Lui & Lei
FRAGOLE SELVATICHE, UN GUSTO NUOVO
di hydemoon2011
05.10.2011 |
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"Con la lingua iniziò a sfiorarmi delicatamente la base del glande..."
Fino a quella soleggiata giornata di luglio le fragole non mi erano mai piaciute molto, in particolare quelle selvatiche, le trovavo aspre e quei puntini neri e duri, mi davano fastidio sotto i denti; ma da allora tutte le volte che le assaporo un caldo piacere mi pervade.Ricordo che era una domenica mattina, fuori la giornata prometteva di essere magnifica, d’altronde era estate inoltrata e il sole splendeva già alto nel cielo nonostante fosse ancora presto.
Seduto sul letto, nudo, spensi la sveglia che ancora emetteva il bip bip monotono e ripetitivo.
Anche Paola si era svegliata e con una mano mi sfiorò la schiena. “Buon giorno” le dissi voltando la testa di lato per guardarla.
Perdendomi nel suo sguardo sornione e addormentato pensai che non eravamo una coppia navigata ma stavamo insieme già da qualche mese e tutto era ancora perfetto, senza sbavature. Il sesso appassionato, pieno, non mi saziava mai e aveva sempre un gusto nuovo.
Vederla li, coricata nel letto con i capelli un po’arruffati, il suo corpo coperto solo dal sottile lenzuolo, mi provocò un piacevole accenno di erezione. Adoro quella sensazione di calore che si allarga a cerchi concentrici dal mio sesso che prende vigore. Avrei voluto prenderla subito, così, ancora in dormiveglia. Lei, come se avesse intuito le mie intenzioni, sorridendo maliziosamente mi disse “Allora…andiamo a fare una passeggiata per boschi come mi hai promesso ieri?” sollevandosi un po’ dal letto per guardare fuori dalla finestra mise a nudo i seni, piccoli e ben fatti “è una splendida giornata … non vedo l’ora di godermi la natura”.
In pochi istanti, piena di entusiasmo, era già in piedi sgambettante verso il bagno “dai, vestiti”.
In poco più di mezz’ora eravamo fuori di casa, in macchina pronti a partire. Lei indossava degli shorts color sabbia veramente minimali che contrastavano un po’ con i pesanti scarponi da trekking da cui spuntavano un paio di calzettoni rossi arrotolati poco sopra il cuoio delle calzature. A coprirle il busto una canottiera bianca che portava senza reggiseno. Tra me e me pensai che gli abiti sportivi le donavano sempre un’aura di sensualità innocente quasi adolescenziale e che avrei trovato il modo di sfilarglieli nell’arco di quella giornata.
Il viaggio fu breve allietato com’era dalla frizzante euforia di Paola. Guardando fuori dal finestrino mi faceva notare, indicandomelo con un dito, il mutare del paesaggio che si faceva, di chilometro in chilometro, più selvaggio è incontaminato. Io in realtà ero molto più interessato allo spettacolo che il suo corpo offriva ai miei occhi. Il mio sguardo scivolava languido lungo le curve morbide succintamente celate e quando lei si voltava verso di me le sorridevo guardandola nei bei occhi color nocciola.
Parcheggiammo al margine di una strada sterrata in cima a una bassa collina. Poco distante c’era un piccolo sentiero che avevo più volte percorso e che, dopo essersi disteso all’interno dei boschi di faggio, terminava in una piccola radura di fronte a una sorgente.
Ci incamminammo, Paola davanti ed io dietro, a godermi lo spettacolo delle sue natiche sode, tese sotto il tessuto degli shorts, che ammiccavano ad ogni passo mostrando ampi lembi di carne e facendomi supporre che non indossasse un paio di slip normali ma quanto meno uno dei suoi mini tanga.
Dopo un cammino di circa un’ora arrivammo a destinazione. Il luogo era stupendo, esattamente come me lo ricordavo. La sorgente sgorgava dalle rocce ricoperte di muschio, in mezzo a una piccola radura tra gli alberi, il bosco, attorno, era molto fitto e non si scorgevano segni di presenza umana nelle vicinanze. L’acqua spumeggiante scivolava in mezzo al prato cosparso di piccoli fiori bianchi.
