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La marchesina e il manager: debuttanti ma non troppo


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
06.11.2019    |    5.711    |    5 9.5
"Cosa fare in questo contesto? Una possibile strada è soffocare tutta vita i nostri impulsi, chiuderli in una credenza della nostra mente..."
Il cammino che li aveva condotti a me era stato lungo e tortuoso. Ma era nel nostro karma. Eravamo destinati a incrociare le nostre strade in una grigia serata dell’autunno milanese. P e M stavano assieme da moltissimi anni. Nella loro educazione, come scoprii in seguito senza sorpresa, c’era stata una forte componente religiosa. Famiglie in cui non si parlava di sesso. Gli ingredienti, in entrambi, erano riuniti per creare una bomba a scoppio ritardato. Come una pentola a pressione a cui sia stata tolta la valvola di sfogo. Ci siamo mai chiesti perché le culture più conformiste e/o repressive creino le perversioni più forti? Gli esempi sono molti: i giapponesi, gli ebrei, i musulmani. E anche, seppur in misura diversa, noi cattolici. Così pervasi dal senso di colpa per le nostre pulsioni. Così indottrinati in modo esplicito o implicito. Così spinti a considerare come “naturale” la monogamia a vita. A ritenerla l’unica condotta socialmente accettabile.

Cosa fare in questo contesto? Una possibile strada è soffocare tutta vita i nostri impulsi, chiuderli in una credenza della nostra mente. E pagarne il prezzo di un sottile senso di frustrazione a cui non sappiamo dare un nome. Esiste anche una strada, più coraggiosa ma anche più onesta. Guardare veramente dentro noi stessi, avere il coraggio di fissare l’abisso. Accettare le parti di noi più oscure e segrete. Accettarle e viverle oltre le inibizioni e le paure. Per questo il Gioco è prima di tutto un viaggio. Un viaggio all'interno di noi stesso. Ma anche, per chi ha un compagno o una compagna adatti, all'interno della coppia, dei suoi non-detti e dei suoi angoli reconditi. Non vergogniamoci dei nostri impulsi. Accogliamoli. Viviamoli. Sperimentiamo e sperimentiamoci. Per scoprire ciò che desideriamo c’è un solo modo: provare.

M e P avevano il loro retroterra culturale, come ho detto. Ma avevano anche la cultura, l’apertura sul mondo e la sensibilità di volerlo superare. Stavano assieme da moltissimi anni. Professionisti di livello, avevano tutto ciò che una coppia desidera. Equilibrio, figli e stabilità. La passione fra loro non si era spenta, me lo dissero subito. Si desideravano come il primo giorno. Avevano il livello di fiducia giusto per sperimentare assieme. Uniti. Innamorati. Complici. Si trovano nelle condizioni ideali. Mi raccontarono le loro esperienze. Non erano affatto due sprovveduti, ma il mondo del gioco è complesso. Come tutti avevano fatto diversi tentativi e qualche errore. Mi raccontarono di incontri più o meno soddisfacenti. Ridemmo assieme di alcune loro situazioni. Il tutto con leggerezza e sorriso. Non avevano ancora trovato la persona giusta. Avevano un pizzico di sana diffidenza. Volevano (giustamente!) essere al 100% convinti delle situazioni. Si imbatterono nel lupo. Li notai fra i visitatori del mio profilo e con educazione li agganciai. Sapevo che non sarebbe stato facile. Avrei dovuto conquistare la fiducia di entrambi, di lui tanto quanto di lei. Dovevo e volevo entrare nella loro testa, nel loro scenario per entrarvi senza forzature. Adoro quel gioco mentale e sottile che si instaura a distanza, che può durare giorni o settimane. Adoro stuzzicare la curiosità di lei e al contempo stabilire una alleanza con lui. M non mi percepì mai come una minaccia o come un rivale. Conoscevo il mio ruolo. Sapevo quanto spingere e quando fare un passo indietro. Sapevo quando mostrarmi dominante e quando fare apparire la mia parte più delicata. Non fingevo. Non fingo mai. Le due dimensioni mi appartengono e il mio talento è di tenere un equilibrio fra i due poli

