Dovrai impegnarti per far aumentare i tuoi fan e guadagnare grazie alle perversioni che riuscirai a far fare alla Santa. Bada bene che dovrai cercare di farle fare pratiche che ti ha sempre rifiutato. Più sarai perverso e più guadagnerai. I soldi puoi tenerteli” conclude Sara.
“Io sarò collegata, se ti comporterai bene potrai avermi ancora. Se sarai incapace non mi avrai mai più. Ora creiamo un profilo che abbia un minimo di fascino. Sono bravissima, questo è il mio campo. Vedrai che farò in modo che la Santa sembri una donna vera” continua sarcastica Sara.
Sara, comodamente sdraiata sul suo letto si collega divertita al profilo di Aldo pregustando la scena. “Certo che questa gente ha dei gusti orribili, il marrone della camera ucciderebbe la libido di chiunque. Ma guarda che tende, nemmeno in una baita starebbero bene. L’arazzo del cervo poi, almeno quello potevano risparmiarselo. Sembra la fiera del cattivo gusto” commenta tra sé e sé la donna.
Gli spettatori non mancano; per essere l’inizio della carriera da pornostar della Santa il futuro sembra davvero promettente; Sara ha lavorato molto bene, il suo talento si vede.
Sara è compiaciuta nel vedere Aldo fare di tutto per compiacerla e godersi l’espressione sorpresa della moglie che esita a lasciarsi andare; si assiste ad una cacofonica danza tra due corpi segnati dall’età.
Aldo penetra sua moglie facendo in maniera che la sua figa coperta da una folta pelliccia sia bene in vista mentre con il dito della mano destra le viola il culo.
Lei cerca di divincolarsi ma l’uomo la tiene ferma con la mano sinistra mentre con il dito le entra ancora più in profondità tirando fuori qualcosa che mette, rapido in bocca alla donna. Poi, veloce, estrae il cazzo dalla figa e lo infila nel culo obbligandola a succhiargli il dito misto dei suoi umori.
Gli spettatori aumentano e le richieste si fanno sempre più audaci, istigati da Sara.
Aldo estrae il cazzo dal culo della moglie e le si siede a cavalcioni sulla testa obbligandola a leccargli il culo mentre lui si masturba.
Il tutto finisce in una copiosa sborrata sul viso della donna paonazza per la mancanza d’aria.
Di giochi di questo genere Sara ne inventa a decine, uno più perverso dell’altro portando, passo dopo passo, Aldo verso il degrado. Ogni gioco è pensato per fargli violare un tabù, dal furto, alla violenza, alla menzogna.
Aldo discende negli inferi attraversando ciascun girone e sperimentandone il relativo peccato accompagnato da Sara che è il suo Virgilio; con la certezza che non esiste speranza alcuna di risalire verso la luce.
NON HO ALTRO DA DARTI CHE LA MIA ANIMA
Sono ormai trascorsi sei mesi dall’inizio delle lezioni e Aldo è totalmente soggiogato da Sara; vive per lei ed attende trepidante di scoprire quale sia la prossima prova alla quale la donna lo sottoporrà, pronto a soddisfarla violando anche il più sacro dei suoi principi.
È una serata calda d’estate, la campagna veneta reclama acqua. Sara è distesa sull’amaca fissata ai pilastri del portico, legge con distaccato interesse la Repubblica di Platone.
Aldo è riuscito a stimolare la curiosità della donna che ha cambiato tipo di letture ed in pochi mesi ha considerevolmente migliorato il suo livello culturale arrivando a modificare radicalmente anche il suo modo di esprimersi e di interagire con gli altri.
Anche questo ha preso da Aldo, oltre a tutto il resto, la sua mente, la sua anima ed ora non le resta che prendere la sua famiglia.
Il telefono di Sara squilla squarciando il silenzio della campagna; è Aldo che con voce supplicante incalza Sara.