Paola, togliendosi lo zaino dalle spalle, felice come una bambina, disse con la voce un po’ stridula per l’emozione “quelle sono fragole selvatiche!”. Mi indicava le miriadi di punti bianchi che tempestavano come piccoli ricami il verde compatto ed intenso dell’erba estiva.
Chinandosi inizio a rovistare tra le foglie piccole e seghettate strappando dalla pianta i piccoli frutti rossi. Voltandosi verso di me ne assaggiò una esclamando “sono dolcissime, mature al punto giusto. Io le adoro” poi con il braccio teso e il palmo aperto mi disse “ne vuoi?”.
Io la guardai sorridendo “no grazie, non mi piacciono”. Con un’espressione tra lo stupito e l’offeso dipinta sul viso “davvero! Non ci credo, sono una cosa così buona”. Insistette e venendo verso di me provò ad appoggiarmene una sulle labbra ma io rifiutai scuotendo la testa e scansandomi all’indietro.
Mi piaceva questa sua vena quasi infantile, mi faceva venir voglia di stringerla. Gli occhi le diventavano scintillanti proprio come quando facevamo sesso e lei maliziosa, mi suggeriva all’orecchio qualche sua fantasia o desiderio da appagare.
Dopo qualche tentativo rinunciò e dandomi le spalle tornò a raccogliere le fragole minute, facendo finta di essere offesa.
Io stesi la coperta che avevamo portato sul prato e mi sedetti a guardarla. Così piegata il suo perizoma faceva capolino sopra il bordo degli shorts. Era uno di quelli di tipo sportivo, in microfibra, di color rosso acceso. Lei adorava la biancheria intima sexy e ne possedeva di diversi tipi. A volte si spogliava davanti a me e indossando i nuovi acquisti chiedeva poi un parere. Lo faceva in modo così sensuale e provocante che subito dopo la piccola sfilata le saltavo letteralmente addosso prendendola in piedi e a volte senza nemmeno sfilarle l’intimo ma solo scostandolo per far scivolare il mio sesso duro dentro di lei, in profondità.
Questi pensieri mi provocarono piccoli, piacevoli sussulti al basso ventre.
Come se mi leggesse nel pensiero, Paola si sollevò voltandosi verso di me e con il suo sorriso malizioso mi disse “Vuoi vedere che te le faccio piacere le fragole?! Ora giochiamo un po’”.
Io sapevo che quella frase era il preludio a qualche cosa di intrigante.
Si sfilò la canottiera mostrando il suo splendido seno. Non era di certo una ragazza pudica. Con indosso solo gli shorts minimali e le spesse calzature da trekking raccolse una manciata di fragole dal tappeto verde esplorando con le dita tra le foglie. Se ne portò alcune alla bocca e inizio a sbocconcellarle guardandomi dritto negli occhi. Mi invitò a raggiungerla e quando la presi tra le braccia mi baciò con intensità, profondamente, trasferendomi con la lingua il sapore dolce acidulo dei piccoli frutti. La sua lingua giocava con la mia. Mi sfilai anch’io la maglietta godendo del contatto della sua pelle sulla mia. Dopo qualche istante mi allontanò dolcemente con una mano mentre con l’altra, piena di minuti frutti rossi, stretta a pugno, macchiò il suo corpo semi nudo con il succo che scivolava tra le sue dita serrate. Disegnò arabeschi sul collo, creò spirali attorno ai capezzoli senza mai distogliere gli occhi dai miei. “Che ne dici di assaggiare?”. Non fu necessario che me lo ripetesse e con le labbra dischiuse iniziai ad assaporare. Partendo dal collo seguii il percorso tracciato qualche istante prima fino sui capezzoli che si inturgidirono appena li sfiorai con la lingua. Potevo sentire il suo respiro farsi più profondo e rapido. Mi inginocchiai di fronte a lei e con le mani appoggiate sulla curva morbida dei suoi fianchi seguii con la bocca una goccia di succo rosso pallido che scivolava in basso, verso il suo ombelico nudo. Raccolsi ogni traccia leggermente appiccicoso lasciando al suo posto una scia di saliva.