La caccia del lupo fu lunga. M era un professionista sempre in trasferta per lavoro. Un paio di volte fissammo degli appuntamenti e poi li dovemmo aggiornare. Forse in condizioni normali avrei lasciato perdere. So per esperienza che il gioco virtuale ha sempre una scadenza. Per un po’ accresce il desiderio ma se prolungato eccessivamente si sgonfia perché la conoscenza virtuale manca di un fondamento vero. Qualcosa mi spinse a non mollare. Sentivo che con questa coppia avrei potuto vivere qualcosa di forte e vero. Avevo il contatto personale di entrambi. E li sentivo separatamente. Con lui ebbi una lunga chiacchierata telefonica. Lunga e franca. Mi fece un’ottima impressione. E ci trovammo sulla stessa lunghezza d’onda. Quanto a P. MI stuzzicai a lungo con lei. La provocavo, usavo volutamente parole crude per vedere la sua reazione. Di certo la imbarazzai, ma anche e soprattutto la sedussi mentalmente. Entrai pian piano nel suo cervello. E quando udii la sua voce, quello fu il colpo di grazia. Una vocina da bimba. Una brava bimba educata e compita. Ma tanto, tanto monella. Si faceva uno schermo con la sua classe, educazione e cultura. Era certamente insospettabile. Come resistere una donna così? Quanto è più eccitante la perversione che si avverte sottopelle come una energia inquieta e fremente? Quanto è banale al confronto una sessualità sfacciata in cui nulla è nascosto. Quanto è più eccitante, agli occhi di un uomo sofisticato, il pensiero di fare affiorare la puttana segreta? Quanto è coinvolgente trovare nel suo compagno l’alleato perfetto per arrivare allo scopo? Lo scopo, naturalmente, non è solo scoparla. Come sempre il sesso è un mezzo, una energia primordiale che permette di fare affiorare la faccia nascosta della luna. La più affascinante perché celata a tutti. La voce di P mi fece sognare. La immaginai rantolare e godere, e glielo dissi. Le feci avvertire il mio desiderio selvaggio e violento. Quando tutto sembrava ormai in stallo, credo fu lei a prendere l’iniziativa nella coppia. Non dimentichiamo che il Gioco è femminile per eccellenza a dispetto delle apparenze. Sono le donne, con il loro enorme potere sessuale, a muovere le cose. Noi possiamo solo accendere l’innesco. La vera bomba sono loro. Sempre. Lei voleva vedermi, voleva conoscermi. Disse al marito “ora o mai più”. Si convinse e trovò uno spazio nella sua indaffarata agenda.

Arrivò quindi l’agognato l’appuntamento. Quello vero.

Seduti al tavolo davanti a nostri cocktail ci trovammo infine faccia a faccia. Avrebbe potuto sembrare un drink fra colleghi dopo il lavoro. M ed io indossavamo completi scuri; lui blu, io grigio. Avrebbe potuto sembrare ma P era un po’ troppo sensuale per essere uscita dall'ufficio. Il suo abito nero la fasciava e ne esaltava la figura elegante. Si muoveva ancheggiando sui tacchi e il suo culo era una calamita per qualsiasi maschio. Le gambe erano lunghe, magre ed eleganti. Furono soprattutto i suoi occhi a colpirmi. Contrastavano palesemente un viso bello ma compito. I suoi occhi brillavano di una luce particolare quando mi guardava e sorrideva. Le osservai le mani. Dita lunghe e affusolate. Ricordo il momento in cui estrasse dalla borsetta il rossetto. Fu una mia sensazione oppure mi stava mandando un messaggio esplicito mentre lo passava lentamente sulle labbra? La corrente di energia saliva lentamente fra noi. Non avevo né dubbi né esitazioni né paure. Cambiai posto e mi sedetti sfacciatamente a fianco della bellissima ragazza. Erano collant o autoreggenti quelle che portava? Lo chiesi provocatoriamente e senza attendere passai la mano sotto il vestito, come se fosse normale, eppure surreale, accarezzare le cosce di una donna sposata sotto lo sguardo compiaciuto del marito. Sentii il pizzo. Non mi fermai; la pelle del suo interno coscia era tiepida liscia e fremente. Fu brava e non fece trapelare nulla. Ma chissà quali sensazioni le attraversarono la mente in quell'istante. A lei e anche a lui. Il diaframma si ruppe. Eravamo passati improvvisamente dall'altra parte della linea d’ombra. Tutti e tre. Quando ci alzammo ammirai ancora una volta il suo culo ondeggiare e vi appoggiai la mano con decisione. Sapevamo tutti quello che sarebbe successo. Non serviva dirlo. Era tutto così maledettamente spontaneo.