“Lo sai, si lo sai bene che io ti amo. Per te ho fatto di tutto, e farei di tutto. Non è rimasto nulla dell’uomo che ero. I miei principi si sono dissolti nei commenti volgari degli utenti del sito e negli sguardi di disprezzo degli uomini che mi pagano per le tue prestazioni. Mia moglie mi considera un pervertito ed i miei figli un idiota. A scuola non riesco a portare avanti il programma perché le tantissime notti insonni mi fiaccano la resistenza e temo che il Preside prenderà provvedimenti. Mi resti soltanto tu, sei il mio veleno, ma non posso fare a meno di berne goccia dopo goccia. Chiedimi di mollare tutto e lo farò, posso prendere un piccolo locale dove andare a vivere aspettando che tu voglia condividerlo con me. Dillo ed io lo farò” supplica l’uomo.
“Sono a pagina 230, non puoi chiamarmi proprio ora che Platone disserta sulla necessità di disporre in modo promiscuo delle donne. Ci sentiamo più tardi”, mette giù Sara senza aggiungere altro.
Aldo aspetta ansioso una chiamata della donna che non arriva. Sara non lo richiama e non si fa trovare per la prossima lezione. Tutto ciò fa precipitare Aldo in un profondo stato di prostrazione. È un uomo perso, il suo punto d’appoggio è scomparso.
Dopo due settimane dalla telefonata trova la forza di richiamarla, non prima di aver provato e riprovato davanti allo specchio il discorso da farle.
“Non puoi trattarmi così, ho ancora una dignità io, o almeno quello che ne è rimasto. Ti amo, che tu lo voglia o no. L’amore è un atto egoistico, si ama anche senza che l’altro condivida ed io mi arrogo il diritto di amarti” incalza l’uomo.
“Oggi lascerò la mia casa, ho già trovato un appartamentino ammobiliato e mi sono messo in aspettativa non retribuita dalla scuola. Il mio tempo sarà dedicato a te, anzi a noi. Che tu lo voglia o no. Tu sei mia come io sono tuo. All’inferno ci siamo scesi insieme ed insieme ci vivremo” conclude l’uomo con fare deciso. Per la prima volta la voce di Aldo è ferma e decisa, la disperazione gli ha permesso di trovare dentro di sé una forza che non sapeva di avere.
Sara ascolta divertita ed un po' colpita dalla ferma decisione dell’uomo; lo lascia parlare senza proferire parola e quando Aldo smette di parlare un pesante silenzio cala su di loro.
Per cinque interminabili minuti i due stanno a telefono senza dire una sola parola, il silenzio è rotto soltanto dal respiro ansimante di Aldo. Sembrano due lottatori che si preparano per il loro ultimo incontro.
“Va bene caro, che maschione che sei diventato. Mi fai quasi paura. Mi vuoi davvero? Allora sarò tua. Il prossimo mese finiranno le lezioni. Fino ad allora basta giochini, basta sesso e basta dichiarazioni d’amore. Fino ad allora, tu sei il professore ed io l’allieva” sentenzia Sara chiudendo la telefonata.
NESSUNO HA MAI VISTO IL DIAVOLO RISPETTARE I PATTI
L’ultima lezione si conclude con una bellissima citazione di Amedeo Ansaldi, Manuale di scetticismo, 2014, “Se basti tu a riempire il mio vuoto, non sono degno di te”, una sorta di epilogo del viaggio che Aldo ha compiuto con Sara. Una dichiarazione di amore assoluto che è cosciente che non sarà mai corrisposto in quanto non degno.
“Bene caro, le tue lezioni sono state davvero interessanti e saranno di certo utili per ma mia carriera. Io sono una donna che mantiene i patti quindi da questo momento torniamo ad essere Sara ed Aldo i due amanti” gli dice Sara dandogli una concreta speranza per una vita insieme.
“Ora vado a casa e dico a mio marito che andrò via con te. Il tempo di fare le valigie e la nostra storia potrà iniziare. Alle 22 mi farò trovare davanti ai cancelli di Villa Emo, tu passerai a prendermi. Se non sarai puntuale non mi troverai mai più, per te sarò un fantasma” dice con il solito fare perentorio la donna, riempiendo di speranza il cuore di Aldo che ormai non bada più ai sui modi bruschi.