Le sbottonai gli shorts e feci scorrere la lampo. Così in ginocchio potevo sentire il profumo della biancheria pulita e vedere il suo respiro aumentare di intensità osservando il suo ventre morbido e piatto. Senza smettere di baciarla le sfilai lentamente sia gli shorts che il perizoma, scoprendo lembi sempre più consistenti di pelle. Gli ultimi strascichi di tessuto scivolarono lungo le sue cosce accompagnati dalle mie mani. Senza nemmeno togliere le pesanti calzature si liberò dal piccolo cumulo di vestiti rimanendo completamente nuda. Priva di costrizioni, libera come la natura selvaggia, si coricò sull’erba con la grazia di una ninfa. Ormai distesa mi invitò a seguirla sul tappeto verde.
La vidi raccogliere altri piccoli frutti da sotto le foglie mentre anch’io mi adagiai sul morbido prato. Divaricando le gambe, con la mano a cucchiaio iniziò ad accarezzarsi il sesso in superficie. Piccoli pezzi di polpa rossa rimanevano impigliati tra i peli della piccola striscia che le sormontava il monte di venere pronunciato . Le grandi labbra nude si allargavano sotto la leggera pressione delle sue dita scoprendo quelle più piccole e pendule che incorniciavano l’ingresso caldo e bagnato. Ogni volta che le sue dita sparivano dentro il suo corpo piccoli pezzi rossi si insinuavano tra i lembi dischiusi e purpurei. Continuo, sospirando e tenendo gli occhi socchiusi per lunghi istanti.
Io mi godetti lo spettacolo, non mi spogliai, non la toccai, sapevo che non era quello che voleva in quel momento. Lei desiderava essere guardata. Ero molto eccitato e il mio sesso spingeva contro la patta dei pantaloni ma rimasi li, coricato accanto a lei su un fianco.
Con la stessa mano con cui si era accarezzata fino a pochi istanti prima, mi cinse la nuca traendomi verso di lei. Sentii le sue dita umide aderire sulla mia pelle.
“Leccamela, voglio che me la mangi!” le parole le uscirono dalla gola come un profondo sospiro. Mi lascia guidare senza opporre alcuna resistenza.
Con la bocca dischiusa, adesa alle sue labbra, mi feci largo dentro di lei con la lingua. Sentii la sua carne bagnata cedere, accogliente e calda. Il sapore di lei che conoscevo così bene mi sembrava strano, acidulo. Lei gemette fin dal primo contatto spingendomi la testa con forza. Sembrava quasi che volesse fare sparire il mio intero viso dentro di lei. Respiravo il suo odore famigliare e diverso allo stesso tempo, con il naso schiacciato contro la sottile striscia di peli che ornava l’imboccatura del sesso e con la lingua persa in profondità, tra le pieghe del suo piacere, raccoglievo frammenti dei piccoli frutti che scivolano dentro la mia bocca. Assaporavo quell’insolito gusto con intensità. Feci scivolare le mani sotto le sue natiche sollevandola verso di me strappandole un gemito ancor più intenso e profondo. Sentii il suo corpo irrigidirsi mentre le con le unghie mi suppliziava la schiena.
Le sue cosce strette tenacemente attorno alla mia testa nel momento dell’orgasmo iniziarono lentamente a rilassarsi e il suo corpo tornò ad essere morbido mentre piccoli spasimi la facevano ancora sussultare come se fosse stata la corda di una chitarra che, dopo aver ricevuto un tocco, vibra ancora per qualche istante. Adagiandola delicatamente al suolo allontanai la bocca dal suo sesso bagnato all’inverosimile, straziato dal piacere. Continuo a baciarle l’interno delle cosce appoggiando solo le labbra in modo lieve, come una dolce carezza. Mi aveva confidato, una delle prime volte che avevamo fatto l’amore, che questi tocchi gentili e appena percettibili dopo l’orgasmo, così vicini al suo sesso ancora sconvolto dalla forte sensazione, le provocavano come increspature di piacere, cerchi concentrici che si spandono dal ventre e raggiungono ogni centimetro del suo corpo.
Doveva essere proprio eccitata perché non ci volle molto a farla godere. Probabilmente l’idea di “obbligarmi” in qualche modo a fare qualche cosa di non completamente gradito aveva coadiuvato il suo piacere. In realtà entrambe sapevamo che la cosa non mi era dispiaciuta affatto, vederla rapita dalle sensazioni, sentire il suo corpo fremere sotto le mie carezze era una cosa che eccitava anche me. Inoltre, sapevo che presto nuovi giochi sarebbero stati proposti.