L’ascensore di casa mia è angusto. Maledettamente e pericolosamente angusto. P non aveva scampo e lo sapeva. Il suo corpo era nella morsa dei nostri corpi. Baciò il marito e si abbandonò alle mie mani che le alzavano il vestito e alla mia bocca che le tormentava la nuca. Ci ricomponemmo il tempo di entrare a casa e stappare una nuova bottiglia. Feci sedere P sul divano e mi posi al suo fianco. M scelse d’istinto una sedia per fronteggiarci. Non era cuck, su questo punto avevamo discusso a lungo e con franchezza. Sapevo esattamente cosa desiderasse lui. Cosa desiderasse lei. Lo sapevo perché si era creato dialogo e fiducia da settimane. Lo sapevo per intuito. Lo avvertivo come un animale selvaggio. La tensione cresceva ogni istante. La famosa pentola a pressione stava per esplodere. Chiesi a M il permesso di baciare sua moglie. P si chinò e mi sfiorò le labbra con leggerezza. “Non siamo alle elementari” dissi beffardo. La stavo sfidando, volevo portarla a limite. Esitò per un attimo; poi torno verso il mio viso. Questa volta si abbandonò a un bacio vero, pieno di passione e di desiderio troppo a lungo represso. Le nostre lingue giocarono a lungo; assaporai inebriato il profumo dei suoi capelli che accarezzavo delicatamente prolungando quel momento. Il primo bacio è sempre qualcosa di speciale. Ormai nessuno si sarebbe tirato indietro. P. era venuta li per vivere liberamente la sua fantasia. Per scoprirsi puttana. Lo sapeva lei e lo sapevamo noi. Ormai tutti i freni erano saltati. Le chiesi se fosse eccitata e lei abbassò gli occhi. Una risposta anche quella. Inequivocabile. M era apertamente eccitato. Le chiesi di allagare le cosce. Il vestito risalì. Apparve il pizzo, la pelle nuda. Centimetro dopo centimetro P si apriva come un fiore. Il suo intimo era già umido.

M mise in atto una delle fantasie che avevamo creato assieme lui ed io. La fece alzare. Le pose al collo in collare da slave che giaceva sul tavolo. La tensione era all'apice. Le sfilò il vestito e ammirai apertamente quel corpo slanciato ed elegante. Possedeva a un tempo la grazia della ragazzina e il fascino della donna. Per un istante fu M a prendere il controllo. Mi diede simbolicamente la catena del guinzaglio. Me la stava affidando. Me la stava donando consapevolmente, certo ormai che io fossi la persona giusta, quella che a lungo avevano cercato. Questa consapevolezza, questa responsabilità non mi spaventavano. Come avevo spesso ripetuto io nella connessione e non nella prestazione. Non mi ero vantato con loro (come del resto con nessuno) di mirabolanti performance. La ginnastica con mi interessava. Non era un esame né per me né per loro. Era un viaggio. Il più profondo e affascinante. Il viaggio che fa appello alle fibre più intime e segrete del nostro essere, per chi lo voglia affrontare. Fu M a chiederle di tirare fuori il mio cazzo. Si sedette nuovamente al mio fianco sul divano e inizio ad abbassarsi. Ma il mio sguardo si fece improvvisamente imperioso. La fissai. Senza parlare le indicai il pavimento di fronte a me. Alzò per un istante gli occhi verso suo marito, a chiederne la tacita approvazione. M in quel momento avrebbe dato la sua approvazione a qualsiasi cosa. Il suo sguardo aveva qualcosa di trasognato. Provava quella vertigine che ben conosco. Sapevo esattamente cosa attraversasse la sua testa. P non esitò più. Come una docile troia si inginocchiò. Anche lei desiderava superare l’imbarazzo e l’agitazione che mischiandosi alla sua eccitazione creavano un cocktail emotivo inebriante. Fissavo ogni sua mossa. Le sue labbra scesero rapide. Il calore della sua bocca mi invase il cazzo e il cervello. La maialina giocava con lo sguardo, spiava ogni mia espressione in cerca di approvazione. In quegli sguardi c’era una complicità.