Di sera l’asfalto rilascia un calore insopportabile mentre i grilli cantano la loro gioia; quell’asfalto che l’utilitaria di Aldo divora per evitare di giungere in ritardo e perdere per sempre la sua amata commettendo lo stesso errore di Orfeo con la sua Euridice.
Aldo giunge al cancello della villa con dieci minuti di anticipo ma di Sara non c’è traccia; l’uomo attende fiducioso davanti al cancello socchiuso. Lei è stata chiara, lui non ha potuto fraintendere, gli ha detto in maniera certa che sarebbe andata via con lui e diventare la sua donna. Non può averle mentito e lui non può aver frainteso. Tra di loro esiste un legame profondo, ore di conversazione; si intendono bene loro. Questi sono i pensieri di Aldo che affollano la sua mente mentre ormai è passata mezz’ora dall’appuntamento e di Sara non c’è traccia.
Per Aldo sembra sia passato un minuto, il tempo è volato. Magari lei si è persa o magari lui non ha capito e l’appuntamento è nella villa, ecco perché il cancello è socchiuso. “Che stupido che sono, per l’emozione non ho capito; lei sarà dentro ad aspettarmi impaurita” mente a sé stesso Aldo.
Facendosi coraggio scende dalla macchina ed entra cauto nel giardino della villa salendo i tredici scalini e cercando con lo sguardo la donna.
Giunto al portone di ingresso lo trova socchiuso e questo alimenta la sua certezza che di aver mal compreso le istruzioni della donna che certamente l’aspetta all’interno della villa dalle 22.
Alcune torce illuminano flebilmente gli interni disegnando grottesche ombre sui muri affrescati dando vita ad una sorta di dipinto sull’affresco, una specie di composizione tridimensionale dai tratti grotteschi.
Da una delle stanze al primo piano proviene un brusio sommesso, come se tante persone insieme recitassero lo stesso motivo. Aldo, novello Orfeo, si dirige verso la stanza impaurito ma deciso a reclamare la sua Euridice.
Aldo entra nella stanza e comprende che il brusio sommesso è una sinfonia di gemiti di piacere misto a frasi di approvazione. Gemiti di piacere di una donna stesa sul letto a baldacchino a centro della stanza e di cinque uomini intenti a soddisfarla e frasi di approvazione di tanti uomini e donne che godendosi lo spettacolo, a loro volta indulgono nei piaceri del sesso.
I volti sono indistinti, velati dalle ombre, i loro corpi nudi sono vestiti soltanto del fioco chiarore delle torce ed un odore acre di Stramonio invade la stanza.
Un volto lo riconosce, il velo dell’ombra è troppo fine per un uomo che ama, è quello della sua Euridice.
Ma soltanto nel mito Euridice resta fedele al suo Orfeo mentre nella vita reale Sara consuma la sua infedeltà incurante del suo Aldo.
Il rito a cui sta assistendo è la celebrazione della conclusione del viaggio negli inferi dell’uomo, un viaggio che lo ha visto scendere giù perdendo tutto ed ora si conclude con la perdita della sua guida e la certezza di non avere la forza di tornare indietro.
Sui tavoli sono disposte in bella vista delle bottiglie di assenzio ed una donna ne offre un bicchiere ad Aldo quasi a volerlo consolare; lui lo beve tutto di un sorso.
In silenzio, l’uomo abbandona la stanza ed esce dalla villa senza dire una parola. Soltanto lo sguardo maligno di Sara gli fa compagnia, non dimenticherà mai quegli occhi pieni di crudele lussuria che in un solo secondo gli hanno impartito l’ultima lezione.
Aldo si è reso conto che il suo patto con il diavolo era che si sarebbero dati delle lezioni a vicenda e che l’ultima lezione era quella più importante. Il diavolo non mantiene mai i suoi patti.
Ora Aldo guida verso il Brenta, è sereno, ha capito che è il momento di trarre frutto da quello che ha imparato e riprovare a rivivere la sua vita iniziando da zero, in un altro corpo. Ma prima deve lasciarla questa vita, prima deve morire.
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