La lascia riposare distesa sul fresco manto erboso. Aveva gli occhi chiusi e un bel sorriso le illuminava il viso. Ancora completamente nuda aveva incrociato le gambe sottile facendo aderire le cosce e celando così il suo sesso al mio sguardo. Disteso su un fianco accanto a lei, con una mano aperta sulla pancia sentivo il suo respiro calmo.
I suoi della natura, il contatto con il suo corpo rilassato, mi fecero scivolare in placido torpore. Quando sententii il tocco fresco delle sua mano sulla pelle aprii gli occhi . Aveva voltato la testa verso di me e sempre distesa mi guardava. Le sorrisi e lei contraccambio. Iniziò ad accarezzarmi con le dita la schiena nuda. Potevo percepire i suoi polpastrelli che scivolano delicati sulla mia pelle. Aveva iniziato a giocare con il bordo dei miei pantaloni. Si mise anche lei su un fianco.
Ora eravamo uno di fronte all’altro e solo un impalpabile velo d’aria ci divideva “Ti sono piaciute le fragole?” mi chiese maliziosa. Io annuii mentre la sua mano scivolava dentro i miei pantaloni. Sentii il mio sesso rinvigorirsi lentamente sotto la stoffa mentre le sue dita si insinuavano sempre più in profondità fino ad accarezzarmi i crespi peli pubici. Con l’altra mano mi sbottonò i pantaloni lasciando così più spazio alle sue esplorazioni. La sentii cingermi alla base dell’asta ormai dura. “ Ora voglio anch’io gustare le fragole come hai fatto tu” . Mentre mi diceva ciò accarezzava la pelle spessa dello scroto facendomi trasalire di piacere. Con le gambe raccolte, seduta a busto eretto iniziò a far scivolare via pantaloni. Io la osservavo già molto eccitato, curioso e quasi impaziente. I suoi piccoli seni sodi si muovevano leggermente mentre armeggiava delicata con i pantaloni. Quando fui nudo, con il sesso duro già allo spasimo per l’eccitazione appoggiato alla pancia con il glande a pochi centimetri dall’ombelico vidi che i suoi capezzoli si stavano inturgidendo diventando più scuri. Allungai la mano e glieli accarezzai con il palmo aperto della mano tormentandoli delicatamente. Il suo sguardo era tutto per la mia zona pubica dove, come un monolito di carne solcato da altorilievi bluastri, giaceva il mio pene.
Incominciò ad accarezzarmi partendo dall’interno coscia, scivolando sullo scroto compatto. Ogni volta che la sua mano sfiorava quel lembo di spessa e rugosa pelle avevo un sussulto e il mio pene si sollevava di qualche centimetro dalla pancia diventando ancor più teso facendo affiorare altre vene rigonfie di sangue. Poi, come aveva già fatto prima, cerco qualche rosso frutto tra le foglie e quando ne ebbe una decina nel palmo sollevo il pezzo di carne bollente con la mano libera stringendolo e facendo scivolare la pelle verso il basso scopri il dardo purpureo e lucente. Con una lentezza quasi esasperante schiaccio tra le dita i piccoli frutti e fece aderire la polpa rossastra al mio pene.
A quel fresco e appiccicoso contatto dovetti trattenermi per non venire tant’era l’eccitazione
Lei se ne accorse, sorrise ma senza distogliere lo sguardo dall’oggetto del suo desiderio. Questo mi piaceva, lo adoravo, mi faceva sentire che lei era completamente rapita dalla situazione come se fosse posseduta da qualche elementare padrone del piacere. Io in quel momento ero per lei quel cazzo che stringeva tra le mani e tutto il resto non importava.
Mi diede qualche secondo di tregua per permettermi di riprendere il controllo poi, con molta delicatezza, continuo a fare aderire i pezzi rossi e succosi della piccola frutta sul mio sesso.
Fu molto meticolosa, si soffermò lungamente sul glande ricoprendolo di polpa.
Quando si sentii soddisfatta lo capii dal suo sguardo compiaciuto. Scosto i capelli su una spalla piegandosi su di me.
Fu allora che mi guardo per un attimo negli occhi, come per accertarsi che ci fossi e poi, invece di chinarsi sul mio sesso accuratamente preparato per essere assaporato, si alzò in piedi mettendosi sopra di me a gambe divaricate. Sollevando i capelli sopra la testa con le mani fece scivolare un elastico che teneva sempre al polso raccogliendoli in una coda.