Finii di spogliarmi a mia volta. M le disse di andare in camera con me mentre lui si sarebbe trattenuto ancora un poco in sala. La presi per mano. La luce rossa illuminava il letto dove sarebbe stata montata come una cagna. Ancora baci passionali fra noi in piedi mentre le accarezzavo la pelle morbidissima e profumata. Poi il lupo fece la sua mossa. La voltò faccia al muro. Alzò le sue braccia al di sopra della testa e ne imprigionò i polsi con una mano. Ormai indifesa, subiva gli assalti della mia mano libera su tutto il corpo e della mia bocca su spalle e schiena. Incapace di trattenersi emetteva dei piccoli sospiri. Era completamente sedotta e pronta a darsi. Le sussurrai le mie sconce intenzioni all'orecchio e lei non disse nulla. Così mi accucciai dietro di lei. Il suo perizoma nero scivolò lungo le lunghe cosce. Il suo culo era nudo. Lo allargai e improvvisamente saettai la lingua sul suo ano facendola sussultare. Mi avevano detto che il suo soprannome era “marchesina” per i suoi modi eleganti e improntati alla modestia. La marchesina era la sua faccia per il mondo. Ma quella marchesina aveva voglia di godere. Aveva voglia di cazzo come l’animale in calore che era diventata. Ci sdraiammo a letto.

M nel frattempo si era spogliato a sua volta e ci raggiunse. Le nostre bocche presero possesso dei capezzoli di P eccitandola ancora di più. Scesi con la bocca su quel corpo fremente. Pancia, ombelico, interno coscia. La tua figa bagnata mi chiamava e mi ci avventai leccando, succhiando esplorando. La sua bocca era occupata dal cazzo del marito. E il suo corpo ondeggiava sinuoso sotto le onde di piacere che si propagavano in lei. Continuai a lungo. Doveva essere lei a chiedere. A chiedere di essere scopata. Riuscimmo a farle ammettere che voleva il mio cazzo nella figa. Riuscimmo a farla ammettere di essere una troia. Quando entrai in lei guardò alternativamente me e il suo uomo, creando una connessione speciale con entrambi. Iniziai con dolcezza, baciandola e ammirandola. Ma presti mi avvidi che la marchesina voleva altro. Voleva sentire forza e passione nei miei colpi. Voleva essere riempita fino alle palle. Quando infine ammise a mezza voce “voglio essere sbattuta” non mi feci pregare. Rumori secchi risuonavano, misti ai suoi gemiti e all'osceno rumore di risucchio che usciva dalla sua figa ormai profanata e allagata.

Volli poi lasciare spazio a loro due. La ammirai impalarsi sul suo uomo come aveva già fatto centinaia, forse migliaia di volte. Ma quella sera c’ero io a vederli. Ammirai i suoi movimenti, la schiena arcuata e aggraziata che ti allargava morbidamente lungo i fianchi. Quando poi lui le chiese di riprenderlo in bocca la disposi a pecorina. Avevo accesso a tutto il suo corpo e mi volli godere ancora la figa. A tratti la afferravo per i fianchi, a tratti le tenevo i capelli obbligandola dolcemente ad alzare la testa. A tratti mi chinavo su di lei, come due animali che si accoppiano e le toccavo il clitoride. Ma il suo ano mi guardava e mi voleva tanto quanto lo volevo io. Non oppose resistenza quando iniziai a spingere nel suo culo. Si rilassò e dopo un piccolo fastidio iniziale lo prese tutto. Era stretto e proibito. Cazzo! Così proibito. Le ordinai di dire a sui marito cosa stavo facendo, dato che lui era di fronte a lei. Un sussurro roco “mi sta inculando” Ero ormai scatenato e man mano che il suo culo si arrendeva la sfondavo con sempre maggior foga. infine, decidemmo di riempirla completamente. Quando si accucciò nuovamente su M la donna mi offrì nuovamente il suo ano, già slabbrato. Fu semplice entrare nuovamente in lei. Fu bellissimo godere della sua reazione. Il piacere inondava il suo corpo. Era una femmina calda e passionale che godeva di quell'abbraccio così intimo ed estremo, di quella sensazione di riempimento che tante donne mi hanno descritto come divino.

Mi stupii di quanto fosse disinvolta, dopo aver affermato mille volte di essere timida. Fossero tutte così le timide…. Il mondo sarebbe un posto più divertente. Credetemi.
Quando venne il momento di farsi inondare si premurò di dire “non in bocca!”. Ma come mai, quando i miei schizzi le colpirono il viso le sue labbra, anziché stringersi, restarono semiaperte? Già, come mai?

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