Lui & Lei
La figa di mia sorella - 2
di Solo_per
19.10.2021 |
7.575 |
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"Credo temesse di rivivere con qualunque altro uomo la stessa esperienza disastrosa..."
Adele disse ad un certo punto:- Ti devo una spiegazione.
E cominciò a raccontare:
- Mia sorella era fidanzata con un avvocato di Parma un po’ più grande di lei. Famiglia nota, studio legale molto avviato.
Lei non è come me, non aveva una grande esperienza con gli uomini, ma è sempre stata buona e forse troppo sensibile. Non aveva mai fatto l’amore, era vergine.
Son sicura che si volessero molto bene; Robertina mi diceva che lui era esageratamente rispettoso, che passavano dei pomeriggi davvero intensi fra loro, ma senza arrivare a fare l’amore.
Era più lui a frenarsi, e si capiva che non voleva mancare di rispetto a Robertina, quasi che il loro rapporto fosse così prezioso da non potersi banalizzare, che il far l’amore sarebbe arrivato al tempo giusto.
Mia sorella mi è sembrata lusingata da questo atteggiamento, e capivo che considerava il loro rapporto molto promettente; le piaceva un uomo bello e delicato nei sentimenti, così preso di lei. Tutto sommato era felice e sicura nelle sue aspettative.
Una sera finalmente lui chiese a Robertina di restare a dormire. Il famoso avvocato viveva ancora con la mamma, ma la casa sarebbe stata libera quella notte. Robertina capì la novità della cosa. Non era mai successo che progettassero insieme una notte intera.
Arrivò all’appuntamento molto carina, un po’ ansiosa ma certo serena. Fu invece colpita dalla evidente agitazione del fidanzato, e dalla maniera un po’ forzata con la quale, saltando quei preliminari e quei giochi che tanto facevano insieme, volle andare in camera da letto prima possibile.
Lì accadde il disastro. Non riuscirono a fare l’amore. Lui era disperatamente ansioso, saltando ogni momento di dolcezza e di preparazione si buttava continuamente addosso a lei certando di penetrala, senza riuscirci poiché il suo pisello terrorizzato restava piccolo e moscio.
Nemmeno l’affetto di Robertina verso quella cosina morbida (che pure in passato lei aveva tenuto in mano, indurito, baciato, fatto venire) rimediò. L’uomo era in uno stato di ansia e di impazienza che lo riduceva ad uno straccio.
Pregò Robertina di lasciarlo solo, le chiamò un taxi; lei andò via, con l’ultima immagine del suo fidanzato nel vano luminoso della porta, agitato e accasciato insieme.
Il giorno successivo non ci fu verso di parlare con il suo uomo. Era sparito da casa, sparito dallo studio, volatilizzato.
Mancò dalla città un mese intero, e quando rientrò non era più lui. Deperito, immusonito, depresso. I soci dello studio lo protessero dai clienti, con i quali non parlava più, e lo tennero in seconda fila a scrivere atti.
Per Robertina non fu più possibile parlare con il fidanzato; la mamma di lui fu cortese ma ferma nel dirle che il figlio non poteva incontrare nessuno, ed anche nell’ambiente dello studio legale fu la stessa cosa. Effettivamente quell’uomo stava proprio male.
Puoi immaginare cosa ha significato questo per Robertina.
Probabilmente si prese lei, sbagliando, le colpe di quello che era successo.
Comunque cadde in uno stato molto vicino alla depressione, ed anche quando stava un po’ meglio non c’era verso di farla distrarre uscendo di casa o incontrando gente. Deperiva in maniera atroce.
Con il tempo per lo meno riprese a mangiare regolarmente ed a confidarsi con me. Siamo state sempre due sorelle molto unite, anche se diverse; lei non è mai stata bacchettona, ma nemmeno libera come me. Figurarsi parlarle di nuovi fidanzati o di avventure con altri uomini. Credo temesse di rivivere con qualunque altro uomo la stessa esperienza disastrosa.
Per fortuna ci fu un attimo nel quale ho capito come potevo aiutarla.
Mi perdonerai, ma ho cominciato a raccontarle per filo e per segno quello che facevamo fra di noi. Prima mi chiedeva di smetterla, poi per lo meno ascoltava, ed ogni tanto sorridendo mi chiamava brutta porca, maledetta pompinara ecc.
Infine ebbi la folgorazione.
Quando capii che potevo farlo le dissi che aveva bisogno di un uomo che le dimostrasse quanto lei fosse bella e desiderabile, che non aveva necessità di cercare perché ne avevo io uno, di cazzo duro e senza ragnatele in testa; e che ad un uomo così avrei dato istruzioni precise di come comportarsi con lei e di come trattarla.
In realtà a te non dissi niente (voi uomini siete scemi, non volevo darti una terribile responsabilità, magari mi facevi cilecca pure tu) mentre le uniche istruzioni le diedi a mia sorella, rischiando un po’.
Le dissi che doveva cominciare lei a baciarti, per stuzzicare la tua vanità di uomo che viene scelto e desiderato, e che il resto sarebbe venuto da solo, che ti doveva lasciar fare.
Io ascoltavo sbalordito questo racconto, che in parte mi chiariva alcune cose, ed in parte mi indispettiva per il ruolo e la responsabilità che Adele si era permessa di affibbiarmi.
Adele mi guardava e rideva, maledetta ragazza.
- Ma stai zitto, ipocrita, mi disse, mi ha raccontato del trattamento che le hai fatto!
Mi tappò la bocca con un bacio e iniziò una veloce sega, indurendomi quasi all’istante.
Poi si infilò il cazzo dentro con troppa fretta (di solito lasciava fare a me) e volle che continuassimo a baciarci mentre la prendevo.
Si godeva l’uccello, dando dei piccoli gemiti quando arrivavo bene in fondo. Ancora una volta ebbi quella sensazione di confusione fra le due sorelle, il ricordo della figa di Robertina si sovrapponeva.
Improvvisamente Adele venne, gridando più del solito, mi sembrò.
Rallentiamo, ci fermiamo.
-Ahhh, finalmente … mi dice e poi:
- Tira fuori la crema di caffè.
Io contento tiro fuori la bottiglia, le verso una dose generosa.
Adele afferra il bicchiere, beve e fa:
- Ahhh, era ora ora … Una bella scopata e la tua crema di caffè!
Poi si sistema meglio nel letto, si abbraccia le ginocchia e mi fa, ridendo:
- Ed adesso, Berardo, mi dici com’è la figa di mia sorella?
© Solo_per ottobre 2021
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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