“Voglio sentirti dentro, voglio che i nostri umori si mischino e si amalgamino insieme al gusto delle fragole”.
Così dicendo, flettendo le gambe si accovacciò proprio sopra il mio sesso, rimanendo sospesa a qualche centimetro. Poi con una mano lo prese sollevandolo e facendo scivolare la pelle verso il basso indirizzò la punta gonfia e rossa verso la sua passerina. Dalle grandi labbra spesse e scure pendevano più sottili i due lembi di carne umida che indicavano l’ingresso del suo sesso. Muovendo l’asta di carne con la mano inizio ad accarezzarsi. Dalla posizione in cui mi trovavo ero uno spettatore privilegiato. Potevo vedere la rossa cappella lucida premere contro le sue piccole labbra e poi sul clitoride, affondando lentamente in lei, per poi emergere di nuovo. Piccoli pezzi di fragole si appiccicavano ai lembi penduli, rimanendo invischiati nei suoi umori già abbondanti. Allargando con una mano il suo sesso fece penetrare dentro di lei il mio con l’altra. Sentivo il suo calore bagnato avvolgermi ogni istante di più.
Continuava a spingerlo dentro e fuori ma ormai la punta purpurea non riemergeva, lo faceva scivolare ogni volta più in profondità. Ero così eccitato che rischiavo ad ogni momento di venirgli dentro ma lei sembrava percepirlo e lo faceva entrare piano dandomi il tempo di abituarmi. Mi sfuggivano dei gemiti tra i sospiri profondi, lei invece sembra rapita, lontana e solo i movimenti del suo ventre mi facevano percepire che anche lei si tratteneva.
Tutto questo scivolare dentro e fuori fece si che piccoli pezzi rossastri di polpa circondassero come un anello il sesso gonfio allo spasimo delineando ogni volta il limite raggiunto.
Appoggiando le mani sotto le sue natiche divaricate accompagnavo il movimento sorreggendola e guidandola ad accogliermi dentro di lei sempre più in profondità. I suoi capezzoli erano diventati duri e scurissimi e dalla gola le sfuggono mugolii profondi. Quando fui quasi tutto dentro lasciò la presa sfilando la mano prima che i nostri bacini aderissero completamente
Per qualche istante che sembrò eterno si fermò. Avevo sentito la sua carne dilatarsi accogliente, bagnata e caldissima, ad ogni centimetro in cui affondavo in lei.
Appoggiando le ginocchia a terra lungo i miei fianchi riprese a muoversi, roteando il bacino e appoggiandosi con entrambe le mani sul mio torace si sollevava leggermente per lasciarsi poi ricadere mollemente su di me. Io rimanevo immobile lasciando che fosse lei a cercare i punti che più la stimolavano. Con le mani le accarezzavo la schiena e scendendo in basso facevo correre le dita tra i suoi glutei sfiorando poi la pelle ruvida dell’ano, stretto. Ogni volta che soffermavo il tocco in quel punto lei inarcava la schiena come se volesse invitarmi ad un contatto più profondo. Cogliendo il non troppo velato messaggio lasciai che il mio dito si facesse lentamente strada in lei, pochi millimetri che però le fecero sfuggire un gemito profondo. Inizio a muoversi più veloce. Era così bagnata che i suoi umori caldi, misti al sudore che le velava tutto il corpo, iniziarono a scivolarle lungo a quel sottile lembo di carne che divide la passerina dal buchino del culo. Agevolato dai sinuosi e sempre più veloci movimenti del suo bacino, lubrificato abbondantemente il mio dito si insinuava in profondità, quasi fino a sparire completamente in lei.
Quando i suoi movimenti si fecero da prima forsennati e poi aritmici e convulsi capii, sentii che stava per venire. Le sue dita artigliavano la pelle e i peli sul mio petto. Tra sospiri e gemiti disse “non venire!!...non venire ancora”. Resistetti a fatica, violentando la mia carne, soffiando e soffrendo aggrappato ai suoi fianchi con forza fino a quando la sentii irrigidirsi per qualche istante e poi abbandonarsi mollemente su di me appoggiando la testa sulla mia spalla, trafelata, ancora ansimante. Fu un vero supplizio non poter venire con lei, dentro di lei, avevo le palle doloranti e l’asta bollente sembrava dovesse scoppiarmi.
