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Gay & Bisex

Nel parcheggio della discoteca.


di Membro VIP di Annunci69.it passivellobello
23.07.2014    |    10.705    |    4 8.7
"Poco dopo percepii che il suo cazzo era pronto per farcirmi l'altro anale..."
Le serate con gli amici, quelli veri, sono le più belle. Una cenetta spensierata, una birra, chiacchiere, pettegolezzi e risate.
Quel sabato sicuramente andò in maniera alternativa.
Io e Laura, lei in bolletta e abbandonata dal suo moroso storico, io in lenta ripresa da una vecchia situazione lavorativa.
La chiamo -《Ragazza stasera siamo solo noi due, facciamo una serata trasgressiva?
Localino gay a Milano? 》-
Il suo benestare e la volontà di non bere mi rassicurò, portando lei la macchina, avrei potuto bere un bicchiere in più.
Lista, partenza, imbocco della tangenziale e arrivo, dopo circa trenta minuti, davanti alla discoteca.
Lo storico locale milanese, presentava una fila da paura. La mia compagna di avventure ebbe un'idea: perché non andare a comprare due birre, per temporeggiare, al furgoncino che fa i panini?
Ottimo, tenni il posto, se non fu per il fatto, che si presentò con quattro birre.
Devo riconoscere che, fra una sigaretta e un sorso, quelle bevande alcoliche andarono giù proprio bene. Tutto sommato fui un pochino preoccupato, invitai la mia amica a non bere più, per poter tornare a casa senza problemi. Nel mio corpo invece la temperatura saliva a dismisura, poco cibo in corpo e mezzo litro di birra, permisero l'ingresso nel locale traballante.
Festa, musica e tanti corteggiatori interessati a me... ottimo! Gente, gente e ancora gente e nel girarmi non vidi più Laura. Pace, ci ritroveremo. Ballai un po, ubriachissimo ma disinvolto, con la voglia di cazzo alle stelle. Nella calca un ragazzotto sardo, di ventidue anni, mi acchiappò e iniziò a slinguarmi.
Bhe, non dissi certo di no. Una limonata dura, che vide ben presto la sua mano scendere e dai pantaloni, accarezzarmi con un dito il buchino.
Lo invitai a uscire, le checche milanesi sono tremende, non avrei voluto dare spettacolo. Avrebbero potuto chiamarmi o soprannominarmi che ne so, "ditalino" o peggio ancora, "dito in culo".
Ci recammo fuori. Accesi una sigaretta e nel rialzare il viso incrociai Laura.
Era concia come San Lazzaro. Urlava e con un bicchiere in mano, rovesciando parte del super alcolico, faceva la gallinella con un moretto dagli occhi celesti.
Avvicinandomi mi rassicurò, dicendomi che fra un'oretta sarebbe passato tutto.
Rientrai nel locale con il mio uomo, lingua in bocca e cazzi in tiro. Lui abbassò la sua mano, tastandomi l'uccello. Capii ci fosse qualcosa di strano e avvicinando la bocca al mio orecchio, disse che mi stava vibrando il telefono.
Lessi i messaggi. La mia amica, troppo ubriaca, aveva vomitato nel locale e un buttafuori l'aveva accompagnata all'uscita.
Ecco, scopata persa.
Saluti e baci, scappando all'esterno la vidi riversa e piena di vomito nella povera macchina del suo compagno occasionale.
Era k.o.
Io sempre mal messo e gonfio come un tacchino, mi reggevo a malapena. Ok la prendo, la trascino alla macchina e aspetto. Una volta appoggiata sul seggiolino si assopì in un sonno imbarazzante, accompagnato da un russare indecoroso, un maialino. Tenera. Tutto sommato la capivo. Mi sedetti sul ciglio del marciapiede, stavo male, dovevo riprendermi. Sigaretta?finite! Cazzo!
La gente usciva, mi guardava e io, scroccavo tabacco che sembrava non arrivare mai!
Vedrai, una sigaretta! Non si va in fallimento dopo averne offerta una! Pidocchi!
Il locale si era svuotato, il parcheggio quasi.
I venditori ambulanti stavano smontando baracca e burattini. Di Laura nessun segnale.
In lontananza vidi un ragazzo con un puntino lucente che, di tanto in tanto, avvicinandosi alla bocca ardeva.MI avvicinai e sconsolato domandai cordialmente una sigaretta. Il suo viso duro e barbuto lasciava presagire un no, l'ennesimo. Invece mi disse -《io ti do una sigaretta ma tu mi fai una bocca》-.
Accettai ovviamente. Gli avrei succhiato il cazzo anche senza sigaretta. Maglia aderente nera e pantaloni da rapper non lasciavano intendere nulla. Ci si recò dietro un grosso cespuglio di conifere.
Mi infilò la lingua in bocca, io avevo la mano sul suo cazzo che lentamente prese corpo e raggiunse un'importanza consistente.
Mi inginocchiai gli tira giù la zip estrasse il cazzo, duro e venoso. Un lampione gli illuminava la cappella. Lucente.
Larga, mi chiamava come un richiamo ipnotico. Lo succhiai in tutta la sua lunghezza. L'asta dura, lui di tanto in tanto nel gemere, mi dava della troia.
Mi inclinò la faccia e me lo sparò dritto in gola. Lo pompavo e lo guardavo negli occhi. Quel volto severo svelò rivelarsi un master in pieno calore, tanto che mi sputò in faccia. Disse che ero una cagna di merda e che da tale, dovevo essere trattata.
Estrasse il suo cazzo dalla mia gola, mi girò e infilò la sua lingua battente sul mio buco, eccitato e voglioso. Aveva il cazzo bagnato dalla mia saliva. Me lo infilò severamente nel buco. Mentre mi fotteva il culo mi metteva un dito in bocca.
Mi sentivo davvero suo anzi, mi sentivo un mero oggetto di godimento.
Il suo ansimare divenne sempre più frettoloso... avevo il buco ardente. Poco dopo percepii che il suo cazzo era pronto per farcirmi l'altro anale.
-《Sborro cazzo, sborro》- esclamò. In men che non si dica avevo il buchetto sommerso di seme caldo. Pensavo lo sfilasse. Invece no, continuò a muoversi dentro di me, a sto giro non velocemente. Piano piano. Mi spiegò che da troia dovevo essere usata e ridicolizzata. Sentivo il suo cazzo ammosciarsi, nel contempo però, il mio culo subiva una sensazione strana.
-《TI riempio di piscio adesso.》-
Ragazzi me l'aveva fatta dentro a mia insaputa. Mi toccai il cazzone, dopo due smanettate sborrai con fiottoni di sperma assurdi.
-《Adesso svuotati, voglio vederti! 》- mi abbassai espellendo quel mix di sperma e urina. Mi sputò addosso.
Il ragazzo aveva un accento livornese. Prese un pacchetto di sigarette nuovo dalla tasca e nel gettarmelo in terra se ne andò. Mi lasciò li.
Ricomponendomi andai verso Laura. Dormiva come un sasso.
-《TI sono stato vicino》-, esclamai quando si svegliò. Mi strinse la mano e a sbronza passata, ci si diresse verso casa.



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