Lentamente i suoi spasimi di piacere si placarono diventando via via meno frequenti rendendo più facile resistere all’impulso di lasciare scoppiare in lei tutto il mio piacere fino a quel momento contenuto a stento.
Trascorse qualche minuto così, sentivo il suo corpo adagiato al mio, potevo sentire il suo cuore che lentamente rallentava in accordo al suo respiro che si faceva più regolare e calmo. Il mio piacere portato all’apice ma non ancora appagato faceva si che la mia erezione non accennasse a calare.
Con le labbra a pochi centimetri dal mio orecchio mi sussurrò “ Sei stato bravissimo…non ti pentirai di essere stato così paziente”. La sua voce era suadente e piena di promesse, potevo immaginare il suo sorriso malizioso dipinto sulla sua bocca.
Si sollevo troneggiando nuovamente su di me, con solo il bacino adeso al mio, con il suo sesso bagnato e caldo attorno al mio sempre teso dentro di lei. Questo semplice movimento riaccese prepotente in me il desiderio e sospirai forte. Lei mi sorrise e iniziò ad alzarsi facendolo scivolare fuori curandosi però di prenderlo alla base con una mano. Sentivo il fresco respiro dell’aria che si sostituiva all’accogliente calore di lei.
Quando fu completamente fuori, rimanendo a carponi su di me, iniziò a indietreggiare lungo il mio corpo nudo, senza lasciare la presa attorno al mio sesso turgido.
Sostenuto e delicatamente massaggiato dalla sua mano vidi che era ricoperto di un liquido vischioso di colore rosa scuro, un misto dei nostri umori e del succo dei frutti schiacciati, spremuti dai movimenti dei nostri corpi. Piccoli pezzi di fragola erano sparsi lungo tutta la superficie. Anche lei lo stava guardando e quando con il viso vi fu proprio sopra sollevo la testa e mi guardò dicendo “Ora si che è pronto per essere gustato“.
Mentre si chinava sulla verga solcata da una ragnatela di vene gonfie, una ciocca di capelli le scivolò ribelle dall’elastico sul glande gonfio e purpureo appiccicandosi alla pelle umida. La scena mi eccitò da impazzire e quando lei, con un movimento del capo la fece scivolare lungo la pelle sensibilissima accarezzandola, trasalii pervaso da una sensazione piacevolissima, quasi come se stesse usando un esiguo filo di seta per stuzzicare il mio piacere già quasi al limite.
Scendendo con la bocca fino quasi a toccare la propria mano sempre cinta alla base iniziò a raccogliere i piccoli pezzi di polpa con la bocca, dischiudendo le labbra e aiutandosi con la lingua. Ad ogni tocco un brivido mi percorreva la schiena facendomi trasalire mentre l’asta vibrava tra le sue dita. Sollevandola con la mano affondò la bocca nella morbida pelle dello scroto succhiando avidamente ogni traccia del succo viscoso che, durante il coito avvenuto pochi minuti prima, era scivolato fuori.
Pervaso da un piacere profondo il mio corpo sembrava percorso da una corrente elettrica che provocava spasimi e movimenti involontari.
Quando ebbe finito di tergere completamente la spessa pelle dello scroto tornò a risalire con la bocca stando attenta a non dimenticare nemmeno il più piccolo frammento di polpa appiccicosa, resa vischiosa dai nostri umori. Ogni tanto si fermava e aprendo gli occhi che teneva chiusi come se questo le permettesse di gustarsi più a fondo il sapore. Controllava che nulla le fosse sfuggito e se qualche frammento non era ancora stato raccolto, con la punta della lingua, delicatamente, lo faceva suo. Sembrava una bambina golosa intenta a godersi un qualche irresistibile piacere gastronomico.
Osservavo la scena lasciando che il senso della vista corroborasse e ampliasse le sensazioni percepite attraverso il tatto stuzzicato dai suoi tocchi, le sue carezze e i sui baci.
Sentivo che voleva essere lei a gestire i giochi e la lasciavo fare. Sapendo che mi avrebbe fatto venire solo quando sarebbe stata completamente soddisfatta, mi lasciavo guidare in vertiginose ascese seguite da pause che mi consentissero di reprimere, sempre più a fatica, l’impulso di schizzare tutto il mio piacere caldo fuori.
Con la lingua iniziò a sfiorarmi delicatamente la base del glande. Piccoli pezzi di polpa si era accumulati tra le innumerevoli pieghe delle pelle sotto la cappella purpurea. Quasi vinto dal piacere riuscii ancora una volta a fermare il fiotto bollente ma una grossa goccia biancastra uscì, semiliquida, scivolando verso il basso inglobando alcuni pezzi di polpa.
Si fermò e guardando l’incedere del fluido strinse più forte le dita attorno al mio sesso come a voler trattenere il mio piacere. Mentre lentamente le pulsioni diminuivano di frequenza lei allenta la presa massaggiandolo in modo quasi impercettibile. Alzando lo sguardo cercò il mio. Aveva un’espressione interrogativa come se volesse sapere se potevo ancora resistere e allo stesso tempo mi esortasse a non cedere ancora al piacere. Con la testa leggera annuii appena.
Colto il debole messaggio e senza distogliere gli occhi dai miei fece sparire nella cavità calda e umida della sua bocca buona parte della punta. Gemetti e le presi la testa tra le mani.
Con gli occhi chiusi sentivo la sua testa muoversi lentamente. La sua lingua lo spingeva contro il palato, avvolgendolo e accarezzandolo come se fosse un serpente attorno alla sua preda. La saliva calda scioglie gli umori che ricoprono come uno smalto lucido la mia cappella infuocata. I movimenti si fanno più profondi e le sue labbra arrivano a tratti a lambire le dita cinte alla base per poi scorrere nuovamente verso l’alto accarezzandone tutta la superficie succhiando avidamente al punto che le sue guance si contraggono per lo sforzo.
L’accompagno con le mani senza però forzarla in nessun modo, lascio che sia lei a dettare il ritmo che si fa sempre più veloce. Istintivamente capisco che è giunto il momento. Cominciò a guidarlo con la mano avanti e indietro nella bocca mentre, ormai rapito dal piacere, spingevo ritmicamente il bacino verso di lei.
L’orgasmo arrivò impetuoso, quasi improvviso. Mentre un turbine di calore mi saliva dal basso ventre verso il capo esplodendo nel cervello sentii il fiotto caldo salire impetuoso lungo il mio sesso teso allo spasimo. Lo schizzo fu potentissimo e copioso. Con le natiche contratte per il piacere lo spinsi in profondità nella sua bocca. Rapidamente ritrasse la testa e vidi un altro getto di liquido biancastro uscire impetuoso dalla fessura mentre la punta era percorsa da tremiti. Il getto la colpì sul viso, rigandogli una guancia fino sulla fronte insinuandosi anche tra i suoi capelli. Quasi stupita trasalì. La sua mano non aveva mai smesso di stringerlo e massaggiarlo veloce sollecitando nuovi fiotti caldi preannunciati da contrazioni e tremori incontenibili. Velocemente lo accolse nuovamente in bocca succhiandolo. Di nuovo le sue guance, ora rigate dal mio seme, si contraevano ritmicamente attorno all’asta immersa fino a metà lunghezza dentro di lei. La sentivo succhiare avida ogni goccia. Schizzai ancora, non capivo più nulla preso come ero dal piacere intensissimo. Quando l’eiaculazioni si fecero più deboli percepii la sua lingua accarezzarmi il glande, avvolgendolo, giocando con il prepuzio straziato dalla portata delle sensazioni.
Quando fui venuto completamente continuò a succhiarlo per qualche secondo, tenendolo in bocca e massaggiandolo sempre più delicatamente con la mano.
Ero stremato, vinto da quell’orgasmo così intenso e prolungato. Guardavo il suo viso macchiato dal mio seme che ora le colava un po’ sul collo senza che lei sembrasse curarsene presa com’era dalla fellazio.
Quando lentamente si sollevò la mia erezione iniziava a perdere di vigore. Stringeva ancora tra le dita il membro parzialmente turgido.
Si era pulita il viso con la mano libera che aveva poi leccato con fare goloso.
Coricata sulle mie gambe, con il mento appoggiato sulla mia coscia mi guardò dicendo
“Credo che d’ora in avanti, ogni volta che mangerò una fragola penserò a te” poi dopo qualche secondo di silenzio continuò “… e credo che anche tu non potrai mai più a fare a meno di pensare a me quando vedrai uno di questi frutti”.
Felice annuii con la testa mentre dentro di me pensavo che quel gusto non ce lo saremmo mai scordati.
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